Cyberbullismo: Non solo Bulli e Vittime, Scopriamo i Profili Nascosti degli Adolescenti
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che mi sta molto a cuore e che, purtroppo, tocca la vita di tantissimi ragazzi e ragazze: il cyberbullismo. Sappiamo tutti che è un problema serio, una forma di prepotenza che viaggia veloce e invisibile attraverso smartphone e computer. Ma siamo sicuri di capire davvero cosa succede nella testa e nel cuore degli adolescenti coinvolti? Spesso pensiamo in bianco e nero: c’è il bullo e c’è la vittima. Ma la realtà, come spesso accade, è molto più sfumata.
Recentemente mi sono imbattuto in uno studio affascinante che ha provato a scavare più a fondo, usando una tecnica chiamata “analisi dei profili latenti” (LPA). In pratica, hanno cercato di capire se esistono dei “tipi” o “profili” distinti di adolescenti in base a come vivono il cyberbullismo – non solo se sono bulli o vittime, ma anche se sono semplici spettatori (i cosiddetti bystander) – e come questi ruoli si legano a fattori psicologici importantissimi come la solitudine, la resilienza (la capacità di rialzarsi dopo le difficoltà) e l’autoregolazione (la capacità di gestire emozioni e comportamenti).
Perché Guardare Oltre i Semplici Ruoli?
Il cyberbullismo non è un evento isolato. È un abuso di potere sistematico che usa la tecnologia per ferire, umiliare, minacciare. Può manifestarsi in mille modi: insulti, minacce, diffusione di gossip o foto imbarazzanti, creazione di profili falsi… il tutto senza limiti di tempo, perché online l’attacco può continuare 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Questo lo rende particolarmente insidioso e potenzialmente devastante a livello psicologico.
La cosa interessante, e che spesso sottovalutiamo, è che i ruoli non sono fissi. Chi è vittima oggi potrebbe diventare bullo domani, o magari assistere in silenzio (diventando un bystander) per paura di essere il prossimo bersaglio. Gli spettatori, tra l’altro, non sono immuni: possono provare rabbia, tristezza, paura, senso di colpa per non essere intervenuti. Anzi, a volte le loro reazioni fisiologiche allo stress sono simili a quelle delle vittime! Capire queste dinamiche complesse è fondamentale se vogliamo davvero aiutare i ragazzi.
Cosa C’entrano Solitudine, Resilienza e Autoregolazione?
Lo studio ha messo in luce tre fattori chiave:
- Solitudine: Sentirsi soli, isolati, non capiti. È un’esperienza dolorosa, soprattutto in adolescenza, quando le relazioni con i coetanei diventano centrali. Chi si sente solo potrebbe essere più vulnerabile al cyberbullismo, sia come vittima (magari perché ha meno amici a difenderlo) sia come bullo (forse per cercare attenzione o sfogare frustrazioni).
- Resilienza: La capacità di affrontare lo stress e le avversità, di “rimbalzare” dopo un colpo. È come uno scudo psicologico. Un adolescente resiliente potrebbe subire meno gli effetti negativi del cyberbullismo o essere meno incline a diventare un bullo.
- Autoregolazione: Saper gestire le proprie emozioni, controllare gli impulsi, pensare prima di agire. È fondamentale online, dove è facile scrivere cose di cui poi ci si pente. Chi ha una buona autoregolazione è meno probabile che aggredisca verbalmente o che reagisca in modo impulsivo se provocato.
Questi tre elementi non sono slegati, anzi! Si influenzano a vicenda e, come ha mostrato lo studio, giocano un ruolo cruciale nel definire come un adolescente si posiziona rispetto al cyberbullismo.

I Tre Profili Nascosti del Cyberbullismo
Analizzando i dati di quasi 400 adolescenti turchi (età media 15.8 anni), i ricercatori hanno identificato tre gruppi distinti, tre “profili” psicologici legati al cyberbullismo:
1. Il Gruppo a Basso Rischio (circa il 64%): Questi ragazzi sono i meno coinvolti in assoluto nel cyberbullismo, sia come bulli, vittime o spettatori. La cosa più interessante? Sono anche quelli con i livelli più alti di resilienza e autoregolazione e i livelli più bassi di solitudine. Sembra proprio che queste capacità psicologiche facciano da scudo protettivo. Sono i ragazzi che, probabilmente, sanno gestire meglio le dinamiche online e le relazioni sociali.
2. Il Gruppo a Rischio Moderato (circa il 28%): Qui la situazione si fa più complessa e, per certi versi, preoccupante. Questi adolescenti mostrano un coinvolgimento moderato in tutti e tre i ruoli (bullo, vittima, spettatore). Ma attenzione: sono quelli che riportano i livelli più alti di solitudine e, contemporaneamente, i livelli più bassi di resilienza e autoregolazione. È come se fossero intrappolati in un circolo vizioso: la solitudine li rende forse più vulnerabili o li spinge a comportamenti rischiosi online, e la scarsa capacità di reagire e controllarsi peggiora la situazione. Questo gruppo merita un’attenzione particolare.
3. Il Gruppo ad Alto Rischio (circa l’8%): Come ci si potrebbe aspettare, questi ragazzi sono i più coinvolti in assoluto nel cyberbullismo, con punteggi alti in tutti e tre i ruoli. La sorpresa, però, riguarda i fattori psicologici: i loro livelli di solitudine, resilienza e autoregolazione sono moderati, a metà strada tra gli altri due gruppi. Come interpretarlo? Una possibilità è che, essendo così immersi in queste dinamiche stressanti, abbiano in qualche modo “sviluppato” delle strategie di coping (anche se magari non ottimali) e una certa “resistenza” allo stress, più di quelli del gruppo moderato che sembrano più sopraffatti. Oppure, la loro forte implicazione potrebbe derivare da altri fattori non misurati qui.
Cosa ci Insegnano Questi Profili?
Questa ricerca ci dice cose importantissime. Prima di tutto, conferma che resilienza e autoregolazione sono potentissimi fattori di protezione. Lavorare su queste competenze con i ragazzi, fin da piccoli, potrebbe essere una delle strategie più efficaci per prevenire il cyberbullismo e i suoi danni.
Poi, ci mette in guardia sul ruolo della solitudine. Non è solo una conseguenza, ma un potenziale fattore di rischio, specialmente per quel gruppo “moderato” che sembra soffrirne di più e avere meno strumenti per difendersi. Intervenire sulla solitudine, promuovere relazioni positive e un senso di appartenenza a scuola e online, potrebbe fare una grande differenza.

Infine, lo studio sottolinea ancora una volta quanto i ruoli nel cyberbullismo siano fluidi e interconnessi. Essere vittima aumenta la probabilità di diventare bullo o spettatore, e viceversa. Non possiamo limitarci a etichettare i ragazzi, ma dobbiamo capire le dinamiche complesse in cui sono immersi. Essere spettatore (cyber bystander) non è un ruolo passivo, ma comporta rischi e responsabilità.
Guardando al Futuro: Prevenzione e Intervento
Questi risultati hanno implicazioni pratiche enormi. I programmi di prevenzione nelle scuole non dovrebbero solo informare sui rischi del cyberbullismo, ma dovrebbero attivamente insegnare e potenziare la resilienza e l’autoregolazione. Pensiamo a laboratori sulle emozioni, training sull’empatia, strategie per gestire i conflitti online e offline, tecniche per pensare criticamente prima di condividere o commentare.
Dobbiamo anche prestare più attenzione ai segnali di solitudine e isolamento sociale tra gli adolescenti. Creare ambienti scolastici e comunitari più inclusivi e supportivi è fondamentale.
E per quei ragazzi che già si trovano nei profili a rischio moderato o alto? Servono interventi mirati, che tengano conto delle loro specifiche difficoltà. Per il gruppo moderato, potrebbe essere cruciale lavorare sulla solitudine e sul rafforzamento delle capacità di coping. Per il gruppo ad alto rischio, forse bisogna intervenire sulle dinamiche relazionali e sulla gestione della rabbia o dell’aggressività, pur riconoscendo le loro (moderate) capacità di resilienza e autoregolazione come possibili punti di partenza per un cambiamento.
Certo, questo studio ha i suoi limiti: è stato fatto in un contesto specifico (Turchia), è una “fotografia” in un dato momento (non segue i ragazzi nel tempo) e si concentra su alcuni fattori psicologici, tralasciandone altri (come il contesto familiare o le differenze di personalità). Ma apre strade importanti.
Ci ricorda che dietro ogni schermo c’è una persona, spesso un adolescente che sta navigando le acque turbolente della crescita. Capire i diversi “profili” di rischio e protezione ci aiuta a non generalizzare e a offrire un aiuto più mirato ed efficace. Il cyberbullismo è una sfida complessa, ma studi come questo ci danno strumenti preziosi per affrontarla con più consapevolezza e, speriamo, con più successo.
E voi, cosa ne pensate? Vi ritrovate in queste descrizioni o avete esperienze diverse da condividere? Parliamone!
Fonte: Springer
