COVID e Complotti in Polonia: Vi Racconto Cosa Abbiamo Scoperto (e Perché Dovrebbe Interessarvi)
Ammettiamolo, la pandemia di COVID-19 ci ha messi tutti a dura prova. Un periodo di incertezza pazzesca, restrizioni che hanno stravolto le nostre vite e, diciamocelo, decisioni politiche a volte un po’ contraddittorie che ci hanno fatto grattare la testa più di una volta. In questo brodo primordiale di confusione, c’è stato un altro fenomeno che ha prosperato alla grande: le teorie del complotto. E non solo quelle generiche, ma proprio quelle specifiche sul COVID-19.
Ma cosa sono esattamente queste “teorie del complotto”?
In parole povere, sono quelle spiegazioni che attribuiscono eventi importanti ad azioni segrete e intenzionali di gruppi potenti, spesso andando contro la versione ufficiale. Dal punto di vista psicologico e sociale, queste teorie possono servire a darci un senso, a trovare spiegazioni semplici in momenti complessi, a rafforzare l’identità di un gruppo e a ridurre l’ansia dell’ignoto. Si basano su prove selezionate ad arte, su una grande sfiducia verso le istituzioni e, diciamocelo, sono dure a morire, quasi impossibili da smentire per chi ci crede fermamente. Culturalmente, poi, spesso emergono come una sorta di contro-narrazione al potere dominante, specialmente in periodi di instabilità.
Il Contesto Polacco: Un Terreno Fertile?
Ora, perché proprio la Polonia? Beh, nessun paese è immune, ma il contesto socio-politico polacco potrebbe aver dato una spintarella in più. Parliamo di una società post-comunista, con un passato di regime autoritario e sorveglianza sistematica. Questo ha lasciato in eredità bassi livelli di fiducia nelle istituzioni e nel prossimo. Pensate che i dati dell’European Social Survey mostrano che la fiducia generalizzata e quella politica in Polonia sono tra le più basse d’Europa. Quando la fiducia manca, è più facile che attecchiscano spiegazioni alternative, come quelle complottiste.
Cosa Abbiamo Cercato di Capire con il Nostro Studio?
Insieme ai miei colleghi, ci siamo tuffati in questa tematica, concentrandoci proprio sulla Polonia. Volevamo capire:
- Quali fattori demografici e attitudinali spingono le persone a credere nelle teorie del complotto sul COVID-19?
- Che impatto hanno queste credenze sul benessere psicologico e sul funzionamento sociale delle persone, nel corso di un anno?
- E, soprattutto, come influenzano l’adesione alle linee guida sanitarie?
Per farlo, abbiamo condotto uno studio trasversale con una componente retrospettiva su un campione di 1000 persone, un anno dopo l’inizio della pandemia. Abbiamo usato modelli statistici complessi (regressioni gerarchiche, per i più tecnici) e analizzato i cambiamenti nel tempo di alcuni indicatori chiave.

Chi Crede di Più ai Complotti sul COVID-19 in Polonia?
I nostri risultati hanno confermato alcune tendenze già viste in altre ricerche, ma con dettagli specifici per il contesto polacco. Ecco i “predittori” chiave, cioè le caratteristiche più associate alla credenza nei complotti:
- Basso livello di istruzione: Le persone con un’istruzione inferiore tendevano a credere di più.
- Età più giovane: Sorprendentemente, i più giovani sembravano più suscettibili.
- Maggiore religiosità: Un più alto grado di religiosità era associato a una maggiore propensione a credere.
- Sfiducia negli esperti e nelle istituzioni: Questo è stato un fattore cruciale. Chi si fidava meno di scienziati, medici e istituzioni internazionali (come l’UE) era molto più propenso a credere nelle teorie cospirative.
- Situazione economica: Chi si sentiva meno sicuro finanziariamente tendeva a credere di più.
- Consumo dei media: Chi si informava meno tramite i telegiornali tradizionali mostrava una maggiore tendenza a credere ai complotti. Il tempo passato online, invece, aveva un’associazione marginale ma presente.
- Atteggiamenti verso la pandemia: Chi aveva un atteggiamento negativo verso il COVID-19 in generale e, soprattutto, chi era riluttante a vaccinarsi, credeva molto di più nelle teorie del complotto. Anche una percezione negativa delle restrizioni governative giocava un ruolo.
Interessante notare che, nel nostro modello più completo, il genere maschile inizialmente sembrava meno incline, ma questa differenza si è attenuata considerando altri fattori come gli atteggiamenti.
L’Impatto Psicologico e Sociale: Sorprese e Conferme
E qui le cose si fanno particolarmente intriganti.
- Stress Psicologico (P-score): Chi credeva nei complotti (li chiameremo CTB, da “Conspiracy Theory Believers”) mostrava livelli significativamente più alti di stress psicologico (ansia, depressione, sintomi post-traumatici) rispetto a chi non ci credeva (N-CTB). E questo disagio è aumentato per entrambi i gruppi nel corso dell’anno pandemico.
- Funzionamento Sociale (S-score) e Benessere (WHO-5 score): Attenzione qui! Sia il funzionamento sociale (relazioni familiari, sociali, lavorative) sia il benessere generale sono diminuiti per entrambi i gruppi durante la pandemia. Tuttavia, le differenze tra CTB e N-CTB non erano significative. In pratica, anche se più stressati, i credenti nei complotti non sembravano stare peggio degli altri in termini di funzionamento sociale generale o di benessere percepito nel lungo periodo. Questo è un punto che sfida l’idea comune che credere ai complotti mini automaticamente il benessere e la vita sociale nel tempo.
Adesione alle Regole Sanitarie: Un Divario Evidente
Quando si è trattato di seguire le linee guida anti-COVID (mascherine, distanziamento, evitare contatti), il quadro è stato netto:
- I CTB hanno mostrato un’aderenza significativamente più bassa alle misure sanitarie fin dall’inizio della pandemia.
- Questa bassa aderenza non è migliorata in modo significativo dopo un anno.
- Al contrario, chi non credeva ai complotti (N-CTB) ha mostrato un’aderenza maggiore e, in alcuni casi, un leggero miglioramento nel tempo.
Il divario tra i due gruppi è rimasto ampio e persistente. Questo conferma quanto già sospettato: credere che il virus sia un complotto, o che le misure siano inutili o dannose, porta naturalmente a seguirle di meno.

Cosa Ci Portiamo a Casa da Tutto Questo?
Beh, diverse cose. Primo, che le credenze complottiste non nascono dal nulla, ma sono legate a fattori demografici, educativi, economici, alla fiducia (o sfiducia) nelle istituzioni e persino alla religiosità. In un contesto come quello polacco, con una storica bassa fiducia istituzionale, questi elementi possono trovare terreno ancora più fertile.
Secondo, l’impatto sulla salute mentale è reale: chi crede ai complotti tende a soffrire di più stress psicologico. Tuttavia, la faccenda del benessere generale e del funzionamento sociale è più sfumata. Forse, per alcuni, credere in queste teorie offre una sorta di “ancora” o una spiegazione che, pur generando stress, permette di mantenere un certo equilibrio soggettivo, o forse la non aderenza alle regole ha paradossalmente “protetto” il loro funzionamento sociale, permettendo più interazioni. È un’ipotesi da esplorare.
Terzo, e questo è un messaggio forte per la salute pubblica, le credenze complottiste sono un ostacolo enorme all’adesione alle misure preventive. Se una fetta della popolazione non si fida e non segue le indicazioni, diventa molto più difficile gestire una crisi sanitaria.
Limiti e Prospettive Future
Ogni studio ha i suoi limiti, e il nostro non fa eccezione. Si tratta di uno studio trasversale con una componente retrospettiva, il che significa che possiamo parlare di associazioni, non di cause dirette. Chiedere alle persone di ricordare come si sentivano “prima” della pandemia può introdurre delle imprecisioni. Tuttavia, questo approccio ci ha permesso di avere un quadro comparativo in una situazione, quella pandemica, in cui era difficile fare altrimenti.
Cosa fare, dunque? I nostri risultati suggeriscono che rafforzare la fiducia nelle istituzioni, specialmente quelle scientifiche e internazionali, e contrastare attivamente la disinformazione sono passi cruciali. Non si tratta di imporre verità dall’alto, ma di comunicare in modo trasparente, coinvolgere leader di comunità fidati e, forse, offrire un supporto psicologico mirato a chi è più vulnerabile alla disinformazione e allo stress che ne consegue.
La battaglia contro i complotti e la disinformazione è complessa, ma capire chi ci crede, perché, e con quali conseguenze, è il primo passo fondamentale per affrontarla. E in un mondo sempre più interconnesso e soggetto a crisi globali, questa comprensione diventa ogni giorno più preziosa.
Fonte: Springer
