Fotografia subacquea vivida di un corallo mediterraneo, Cladocora caespitosa, che prospera in un ambiente con visibili bolle di CO2 provenienti da sorgenti vulcaniche sottomarine a Ischia. Obiettivo macro 60mm, alta definizione, contrasto tra i colori vivaci del corallo e l'acqua circostante, evidenziando la resilienza.

Il Segreto dei Coralli Mediterranei: Mangiare di Più per Sfidare l’Acidificazione degli Oceani

Avete mai pensato a come se la cavano i nostri meravigliosi coralli mediterranei in un mare che, ahimè, sta cambiando sotto i nostri occhi? Io sì, e quello che abbiamo scoperto è davvero affascinante e pieno di speranza. Immergiamoci insieme in questa storia di sopravvivenza e adattamento che arriva direttamente dalle profondità del nostro Mare Nostrum.

Il Problema: Oceani Sempre Più Acidi

Partiamo dal contesto. Le nostre attività umane, soprattutto la combustione di combustibili fossili, rilasciano enormi quantità di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera. Circa un quarto di questa CO2 finisce negli oceani. Sembrerebbe una buona cosa, no? Meno CO2 in aria. Purtroppo, non è così semplice. Quando la CO2 si scioglie in acqua, reagisce e forma acido carbonico, abbassando il pH del mare. Questo fenomeno si chiama acidificazione oceanica.

Perché ci preoccupa? Perché molti organismi marini, come i coralli, costruiscono i loro scheletri e gusci usando carbonato di calcio. In acque più acide, questo processo, chiamato calcificazione, diventa molto più difficile e dispendioso in termini energetici. È come cercare di costruire una casa con mattoni che si sciolgono! Si prevede che entro il 2100 il pH superficiale degli oceani potrebbe diminuire drasticamente, mettendo a rischio interi ecosistemi che dipendono da questi “costruttori” marini.

Un Laboratorio Naturale Sottomarino

Capire come i coralli reagiranno a lungo termine all’acidificazione solo con esperimenti in laboratorio è complicato. Ma la natura, a volte, ci offre delle scorciatoie incredibili. Vicino all’isola d’Ischia, nel Golfo di Napoli, ci sono delle sorgenti vulcaniche sottomarine che rilasciano CO2 pura (senza altri gas tossici o calore aggiuntivo). Queste aree, chiamate siti di emissione di CO2 (o “CO2 vents”), creano delle zone dove l’acqua ha un pH naturalmente più basso, simile a quello che potremmo aspettarci in futuro in molte parti dell’oceano. Sono dei veri e propri laboratori naturali a cielo… anzi, a mare aperto!

Qui possiamo studiare organismi che vivono *da sempre* in condizioni di pH ridotto e vedere come se la cavano. È un’opportunità unica per sbirciare nel futuro degli ecosistemi marini.

I Protagonisti: Due Coralli Speciali

Nel Mediterraneo, anche se non abbiamo le immense barriere coralline tropicali di un tempo, abbiamo comunque dei coralli preziosissimi. Due specie in particolare sono fondamentali per i loro ecosistemi e sono state al centro della nostra ricerca:

  • Cladocora caespitosa: Questo è un corallo che vive in simbiosi con delle microalghe (le Symbiodiniaceae, le stesse dei coralli tropicali). Forma delle colonie che creano habitat complessi su fondali rocciosi, supportando una grande diversità di altre specie marine. Lo troviamo intorno ai 10 metri di profondità.
  • Astroides calycularis: Questo corallo, invece, è asimbionte, cioè non ospita alghe. Vive in ambienti con poca luce, come grotte e strapiombi, tra 1 e 5 metri di profondità. Anche lui è un importante costruttore di habitat. Essendo senza alghe simbionti, dipende totalmente dal cibo che cattura dall’acqua per nutrirsi.

Entrambe queste specie sono state trovate sia in aree con pH normale (circa 8.05) sia nei pressi dei siti di emissione di CO2 a Ischia, dove il pH è più basso (tra 7.74 e 7.91). La loro presenza in queste condizioni “difficili” suggeriva che avessero sviluppato delle strategie di adattamento o acclimatazione.

Fotografia macro subacquea di un corallo Cladocora caespitosa vicino a bolle di CO2 che risalgono da un fondale vulcanico a Ischia, Italia. Obiettivo macro 90mm, alta definizione, illuminazione controllata per evidenziare la struttura del polipo e le bolle gassose.

La Scoperta Sorprendente: Mangiare per Sopravvivere

Ci siamo chiesti: qual è il loro segreto? Come fanno a prosperare (o almeno a sopravvivere) dove l’acidità rende la vita così dura per i calcificatori? La risposta sembra risiedere nella loro dieta, o meglio, nella loro capacità di alimentarsi attivamente. Questo processo si chiama eterotrofia: la capacità di ottenere nutrimento catturando particelle organiche (POM), materia organica disciolta (DOM) e, soprattutto, il nutriente zooplancton (piccoli organismi animali alla deriva).

Abbiamo raccolto campioni di entrambi i coralli dai siti a pH normale e dai siti a basso pH (i “vent”). Poi, in laboratorio, abbiamo analizzato una serie di parametri: la loro biomassa, le riserve energetiche (lipidi, carboidrati, proteine), la densità delle alghe simbionti e la clorofilla (per C. caespitosa), e abbiamo usato tecniche sofisticate come l’analisi degli isotopi stabili (carbonio-13 e azoto-15) e del radiocarbonio (carbonio-14) nei loro tessuti e scheletri. Questi isotopi funzionano come delle “firme chimiche” che ci dicono cosa e quanto hanno mangiato.

I risultati sono stati illuminanti! Entrambe le specie di corallo provenienti dai siti a basso pH hanno mostrato una capacità eterotrofica significativamente più alta rispetto ai loro “cugini” che vivono a pH normale. In pratica, in condizioni acide, questi coralli “mangiano di più” o “mangiano meglio” per compensare lo stress energetico dell’acidificazione. Questo permette loro di mantenere le riserve energetiche necessarie per vivere e, sorprendentemente, anche per continuare a costruire il loro scheletro, sebbene con alcune modifiche (colonie più piccole, scheletri più densi).

Strategie Diverse, Stesso Obiettivo

Interessante notare che le due specie adottano strategie leggermente diverse per potenziare la loro alimentazione:

  • Cladocora caespitosa (il corallo simbionte): Nei siti a basso pH, questo corallo sembra aumentare la *quantità* generale di cibo catturato. Gli indicatori isotopici (in particolare la differenza nell’azoto-15 tra ospite e simbionte, δ¹⁵Nh-e) e altre analisi (SIBER) suggeriscono un maggiore contributo dell’eterotrofia alla loro dieta complessiva. Pur mangiando proporzioni simili di POM e zooplancton rispetto ai coralli a pH normale, ne consumano di più in assoluto. L’analisi del radiocarbonio ha anche rivelato che gran parte del carbonio per costruire lo scheletro proviene dallo zooplancton (oltre il 60%!), non dalla fotosintesi delle alghe simbionti, come avviene spesso nei coralli tropicali. Addirittura, una piccolissima parte (circa 1%) del carbonio dello scheletro nei coralli del vent derivava direttamente dalla CO2 vulcanica! Questo suggerisce che l’eterotrofia non solo fornisce energia diretta, ma potrebbe anche fornire nutrienti essenziali (come l’azoto) alle alghe simbionti, aiutandole a funzionare meglio (infatti abbiamo trovato più clorofilla nei coralli del vent).
  • Astroides calycularis (il corallo asimbionte): Questo corallo, che dipende al 100% dal cibo catturato, adotta una strategia diversa nei siti a basso pH. Non mangia semplicemente di più in generale, ma cambia proprio la composizione della sua dieta: aumenta drasticamente la percentuale di zooplancton consumato (fino al 97% del cibo eterotrofo!), riducendo l’apporto di POM, che è meno nutriente. Gli isotopi stabili (δ¹³C e δ¹⁵N) nei tessuti confermano chiaramente questo spostamento verso una dieta più ricca di zooplancton. Questo “upgrade” nutrizionale permette ad A. calycularis di mantenere le sue riserve lipidiche, anche se a scapito di una biomassa leggermente inferiore rispetto ai coralli a pH normale. È un compromesso: meno “massa”, ma energia sufficiente per resistere.

Primo piano estremo di polipi di corallo Astroides calycularis che catturano minuscoli organismi zooplanctonici nell'acqua. Obiettivo macro 105mm, messa a fuoco precisa sui tentacoli del corallo e sullo zooplancton, illuminazione subacquea drammatica.

Perché è Importante? Resilienza e Conservazione

Questa scoperta è fondamentale. Ci dice che alcuni coralli mediterranei possiedono una notevole plasticità alimentare che funge da meccanismo di acclimatazione all’acidificazione oceanica. La loro elevata capacità eterotrofica è una chiave per il loro successo e la loro resilienza in ambienti difficili.

Ma c’è di più. L’eterotrofia è nota per aiutare i coralli a resistere anche ad un altro grande stress: l’aumento della temperatura dell’acqua, che causa lo sbiancamento e la mortalità. I coralli che si nutrono attivamente possono sopravvivere meglio agli episodi di caldo estremo. Questo significa che i coralli dei siti di emissione di CO2, avendo già “allenato” la loro capacità di mangiare di più o meglio, potrebbero essere doppiamente avvantaggiati nel futuro oceano, che sarà non solo più acido ma anche più caldo.

Questi coralli “speciali” dei vent rappresentano quindi un potenziale serbatoio di resilienza per gli ecosistemi rocciosi del Mediterraneo. Proteggere queste popolazioni diventa strategicamente importante. Non sono solo curiosità naturali, ma potrebbero detenere le chiavi per la sopravvivenza a lungo termine di questi preziosi habitat in un mondo che cambia rapidamente.

La loro capacità di adattarsi ci dà una lezione importante: la vita marina è incredibilmente tenace e piena di sorprese. Sta a noi studiarla, capirla e fare tutto il possibile per proteggerla, assicurando che il nostro Mediterraneo continui a ospitare queste meraviglie anche per le generazioni future.

Ampia veduta subacquea di una scogliera rocciosa mediterranea con colonie sparse ma sane di Cladocora caespitosa e Astroides calycularis in un sito di emissione di CO2, mostrando la resilienza della vita marina. Obiettivo grandangolare 15mm, messa a fuoco nitida, luce solare che filtra dalla superficie.

Fonte: Springer

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