Epilessia Sotto la Lente: Svelare le Reti Neurali con Dati Intracranici Multimodali
Amici scienziati e curiosi di neuroscienze, oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel cervello umano, più precisamente nelle complesse dinamiche che si scatenano durante una crisi epilettica. Sapete, l’epilessia è un osso duro, una condizione che affligge milioni di persone nel mondo e che, in una fetta significativa di casi, non risponde come vorremmo ai farmaci, oppure presenta effetti collaterali non trascurabili. Per questo, capire cosa succede esattamente là dentro, a livello delle reti neurali, è fondamentale per migliorare le cure, sviluppare nuove terapie e, magari un giorno, prevedere le crisi.
Andare Oltre il “Grande Quadro”: L’Importanza del Mesolivello
Tradizionalmente, molto dello studio sull’epilessia si è concentrato su analisi su larga scala, guardando il cervello “da lontano”. Ma per svelare i meccanismi più intimi, dobbiamo scendere un po’ più nel dettaglio, a quello che chiamiamo il livello mesoscopico. Immaginate di avere una mappa stradale di una città (la visione macroscopica), ma di voler capire il flusso del traffico in un quartiere specifico, strada per strada, quasi incrocio per incrocio. Ecco, il mesolivello è qualcosa di simile: una lente d’ingrandimento intermedia che ci permette di osservare l’attività di piccoli gruppi di neuroni e i potenziali di campo locale (LFP), segnali elettrici generati dall’attività combinata di molti neuroni in una piccola area.
Negli ultimi anni, le Oscillazioni ad Alta Frequenza (HFO) sono emerse come dei veri e propri segnali spia dell’attività epilettica. Sia quelle che si verificano tra una crisi e l’altra (interictali) sia quelle durante la crisi (ictali) ci danno indizi preziosi sulle reti epilettogeniche, aiutandoci a identificare la cosiddetta Zona di Insorgenza della Crisi (SOZ), cioè il punto da cui parte il “corto circuito”. Pensate che la rimozione chirurgica del tessuto cerebrale che mostra queste HFO sembra portare a risultati migliori, a volte persino più della rimozione della sola SOZ identificata con metodi tradizionali. Questo ci fa capire quanto siano importanti, anche se, a dire il vero, la loro origine e il loro preciso significato fisiopatologico sono ancora in parte un mistero.
Studi precedenti hanno mostrato una forte correlazione tra l’attività nella banda gamma alta (un tipo di onda cerebrale veloce) e il “tasso di sparo” dei neuroni. Diventa quindi cruciale studiare le HFO a un livello microscopico per svelarne i segreti. Ricercatori come Schevon e colleghi, utilizzando array di microelettrodi ad alta risoluzione, hanno scoperto che le scariche epilettiche, sia interictali che ictali, possono originare in aree corticali piccolissime, anche di soli 200 μm²! Questo sottolinea il ruolo critico di queste scariche localizzate nell’innesco e nella propagazione delle crisi. Hanno anche identificato una sorta di “penombra ictale”, un’area circostante il nucleo della crisi dove i potenziali di campo locale possono essere ampi anche se l’attività dei neuroni rimane modesta. Altri studi hanno confermato che durante le crisi cliniche, un’intensa attività neuronale sincronizzata spesso non è la norma, con tassi di sparo aumentati solo in una piccola frazione di unità neuronali.
Un Tesoro di Dati: Il Nostro Nuovo Dataset Multimodale
Ed è qui che entro in gioco io, o meglio, il lavoro di un team di cui sono entusiasta di parlarvi. Abbiamo messo insieme un dataset davvero completo che include registrazioni di elettroencefalografia intracranica (iEEG) – cioè elettrodi impiantati direttamente nel cervello – Potenziali di Campo Locale (LFP) e Attività Multi-Unitaria (MUA) ottenuti da array di microelettrodi (MEA, in particolare gli Utah array). Questi Utah array sono piccole griglie di microelettrodi che ci permettono di “ascoltare” l’attività di singoli neuroni o piccoli gruppi di neuroni con una precisione spaziale incredibile. Abbiamo registrato 12 crisi epilettiche in 5 pazienti.

Questo dataset è una miniera d’oro perché ci offre l’opportunità unica di investigare le complesse interazioni tra diversi segnali neurali attraverso varie aree cerebrali e di studiare le reti mesoscopiche nell’epilessia focale. Possiamo esplorare come LFP e MUA si modulano in relazione all’iEEG, sperando di ottenere nuove informazioni sulle dinamiche spazio-temporali delle reti epilettiche. E non è tutto: l’alta risoluzione temporale dei dati ci permette di calcolare le HFO sia nei segnali LFP che iEEG, facilitando lo studio della loro potenziale relazione con l’attività MUA.
I dati sono stati raccolti da cinque pazienti (un uomo di 23 anni, una donna di 60, un uomo di 26, un uomo di 31 e una donna di 57 anni) con elettrodi di profondità intracranici, come parte della loro valutazione pre-chirurgica per epilessia focale resistente ai farmaci. È importante sottolineare che l’impianto degli Utah array è avvenuto con il pieno consenso informato dei pazienti e seguendo rigorosi protocolli etici, approvati dal comitato etico locale (Ethische Commissie Onderzoek UZ/KU Leuven), e non ha comportato incisioni aggiuntive rispetto a quelle necessarie per gli elettrodi clinici. Gli array sono stati inseriti in o vicino alla presunta zona epilettogenica e rimossi dopo circa due settimane insieme agli altri elettrodi. Fortunatamente, nessun paziente ha avuto complicazioni legate agli array.
Cosa Abbiamo Osservato Finora? Primi Sguardi nel Dataset
Analizzando questi dati, abbiamo già notato alcune cose interessanti. Per esempio, i pazienti con un focus epilettico ben definito (Pazienti 2, 3, 5) mostravano pattern spettrali distinti, specialmente tra 3 e 20 Hz, nell’elettrodo con la maggiore attività epilettica. Curiosamente, questi pattern erano evidenti per tutti i 10 minuti precedenti la crisi, non solo al suo inizio. Al contrario, i pazienti con un focus meno chiaro (Pazienti 1, 4) e una propagazione della crisi più pronunciata mostravano un aumento a banda larga della potenza subito dopo l’inizio della crisi su tutti i canali iEEG. Questi pazienti mostravano anche robusti aumenti di potenza a banda larga nel segnale LFP e forti modulazioni dell’attività MUA.
Quando abbiamo esaminato le HFO ictali:
- Nei dati iEEG, i contatti con aumentata attività epilettica (escluso il Paziente 1) mostravano costantemente un numero maggiore di HFO ictali prima dell’inizio della crisi.
- I pattern temporali delle HFO variavano: i Pazienti 2, 3 e 5 mostravano una distribuzione bilanciata nell’epoca pre-crisi, mentre il Paziente 4 mostrava istanze distinte di HFO ictali prima delle crisi.
- Interessante notare che le HFO ictali erano prevalentemente assenti nel segnale LFP degli Utah array, con poche eccezioni nel Paziente 5, dove mostravano caratteristiche diverse (durata più breve, range di frequenza più alto).
Questi risultati suggeriscono che la presenza e la distribuzione temporale delle HFO ictali sono strettamente legate alla presunta zona epilettogenica.
Passando alle modulazioni dell’Attività Multi-Unitaria (MUA), abbiamo osservato che:
- Modulazioni significative nell’attività neurale erano presenti in tutti i pazienti anche prima dell’inizio della crisi.
- Tuttavia, i pattern specifici di queste modulazioni non erano consistenti tra diverse crisi o pazienti, sottolineando la complessità e l’individualità delle dinamiche epilettiche.
- L’Analisi delle Componenti Principali (PCA) sull’attività MUA ha rivelato che i pazienti con focus epilettico meno chiaro (Pazienti 1 e 4) mostravano modulazioni distinte nelle componenti principali dopo l’inizio della crisi. Il Paziente 3 (focus definito, array fuori dalla zona epilettogenica) mostrava modulazioni post-crisi meno pronunciate. I Pazienti 2 e 5 (focus definito, array fuori dalla SOZ) non mostravano modulazioni nelle componenti principali.

Infine, abbiamo investigato l’accoppiamento tra spike neuronali e fase del LFP (spike-field coupling). Il Paziente 4, che non aveva un focus chiaro, mostrava un forte accoppiamento in molti canali durante il periodo “precoce” della crisi (subito dopo l’insorgenza), specialmente nella banda theta, ma non prima o tardi. Questo era particolarmente interessante perché l’array di questo paziente era posizionato più vicino alla presunta zona epilettogenica, suggerendo che questo accoppiamento potrebbe essere una proprietà intrinseca della zona stessa.
Un Dono per la Comunità Scientifica
Ottenere dati da microarrays (MEA) da soggetti umani, specialmente durante eventi critici come le crisi epilettiche, è un evento estremamente raro. Di conseguenza, questo dataset rappresenta una risorsa inestimabile per approfondire la nostra comprensione delle intricate dinamiche mesoscopiche dell’epilessia. La vicinanza costante degli Utah array a un contatto macroelettrodo facilita la ricerca sulle relazioni tra iEEG e l’attività MUA e LFP gamma alta nelle vicinanze, specialmente nel contesto delle HFO ictali.
Mettendo insieme dati iEEG e Utah array, i ricercatori possono esplorare un’ampia gamma di aspetti, tra cui:
- Connettività a diverse scale
- Pattern di sincronizzazione
- Fenomeni spazio-temporali come le onde propaganti
- Accoppiamenti cross-frequenza all’interno degli Utah array
E tutto questo può essere fatto indipendentemente o in congiunzione con i macrocontatti, e confrontato tra diversi tipi di crisi. In definitiva, spero che questo dataset fornisca spunti preziosi sulle reti epilettiche a livello micro, meso e macro, facendo progredire la nostra comprensione degli intricati processi neurali alla base dell’epilessia. È un passo importante, ne sono convinto, verso una migliore previsione delle crisi e una cura potenziata per i pazienti affetti da questa complessa condizione. Il futuro della ricerca sull’epilessia è luminoso, e dataset come questo sono i fari che ci guidano!
Fonte: Springer
