Compositi Bulk Fill Flowable “Senza Cappaggio”: La Verità su Colore, Acqua e Stabilità!
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di una novità che sta facendo discutere nel mondo dell’odontoiatria restaurativa: i compositi bulk fill flowable “no-cap”, ovvero quelli che promettono di semplificare la nostra vita in studio permettendoci di riempire cavità profonde in un colpo solo, senza bisogno di aggiungere uno strato finale più resistente. Sembra fantastico, vero? Meno passaggi, più velocità. Ma come dico sempre, è fondamentale guardare oltre la superficie e capire se queste scorciatoie mantengono davvero le promesse nel tempo.
Proprio per questo, mi sono immerso in uno studio recente che ha messo alla prova questi nuovi materiali, confrontandoli con i loro “cugini” bulk fill, sia quelli a bassa viscosità usati come base (che quindi richiedono uno strato finale), sia quelli ad alta viscosità. L’obiettivo? Capire come se la cavano in termini di stabilità del colore, assorbimento d’acqua e solubilità. Parametri noiosi? Forse, ma vi assicuro che sono fondamentali per la durata e l’estetica dei nostri restauri.
Perché questi test sono così importanti?
Pensateci: un restauro in composito vive in un ambiente umido e dinamico come la bocca, costantemente a contatto con saliva, cibi e bevande. Se il materiale assorbe troppa acqua, può gonfiarsi, degradarsi, perdere le sue proprietà meccaniche e, cosa che notano subito i pazienti, cambiare colore! L’assorbimento d’acqua può anche favorire il rilascio di sostanze non polimerizzate dalla matrice resinosa (la “colla” che tiene insieme il materiale), influenzando la biocompatibilità e la stabilità dimensionale.
D’altra parte, una buona stabilità del colore è cruciale, specialmente nei settori anteriori, ma anche nei posteriori. Nessuno vuole un’otturazione che diventa gialla o marrone dopo poco tempo! Sappiamo che i compositi a bassa viscosità (più fluidi) tendono ad avere meno particelle di riempitivo (il “filler”, che dà resistenza e stabilità) rispetto a quelli ad alta viscosità. Questo, in teoria, li rende più suscettibili all’assorbimento d’acqua e alle macchie. La domanda è: questi nuovi “no-cap” flowable hanno superato questo limite?
Lo studio nel dettaglio: chi è stato messo alla prova?
I ricercatori hanno preso quattro diversi compositi bulk fill:
- Charisma Bulk Flow One (CBF): Bassa viscosità, no-cap.
- Estelite Bulk Fill Flowable (EBF): Bassa viscosità, no-cap.
- X-tra Base (XB): Bassa viscosità, da usare come base (richiede cappaggio).
- Filtek One Bulk Fill (FBF): Alta viscosità (non richiede cappaggio per la sua natura, ma è più denso).
Hanno creato dei dischetti di 5 mm di diametro e 4 mm di spessore (simulando un riempimento “bulk”) e li hanno polimerizzati seguendo le istruzioni. Poi, il test del tempo: 28 giorni immersi in saliva artificiale o in una soluzione di caffè (il nemico numero uno della stabilità cromatica!). Hanno misurato assorbimento, solubilità e cambiamento di colore (usando il sistema CIEDE2000, molto preciso) a intervalli regolari: 7, 14, 21 e 28 giorni.
Risultati: chi vince e chi perde?
E qui arrivano le note, alcune un po’ dolenti. I risultati sono stati piuttosto chiari e, devo dire, hanno parzialmente smontato le mie aspettative iniziali (e le ipotesi dello studio).
Assorbimento d’acqua e Solubilità:
Il materiale che ha mostrato i valori più alti di assorbimento d’acqua e solubilità in quasi tutti i momenti di misurazione è stato il Charisma Bulk Flow One (CBF), uno dei “no-cap” flowable. Al contrario, il Filtek One Bulk Fill (FBF), quello ad alta viscosità e con più riempitivo, ha generalmente mostrato valori più bassi, come ci si poteva aspettare. L’Estelite Bulk Fill Flowable (EBF), l’altro “no-cap”, si è comportato meglio del CBF, posizionandosi spesso tra FBF e XB.
Un dato interessante: tutti i compositi hanno mostrato valori di assorbimento e solubilità entro gli standard ISO 4049, quindi sulla carta sono “a norma”. Tuttavia, sono state riscontrate delle “solubilità negative”. Non spaventatevi, non significa che il materiale cresca! Significa probabilmente che l’assorbimento d’acqua è stato così predominante da mascherare la (pur presente) perdita di sostanza, oppure che parte dell’acqua assorbita si lega chimicamente e non viene rilasciata durante l’asciugatura per la misurazione finale. Questo fenomeno è noto in letteratura. La regola generale confermata è: meno riempitivo = più assorbimento d’acqua. Il CBF, avendo la percentuale di riempitivo più bassa tra quelli testati, ha pagato pegno.
Stabilità del Colore: Il Test del Caffè non perdona!
Qui le differenze si sono fatte ancora più evidenti. Immergendo i campioni nel caffè:
- Il Charisma Bulk Flow One (CBF) ha mostrato lo scolorimento (valori ∆E₀₀) più elevato in assoluto, a tutti gli intervalli di tempo.
- L’Estelite Bulk Fill Flowable (EBF) si è comportato decisamente meglio del CBF, mostrando i valori di scolorimento più bassi tra tutti.
- Filtek One Bulk Fill (FBF) e X-tra Base (XB) si sono piazzati a metà strada, con performance simili tra loro in molti casi.
Tutti i compositi immersi nel caffè hanno superato la soglia di accettabilità clinica per il cambiamento di colore (AT = 1.8 secondo CIEDE2000) già dopo 7 giorni, e lo scolorimento è aumentato progressivamente fino a 28 giorni. Questo conferma quanto il caffè sia aggressivo! Anche nei campioni tenuti in saliva artificiale (il gruppo di controllo), il CBF ha mostrato uno scolorimento significativo e superiore alla soglia di accettabilità a partire dal 14° giorno, mentre gli altri si sono mantenuti più stabili. Ancora una volta, la quantità di riempitivo sembra giocare un ruolo chiave: FBF (alta viscosità, alto riempitivo) e EBF (bassa viscosità no-cap, ma con un buon carico di riempitivo rispetto al CBF) hanno mostrato maggiore stabilità.
Cosa ci portiamo a casa da questo studio?
Le ipotesi iniziali dello studio erano due: 1) nessuna differenza significativa tra i vari tipi di bulk fill testati; 2) i “no-cap” flowable avrebbero performance migliori dei flowable tradizionali da base. Beh, entrambe sono state respinte o solo parzialmente accettate.
Abbiamo visto che le differenze ci sono, eccome! Il Charisma Bulk Flow One, pur essendo un “no-cap”, ha mostrato i risultati meno incoraggianti in termini di assorbimento, solubilità e, soprattutto, stabilità del colore. L’Estelite Bulk Fill Flowable, l’altro “no-cap”, si è difeso molto meglio, superando in alcuni casi anche il flowable tradizionale (XB) in termini di stabilità cromatica, probabilmente grazie a un maggior contenuto di riempitivo rispetto al CBF. Il Filtek One Bulk Fill (alta viscosità) si conferma un materiale molto stabile, come atteso dalla sua composizione.
Questo significa che dobbiamo buttare via i “no-cap” flowable? Assolutamente no! Offrono un vantaggio clinico innegabile in termini di semplicità e velocità. Tuttavia, questo studio ci ricorda che non tutti i materiali sono uguali e che la scelta deve essere ponderata. La composizione, e in particolare la quantità e il tipo di riempitivo, influenzano enormemente il comportamento a lungo termine.
Forse, per restauri dove l’estetica è critica o in pazienti con abitudini che macchiano molto (grandi bevitori di caffè, tè, vino rosso), un approccio più tradizionale con un composito ad alta viscosità o un flowable da base coperto da uno strato finale più resistente potrebbe essere ancora la scelta più sicura per garantire longevità e bellezza. L’uso dei “no-cap” flowable va valutato caso per caso, tenendo bene a mente le loro caratteristiche specifiche. La ricerca continua, e non vedo l’ora di vedere come si evolveranno questi materiali!
E voi, che esperienze avete con questi compositi? Fatemelo sapere!
Fonte: Springer