La Tomba Segreta: Silenzio e Stregoneria Intorno ai Nati Morti in Uganda Orientale
Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio un po’ particolare, in un angolo di mondo dove le gioie e i dolori della vita, specialmente quelli legati alla nascita, sono avvolti da un velo di credenze e pratiche che a noi possono sembrare lontanissime, quasi incredibili. Parliamo dell’Uganda Orientale, e di un tema delicato ma fondamentale: i bambini nati morti.
Recentemente mi sono imbattuto in uno studio affascinante (e, non lo nego, a tratti sconvolgente) che ha cercato di capire cosa pensa e come si comporta la comunità locale, in particolare l’etnia Bagisu nella zona di Mbale, di fronte a una tragedia come la perdita di un bambino prima ancora che possa respirare la sua prima aria. E quello che emerge è un quadro complesso, intriso di spiritualità, paura e tradizioni radicate.
Il Velo di Segretezza: La Paura della Stregoneria
Una delle scoperte più forti è la convinzione diffusa che i resti di un bambino nato morto, ma anche la terra della sua tomba o i panni usati per avvolgerlo, possano essere usati per atti di stregoneria. Immaginate la paura: si crede che “dottori stregoni” possano usare questi elementi per lanciare maledizioni, spesso contro la madre stessa, condannandola magari ad avere altri nati morti in futuro. Questa paura è così palpabile che influenza quasi ogni aspetto di come viene gestito l’evento.
Si pensa che le persone malintenzionate, come ad esempio le co-mogli (la poligamia è comune lì), possano cercare di nuocere alla donna. Addirittura, alcuni credono che solo il corpo del primogenito nato morto sia “potente” per la stregoneria. C’è chi pensa che se una donna ha già avuto un figlio vivo, il suo utero sia “aperto” e quindi meno vulnerabile a queste pratiche magiche. Anche gli operatori sanitari locali confermano quanto sia radicata questa credenza tra i loro pazienti. Un’operatrice ha persino raccontato di aver assistito, anni fa, all’esumazione del corpo di un nato morto da parte di uno stregone. Capite bene perché la parola d’ordine diventi: segretezza.
“Abbiamo clan… pieni di stregoneria, possono venire e prendere quella tomba e andare a stregare [la donna]”, ha raccontato un partecipante a un focus group. È un timore profondo, che porta a nascondere tutto.
Non Umano, Non Pianto: Lo Status del Bambino Nato Morto
Un’altra credenza emersa con forza è che un bambino nato morto non sia considerato un essere umano a tutti gli effetti. Viene spesso equiparato a un aborto spontaneo, anche se nato a termine. La discriminante? Il pianto. Se il bambino nasce, anche prematuro, e piange anche solo per un istante prima di morire, allora viene considerato un bambino “vero”, degno di preghiere e di un funerale quasi normale. Se non piange, è come se non fosse mai esistito pienamente.
Questa concezione ha conseguenze dirette:
- Niente nome: Perché dare un nome a qualcuno che non vivrà per essere chiamato con esso? Non è stato battezzato, non ha “fatto esperienza del mondo”.
- Niente bara: Spesso vengono avvolti in un semplice panno bianco e sepolti direttamente nella terra. Questo, secondo alcuni, serve anche a far sì che i resti si decompongano più in fretta, rendendo la tomba irrintracciabile.
- Lutto sommesso: Non si dovrebbe piangere ad alta voce. Alcuni dicono perché non è un vero lutto, altri perché il pianto attirerebbe maledizioni sulla famiglia, come futuri nati morti.

Questa mancanza di riconoscimento “ufficiale” del bambino e del lutto può essere incredibilmente dolorosa, specialmente per la madre, a cui spesso viene negata persino la possibilità di tenere in braccio il suo bambino prima che venga portato via per la sepoltura. A volte, torna a casa dall’ospedale e scopre che il funerale è già avvenuto, tutto in segreto. Gli operatori sanitari raccontano che parenti e amici chiedono loro di non dare la brutta notizia alla donna subito dopo il parto, temendo che lo shock possa peggiorare le sue condizioni fisiche.
Il Peso sulle Donne: Stigma e Matrimoni Infranti
In questa società patriarcale, il valore di una donna è spesso legato alla sua capacità di dare alla luce figli vivi. Il prezzo della sposa, pagato dalla famiglia dello sposo, è visto quasi come un investimento. Un figlio nato morto è una perdita, un fallimento, e la colpa ricade quasi sempre sulla donna.
“Quando una ragazza partorisce un bambino morto, alcuni uomini non la vorranno… pensano che abbia iniziato a perdere bambini… Anche la gente del marito non la apprezzerà”, ha spiegato una donna anziana. Questo può portare a conseguenze devastanti:
- Stigma e isolamento: Le donne vengono derise, chiamate con nomignoli offensivi come “Kifisha” (colei che partorisce cose morte) o accusate di essere pigre, maledette, o di aver offeso gli antenati o i genitori. La loro opinione non conta più nelle riunioni familiari o comunitarie (“Niente di sensato viene da una donna che partorisce terra”).
- Conflitti familiari: Spesso nascono tensioni tra la famiglia della donna e quella del marito. La famiglia di lui può accusarla, quella di lei può sentirla maltrattata o non essere in grado (o disposta) a restituire il prezzo della sposa in caso di separazione.
- Divorzio: Non è raro che il marito, spinto dalla famiglia o dalla delusione, ripudi la moglie e chieda indietro il prezzo della sposa per sposare un’altra donna. Per la donna, in una società dove il matrimonio è così importante, questo significa perdere status, dignità, sentirsi “incomplete”.
Anche gli uomini soffrono, ovviamente. Ci si aspetta che siano forti, che non mostrino emozioni. Alcuni piangono in privato, altri si danno all’alcol, specialmente se hanno già altri figli vivi da altre mogli. Ma anche loro possono essere derisi dagli amici o sentirsi responsabili. Tuttavia, è innegabile che il fardello sociale e psicologico più pesante ricada sulla donna. Fortunatamente, lo studio riporta anche casi di mariti e comunità di supporto, persone che incoraggiano la donna e la sostengono nonostante tutto, spesso influenzati da una fede religiosa più profonda o da una maggiore istruzione.

Spiriti Inquieti e Rituali di Protezione
C’è poi la credenza che lo spirito del bambino nato morto rimanga vicino alla tomba e possa essere dannoso per i fratelli futuri. Si pensa che possa farli ammalare frequentemente o addirittura “chiamarli nel mondo dei morti”. Questo porta a pratiche specifiche:
- Ricorso a guaritori tradizionali: Le famiglie cercano protezione per i figli successivi. Si usano amuleti (spesso pezzi di stoffa con erbe legati al polso del neonato) o si partecipa a rituali di purificazione.
- Rituali di purificazione: A volte la donna deve tornare dai suoi genitori per essere “purificata” prima di tornare dal marito. Questi rituali possono includere masticare erbe specifiche o cerimonie complesse, spesso tenute agli incroci delle strade, con offerte, canti e danze per placare gli spiriti.
- Nomi speciali: Ai bambini nati dopo uno o più nati morti vengono dati nomi particolari, come ‘Gudoi’ (da ‘lidoi’, terra), ‘Kutaka’ (terra), ‘Kuloba’ (terra/suolo) o ‘Nambafu’ (da ‘mufu’, morto). Si credeva che questi nomi potessero proteggere il bambino, o semplicemente servivano a ricordare la storia familiare. Oggi questa pratica sembra meno comune.
Queste pratiche, sebbene ancora esistenti, sembrano essere in calo rispetto al passato, grazie all’influenza della religione e dell’istruzione, che offrono spiegazioni e conforto alternativi.
Sepolture Nascoste: Pratiche Funebri Uniche
Torniamo alla sepoltura, perché è davvero centrale. Come abbiamo detto, la paura della stregoneria e la concezione del nato morto come “non umano” portano a pratiche funebri molto diverse da quelle per un adulto o un bambino più grande.
- Immediatezza: La sepoltura avviene quasi subito, spesso entro 24 ore, a volte persino prima dell’alba se il parto è avvenuto di notte. Non si aspetta l’arrivo di parenti lontani. “Non deve dormire in casa”, ha detto un operatore sanitario.
- Privacy assoluta: Solo i familiari più stretti partecipano. Niente folle dal villaggio come per gli altri funerali. Questo serve a limitare il numero di persone che conoscono il luogo della sepoltura.
- Luogo segreto: La tomba deve essere invisibile. A volte il bambino viene sepolto lontano da casa, nella boscaglia o in foresta. Se viene sepolto nel cimitero di famiglia, la tomba non viene rialzata come le altre, anzi, il terreno circostante viene smosso per rendere tutto uniforme, come un campo coltivato. “Diventa un giardino, e non saprai la posizione della tomba”. Storicamente, si riporta anche la pratica, oggi apparentemente scomparsa o molto rara, di seppellire il bambino all’interno della casa o sotto la veranda, per massima sicurezza.
- Sepoltura a casa della madre: A volte, specialmente se si teme un conflitto o una rottura del matrimonio (magari perché il prezzo della sposa non è stato pagato), la sepoltura avviene presso la casa natale della donna, per evitare che la famiglia del marito possa accedere ai resti per future ritorsioni magiche.

Un Cambiamento Lento: Modernità vs Tradizione
È importante sottolineare che queste non sono pratiche monolitiche e immutabili. Lo studio evidenzia come l’istruzione, la religione (sia cristiana che musulmana) e l’influenza della cultura “occidentale” stiano lentamente modificando queste credenze. Alcune persone, specialmente quelle più istruite o religiose, iniziano a vedere il nato morto come la perdita di un figlio amato, simile alla morte di un bambino più grande. Rifiutano la paura della stregoneria affidandosi alla protezione divina, organizzano funerali più aperti, non nascondono la tomba e partecipano attivamente al lutto.
Tuttavia, la transizione è lenta e le credenze tradizionali rimangono profondamente radicate per molti, anche tra persone istruite o religiose. È un mondo in bilico tra passato e presente.
Cosa ci insegna tutto questo?
Questa immersione nelle credenze e pratiche dell’Uganda Orientale ci ricorda quanto sia fondamentale comprendere il contesto culturale quando si parla di salute globale e di eventi dolorosi come la perdita di un figlio. Le politiche sanitarie, i programmi di supporto psicologico, persino la semplice registrazione dei nati morti (che queste pratiche di segretezza rendono molto difficile e probabilmente sottostimata) non possono funzionare se ignorano queste realtà profonde.
Interventi che a noi sembrerebbero normali, come creare scatole dei ricordi o targhe commemorative, potrebbero essere visti come pericolosi in un contesto dove si teme la stregoneria. È un monito a non imporre soluzioni “universali”, ma a lavorare sempre in collaborazione con le comunità locali, rispettando le loro visioni del mondo, anche quando ci appaiono difficili da comprendere.
C’è bisogno di sensibilizzazione, di educazione che offra spiegazioni biomediche alle cause dei nati morti, ma fatto con delicatezza e rispetto. E soprattutto, c’è bisogno di supportare queste donne, intrappolate tra il dolore della perdita e il peso di tradizioni che possono trasformare una tragedia personale in un’esclusione sociale.
È una realtà complessa, a tratti dura da digerire, ma conoscerla è il primo passo per poter sperare in un futuro dove ogni perdita venga riconosciuta e ogni donna riceva il sostegno che merita.
Fonte: Springer
