Studenti delle medie entusiasti durante un'attività didattica all'aperto, mentre esplorano il suolo di un'area verde urbana con palette e lenti d'ingrandimento. Prime lens, 35mm, depth of field, luce solare vivace che illumina i loro volti concentrati e sorridenti, mettendo in risalto la connessione con la natura.

Mani nella Terra: Come il Suolo Urbano Risveglia la Coscienza Ecologica nei Ragazzi!

Sapete una cosa? Spesso le cose più incredibili sono proprio sotto il nostro naso, o meglio, sotto i nostri piedi! Parlo del suolo, quella distesa marrone o nera che a volte trattiamo con sufficienza, soprattutto in città. Pensiamo che sia inerte, noioso, magari un po’ sporco. E se vi dicessi che invece brulica di vita e che può diventare uno strumento potentissimo per insegnare l’ecologia ai nostri ragazzi? Proprio così! Ho avuto la fortuna di partecipare a un progetto che ha fatto esattamente questo: ha usato il suolo urbano per aprire gli occhi – e i cuori – a centinaia di studenti delle medie.

Perché proprio il suolo urbano? Non è solo terra!

Viviamo in un mondo sempre più urbanizzato. Questo, da un lato, ci offre tante comodità, ma dall’altro ci allontana dalla natura. I ragazzi crescono vedendo più cemento che alberi, e la loro percezione del mondo naturale a volte si limita a quello che vedono in TV o allo zoo. Ma la natura, quella vera e selvatica, è anche in città, nascosta negli spazi verdi: parchi, giardini, persino le aiuole spartitraffico! E la parte più sorprendente di questa biodiversità urbana è proprio sotterranea.

Sotto la superficie, infatti, c’è un universo di microrganismi, invertebrati, radici di piante che interagiscono tra loro, creando un vero e proprio ecosistema. Questi esserini laboriosi sono fondamentali: decompongono la materia organica, aiutano a immagazzinare il carbonio, regolano il ciclo dell’acqua, combattono i parassiti delle piante. Insomma, il suolo urbano è molto più dinamico e vivo di quanto si possa immaginare! E non dimentichiamo che gli spazi verdi urbani sono fondamentali per il nostro benessere: ci offrono luoghi per rilassarci, giocare, socializzare. Sfruttarli anche per l’educazione aggiunge un valore immenso.

Capire il suolo significa capire come funziona la vita sulla Terra. È la base di tutto. Per questo, inserire lo studio del suolo nei programmi scolastici è cruciale. E quale modo migliore per farlo se non mettendo letteralmente le mani in pasta?

L’esperimento: una caccia al tesoro… nel terreno!

Ecco l’idea che abbiamo sviluppato: una lezione interattiva e una specie di “caccia al tesoro” biologica per studenti di quinta e prima media. L’obiettivo? Far scoprire loro la biodiversità nascosta sotto i loro piedi e il suo ruolo negli ecosistemi urbani. Per due anni, circa 900 ragazzi hanno partecipato. Immaginateveli, armati di palette, lenti d’ingrandimento e tanta curiosità, esplorare i parchi e le aree verdi della loro città.

Prima di tutto, una chiacchierata introduttiva: cos’è un ecosistema? E la biodiversità? Quali creature potremmo trovare nel suolo? Abbiamo mostrato loro immagini di lombrichi, millepiedi, collemboli, acari, batteri, funghi… Molti erano sorpresi! Poi, via alla caccia. Divisi in piccoli gruppi, i ragazzi dovevano cercare e identificare il maggior numero possibile di organismi, sia sopra che sotto il suolo. Abbiamo scelto aree con diversi habitat: prati, zone boschive con lettiera di foglie, aiuole fiorite, per massimizzare le possibilità di scoperte.

Le regole erano semplici: curiosare ovunque (in sicurezza!), sollevare sassi e legni marci, scavare un po’, ma soprattutto, rimettere tutto a posto una volta finito. Volevamo che capissero l’importanza del rispetto per l’ambiente che stavano esplorando. Ogni gruppo aveva una scheda per appuntare le scoperte e, per rendere il tutto più avvincente, c’erano piccoli premi per chi trovava più specie diverse.

Un gruppo di studenti delle medie, chini su un'aiuola in un parco urbano, esaminano con curiosità campioni di suolo con piccole palette e lenti d'ingrandimento. Macro lens, 80mm, high detail, precise focusing, controlled lighting, luce naturale filtrata dagli alberi.

L’attività è stata pensata per durare circa 40 minuti, ma si può adattare. Per i più piccoli, magari con un adulto che guida la ricerca; per i più grandi, aggiungendo compiti come fotografare gli organismi o collegarli a specifici servizi ecosistemici. La cosa bella è che non serve chissà quale attrezzatura: piccole vanghe, lenti, contenitori per osservare gli esemplari e schede di osservazione bastano e avanzano.

Cosa abbiamo imparato (e cosa hanno imparato loro!)

I risultati? Beh, misurabili e sorprendenti! Non solo abbiamo visto un aumento nelle loro conoscenze – ricordavano più nomi di organismi, capivano meglio i concetti ecologici – ma, cosa forse ancora più importante, abbiamo notato un cambiamento nel loro atteggiamento emotivo. All’inizio, molti erano titubanti, alcuni definivano gli animaletti del suolo “schifosi” o “disgustosi”. Dopo l’attività, li sentivamo parlare di “il mio lombrico domestico” o dare nomi umani agli insetti che trovavano! Questo passaggio da avversione a empatia è fondamentale. Significa che si è creato un legame personale, un senso di “proprietà” e cura verso queste piccole creature e il loro mondo.

Molti ragazzi hanno espresso il desiderio di continuare a esplorare i giardini della scuola, il prato di casa o i parchi vicino alla loro abitazione, anche da soli, dopo la fine dell’attività. Questo entusiasmo spontaneo ci dice che forse, anche con brevi esperienze, possiamo innescare una trasformazione duratura nel modo in cui i giovani vedono e interagiscono con gli ecosistemi urbani.

Piccoli esploratori, grandi cambiamenti

Parallelamente a questo coinvolgimento emotivo, abbiamo notato progressi nella loro comprensione ecologica. All’inizio, la maggior parte degli studenti conosceva pochissimo della complessità e della biodiversità dei suoli urbani. Nominavano alberi, uccelli, forse qualche mammifero, ma il mondo sotterraneo era un grande sconosciuto. E non c’è da stupirsi: spesso il contatto con la natura, per chi vive in città, è mediato da documentari o visite a zoo con grandi animali esotici. La nostra caccia al tesoro, invece, ha svelato loro la “maggioranza nascosta” della biodiversità urbana.

Hanno imparato nuovi nomi, ma soprattutto hanno sviluppato un senso di meraviglia per le interazioni tra il suolo minerale, la sostanza organica in decomposizione e gli organismi viventi. Un gioco di equilibri difficile da spiegare solo con una lezione frontale in classe. Vedere con i propri occhi un lombrico che scava una galleria o una miriade di minuscoli collemboli saltellare sulla lettiera di foglie ha un impatto completamente diverso.

Queste esperienze dirette aiutano a riconciliare la percezione che i ragazzi hanno della natura con la realtà che li circonda, anche nel loro quartiere. Non vedono più il parco solo come un posto per giocare, ma come un ecosistema dinamico di cui loro stessi fanno parte.

Non solo teoria: il potere del “fare”

Questa attività può essere un trampolino di lancio per approfondire tanti altri argomenti:

  • Disegnare il suolo: Come vedrebbe il mondo un lombrico? O un acaro? Far disegnare loro l’ambiente del suolo dal punto di vista del loro organismo preferito stimola l’immaginazione e l’empatia.
  • Ricercare gli organismi: Approfondire cosa mangiano, dove vivono esattamente (superficie, strato organico, suolo minerale), quali servizi ecosistemici forniscono.
  • Scrivere storie o poesie: Immedesimarsi in un organismo del suolo e raccontare la sua vita. Un esercizio creativo che rafforza il legame emotivo.
  • Usare la tecnologia: Caricare foto delle scoperte su piattaforme di citizen science come iNaturalist, discutendo del valore della tecnologia nella scienza e della partecipazione pubblica.
  • Tenere un diario di bordo: Annotare osservazioni e riflessioni, magari ripetendo l’esplorazione in momenti diversi per vedere come cambiano le percezioni.
  • Dibattiti: Discutere su come gestire al meglio gli spazi verdi urbani per massimizzare la biodiversità del suolo e i servizi ecosistemici. Questo stimola il pensiero critico.

Primo piano di un lombrico che si muove su un frammento di suolo ricco di humus, tenuto delicatamente tra le dita guantate di un bambino. Macro lens, 100mm, high detail, precise focusing, luce soffusa.

Dopo aver proposto questa lezione più di dieci volte, i dati raccolti (con tutte le cautele del caso, data la difficoltà di fare sondaggi rigorosi con ragazzi così giovani) suggeriscono che anche brevi esperienze mirate possono migliorare significativamente la consapevolezza della biodiversità sotterranea.

Un invito a guardare (e scavare) più a fondo

In conclusione, la nostra esperienza con queste attività di apprendimento esperienziale negli spazi verdi urbani sottolinea l’enorme potenziale dell’immersione degli studenti nell’esplorazione del suolo. Anche lezioni brevi, strutturate come una caccia al tesoro, possono coltivare entusiasmo, empatia e la volontà di approfondire i processi ecologici che animano gli ambienti urbani. Questo coinvolgimento va oltre la semplice conoscenza dei contenuti e riorienta gli studenti verso una mentalità di “custodia” che può estendersi ben oltre la lezione stessa.

Il nostro approccio offre quindi un modello per integrare l’educazione al suolo in sforzi più ampi per promuovere una società ecologicamente informata e coscienziosa. E ci ricorda che il mondo sotto i nostri piedi, che costituisce il fondamento della vita sulla Terra, può anche formare le basi di un’educazione ecologica più profonda e duratura. Quindi, la prossima volta che siete in un parco, abbassate lo sguardo: c’è un intero universo che aspetta solo di essere scoperto!

Fonte: Springer

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