Pressione Alta in Thailandia: Il Programma HEARTS Costa Davvero Meno? Scoperte Sorprendenti!
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi ha davvero incuriosito: un programma per combattere l’ipertensione, la famigerata pressione alta, in un posto lontano come la Thailandia. Si chiama programma HEARTS, e l’hanno sperimentato nella provincia di Lampang. La domanda che si sono posti i ricercatori, e che mi sono posto anch’io leggendo il loro studio, è: ma quanto costa davvero implementare un programma del genere rispetto alle cure tradizionali? E soprattutto, ne vale la pena?
L’ipertensione: un nemico silenzioso (anche in Thailandia)
Prima di tuffarci nei costi, un piccolo ripasso. Le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte nel mondo, e l’ipertensione è il loro “complice” numero uno. Pensate che in Thailandia circa un adulto su quattro soffre di pressione alta. Il problema è che, anche se sappiamo come curarla, molti pazienti non riescono a tenerla sotto controllo. Colpa un po’ dei medici che non sempre aggiornano le terapie come dovrebbero (la chiamano “inerzia terapeutica”), un po’ dei pazienti che non seguono alla lettera le cure. Insomma, c’è margine per migliorare, e parecchio!
Cos’è questo Programma HEARTS?
Ecco che entra in gioco il pacchetto HEARTS. Non è un farmaco magico, ma un approccio strutturato per gestire l’ipertensione nei centri di assistenza primaria (quelli che da noi potrebbero essere i medici di base o i poliambulatori). L’acronimo HEARTS sta per:
- H – Healthy lifestyle counselling (Consulenza su stili di vita sani)
- E – Evidence-based treatment protocols (Protocolli di trattamento basati sull’evidenza scientifica)
- A – Access to essential medicines and technology (Accesso a farmaci e tecnologie essenziali)
- R – Risk-based CVD management (Gestione del rischio cardiovascolare basata sul rischio individuale)
- T – Team-based care (Assistenza basata sul lavoro di squadra)
- S – Systems for monitoring (Sistemi di monitoraggio)
L’idea è di standardizzare le cure, renderle più efficaci e migliorare il controllo della pressione. In Thailandia, l’Università di Chiang Mai, insieme alla Società Thailandese di Ipertensione e all’Ufficio Sanitario Provinciale di Lampang, ha adattato questo modello e ha avviato un progetto pilota nel 2020. Hanno formato il personale sanitario con workshop specifici, insegnando anche come comunicare meglio con i pazienti.
La grande domanda: quanto ci costa?
Ed eccoci al dunque. Implementare un programma nuovo è bello, ma bisogna fare i conti con la realtà. Quanto costa HEARTS rispetto alle cure “normali” (che chiameremo “usual care”)? Per capirlo, i ricercatori hanno usato uno strumento specifico, il “HEARTS costing tool”, che è praticamente un super-foglio Excel che calcola tutti i costi dal punto di vista del sistema sanitario. Hanno analizzato tre scenari:
- Cura Standard (Usual Care): Come si curava l’ipertensione prima di HEARTS, con i medici che decidevano la terapia caso per caso basandosi sulle linee guida nazionali.
- Scenario HEARTS (Pillole Singole): Il protocollo HEARTS standard, che prevede un percorso a gradini ben definito per iniziare e aggiustare i farmaci (usando pillole separate per ogni principio attivo).
- Sotto-Scenario HEARTS (Pillola Combinata): Come lo scenario HEARTS, ma usando una pillola unica che combina due farmaci (amlodipina e losartan). Questa opzione è interessante perché queste pillole combinate al momento non sono coperte dal sistema sanitario universale thailandese (UCS).
Hanno raccolto dati reali dalle cartelle cliniche elettroniche della provincia di Lampang dopo l’inizio del progetto pilota.
Risultati: luci e ombre sui costi
Allora, cosa è venuto fuori? Tenetevi forte, perché ci sono delle sorprese.
Costi dei Farmaci per Paziente (all’anno):
- Cura Standard: 14.0 USD (circa 485 Baht thailandesi)
- HEARTS (Pillole Singole): 13.8 USD (circa 479 Baht) – Leggermente meno costoso!
- HEARTS (Pillola Combinata): 14.3 USD (circa 497 Baht) – Leggermente più costoso.
Quindi, il protocollo HEARTS standard, quello con le pillole separate, sembra far risparmiare qualcosina sui farmaci per ogni paziente trattato. La pillola combinata, invece, costa un po’ di più perché, beh, la pillola in sé ha un prezzo maggiore.
Costo Totale del Programma per Utente dell’Assistenza Primaria (all’anno):
Qui la storia cambia leggermente. Questo costo considera *tutte* le spese del programma (farmaci, personale, test, formazione, ecc.) divise per *tutti* gli adulti sopra i 35 anni che usano l’assistenza primaria in quella zona (non solo i pazienti ipertesi).
- Cura Standard: 13.6 USD (circa 473 Baht)
- HEARTS (Pillole Singole): 14.3 USD (circa 495 Baht) – Un po’ più costoso.
- HEARTS (Pillola Combinata): 14.4 USD (circa 500 Baht) – Ancora un po’ più costoso.
Come mai il costo totale aumenta leggermente con HEARTS, anche se i farmaci (nel caso delle pillole singole) costano meno? La risposta principale sta nei costi di formazione. Avviare il programma HEARTS ha richiesto un investimento iniziale per formare medici e infermieri sul nuovo protocollo. Questo costo extra fa salire leggermente la spesa totale annuale (circa il 4-5% in più rispetto alla cura standard). C’è da dire, però, che questo è un costo che probabilmente si ridurrà negli anni successivi, una volta che il personale è formato.
La vera sorpresa: il costo dei test diagnostici!
Ma la scoperta che mi ha lasciato più a bocca aperta è un’altra. Sapete qual è la voce di spesa più pesante in *tutti e tre* gli scenari? Non i farmaci, non il personale… ma i test diagnostici di laboratorio! Incredibilmente, questi test (un pacchetto completo fatto a tutti i pazienti ipertesi) rappresentano quasi la metà (45-47%) del costo totale del programma. Una cifra enorme!
I ricercatori hanno fatto una simulazione: e se questi test completi li facessimo solo ai pazienti più a rischio, ad esempio gli over 65 (che sono circa il 15% degli utenti dell’assistenza primaria, invece del 27% che sono tutti gli ipertesi)? Beh, il costo totale del programma per utente scenderebbe di circa 2 USD (un bel 14% in meno!). Questo suggerisce che forse si potrebbe ottimizzare molto la spesa agendo sulla copertura di questi test, magari riservandoli a chi ne ha davvero più bisogno.
Altri aspetti interessanti: lavoro di squadra e pillole combinate
Un altro aspetto positivo del programma HEARTS è il “task-sharing”, cioè la condivisione dei compiti. Nel modello HEARTS, anche gli infermieri possono fare consulenza e valutazione del rischio cardiovascolare, compiti che nella cura standard erano spesso solo dei medici. Questo porta a un leggero risparmio sui costi del personale medico (anche se ovviamente aumenta il carico di lavoro degli infermieri).
E la pillola combinata? Costa un po’ di più, è vero. Però, attenzione: questo studio guarda solo ai costi diretti. Non tiene conto dei possibili vantaggi “nascosti”. Una pillola unica potrebbe essere più facile da gestire per la farmacia (meno scorte diverse), ma soprattutto potrebbe migliorare l’aderenza del paziente alla terapia. Prendere una pillola al giorno è più semplice che prenderne due o tre separate, no? Se i pazienti seguono meglio la cura, la pressione si controlla meglio e si evitano complicazioni future (che costano molto di più!). Servirebbero studi specifici di costo-efficacia per capire se quel piccolo costo extra della pillola combinata non sia ampiamente ripagato da migliori risultati di salute.
Confronto internazionale e limiti dello studio
È interessante notare come i costi in Thailandia siano diversi da quelli di studi simili fatti in Bangladesh o Messico. Il costo dei farmaci per paziente HEARTS a Lampang (13.8 USD) è più basso che in Bangladesh (18 USD) e Messico (15-17 USD). Il costo totale del programma per utente (14.3 USD) è più basso che in Messico (31-42 USD) ma più alto che in Bangladesh (9 USD). Queste differenze dipendono da tanti fattori, inclusi i prezzi locali e come sono organizzati i programmi (ad esempio, in Thailandia fanno molti più test diagnostici).
Ovviamente, questo studio ha dei limiti. Si basa su stime e dati raccolti durante un progetto pilota, e non misura direttamente i benefici per la salute dei pazienti (anche se altri studi internazionali su HEARTS mostrano miglioramenti nel controllo della pressione). Inoltre, i costi di formazione potrebbero diminuire nel tempo.
Tirando le somme: cosa mi porto a casa?
Allora, cosa ci dice questa analisi dei costi del programma HEARTS a Lampang?
- Il protocollo HEARTS standard (con pillole singole) può effettivamente ridurre leggermente il costo dei farmaci per paziente rispetto alle cure tradizionali.
- L’uso di pillole combinate costa un po’ di più al momento, ma i potenziali benefici sull’aderenza andrebbero valutati meglio con studi di costo-efficacia.
- Il costo iniziale della formazione fa aumentare leggermente il costo totale del programma nel primo periodo.
- La spesa più grande, e forse quella su cui si può intervenire di più, sono i test diagnostici. Limitarli ai pazienti a più alto rischio potrebbe portare a risparmi significativi.
- Il task-sharing tra medici e infermieri è un altro potenziale vantaggio economico e organizzativo.
Insomma, il programma HEARTS sembra avere delle potenzialità interessanti anche dal punto di vista economico, soprattutto se si riesce a ottimizzare la questione dei test diagnostici e a negoziare buoni prezzi per i farmaci (specialmente quelli combinati, se si dimostrassero costo-efficaci). È un esempio affascinante di come si cerca di migliorare la salute pubblica facendo anche attenzione ai conti!
Fonte: Springer