Anticorpi Intelligenti: Come Ho Imparato a Controllare la Loro Aggregazione a Comando!
Ciao a tutti! Oggi voglio raccontarvi di un’avventura scientifica davvero affascinante che mi ha tenuto incollato al bancone del laboratorio (e al computer!). Parliamo di proteine, quelle molecole incredibili che fanno praticamente tutto nel nostro corpo. A volte, però, hanno la tendenza a “fare gruppo”, ad aggregarsi, un processo che può essere sia utile che dannoso. Immaginate di poter controllare questo processo a piacimento, come accendere e spegnere un interruttore. Ecco, è proprio quello che abbiamo cercato di fare!
L’Intrigante Mondo dell’Aggregazione Proteica
Le proteine, per funzionare correttamente, devono avere una forma ben precisa. Ma a volte, a causa di vari fattori, possono perdere questa forma e iniziare ad appiccicarsi tra loro, formando aggregati. Questo fenomeno, insieme alla cosiddetta separazione di fase liquido-liquido (LLPS) – pensatela come l’olio che si separa dall’acqua, ma a livello molecolare dentro le cellule – è fondamentale per molti processi biologici.
Questi processi sono guidati da un mix complesso di forze, tra cui spiccano le interazioni elettrostatiche. In parole povere, le cariche positive e negative presenti sulla superficie delle proteine giocano un ruolo cruciale. Modificare queste cariche superficiali è come dare nuove istruzioni alle proteine su come interagire tra loro. È un po’ come giocare a LEGO molecolari: cambiando i pezzi (gli amminoacidi carichi), possiamo cambiare il modo in cui le proteine si assemblano.
La Sfida: Progettare un Anticorpo “Supercarico”
Gli anticorpi sono proteine speciali, famose per la loro capacità di riconoscere e legarsi a bersagli specifici (gli antigeni) con precisione chirurgica. Ci siamo chiesti: e se potessimo modificare la carica superficiale di un frammento di anticorpo, chiamato Fab (Fragment antigen-binding), per controllare la sua tendenza ad aggregarsi solo quando incontra il suo antigene?
Qui entra in gioco una tecnica chiamata “supercaricamento” (supercharging). Non è fantascienza, ma quasi! Si tratta di sostituire alcuni amminoacidi sulla superficie della proteina con altri che portano una carica elettrica (positiva o negativa). L’obiettivo è aumentare drasticamente la carica netta della proteina. Studi precedenti avevano già mostrato che questa tecnica può migliorare diverse proprietà delle proteine, come la stabilità o la resistenza all’aggregazione. Noi volevamo fare un passo in più: usare il supercaricamento per creare un’aggregazione reversibile e dipendente dal ligando (cioè dall’antigene).
Abbiamo preso un anticorpo Fab ben noto, l’HyHEL-10, che si lega a una proteina chiamata lisozima dell’uovo di gallina (HEL), e abbiamo usato potenti strumenti computazionali (come Rosetta) per progettare una nuova versione. Partendo dalla versione “normale” (wild-type, WT) che ha una carica netta di -4, abbiamo creato una versione “supercarica” negativamente, con una carica netta di -10 (l’abbiamo chiamata neg10). Avevamo già creato in passato una versione supercarica positivamente (+10, pos10). L’idea era vedere come queste diverse cariche avrebbero influenzato il comportamento dell’anticorpo in presenza del suo antigene, il lisozima (HEL), che è una proteina con una carica nettamente positiva.
Verifica Funzionale: Struttura, Stabilità e Legame all’Antigene
Prima di tutto, dovevamo assicurarci che le nostre modifiche non avessero “rotto” l’anticorpo. Abbiamo quindi prodotto queste proteine in laboratorio e le abbiamo analizzate. I risultati sono stati confortanti!
- Struttura: Utilizzando la spettroscopia a dicroismo circolare (CD), abbiamo visto che la struttura secondaria generale degli anticorpi supercaricati (sia pos10 che neg10) era molto simile a quella del WT. Insomma, non avevamo stravolto la loro forma fondamentale.
- Stabilità Termica: Con la calorimetria a scansione differenziale (DSC), abbiamo misurato quanto calore serviva per “disfare” le proteine. Il pos10 si è rivelato leggermente più stabile del WT, mentre il neg10 un po’ meno stabile, ma comunque ben piegato e funzionale.
- Legame all’Antigene: Questo era il punto cruciale. Gli anticorpi supercaricati legavano ancora il loro antigene HEL? Ebbene sì! Utilizzando la calorimetria di titolazione isoterma (ITC), abbiamo misurato l’affinità di legame. Sorprendentemente, sia neg10 che pos10 legavano HEL con un’affinità paragonabile a quella del WT. Questo è notevole, specialmente per pos10, perché significava che anche avendo entrambi (anticorpo e antigene) una carica prevalentemente positiva, il legame specifico avveniva comunque efficacemente!
Questi risultati ci hanno confermato che il nostro design computazionale aveva funzionato: avevamo modificato con successo la carica superficiale senza compromettere la struttura o la funzione principale dell’anticorpo.
La Scoperta Chiave: Aggregazione Reversibile a Comando!
Ora arriviamo al bello. Abbiamo mescolato i nostri anticorpi (neg10, WT, pos10) con l’antigene HEL in diverse condizioni, in particolare variando la concentrazione di sale (cloruro di sodio, NaCl). Qui è successa la magia!
Abbiamo notato che il complesso formato da neg10 (carico negativamente) e HEL (carico positivamente) tendeva ad aggregare, diventando torbido, ma solo a basse concentrazioni di sale (ad esempio, 100 mM di NaCl). Era come se le cariche opposte si attraessero così tanto da far “incollare” i complessi tra loro.
Ma la cosa ancora più interessante è che questa aggregazione era reversibile! Aumentando la concentrazione di sale (ad esempio a 300 mM di NaCl), la soluzione tornava limpida. Gli aggregati si dissolvevano! Perché? Il sale, in pratica, “scherma” le cariche elettriche, riducendo l’attrazione elettrostatica tra i complessi e permettendo loro di disperdersi nuovamente. Abbiamo confermato con la spettroscopia CD che, una volta ridisciolto, l’anticorpo neg10 manteneva la sua struttura corretta.
Al contrario, il complesso formato da pos10 (carico positivamente) e HEL (carico positivamente) mostrava molta meno aggregazione, probabilmente a causa della repulsione elettrostatica tra le cariche simili. Anzi, abbiamo osservato una leggerissima tendenza ad aggregare di più a concentrazioni saline più alte (150 mM vs 100 mM). Questo suggerisce che, una volta schermata la repulsione, altre forze più deboli (come quelle idrofobiche) potrebbero entrare in gioco.
Abbiamo anche visto che aggiungendo un “agente affollante” (PEG 8000), che mima l’ambiente affollato all’interno delle cellule, l’aggregazione del complesso neg10-HEL veniva favorita, e anche in questo caso dipendeva dalla concentrazione di sale e dalla concentrazione delle proteine stesse.
Perché Tutto Questo è Importante? Le Prospettive Future
Questa scoperta è entusiasmante perché dimostra che possiamo usare il supercaricamento come uno strumento di design per creare proteine il cui comportamento di aggregazione è finemente regolabile. Possiamo farle aggregare o disaggregare semplicemente cambiando la concentrazione di sale o, cosa ancora più intrigante, l’aggregazione avviene solo in presenza del loro specifico ligando (l’antigene).
Immaginate le possibilità:
- Biomateriali intelligenti: Materiali che si auto-assemblano o si disassemblano in risposta a specifici segnali molecolari.
- Drug delivery mirato: Sistemi che rilasciano farmaci solo quando incontrano una determinata molecola target.
- Comprensione dei processi cellulari: Il supercaricamento potrebbe aiutarci a studiare e persino a controllare la separazione di fase liquido-liquido (LLPS) all’interno delle cellule, un fenomeno cruciale per l’organizzazione cellulare e implicato in diverse malattie neurodegenerative (come la SLA e la demenza frontotemporale).
- Terapie innovative: Forse un giorno potremmo progettare anticorpi supercaricati per modulare l’LLPS anomala associata a certe patologie.
Certo, la strada è ancora lunga. Ad esempio, abbiamo notato che la resa di produzione del pos10 era un po’ bassa, forse perché interagiva con altre proteine durante la purificazione. Bisognerà ottimizzare questi aspetti. Ma il potenziale è enorme.
In sintesi, abbiamo dimostrato che “giocando” con le cariche sulla superficie di un anticorpo Fab, possiamo dotarlo della capacità di aggregare in modo reversibile e controllato, specificamente quando incontra il suo bersaglio e in dipendenza dalla concentrazione salina. È un passo avanti verso la progettazione razionale di proteine con comportamenti “su misura”, aprendo scenari affascinanti per la biotecnologia e la biologia fondamentale. Non vedo l’ora di vedere dove ci porterà questa ricerca!
Fonte: Springer