Immagine concettuale che mostra l'equilibrio tra un grafico finanziario in crescita e un simbolo verde della sostenibilità su una bilancia, ambientata sullo skyline di una metropoli indiana come Mumbai. Luce del tardo pomeriggio, obiettivo 50mm, effetto bokeh sullo sfondo.

CSR in India: Fa Bene all’Anima Ma Non al Portafoglio? La Sorprendente Verità

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che mi affascina da sempre e che sta diventando cruciale nel mondo del business: la Responsabilità Sociale d’Impresa, o CSR (Corporate Social Responsibility). In pratica, parliamo di come le aziende si impegnano per agire in modo etico, contribuire allo sviluppo sostenibile e migliorare il benessere della società. Bello, no? Si pensa spesso che fare del bene faccia bene anche al bilancio aziendale (la famosa Corporate Financial Performance, o CFP). Ma è davvero così?

Recentemente mi sono imbattuto in uno studio molto interessante che ha messo sotto la lente d’ingrandimento proprio questo legame, concentrandosi sulle 500 maggiori aziende quotate alla Borsa di Bombay (BSE 500) in India. E i risultati, ve lo dico subito, mi hanno lasciato un po’ a bocca aperta.

Ma cos’è davvero la CSR? E perché in India è così importante?

Prima di tuffarci nei risultati, facciamo un passo indietro. La CSR non è solo beneficenza spicciola. È un approccio strategico che integra preoccupazioni sociali e ambientali nelle operazioni aziendali e nelle interazioni con gli stakeholder (dipendenti, clienti, fornitori, comunità locali, ambiente…). Si tratta di andare oltre la semplice massimizzazione del profitto per gli azionisti e considerare l’impatto più ampio dell’azienda.

In India, la questione è diventata ancora più rilevante dal 2013, quando è entrata in vigore la Companies Act. Questa legge, unica nel suo genere, obbliga le aziende di una certa dimensione a destinare almeno il 2% dei loro profitti medi degli ultimi tre anni ad attività di CSR. Pensateci: un obbligo legale! Questo ha allineato, almeno sulla carta, gli obiettivi aziendali con le priorità nazionali come l’istruzione, la sanità e la sostenibilità ambientale.

E parlando di sostenibilità, il ruolo della CSR nella lotta al cambiamento climatico è fondamentale, specialmente in un paese vulnerabile come l’India. Molte aziende contribuiscono a progetti di riforestazione, energia rinnovabile e resilienza delle comunità, supportando gli impegni internazionali presi dal paese, come l’Accordo di Parigi.

Il grande dibattito: la CSR fa bene al portafoglio?

Qui le cose si complicano. Da anni accademici e manager si interrogano: investire in CSR migliora davvero i risultati finanziari? O è solo un costo aggiuntivo senza benefici misurabili? La letteratura scientifica è piena di risultati contrastanti:

  • Alcuni studi trovano una relazione positiva: fare del bene attira clienti, motiva i dipendenti, migliora la reputazione e quindi aumenta i profitti.
  • Altri trovano una relazione negativa: la CSR è un costo che riduce le risorse disponibili per investimenti più redditizi.
  • Altri ancora non trovano alcuna relazione significativa, né positiva né negativa.

Ci sono anche teorie interessanti come la Resource-Based Theory (RBT), che suggerisce che la CSR, se usata strategicamente, può diventare una risorsa preziosa per ottenere un vantaggio competitivo. O la Stakeholder Theory, che dice che soddisfare le aspettative di tutti gli stakeholder (non solo gli azionisti) porta a benefici a lungo termine. Ma la domanda rimane: queste teorie reggono alla prova dei fatti, specialmente nel contesto indiano post-2013?

Grafico astratto che mostra linee contrastanti, alcune in salita (verdi) e altre in discesa (rosse), simboleggiando il dibattito sulla relazione tra CSR e performance finanziaria. Sfondo neutro, illuminazione da studio, obiettivo 50mm, profondità di campo.

La nostra indagine: numeri alla mano sulle aziende indiane

Lo studio che ha catturato la mia attenzione ha cercato di fare chiarezza proprio su questo punto, analizzando i dati di 204 aziende dell’indice BSE 500 per un periodo di otto anni, dal 2016 al 2023 (quindi dopo l’introduzione dell’obbligo di CSR). Hanno raccolto un’enorme quantità di dati (1.632 osservazioni!) dai bilanci annuali e dal database CMIE ProwessIQ.

Per misurare la performance finanziaria (CFP), hanno usato diversi indicatori comuni:

  • ROA (Return on Assets): redditività rispetto al totale delle attività.
  • ROE (Return on Equity): redditività per gli azionisti.
  • Tobin’s Q: valore di mercato rispetto al valore contabile degli asset.
  • NPM (Net Profit Margin): margine di profitto netto sulle vendite.

La variabile chiave per la CSR era l’ammontare effettivo speso in attività di responsabilità sociale durante l’anno. Hanno anche considerato altri fattori che potrebbero influenzare la performance, come la dimensione dell’azienda, l’indebitamento (Leverage, D/E ratio) e il capitale impiegato (Capital Employed). Hanno usato tecniche statistiche avanzate (analisi di dati panel con modello a effetti fissi, confermato dal test di Hausman) per analizzare le relazioni tra queste variabili.

Il risultato che non ti aspetti: la CSR non paga (almeno non direttamente)

E qui arriva la sorpresa. Contrariamente a molte aspettative e a diversi studi precedenti (soprattutto condotti in paesi sviluppati o nel settore bancario), l’analisi ha rivelato che, per queste grandi aziende indiane nel periodo considerato, la spesa in CSR non ha avuto un impatto statisticamente significativo sulla performance finanziaria (CFP). Avete capito bene: né positivo, né negativo. Semplicemente, non sembra esserci una correlazione diretta. L’ipotesi iniziale (H1), che prevedeva un impatto positivo, è stata quindi respinta.

Come è possibile? Gli autori dello studio suggeriscono diverse spiegazioni plausibili:

  • Orizzonte temporale: I benefici della CSR potrebbero manifestarsi solo nel lungo periodo, mentre gli indicatori finanziari usati sono più a breve/medio termine.
  • Mancanza di allineamento strategico: Forse molte aziende vedono ancora la CSR più come un obbligo da rispettare (la famosa legge del 2%!) o come filantropia slegata dal core business, piuttosto che come una leva strategica integrata. Se la CSR non è allineata agli obiettivi principali, è difficile che ne influenzi i risultati.
  • Mentalità da “compliance”: L’obbligo legale potrebbe aver spinto le aziende a spendere per adempiere alla legge, senza una vera convinzione o una strategia mirata a creare valore condiviso.
  • Mercato “immaturo”? Forse gli stakeholder in India (investitori, consumatori) non premiano ancora abbastanza le aziende socialmente responsabili in termini finanziari.
  • Diluizione in un mercato competitivo: Nel contesto indiano, i potenziali vantaggi della CSR potrebbero essere annullati dalla forte concorrenza.

È interessante notare che, invece, altri fattori come la dimensione dell’azienda e il capitale impiegato hanno mostrato un impatto positivo e significativo sulla performance finanziaria. Questo suggerisce che, almeno per ora, le dinamiche finanziarie tradizionali contano di più della CSR per il bilancio.

Fotografia di una sala riunioni moderna a Mumbai, con manager indiani che analizzano dati su schermi e tablet. Focus su un grafico che mostra una linea piatta per la correlazione CSR-CFP. Obiettivo prime 35mm, luce d'ufficio controllata, atmosfera seria e analitica.

Cosa significa tutto questo? Implicazioni pratiche e teoriche

Questo risultato “nullo” non significa che la CSR sia inutile, anzi! Ma ci costringe a riflettere.

Per i policymaker: Non basta imporre una spesa. Bisogna creare incentivi affinché le aziende integrino la CSR nelle loro strategie di business, la rendano trasparente e misurabile nei suoi impatti (non solo sociali, ma anche economici, se possibile). Serve anche sensibilizzare di più il mercato sul valore della sostenibilità.

Per le aziende: È un invito a ripensare la CSR. Non basta “fare il compitino” del 2%. Serve un approccio strategico: come possono le nostre iniziative sociali e ambientali creare valore sia per la società che per l’azienda nel lungo termine? Come possiamo comunicare meglio questi sforzi e i loro benefici (anche intangibili come reputazione e fiducia)? Forse è il momento di innovare nelle strategie di CSR per andare oltre la semplice spesa.

Per la teoria: Questi risultati mettono un po’ in discussione l’applicazione diretta di teorie come la RBT e la Stakeholder Theory in questo contesto. Forse la CSR non viene ancora vista o utilizzata come una risorsa strategica chiave, o forse le aspettative degli stakeholder non si traducono ancora in vantaggi finanziari tangibili per le imprese indiane. C’è bisogno di capire meglio *come* la CSR possa diventare una vera leva competitiva.

Guardando avanti: cosa ci riserva il futuro?

Ovviamente, come ogni studio, anche questo ha i suoi limiti. I dati riguardano solo le grandi aziende quotate e un periodo specifico. Non si sono analizzati fattori intermediari come la qualità della governance aziendale o le differenze tra settori industriali.

La ricerca futura potrebbe esplorare proprio queste sfumature: la relazione CSR-CFP cambia a seconda del settore? La buona governance fa la differenza? E se guardassimo agli impatti a lunghissimo termine? Potrebbe anche essere interessante indagare la causalità inversa: forse sono le aziende che vanno già bene finanziariamente a poter investire di più (e meglio?) in CSR?

Insomma, la questione è tutt’altro che chiusa. Questo studio ci dice che, almeno nel contesto indiano recente e per le grandi imprese, il legame diretto tra fare del bene e fare profitti non è così scontato come si potrebbe pensare. La CSR rimane fondamentale per l’etica e la sostenibilità, ma per vederne i frutti anche sul bilancio, forse serve un cambio di passo: da obbligo a opportunità strategica. Voi cosa ne pensate?

Fonte: Springer

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *