Composizione astratta che simboleggia la complessità multimodale: strati sovrapposti di testo scritto sfuocato, frammenti di illustrazioni vivide e linee grafiche luminose simili a percorsi di eye-tracking, prime lens 50mm, profondità di campo accentuata, colori vibranti che si fondono creando un senso di dinamismo e interconnessione.

Oltre le Parole: Sveliamo la Vera Complessità dei Testi Multimodali

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi sta molto a cuore e che, secondo me, è fondamentale nel mondo dell’educazione e della lettura: la complessità dei testi, ma con una marcia in più. Scegliere il libro giusto per un giovane lettore è un’arte delicata, vero? Un testo troppo facile annoia e non stimola la crescita, uno troppo difficile frustra e allontana dalla lettura. È un equilibrio prezioso.

Per aiutarci in questo compito, noi insegnanti (e genitori!) abbiamo a disposizione delle guide sulla complessità dei testi. Strumenti utili, certo, che analizzano vari aspetti come il vocabolario, la struttura delle frasi, il genere. Ma siamo sicuri che basti? Soprattutto oggi, in un mondo pieno di stimoli visivi, dove i libri stessi, specialmente quelli per bambini come gli albi illustrati (i *picturebooks*), sono molto più che semplici parole su una pagina.

I Limiti delle Guide Tradizionali

Per decenni, ci siamo concentrati molto sulle caratteristiche “intrinseche” del testo scritto:

  • Il tipo di parole usate (comuni, accademiche, tecniche – i famosi ‘tier’ di vocabolario).
  • La lunghezza e la complessità delle frasi.
  • La coesione, cioè come le idee sono collegate tra loro.
  • La struttura generale del testo.

Queste guide, come quella molto usata di Pinnell e Fountas, ci danno un punteggio, un livello, e noi cerchiamo di abbinarlo alle capacità del bambino. Logico, no? Eppure, quanti di noi hanno visto bambini bloccarsi su testi che, sulla carta, sembravano perfetti per loro? O, al contrario, divorare libri considerati “troppo difficili”? C’è qualcosa che ci sfugge.

L’Ingrediente Mancante: La Multimodalità

Ed è qui che entra in gioco la multimodalità. Cosa significa? Semplicemente che un testo comunica attraverso diversi “modi” o canali contemporaneamente: parole scritte, immagini, suoni (se pensiamo a testi digitali o letture ad alta voce), layout grafico… Gli albi illustrati sono l’esempio perfetto: le immagini non sono solo decorazioni, ma raccontano una parte fondamentale della storia, a volte anche in contrasto con il testo scritto!

Pensateci: un’immagine può aggiungere dettagli, creare atmosfera, suggerire emozioni, persino contraddire quello che le parole dicono. Questa interazione tra testo e immagine crea un livello di complessità tutto nuovo, che le guide tradizionali, focalizzate principalmente sul verbale, faticano a cogliere. Il lettore non deve solo decodificare le parole, ma deve anche “leggere” l’immagine e, soprattutto, capire come questi due linguaggi dialogano tra loro.

Primo piano di un libro illustrato aperto su un tavolo di legno, macro lens 90mm, alta definizione, illuminazione laterale controllata che evidenzia la texture della carta e la vivacità dei colori dell'illustrazione accanto al testo scritto.

Cosa Ci Dice la Ricerca (e gli Occhi dei Bambini)

Recentemente, mi sono imbattuto in una ricerca affascinante che ha provato a guardare più a fondo questa faccenda. Hanno preso un albo illustrato comune nelle scuole australiane, “Looking for Crabs” di Bruce Whatley, lo hanno analizzato con la guida di Pinnell e Fountas e lo hanno fatto leggere a bambini tra i 7 e gli 11 anni, il cui livello di lettura era considerato appropriato per quel testo.

Ma ecco il colpo di scena: mentre i bambini leggevano, indossavano degli occhiali speciali per l’eye-tracking, che registravano esattamente dove si posava il loro sguardo, per quanto tempo e in che sequenza. Inoltre, hanno analizzato i loro “errori” di lettura (le *miscues*) e la loro capacità di raccontare la storia dopo averla letta.

I risultati? Sorprendenti!

Difficoltà Previste e Impreviste

Certo, i bambini hanno inciampato dove ci si aspettava: parole lunghe o poco comuni come “suggested” (suggerito) o “Hawaii”. Fin qui, tutto nella norma e previsto dall’analisi di complessità tradizionale.

Ma le vere sorprese sono arrivate con parole apparentemente semplicissime, come “there” (lì/ci sono). Su pagine specifiche, molti bambini leggevano “they” (loro) invece di “there”. Perché? Proprio in quelle pagine, il testo diceva qualcosa tipo “Non credo ci siano granchi sulla nostra spiaggia”, mentre l’illustrazione mostrava chiaramente dei granchi nascosti! Questo contrasto tra testo e immagine (chiamato *counterpoint*) creava un cortocircuito cognitivo. Il bambino vedeva i granchi, ma leggeva che non c’erano, e questo conflitto si manifestava nell’errore su una parola banalissima come “there”.

Allo stesso modo, altre parole comuni come “when” (quando) o “did” (verbo fare al passato) creavano problemi in frasi dove l’immagine aggiungeva un livello di complessità o contraddizione non presente nel solo testo scritto.

Gli Occhi Non Mentono: Strategie di Lettura Diverse

L’eye-tracking ha rivelato strategie di lettura molto diverse:

  • Alcuni bambini leggevano prima il testo e poi guardavano l’immagine. Questi tendevano a fare meno errori di decodifica, ma nel racconto finale spesso perdevano la sfumatura data dall’interazione testo-immagine, fidandosi troppo solo delle parole.
  • Altri bambini (spesso quelli che facevano errori “di qualità”, cioè che mantenevano il senso o si autocorreggevano) guardavano prima l’immagine, poi il testo, e magari tornavano sull’immagine. Sembravano impegnati in un processo attivo di integrazione delle informazioni.
  • Infine, i bambini che facevano più errori che compromettevano il senso della storia mostravano uno sguardo che saltellava frequentemente e rapidamente tra testo e immagine, quasi nel tentativo disperato di riconciliare le informazioni contrastanti, senza però riuscirci.

Ritratto di una bambina di circa 9 anni concentrata sulla lettura di un albo illustrato, indossa occhiali sottili per eye-tracking; prime lens 35mm, profondità di campo che sfoca leggermente lo sfondo della classe, luce naturale da una finestra laterale, espressione pensierosa.

Il racconto finale della storia (il *retelling*) confermava queste difficoltà: molti bambini, pur avendo letto le parole correttamente, non menzionavano i granchi visti nelle illustrazioni o erano confusi sulle due “storie” parallele (quella della famiglia che cerca i granchi e quella dei granchi stessi, raccontata visivamente). Si affidavano quasi esclusivamente al testo scritto, ignorando o non riuscendo a integrare le informazioni visive cruciali.

Verso una Comprensione Più Completa

Allora, cosa ci insegna tutto questo? Che valutare la complessità di un testo basandosi solo sulle parole è come guardare un film senza sonoro o a colori spenti. Ci perdiamo una parte fondamentale dell’esperienza, soprattutto con i testi multimodali che sono sempre più presenti nella vita dei nostri ragazzi (pensiamo anche solo al web!).

Non sto dicendo di buttare via le guide esistenti, ma dobbiamo integrarle. Dobbiamo iniziare a considerare seriamente:

  • L’analisi delle immagini: Cosa comunicano? Come sono composte? Quali elementi attirano l’attenzione (salienza)? Ci sono percorsi visivi suggeriti (vettori)?
  • L’interazione testo-immagine: Si supportano a vicenda? Si completano? Si contraddicono? Creano ironia o tensione?
  • Le competenze di alfabetizzazione visiva del lettore: Il bambino è abituato a “leggere” le immagini? Sa cogliere i dettagli? Sa collegare ciò che vede a ciò che legge?

Pagina di un albo illustrato ('Looking for Crabs') dove il testo in basso dice 'Non ci sono granchi' mentre l'illustrazione mostra un granchio che si aggrappa sotto una grande roccia sollevata da un personaggio, macro lens 70mm, alta definizione, focus nitido sul contrasto evidente tra il messaggio testuale e quello visivo.

Implicazioni per Noi Educatori

Questo cambia il nostro modo di scegliere i libri e di insegnare a leggere. Non basta più solo insegnare a decodificare le parole. Dobbiamo:

  • Scegliere i testi con più consapevolezza: Oltre al livello linguistico, valutiamo la complessità visiva e l’interazione tra i codici. Un libro con testo semplice ma immagini complesse e contraddittorie può essere molto più sfidante di quanto sembri.
  • Insegnare esplicitamente l’alfabetizzazione multimodale: Dobbiamo aiutare i bambini a sviluppare un linguaggio per parlare delle immagini (composizione, colori, linee, prospettiva) e delle relazioni testo-immagine. Facciamo domande come: “Cosa ci dice l’immagine che il testo non dice?”, “Perché l’illustratore ha scelto questo colore?”, “Questa immagine conferma o smentisce quello che abbiamo letto?”.
  • Usare gli albi illustrati come palestre per il pensiero critico: Sfruttiamo le contraddizioni e le sinergie tra testo e immagine per stimolare discussioni, inferenze, interpretazioni multiple.

Insomma, capire la vera complessità di un testo oggi significa abbracciare la sua natura multimodale. Solo così potremo scegliere i materiali giusti e fornire ai nostri giovani lettori gli strumenti per navigare con successo nel ricco e sfaccettato mondo della comunicazione contemporanea. È una sfida affascinante, non trovate?

Fonte: Springer

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