Dopo la Radioterapia Testa-Collo: La Sfida della Sopravvivenza e le Cure Necessarie
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che mi sta molto a cuore e che, sono sicuro, tocca la vita di tante persone: cosa succede dopo aver combattuto e vinto una battaglia contro un tumore della testa e del collo, in particolare dopo la radioterapia. Sapete, sconfiggere il cancro è un traguardo immenso, un vero e proprio nuovo inizio. Ma la strada non finisce lì. Anzi, inizia una nuova fase, quella della “sopravvivenza”, che porta con sé sfide specifiche e bisogni che non sempre vengono ascoltati o compresi a fondo.
Ecco perché voglio raccontarvi di uno studio importante, chiamato STRONG (Survivorship therapy needs after radiotherapy for head and neck cancer: surveying opportunities for growth), che ha cercato di fare luce proprio su questo: di cosa hanno realmente bisogno i pazienti che hanno completato la radioterapia per un carcinoma squamocellulare della testa e del collo (HNSCC)? Quali sono le loro preoccupazioni, le loro preferenze, e quali ostacoli incontrano nel ricevere le cure di cui necessitano?
L’Importanza Crescente della Cura Post-Trattamento
Prima di tuffarci nei risultati, facciamo un passo indietro. Grazie ai progressi nelle cure e a cambiamenti nell’epidemiologia (pensate all’impatto del papillomavirus umano, l’HPV, sui tumori dell’orofaringe), il numero di persone che sopravvivono a lungo termine a questi tipi di cancro è in costante aumento. Parliamo di tassi di sopravvivenza a 5 anni che oggi oscillano tra il 60% e l’80% per i pazienti non metastatici. Una notizia fantastica, vero?
Però, c’è un “ma”. Molti pazienti affrontano trattamenti combinati – chirurgia, radioterapia, chemioterapia – e la radioterapia (RT), pur essendo fondamentale, può lasciare segni a lungo termine. Effetti collaterali come la secchezza delle fauci (xerostomia), la difficoltà a deglutire (disfagia), problemi dentali, alterazioni del gusto, possono persistere per anni, impattando pesantemente sulla qualità della vita, sulla capacità di mangiare, parlare, e persino sul benessere emotivo e mentale.
Esistono delle linee guida per la gestione dei sopravvissuti, ma spesso non sono complete o sono difficili da mettere in pratica in modo strutturato. C’è un bisogno reale di capire meglio le esigenze dei pazienti per creare programmi di supporto efficaci.
Cosa Abbiamo Chiesto ai Pazienti?
Per capirne di più, abbiamo condotto un sondaggio anonimo coinvolgendo pazienti che avevano completato la radioterapia tra gennaio 2013 e aprile 2023 presso la Northwestern University. Abbiamo inviato un questionario online a oltre 1100 persone e abbiamo ricevuto risposta da 317 (un tasso di risposta del 28%). L’età media era di 64 anni, per lo più uomini (64%), e due terzi di loro avevano finito le cure da più di due anni.
Le domande si basavano su un modello chiamato “Cancer Survivorship Framework”, che copre cinque aree chiave:
- Effetti fisici
- Effetti psicosociali
- Screening oncologici
- Gestione delle condizioni croniche
- Promozione della salute (dieta, esercizio fisico, smettere di fumare)
Abbiamo anche chiesto informazioni sull’interesse, la conoscenza e le barriere percepite riguardo alle cure post-trattamento, usando un altro strumento chiamato CFIR (Consolidated Framework for Implementation Research).
I Risultati: Un Quadro Chiaro dei Bisogni Insoddisfatti
E qui arrivano i dati interessanti, che ci danno un quadro piuttosto netto della situazione. Tenetevi forte:
- Poca Consapevolezza e Informazione: Solo il 36% dei pazienti si è detto interessato alle cure specifiche per la sopravvivenza, il 34% le considerava una priorità, e appena il 28% sentiva di avere informazioni adeguate al riguardo. Questo ci dice che c’è un enorme bisogno di educazione!
- Il Peso degli Effetti Fisici: Tra i problemi fisici più fastidiosi, la secchezza della bocca è risultata la più comune (40%), seguita dalla difficoltà a deglutire (24%), alterazioni del gusto (23%) e problemi dentali (21%). Questi non sono piccoli fastidi, ma condizioni che impattano la vita quotidiana.
- La Ferita Psicologica: Il 15% dei partecipanti mostrava segni di depressione attuale. Ma il dato forse più allarmante è che ben il 71% ha sentito che i propri bisogni di salute mentale non sono stati affrontati durante il percorso di cura. Un’enormità!
- Promozione della Salute Trascurata: Il 42% ha riferito che i medici non avevano discusso in modo completo l’importanza di dieta, esercizio fisico e smettere di fumare. Sappiamo quanto questi fattori siano cruciali, specialmente dopo un cancro.
- Screening e Condizioni Croniche: La maggior parte (76%) capiva l’importanza degli screening oncologici, ma il 12% ha detto che non ne aveva parlato con i medici. Inoltre, il 12% non si sentiva sicuro nel gestire le proprie malattie croniche con il medico di base.

Come Vorrebbero Essere Seguiti i Pazienti?
Abbiamo anche chiesto preferenze su come organizzare queste cure di “sopravvivenza”. Cosa è emerso?
- Visite Lunghe e Complete: Il 45% preferirebbe una visita più lunga per affrontare tutti gli argomenti, piuttosto che tante visite brevi.
- Meglio di Persona: Il 60% preferisce le visite in presenza, anche se un buon 39% è aperto alla telemedicina.
- Frequenza: La maggior parte vorrebbe visite dedicate una volta all’anno (31%) o ogni sei mesi (23%). È interessante notare che il 23% non era interessato a queste visite specifiche, forse perché già seguiti da altri specialisti.
Gli Ostacoli da Superare
Quali sono le difficoltà che impediscono ai pazienti di accedere a queste cure? Le risposte sono state chiare:
- Copertura Assicurativa: La preoccupazione principale per il 25% dei partecipanti.
- Organizzazione degli Appuntamenti: Difficoltà a incastrare le visite (20%).
- Permessi dal Lavoro: Un problema per il 17%.
- Trasporti: Difficoltà a raggiungere la struttura per il 16%.
Curiosamente, il 46% ha dichiarato di non avere barriere, ma tra chi ha aggiunto commenti, alcuni hanno menzionato la distanza e il tempo di viaggio, e un paio hanno candidamente chiesto: “Ma cosa sono le cure di sopravvivenza?”. Questo rafforza l’idea della necessità di informazione.
Differenze di Genere e Tempo Trascorso dal Trattamento
Abbiamo notato anche alcune differenze interessanti. Le donne, ad esempio, hanno riportato più frequentemente secchezza delle fauci e insoddisfazione per l’aspetto di viso e collo, ma meno problemi legati alla sfera sessuale rispetto agli uomini. Soprattutto, le donne hanno mostrato maggiore interesse (56% vs 31%) e hanno dato maggiore priorità (51% vs 30%) alle cure di sopravvivenza, pur avendo lo stesso basso accesso all’informazione.
Chi aveva completato il trattamento più recentemente (entro 2 anni) riportava più linfedema e alterazioni del gusto, ma meno problemi dentali. Questi pazienti si sentivano meno sicuri nella gestione delle malattie croniche e avevano ricevuto meno consigli su dieta, fumo ed esercizio. Tuttavia, avevano avuto maggiore accesso a informazioni sulla sopravvivenza rispetto a chi aveva finito le cure da più tempo. Questo suggerisce che l’attenzione cala con il passare degli anni, ma i bisogni persistono o cambiano.

Cosa Possiamo Imparare?
Questo studio ci lascia con un messaggio forte e chiaro: c’è un bisogno urgente di programmi di cura per la sopravvivenza che siano strutturati, completi e centrati sul paziente. Non basta curare il cancro, dobbiamo prenderci cura della persona nella sua interezza, anche anni dopo la fine delle terapie.
Dobbiamo assolutamente migliorare la comunicazione e l’educazione dei pazienti, fin da quando sono in trattamento, spiegando cosa significa “sopravvivenza” e quali supporti sono disponibili. Dobbiamo affrontare attivamente gli effetti collaterali fisici (come la secchezza della bocca o i problemi di deglutizione, magari con terapie specifiche come quella logopedica), ma anche e soprattutto il benessere psicologico, che troppo spesso viene trascurato. Screening per la depressione e supporto dedicato dovrebbero diventare la norma.
Inoltre, dobbiamo integrare la promozione di stili di vita sani (dieta, esercizio, stop al fumo) nelle visite di controllo e aiutare i pazienti a gestire le loro condizioni croniche. Le preferenze dei pazienti (visite lunghe, in presenza, con frequenza semestrale/annuale) ci danno indicazioni preziose su come strutturare questi servizi. E, naturalmente, dobbiamo lavorare per abbattere le barriere, come quelle legate ai costi e all’organizzazione.
Insomma, la strada per migliorare la qualità della vita dei sopravvissuti a un tumore testa-collo è ancora lunga, ma studi come questo ci indicano la direzione giusta. Ascoltare i pazienti è il primo, fondamentale passo.
Fonte: Springer
