Estonia: Quanto Costa la Pigrizia? Milioni di Euro in Fumo (e in Salute!)
Amici, diciamocelo francamente: la vita moderna ci ha resi un po’ tutti più sedentari. Tra lavoro d’ufficio, streaming selvaggio e la comodità di avere tutto a portata di click, muoversi sembra quasi un’attività d’altri tempi. Ma vi siete mai chiesti quanto ci costa, non solo in termini di salute personale, ma proprio in soldoni, questa nostra pigrizia collettiva? Beh, uno studio fresco fresco dall’Estonia ci sbatte in faccia una realtà piuttosto scomoda, e oggi voglio raccontarvela come se fossimo al bar a fare due chiacchiere.
Numeri che Fanno Riflettere: La Situazione Estone
Immaginatevi l’Estonia, un paese piccolo ma all’avanguardia in Europa. Bene, secondo questa ricerca, nel 2021 ben il 73,7% della popolazione adulta estone era fisicamente inattiva. Avete capito bene, quasi tre quarti degli adulti! E questa inattività ha un prezzo, un prezzo bello salato per il sistema sanitario: parliamo di 24,64 milioni di euro all’anno. Una cifra che fa girare la testa, no?
La stragrande maggioranza di questi costi, circa il 92,4% (cioè 22,77 milioni di euro), se ne va per le cure mediche dirette. E quali sono i “campioni” di spesa? Al primo posto troviamo le malattie cardiovascolari, che da sole si pappano 7,82 milioni di euro, seguite a ruota dal diabete di tipo II con 6,79 milioni. Queste due categorie, pensate un po’, coprono circa il 70% di tutti i casi di malattia attribuibili alla mancanza di movimento. Non è pazzesco?
Ma non finisce qui. Ci sono anche i costi per le assenze dal lavoro per malattia e per le indennità di assistenza, che ammontano a 1,87 milioni di euro, con le malattie muscoloscheletriche e gli infortuni a fare la parte del leone (39%).
Un Impatto Sottile ma Significativo
Ora, potreste pensare: “Beh, 24,64 milioni su un intero bilancio sanitario nazionale, magari non sono poi così tanti”. In effetti, rappresentano circa l’1,5% delle spese del Fondo Sanitario Nazionale Estone (EHIF) nel 2020, e lo 0,1% del PIL estone. Però, se li spalmiamo sulla popolazione, fanno 31,19 euro per ogni adulto inattivo e 23 euro per ogni adulto estone in generale. Non sono spiccioli, soprattutto se pensiamo che stiamo parlando di un fattore di rischio modificabile.
E la cosa che fa ancora più riflettere è che questi sono i costi “base”. I ricercatori hanno fatto anche delle analisi di sensibilità, un po’ come dire “e se le cose andassero un po’ peggio?”. Bene, in uno scenario in cui la prevalenza dell’inattività, i rischi relativi e i costi di trattamento aumentano anche solo del 10%, la cifra schizza a 47,4 milioni di euro! Quasi il doppio!
Interessante notare che i costi sanitari sembrano pesare un po’ di più sulle donne (13,8 milioni) rispetto agli uomini (10,9 milioni), anche escludendo patologie prettamente femminili come il cancro al seno e all’endometrio.

Ma Come Hanno Fatto i Conti? E Ci Sono dei “Ma”?
Vi starete chiedendo come si arriva a queste cifre. Gli scienziati hanno usato un metodo chiamato “frazione attribuibile alla popolazione” (PAF), che in pratica stima quale porzione di malattie (e relativi costi) sia direttamente causata da un fattore di rischio, in questo caso la sedentarietà. Hanno preso in esame 15 diverse condizioni di salute, tra cui:
- Malattie cardiovascolari ( cardiopatia ischemica, ictus, ipertensione)
- Diabete di tipo II
- Alcuni tipi di cancro
- Malattie muscoloscheletriche (mal di schiena, fratture)
- Problemi di salute mentale (depressione, demenza)
Per farlo, hanno incrociato un sacco di dati: indagini sulla salute, registri del Fondo Sanitario Estone, dati statistici nazionali. Un lavoraccio, ve lo assicuro!
Certo, come ogni studio che si rispetti, ci sono dei “se” e dei “ma”. Per esempio, la definizione di “inattività fisica” usata nello studio (<120 minuti di attività moderata a settimana) è leggermente diversa da quella dell'OMS (almeno 150 minuti). Questo potrebbe aver sottostimato un po' la prevalenza. D'altro canto, quando si chiede alle persone quanto si muovono, c'è sempre il rischio che esagerino un po' per fare bella figura (il cosiddetto "social desirability bias"). Per tener conto di queste incertezze, hanno fatto le analisi di sensibilità di cui parlavo prima.
Un’altra cosa da considerare è che lo studio non ha potuto tener conto delle comorbidità (cioè quando una persona ha più malattie contemporaneamente), il che potrebbe aver portato a un leggero doppio conteggio. E poi, mancano i dati sui pagamenti “out-of-pocket” (quelli che i cittadini pagano di tasca propria) e sull’utilizzo di assicurazioni sanitarie private. Infine, questi sono solo i costi sanitari diretti. Non tengono conto dei costi indiretti, come la perdita di produttività dovuta a malattia o mortalità prematura.
L’Estonia e il Resto del Mondo: Un Confronto Necessario
Questi risultati, comunque, sono in linea con quanto si vede in giro per il mondo. Studi precedenti stimavano che i costi sanitari globali legati alla sedentarietà potessero arrivare a 520 miliardi di dollari internazionali entro il 2030! Per l’Estonia stessa, stime precedenti variavano parecchio, da 7,75 milioni di dollari nel 2013 a 97,9 milioni nel 2020. La stima di questo studio, 24,64 milioni di euro, si colloca in mezzo, ma è difficile fare paragoni diretti perché le metodologie cambiano.
Se guardiamo però all’incidenza sui costi sanitari totali, l’1,4% dell’Estonia rientra nel range di altri paesi (0,3-4,6%). La vicina Finlandia, per esempio, ha una percentuale simile (1,3%), ma un costo assoluto molto più alto (263,2 milioni di euro). Questo si spiega con la popolazione più numerosa, un PIL decisamente maggiore e una spesa sanitaria più elevata. Curiosamente, nonostante i finlandesi usino dati oggettivi (accelerometri) per misurare l’attività fisica, la loro prevalenza di inattività (77%) è simile a quella estone (73,7%) basata su auto-dichiarazioni.
Una cosa che salta all’occhio è che il diabete di tipo II, pur avendo stime di frazione attribuibile simili ad altre malattie, pesa tantissimo sui costi (circa 6,8 milioni di euro). Questo perché ci sono tantissimi casi di diabete, e quindi anche una piccola percentuale di costi attribuibili alla sedentarietà si traduce in cifre importanti.

Non Solo Soldi: La Pigrizia è un Rischio Multiplo
La cosa che mi preme sottolineare è che l’inattività fisica raramente viaggia da sola. Nello studio estone, il 64% degli adulti inattivi era anche sovrappeso o obeso, e il 76% delle persone con eccesso di peso era anche fisicamente inattiva. È un circolo vizioso! E anche se l’attività fisica fa bene, a volte non basta a compensare gli effetti negativi del sovrappeso, specialmente per le malattie cardiovascolari.
Quindi, anche se l’impatto economico diretto della sedentarietà sul bilancio sanitario può sembrare “modesto” (parliamo comunque di milioni!), il suo impatto sulla salute pubblica è enorme perché è la porta d’ingresso per un sacco di malattie croniche.
Prevenire è Meglio che Curare (e Costa Meno!)
Lo scopo di studi come questo è dare ai politici e ai responsabili della sanità pubblica degli argomenti economici solidi per investire in prevenzione. Perché, diciamocelo, quando si tratta di tagliare la spesa o allocare risorse, avere dei numeri concreti aiuta a prendere decisioni più consapevoli.
I ricercatori estoni sono stati conservativi nelle loro stime, concentrandosi solo sui costi diretti per il sistema sanitario nazionale. Questo, secondo me, dà ancora più valore ai risultati: quei 24,64 milioni di euro sono l’impatto diretto sul bilancio che si potrebbe, almeno in parte, mitigare.
Certo, non è che se tutti diventassimo atleti da un giorno all’altro questi costi sparirebbero magicamente. Ma ridurre l’inattività, anche di poco, può fare una differenza enorme. Come dice il vecchio adagio, “prevenire è meglio che curare”. E in questo caso, è anche più economico.
Insomma, muoversi fa bene. Al corpo, alla mente e, a quanto pare, anche al portafoglio della nazione. Magari la prossima volta che stiamo per sprofondare sul divano per l’ennesima maratona televisiva, pensiamoci un attimo e facciamo due passi. Il nostro corpo e il sistema sanitario (estone e non solo) ci ringrazieranno!
Fonte: Springer
