Riscaldamento Globale: Quanto Ci Costerà Salvare le Nostre Coste?
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi tocca da vicino, un po’ come tocca tutti noi che amiamo il mare e le nostre splendide coste: il cambiamento climatico e il suo impatto sempre più pesante. Ho letto uno studio affascinante che cerca di dare una risposta a una domanda che fa tremare i polsi: quanto ci costerà, in termini economici, adattarci all’innalzamento del livello del mare e ai danni che ne derivano, a seconda di quanto si scalderà il pianeta?
Sappiamo tutti che il clima sta cambiando, vero? Le temperature salgono, gli eventi meteo estremi sono più frequenti e, soprattutto per chi vive vicino al mare, il livello dell’acqua si sta alzando. Questo non è un problema futuro, è una realtà che già oggi mette a rischio milioni di persone, case, infrastrutture in tutto il mondo. Pensate che alcuni studi stimano che oltre l’1% della popolazione mondiale potrebbe essere costretta a spostarsi a causa dell’innalzamento dei mari, anche in scenari climatici considerati “moderati”. Una vera e propria minaccia esistenziale per tante comunità.
Capire il Legame: Gradi in Più, Costi in Più
La domanda chiave che si sono posti i ricercatori è: come si traducono i diversi livelli di riscaldamento globale (quelle famose soglie come 1.5°C o 2°C di cui sentiamo parlare negli accordi internazionali) in costi concreti per le nostre coste? Parliamo sia dei soldi necessari per costruire difese come dighe, argini o muri marittimi, sia dei costi per dover spostare intere comunità e infrastrutture più all’interno (la cosiddetta ritirata pianificata), sia, purtroppo, dei danni economici dovuti ad allagamenti, inondazioni e perdita di ecosistemi preziosi come le zone umide.
Per rispondere, hanno usato un complesso sistema di modelli che simula diversi futuri possibili, tenendo conto delle incertezze legate alle emissioni di gas serra, a come reagisce il sistema climatico, all’innalzamento del livello del mare (globale e locale) e persino ai diversi scenari socio-economici. Hanno poi raggruppato questi futuri possibili in base alla temperatura globale raggiunta e calcolato i costi associati fino all’anno 2150.
Il Prezzo Sale: Le Soglie Critiche
E qui arrivano i dati che fanno riflettere. Pronti? Tenetevi forte.
Lo studio ha scoperto che già superando la soglia di 1.5°C di riscaldamento rispetto ai livelli pre-industriali, i danni costieri “di fascia alta” (cioè quelli nel 5% dei casi peggiori, uno scenario sfortunato ma possibile) quasi raddoppiano! Passano da 1.300 miliardi di dollari a ben 2.300 miliardi di dollari. Avete letto bene, migliaia di miliardi.
Ma non è finita. Se il riscaldamento supera i 2.5°C, la situazione peggiora drasticamente e non solo negli scenari peggiori. Anche i danni “di fascia bassa” (il 5% dei casi più fortunati) aumentano significativamente, passando da 1.200 a 1.600 miliardi di dollari. E la cosa ancora più preoccupante è che, oltre questa soglia, i danni ingenti non sono più un evento raro, un rischio di coda, ma diventano la norma. I costi mediani (quelli che si verificano nel 50% dei casi) schizzano a 2.100 miliardi di dollari per un riscaldamento tra 2.5°C e 3.5°C, e a 2.600 miliardi se si superano i 3.5°C.

Questi numeri ci dicono chiaramente che limitare il riscaldamento fa un’enorme differenza. Mantenere il riscaldamento sotto i 2.5°C aumenta notevolmente le possibilità di evitare i costi più devastanti.
Un Mondo Diviso: L’Ingiustizia Climatica sulle Coste
C’è un altro aspetto fondamentale che emerge dallo studio, ed è profondamente ingiusto. L’impatto di questi costi non è distribuito equamente nel mondo. Quando il riscaldamento supera i 2.5°C, alcune regioni soffrono in modo sproporzionato rispetto ad altre, soprattutto se guardiamo ai danni come percentuale del loro Prodotto Interno Lordo (PIL) regionale. Chi paga il prezzo più alto?
- Africa Sub-Sahariana: costi 1.1-1.2 volte superiori alla media globale in rapporto al PIL.
- America Latina e Caraibi: costi 1.5-1.6 volte superiori alla media globale.
- Asia Orientale e Pacifico: costi 1.4 volte superiori alla media globale.
Queste regioni, che spesso appartengono al cosiddetto “Sud Globale” e includono molti paesi in via di sviluppo, sono quelle che storicamente hanno contribuito meno alle emissioni che causano il cambiamento climatico. Eppure, si trovano a dover affrontare le conseguenze più pesanti in termini relativi. Al contrario, regioni come l’Europa e l’Asia Centrale sembrano subire danni inferiori alla media globale (circa 0.8 volte).
Questa disuguaglianza diventa ancora più marcata passando da un mondo a 2°C a uno a 3°C. Le regioni già svantaggiate vedono aumentare i loro costi in modo ancora più sproporzionato. È la conferma, attraverso la lente dei costi costieri, di una triste realtà: chi ha meno colpe per il cambiamento climatico rischia di soffrirne di più.
Adattarsi: Costruire Muri o Fare le Valigie?
Lo studio considera diverse strategie di adattamento. Da un lato, la protezione attiva, costruendo difese sempre più alte e robuste. Dall’altro, la ritirata pianificata, cioè decidere strategicamente di abbandonare alcune aree troppo esposte e trasferire persone e attività altrove. Il modello calcola l’opzione “ottimale” (quella meno costosa nel lungo periodo) per ogni tratto di costa.
Certo, bisogna dire che il modello fa alcune ipotesi ottimistiche. Ad esempio, assume che i decisori abbiano una “sfera di cristallo” e conoscano perfettamente l’innalzamento del mare futuro per i prossimi 50 anni, e che le decisioni ottimali vengano implementate immediatamente e senza ostacoli. Sappiamo che la realtà è ben più complessa, tra burocrazia, costi imprevisti, resistenze sociali e percezioni del rischio diverse. Quindi, i costi calcolati potrebbero essere visti come una stima “al ribasso” di quelli reali.

Un altro punto interessante riguarda la migrazione. Nello scenario peggiore, legato al potenziale collasso rapido di parti della calotta glaciale antartica (un “punto di non ritorno” che potrebbe essere innescato anche sotto i 2°C di riscaldamento), il numero di persone costrette a migrare a causa delle inondazioni costiere potrebbe più che raddoppiare entro il 2100, passando da circa 17 a 36 milioni!
La Scelta è Nostra (e Urgente)
Cosa ci portiamo a casa da tutto questo? Innanzitutto, che i danni costieri legati al clima sono già “bloccati” nel sistema anche con 1.5°C di riscaldamento. Secondo, che un futuro a 2°C ci impegna a danni potenzialmente molto più gravi negli scenari peggiori. Terzo, che superare i 2.5°C ci condanna a un futuro in cui danni costieri elevati diventano la normalità per tutti, e in modo particolarmente ingiusto per i paesi più vulnerabili.
Questi livelli di riscaldamento non sono fantascienza, sono purtroppo plausibili secondo le proiezioni attuali dell’IPCC, anche in scenari considerati “intermedi”. Siamo di fronte a una scelta cruciale come società globale: pagare ora per ridurre le emissioni e mitigare il riscaldamento futuro, oppure pagare molto di più dopo, affrontando costi di adattamento e danni enormi e crescenti, con perdite non solo economiche ma anche di vite umane e patrimoni culturali.
Lo studio sottolinea l’importanza vitale di ridurre le emissioni di gas serra per limitare il riscaldamento e, di conseguenza, l’aumento dei costi e delle disuguaglianze sulle coste. Ma evidenzia anche la necessità di pianificare l’adattamento fin da ora, tenendo conto anche degli scenari più gravi e aggiornando continuamente le strategie man mano che la scienza progredisce.
Il futuro delle nostre coste è nelle nostre mani, ma il tempo stringe. Dobbiamo agire, e farlo in fretta.
Fonte: Springer
