Immagine concettuale della ghiandola tiroidea umana con molecole chimiche che interagiscono, a simboleggiare gli interferenti endocrini, prime lens 35mm, duotone blu e grigio, profondità di campo per evidenziare la ghiandola.

Interferenti Endocrini Tiroidei: Facciamo Chiarezza sulla Classificazione UE e Vi Svelo la Nostra Proposta!

Amici della scienza e curiosi di natura, mettetevi comodi! Oggi voglio parlarvi di un argomento che mi sta particolarmente a cuore e che, credetemi, tocca la vita di tutti noi più di quanto pensiamo: gli interferenti endocrini, e in particolare quelli che bussano alla porta della nostra tiroide. Sapete, la Commissione Europea ha recentemente introdotto nuove categorie di pericolo per classificare queste sostanze per la salute umana – ED HH 1 (noti o presunti) e ED HH 2 (sospetti) – a seconda del peso delle prove. Il problema? Mancano delle linee guida specifiche su come diavolo distinguere tra queste due categorie, soprattutto quando si parla della nostra amica tiroide. Ed è qui che entriamo in gioco noi!

Il Nocciolo della Questione: Classificare con Criterio

Vi spiego meglio. Per dire che una sostanza è un interferente endocrino per la salute umana, devono verificarsi tre condizioni:

  • Deve causare effetti avversi.
  • Deve avere un’attività endocrina.
  • Deve esserci un legame biologicamente plausibile tra l’effetto avverso e l’attività endocrina, basato sulla valutazione di tutte le informazioni disponibili (il famoso “weight-of-evidence” o WoE).

Ma, attenzione, c’è un “ma”! Una sostanza che soddisfa questi criteri potrebbe non essere considerata un interferente endocrino se si dimostra che gli effetti avversi identificati non sono rilevanti per l’uomo o se sono conseguenze secondarie non specifiche di altri effetti tossici. Capite bene che il confine può essere sottile e l’interpretazione cruciale.

Le attuali guide dell’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (ECHA) e dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ci danno una mano, ma quando si tratta della modalità tiroidea, e soprattutto di come differenziare tra ED HH 1 e ED HH 2, o come dimostrare la non rilevanza per l’uomo degli effetti osservati negli animali, beh, la nebbia si fa più fitta. Come decidiamo se una sostanza è “sospetta” (ED HH 2) invece che “nota o presunta” (ED HH 1)? È un bel rompicapo!

La Nostra Proposta: Un Faro nella Nebbia della Tiroide

Per cercare di fare un po’ di luce, noi di CropLife Europe (CLE), insieme al Centro Europeo per l’Ecotossicologia e la Tossicologia delle Sostanze Chimiche (ECETOC), abbiamo sviluppato e poi affinato uno schema chiamato Thyroid Function-Related Neurodevelopmental Toxicity Testing and Assessment Scheme (Thyroid-NDT-TAS). Questo schema si basa su studi precedenti e ci aiuta a capire quali parametri legati alla tiroide possono predire una tossicità a livello di neurosviluppo (NDT). L’obiettivo è anche quello di minimizzare i test sugli animali vertebrati, come richiesto dalle normative UE.

Il cuore del Thyroid-NDT-TAS è la valutazione del Modo d’Azione (MoA) della sostanza e della sua rilevanza per l’uomo. Per farla semplice: dobbiamo capire esattamente come una sostanza agisce negli animali da laboratorio e poi determinare se quel meccanismo potrebbe verificarsi anche negli esseri umani. Se il meccanismo non è rilevante per noi, allora possiamo tirare un sospiro di sollievo. Per strutturare questa analisi, ci appoggiamo al concetto di Adverse Outcome Pathway (AOP), che è come una mappa che collega l’evento molecolare iniziale scatenato dalla sostanza fino all’effetto avverso finale.

Un MoA che spunta spesso quando si parla di effetti sulla tiroide nei roditori (come i ratti) è l’induzione degli enzimi epatici. In pratica, alcune sostanze fanno lavorare di più il fegato del ratto, che inizia a metabolizzare ed eliminare gli ormoni tiroidei più velocemente. Questo, alla lunga, può portare a squilibri e problemi alla tiroide nel ratto. La buona notizia? Questo specifico meccanismo è spesso considerato poco o per nulla rilevante per gli umani. Perché? Beh, abbiamo sistemi di “buffering” e trasporto degli ormoni tiroidei (come la globulina legante la tiroxina, TBG) molto più robusti rispetto ai ratti. Loro sono più sensibili a queste perturbazioni.

Macro fotografia di una sezione di fegato di ratto e una umana fianco a fianco sotto un microscopio, con evidenziate le cellule epatiche, 100mm Macro lens, alta definizione, illuminazione controllata per distinguere le strutture cellulari, con un leggero effetto duotone seppia e ciano per un look scientifico vintage.

Per esempio, l’emivita della tiroxina (T4) nell’uomo è di 5-9 giorni, nel ratto solo 0.5-1 giorno! Questa differenza è enorme e spiega perché i ratti possono sviluppare problemi come ipertrofia/iperplasia follicolare e persino tumori alla tiroide a seguito di una stimolazione prolungata dovuta all’induzione enzimatica, mentre per l’uomo questo rischio è considerato trascurabile per lo stesso meccanismo.

Quattro Casi Studio sotto la Lente d’Ingrandimento

Per mettere alla prova la nostra proposta e il Thyroid-NDT-TAS modificato, abbiamo analizzato quattro sostanze attive usate nei prodotti fitosanitari, tutte con dati abbondanti e che avevano mostrato effetti sulla tiroide e sul fegato in studi su animali da laboratorio: pirimetanil (un fungicida), boscalid (un altro fungicida), metribuzin (un erbicida) ed etiprole (un insetticida).

Ve la faccio breve sui risultati generali, senza annoiarvi con dettagli troppo tecnici (che comunque, per i più appassionati, sono disponibili nelle pubblicazioni scientifiche!).

Per pirimetanil e boscalid:

  • Nei ratti, abbiamo visto attività endocrina legata alla tiroide e, a lungo termine e dosi elevate, iperplasia focale e adenomi follicolari (tumori benigni).
  • Importante: nessuno dei due ha causato tossicità dello sviluppo neurologico (DNT) nei ratti.
  • Il MoA? Forte evidenza che tutto fosse mediato dall’induzione degli enzimi epatici. Per il boscalid, studi in vitro hanno confermato che induceva enzimi nel fegato di ratto ma non in quello umano. Per il pirimetanil, anche se mancavano questi dati comparativi in vitro, l’assenza di DNT e l’esclusione di altri MoA ci hanno rassicurato.
  • Conclusione nostra: “nessun ED HH per la modalità tiroidea”.

Per metribuzin:

  • Nei ratti, attività endocrina tiroidea con un pattern “bifasico” per il T4 (aumenti a basse dosi/brevi esposizioni, diminuzioni ad alte dosi/lunghe esposizioni). Non sono stati osservati tumori tiroidei.
  • Mancano dati specifici sulla DNT.
  • Il MoA? Anche qui, l’induzione (o modulazione) degli enzimi epatici sembrava la chiave, e studi in vitro hanno mostrato induzione negli epatociti di ratto ma non in quelli umani.
  • Conclusione nostra: potrebbe scattare la categoria ED HH 2. Perché? Principalmente per incertezze legate alla mancanza di dati DNT specifici per approfondire le implicazioni di una riduzione transitoria ma marcata del T4 nei feti osservata in uno studio, e per capire meglio i meccanismi dietro gli aumenti di T4 a basse dosi.

Per etiprole:

  • Nei ratti, attività endocrina tiroidea e, dopo 2 anni, un leggero aumento (non statisticamente significativo) di iperplasia focale e adenomi follicolari.
  • Mancano dati sulla DNT e sui livelli di ormoni tiroidei nella prole.
  • Il MoA? Induzione degli enzimi epatici, con studi in vitro che mostravano una marcata induzione negli epatociti di ratto e molto minore in quelli umani.
  • Conclusione nostra: “nessun ED HH per la modalità tiroidea”. La dimostrata non rilevanza per l’uomo del MoA critico e l’esclusione di altri MoA ci hanno permesso di arrivare a questa conclusione anche senza studi DNT specifici, seguendo la logica del nostro Thyroid-NDT-TAS.

Un diagramma di flusso stilizzato che rappresenta lo schema Thyroid-NDT-TAS, con icone per test in vivo, in vitro, MoA e valutazione del rischio umano, telephoto zoom 100mm, fast shutter speed per catturare idealmente un concetto dinamico, colori vivaci per distinguere le fasi.

Questi casi studio sottolineano una cosa fondamentale: è necessario un giudizio esperto per valutare l’intero quadro degli effetti, bilanciare le prove disponibili e arrivare a una conclusione sulla classificazione (ED HH 1, ED HH 2 o nessun ED HH per la modalità tiroidea). Non è una semplice checklist!

Il Nostro Approccio Strutturato per la Classificazione CLP ED HH Tiroidea

Proprio per aiutare in questo giudizio esperto, abbiamo proposto un approccio strutturato (che nel paper originale trovate come Tabella 6). Questo approccio guida attraverso la valutazione del “peso delle prove” (WoE) per ogni criterio ED (effetto avverso, attività endocrina, legame plausibile) e poi una valutazione WoE complessiva. La distinzione tra ED HH 1 e ED HH 2 si basa sulla forza delle prove per l’effetto avverso (formazione di tumori tiroidei e NDT) e per l’attività endocrina. E, come detto, se si dimostra in modo conclusivo che il MoA negli animali non è rilevante per l’uomo, allora la sostanza non dovrebbe essere classificata come ED HH.

Applicando questo schema ai nostri quattro moschettieri, abbiamo confermato le conclusioni che vi ho anticipato: pirimetanil, boscalid ed etiprole non dovrebbero essere classificati, mentre per metribuzin potrebbe essere appropriata la categoria ED HH 2 a causa delle incertezze nel suo database.

Sfide e Prospettive Future: Non Finiamo Mai di Imparare!

Certo, ci sono ancora delle sfide. Per esempio, definire con precisione cosa costituisce un effetto “avverso” sulla tiroide. Un leggero aumento di peso della ghiandola o un’ipertrofia diffusa sono sempre avversi o possono essere risposte fisiologiche adattative e reversibili? È un dibattito aperto e importante.

Poi c’è la questione della valutazione della NDT. I test sui ratti sono utili, ma hanno i loro limiti di sensibilità. E come interpretare i livelli di ormoni tiroidei nella prole? Marty e colleghi (2022) hanno suggerito delle soglie per le riduzioni di T4 e T3 nella prole che potrebbero indicare un rischio di NDT, ma come abbiamo visto con metribuzin, ogni sostanza ha la sua storia e pattern specifici.

Un altro punto caldo è l’armonizzazione tra le conclusioni binarie dei criteri ED (sì/no è un ED) e la classificazione CLP ED HH che è ternaria (ED HH 1/ED HH 2/no). Dal nostro punto di vista, la logica scientifica dovrebbe essere consistente: se i criteri ED sono soddisfatti, la sostanza può essere ED HH 1 o ED HH 2 a seconda della robustezza delle prove. Se non sono soddisfatti, non dovrebbe essere né ED HH 1 né ED HH 2.

Le conclusioni dell’EFSA su alcune di queste sostanze riflettono queste complessità. Per pirimetanil, l’EFSA ha concluso che non soddisfa i criteri ED per la tiroide, in linea con la nostra valutazione. Per metribuzin, l’EFSA ha concluso che i criteri ED sono soddisfatti, il che, secondo la nostra logica, potrebbe portare a una classificazione ED HH 2, come da noi suggerito. Per etiprole, la discussione è ancora in corso, e qui emerge l’importanza di stabilire approcci condivisi su come dimostrare un MoA basato sull’induzione enzimatica e la sua non rilevanza per l’uomo. C’è un bisogno urgente di standardizzare test come quello dell’induzione enzimatica in vitro su epatociti umani e di ratto.

Un ricercatore in camice bianco che osserva attentamente colture cellulari in piastre di Petri, simboleggiando la ricerca scientifica e il giudizio esperto, prime lens 35mm, film noir per un'atmosfera di indagine scientifica, profondità di campo.

In conclusione, amici, il lavoro che abbiamo svolto con questi casi studio e la nostra proposta di schema vuole essere un contributo per rendere le valutazioni sulla sicurezza umana più accurate, riducendo al contempo i test sugli animali. Il Thyroid-NDT-TAS e l’approccio strutturato per la classificazione CLP sono strumenti flessibili, pensati per adattarsi alle necessità specifiche di ogni sostanza e, speriamo, per evolvere con il progresso scientifico. La strada è ancora lunga, ma ogni passo verso una maggiore chiarezza è un passo nella giusta direzione per la nostra salute e per un uso più consapevole delle sostanze chimiche.

Fonte: Springer

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