Dentisti in Fuga? Un Viaggio nel Cuore della Crisi Odontoiatrica Inglese (e Cosa Possiamo Imparare)
Amici, parliamoci chiaro: quando pensiamo al sistema sanitario, spesso ci vengono in mente medici e infermieri, ma c’è un intero universo di professionisti che lavora nell’ombra per la nostra salute. Oggi voglio portarvi con me in un’esplorazione un po’ particolare, nel mondo dell’odontoiatria pubblica inglese, l’NHS, che sta attraversando un momento, diciamo così, “interessante”. E no, non è un eufemismo per dire che va tutto a gonfie vele.
Recentemente mi sono imbattuto in uno studio affascinante condotto nel Nord Est dell’Inghilterra, una regione che, per certi versi, potrebbe ricordarci alcune nostre aree con le sue specificità: zone rurali, costiere, e città con un passato industriale importante e, ahimè, anche con sacche di deprivazione. Lo studio si intitola “Valuing and retaining the dental workforce: a mixed-methods exploration of workforce sustainability in the North East of England” e, credetemi, apre scenari che fanno riflettere.
Perché proprio il Nord Est dell’Inghilterra?
Vi chiederete: perché proprio lì? Beh, questa regione è una specie di “laboratorio” perfetto. È vasta, con paesaggi e contesti sociali molto diversi tra loro. Ci sono le contee di Northumberland e Durham, le aree urbane di Tyne e Wear e Teesside. Pensate che, basandosi sugli indici di deprivazione, quasi tutte le autorità locali del Nord Est rientrano nel quintile più svantaggiato del Regno Unito. Questo significa che le sfide socio-economiche sono palpabili, e l’accesso alle cure, incluse quelle dentali, diventa ancora più cruciale e, purtroppo, problematico.
Lo studio ha coinvolto 46 persone: 30 dentisti, 3 igienisti/terapisti dentali e 13 manager. Attraverso focus group, si è cercato di capire cosa spinge i professionisti a restare o ad andarsene, e quali strategie potrebbero migliorare la situazione. E quello che è emerso è un quadro complesso, ma estremamente istruttivo.
Cosa abbiamo scoperto? Le quattro “C” della sostenibilità
Dall’analisi dei racconti e delle esperienze di questi professionisti, sono emersi quattro fattori chiave, che potremmo ribattezzare le “quattro C” per la sostenibilità della forza lavoro odontoiatrica. Eccoli qui:
- Carriere (Careers): lo sviluppo professionale in un ambiente di apprendimento supportivo.
- Collaborazione (Collaboration): il lavoro di squadra e la sinergia con gli enti regolatori.
- Costi (Costs): la questione dei contratti e della remunerazione.
- Contentamento (Contentment): l’equilibrio vita-lavoro, il riconoscimento e la possibilità di offrire cure di qualità.
Andiamo a vederli un po’ più da vicino, perché è qui che la faccenda si fa interessante.
Carriere: Crescere o Restare Fermi?
Una cosa è chiara: la voglia di imparare e crescere professionalmente è un motore potentissimo. Dopo il Covid, poi, con pazienti che presentano problematiche sempre più complesse, questa esigenza si è fatta ancora più sentire. I professionisti cercano varietà nel loro lavoro. Come ha detto un partecipante: “La fidelizzazione arriva con la varietà, e se non hai varietà, fai fatica. Si torna ai cambiamenti nella pratica NHS… se entri e fai solo amalgame o estrazioni, la gente non lo vuole più.”
Molti hanno sottolineato l’importanza di ospitare studenti universitari negli studi dentistici generalisti: un beneficio sia per lo studente, che si fa un’idea concreta del lavoro, sia per lo staff, che può trovare nuovi stimoli nell’insegnamento. Anche fare da supervisore per i neolaureati (Foundation Dentist) è visto positivamente. Però, c’è un “ma”: il processo di reclutamento nazionale. Essere “assegnati” a un neolaureato toglie autonomia agli studi, che vorrebbero poter scegliere persone in linea con il team. E per uno studio piccolo, un inserimento sbagliato può compromettere la stabilità.
Poi ci sono le barriere pratiche allo sviluppo: i costi della formazione, la perdita di guadagno per partecipare ai corsi, la mancanza di spazio fisico per sfruttare al meglio le competenze di tutto il team. Un dentista ha ammesso: “[Gli igienisti/terapisti] hanno competenze aggiuntive che potrebbero essere utilizzate. Ma non ho una stanza per te per vedere i pazienti e fare educazione alla salute orale. Se l’avessi, ti pagherei per farlo. Fisicamente non ho spazio.” Insomma, la volontà c’è, ma il sistema a volte rema contro.

Collaborazione: L’Unione Fa la Forza (Quando C’è)
Lavorare bene insieme, sentirsi parte di un team, è fondamentale. Soprattutto per chi è nuovo nel sistema NHS o sta pensando di mollarlo. Mentoring, discussioni aperte sulle difficoltà, sviluppo professionale mirato: ecco gli ingredienti per trattenere le persone. Un partecipante ha raccontato: “Cosa faccio se ho un gruppo di associati che fatica a restare nell’NHS? Li porto fuori e chiedo: dove sono i vostri problemi? Come posso aiutarvi? Come posso darvi quel supporto allo sviluppo di carriera di cui avete bisogno?”
Chi lavora in studi piccoli o in zone remote sente spesso la solitudine e vorrebbe più occasioni di networking a livello regionale, per confrontarsi e socializzare. E poi c’è il rapporto con chi “comanda”, ovvero enti commissionatori e regolatori. Una collaborazione basata sulla comprensione reciproca e sul rispetto farebbe miracoli. Immaginatevi se le varie agenzie comunicassero meglio tra loro: si ridurrebbe un sacco di burocrazia inutile! “Sembra ci sia un sacco di lavoro duplicato e nessuno condivide le informazioni con l’altro. Quindi dobbiamo inviarlo di nuovo… Non devi farlo se sei uno studio privato,” ha lamentato un professionista.
La collaborazione si estende anche al pubblico. C’è voglia di fare educazione sanitaria nelle comunità, ma spesso mancano i fondi. Un dentista ha raccontato con entusiasmo di una giornata passata in una scuola, definendola “il giorno più bello della mia vita”, per poi aggiungere amaramente: “Ma non ci sono fondi… È tutto basato sull’odontoiatria privata, guadagnare soldi, guadagnare soldi. Non c’è comunità. Non c’è educazione.” Un vero peccato.
Costi: Quando il Contratto Stritola
E qui tocchiamo un nervo scoperto: i soldi. O meglio, i contratti e le pressioni finanziarie. Il contratto standard dell’NHS per i servizi dentistici (GDS contract) è visto malissimo. Un partecipante ha raccontato di un collega che guadagna di più gestendo una pizzeria che facendo il dentista. Non proprio un incentivo a restare, vero?
Il sistema di commissionamento è percepito come troppo restrittivo, poco incline a valorizzare la promozione della salute. L’attuale quadro contrattuale, con la sua pressione a erogare prestazioni quantificate in “Unità di Attività Dentale” (UDA), scoraggia l’uso ottimale delle diverse figure professionali (skill-mix) e qualsiasi attività che non sia la cura diretta del paziente. I professionisti si sentono come “criceti sulla ruota”, sempre a rincorrere queste UDA. Addirittura, a volte i contratti rendono difficile assumere neolaureati, perché le loro UDA non contano per gli obiettivi dello studio. Una miopia che, nel lungo termine, danneggia la sostenibilità del sistema, ma le pressioni immediate per la sopravvivenza dello studio hanno la meglio.
C’è un accordo generale sul fatto che servano più fondi. Mentre i dentisti magari restano legati alla cura dei pazienti NHS, i manager degli studi vedono l’attività come finanziariamente insostenibile. “[Sto] spingendo per dire che lo studio non può continuare come studio NHS. Finanziariamente, non ce la fa. I commercialisti ce lo dicono, la banca ce lo dice, io glielo dico, loro [i dentisti] sono quelli che mi dicono, no, vogliamo restare NHS… Continuo a dirgli che non siamo enti di beneficenza.” Una tensione palpabile tra etica professionale e sostenibilità economica.

Contentamento: Non Solo Soldi, Ma…
Il contentamento, la soddisfazione sul lavoro, è un mix di tanti fattori. E indovinate un po’? Spesso è legato alla decisione di passare al privato. Ma prima di arrivare a questo, c’è da dire che lavorare nel Nord Est ha i suoi lati positivi: una buona qualità della vita. Molti pensano che questo aspetto dovrebbe essere promosso di più per attrarre professionisti. “Il Nord Est è un ottimo posto per vivere e lavorare e dovremmo riconoscerlo… ben fornito di scuole, alloggi, trasporti interconnessi… Se vogliamo migliorare la forza lavoro, dovremmo venderlo meglio.”
C’è anche un forte orgoglio nel lavorare per l’NHS, soprattutto per la continuità di cura offerta ai pazienti e alle comunità. Questo orgoglio alimenta la resilienza. Un manager ha raccontato di dentisti che “hanno visto quei pazienti crescere da bambini ad adulti che ora portano i loro figli allo studio… se fosse stato per i soldi, avrebbero mollato molto tempo fa.”
Tuttavia, non mancano le spine: difficoltà a mantenere un equilibrio vita-lavoro, poche opportunità di carriera nella regione per i familiari dei professionisti, e il sentirsi meno valorizzati rispetto ad altro personale NHS. Una nota dolente riguarda gli infermieri odontoiatrici, che durante il Covid si sono sentiti esclusi da alcuni “benefit NHS” concessi ad altre categorie. “Penso che le persone si siano sentite piuttosto abbattute durante il Covid perché gli infermieri dentali non erano considerati parte dell’NHS, perché c’erano tutti questi vantaggi NHS che non erano disponibili per gli infermieri dentali.”
E il passaggio al privato? Molti si sono sentiti in dovere di specificare che non è (solo) una questione di soldi. Spesso è la voglia di sfuggire al peso burocratico dell’NHS e di poter offrire cure di qualità superiore, con più tempo e meno vincoli. “È un bastone dopo l’altro, dopo l’altro, dopo l’altro. E come proprietario di uno studio ti chiedi, perché mi sto sottoponendo a tutta questa regolamentazione quando con una semplice mossa posso dire, non gioco più a questo gioco?”
Cosa Ci Dicono Questi Risultati?
Questi risultati, amici, ci dicono che la sostenibilità del personale odontoiatrico è una faccenda complessa. Sentirsi valorizzati, sia economicamente che professionalmente, è cruciale. La mancanza di opportunità di progressione e di supporto formale demotiva, specialmente i più giovani e gli infermieri odontoiatrici, che spesso si sentono isolati e con poche prospettive. E questo, ovviamente, spinge le persone a cercare fortuna altrove, magari nel privato o in regioni con migliori prospettive.
Un punto chiave è l’integrazione nel sistema NHS più ampio. Molti infermieri odontoiatrici, ad esempio, non hanno accesso alle pensioni NHS o ad altri benefit, a differenza dei colleghi in altri settori sanitari. Una disparità che pesa, soprattutto in aree con forte deprivazione economica come il Nord Est.
La cultura del team, la collaborazione, il mentoring possono fare tantissimo per mitigare il senso di isolamento. E non solo all’interno dello studio: una migliore collaborazione sistemica – tra professionisti, enti commissionatori e regolatori – potrebbe alleggerire il carico burocratico che tanto frustra chi lavora sul campo.
Infine, i contratti. Quelli rigidi e poco flessibili dell’NHS sono un problema serio. Servirebbero modelli di commissionamento più agili, che valorizzino tutte le attività svolte negli studi dentistici, non solo le UDA, e che supportino l’uso intelligente di tutte le professionalità (skill-mix).

Qualche Limite, Ma Tanta Sostanza
Certo, ogni studio ha i suoi limiti. In questo caso, c’è il rischio che ai focus group abbiano partecipato soprattutto persone con opinioni forti sull’argomento. E la rappresentanza degli igienisti/terapisti era un po’ scarsa. Però, la ricchezza dei dati raccolti è innegabile e offre spunti preziosi, trasferibili anche ad altre realtà con caratteristiche simili.
Un Appello Urgente: Salvare il Sorriso del Servizio Sanitario
Insomma, la situazione dell’odontoiatria NHS nel Nord Est dell’Inghilterra è un campanello d’allarme. Ci sono barriere sistemiche che minacciano la tenuta del servizio. Rafforzare i percorsi di carriera, migliorare la collaborazione, rivedere i vincoli finanziari e contrattuali: sono passi fondamentali per trattenere personale qualificato e motivato. Serve un’azione coordinata da parte di chi decide le politiche, dei datori di lavoro e degli enti regolatori per creare un ambiente in cui i professionisti dell’odontoiatria possano davvero prosperare. Senza un intervento urgente, si rischia un continuo declino della forza lavoro, limitando ulteriormente l’accesso a cure essenziali per tante comunità. E questo, lasciatemelo dire, sarebbe una sconfitta per tutti.
Chissà, magari guardando a queste sfide e a queste possibili soluzioni, possiamo trarre qualche insegnamento utile anche per casa nostra. Perché un sorriso sano, in fondo, è un diritto di tutti.
Fonte: Springer
