Composizione fotorealistica astratta che mostra uno spettro di colori puri e vibranti (rosso, blu, giallo primari) che emergono da una texture fisica dettagliata simile a cristallo o roccia fratturata, illuminazione drammatica che crea forti contrasti e mette in risalto sia la qualità intrinseca del colore sia la sua apparente origine materiale, obiettivo macro 85mm, alta definizione, simboleggiando l'unione tra la natura primitiva e qualitativa del colore e il suo fondamento nel mondo fisico secondo il primitivismo fisicalista.

Colori Primitivi: E se il Mondo Fisico Fosse Davvero Come lo Vediamo?

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi in un viaggio affascinante nel mondo dei colori e della nostra percezione. Vi siete mai fermati a pensare cosa siano *davvero* i colori? Sembrano così reali, così… presenti. Il rosso di una mela matura, l’azzurro intenso del cielo. Ma cosa sono, dal punto di vista filosofico e fisico?

Il Fascino del Primitivismo Cromatico

Esiste una tesi, chiamata primitivismo cromatico, che suona quasi troppo bella per essere vera: e se i colori fossero esattamente quello che sembrano? Proprietà semplici, qualitative, intrinseche degli oggetti là fuori nel mondo. Non complicate strutture microfisiche, non disposizioni a farci avere certe esperienze, ma qualità pure e irriducibili. Come diceva Armstrong, qualità “intrattabili”, impossibili da scomporre in elementi più semplici.

Se fosse così, vivremmo in una sorta di “Giardino dell’Eden” filosofico, almeno per quanto riguarda i colori. Un mondo dove le apparenze non ingannano, dove il rosso *è* semplicemente… rosso. Bello, vero? Ma qui sorge una domanda che mi ronza in testa: questa visione idilliaca può coesistere con l’idea, oggi molto diffusa, che viviamo in un universo interamente fisico?

A prima vista, sembrerebbe di no. Se i colori sono “sui generis”, irriducibili a proprietà fisiche sottostanti, come possono essere considerati fisici? Sembra una contraddizione. Eppure, “primitivo” non significa necessariamente “non-fisico”. Significa piuttosto “non riducibile” a proprietà fisiche di tipo *diverso*, magari più complesse o non qualitative.

Un Matrimonio Possibile: Primitivismo e Fisicalismo del “Grounding”

Qui entra in gioco un’idea potente: il fisicalismo del grounding (o del fondamento metafisico). Immaginiamo che i colori, pur essendo qualitativamente semplici e unici, dipendano metafisicamente da proprietà fisiche sottostanti. Non sono *identici* a queste proprietà fisiche (altrimenti non sarebbero primitivi), ma esistono *in virtù* di esse.

Pensatela così: un oggetto è rosso *in virtù* di una certa sua microstruttura fisica che interagisce con la luce in un modo specifico. Il fatto che sia rosso è “fondato” (grounded) su fatti fisici più basilari. Questo renderebbe i colori, se non “strettamente” fisici nel senso riduzionistico, almeno “ampiamente” fisici, o comunque proprietà perfettamente accettabili all’interno di una visione del mondo fisicalista. Non sarebbero entità misteriose e fluttuanti, ma parte integrante della realtà fisica, sebbene a un livello “superiore” e con una natura qualitativa irriducibile.

Questa idea, che potremmo chiamare primitivismo fisicalista, propone che i fatti riguardanti i colori (come “questa mela è rossa”) siano fatti fisici di alto livello, fondati su fatti fisici di basso livello (quelli descritti dalla fisica fondamentale). Sembra una soluzione elegante, no? Mantiene l’intuizione che i colori siano qualità speciali, ma li ancora saldamente al mondo fisico.

Certo, sorgono delle obiezioni. Se qualcosa è fondato su qualcos’altro, non dovremmo poterlo definire in termini di quel fondamento? E la natura essenziale delle proprietà fisiche fondamentali non sembra includere nulla riguardo ai colori, così come la natura qualitativa dei colori non sembra includere riferimenti alle loro basi fisiche. Come può esserci un legame di “grounding” se le essenze delle proprietà coinvolte non si “parlano”?

La risposta potrebbe risiedere nell’idea di “leggi di grounding”: principi metafisici che collegano livelli diversi della realtà, anche quando non c’è una riduzione o un legame essenziale diretto. Proprio come ci sono leggi fisiche, potrebbero esserci leggi metafisiche che stabiliscono che, data una certa configurazione fisica di base, ne consegue l’esistenza di un certo colore.

Primo piano macro di una goccia d'acqua cristallina che riflette uno spettro di colori su una foglia verde intenso, catturato con obiettivo macro 90mm, illuminazione laterale controllata per massimizzare i dettagli della texture della foglia e la rifrazione colorata nella goccia, simboleggiando la realtà fisica sottostante che 'fonda' l'esperienza del colore.

L’Argomento della Conoscenza: L’asso nella Manica (o il Bastone tra le Ruote?)

C’è un famoso esperimento mentale, l’argomento della conoscenza di Frank Jackson, che sembra dare man forte al primitivismo, ma allo stesso tempo rischia di far crollare proprio la versione fisicalista che abbiamo appena costruito. Immaginate Mary, una scienziata geniale che sa *tutto* quello che c’è da sapere sulla fisica e la neurofisiologia della visione dei colori, ma ha vissuto tutta la vita in una stanza in bianco e nero. Sa esattamente quali lunghezze d’onda stimolano la retina, come il cervello processa l’informazione, come pronunciamo la parola “rosso”. Conosce ogni fatto fisico immaginabile sul colore.

Un giorno, Mary esce dalla stanza e vede per la prima volta un pomodoro maturo. Cosa succede? Sembra ovvio che impari qualcosa di nuovo! Impara *com’è* vedere il rosso, impara qualcosa sulla qualità stessa del colore rosso, sulla sua natura qualitativa.

Questo risultato sembra perfetto per il primitivista: se Mary sapeva tutti i fatti *fisici* ma impara qualcosa di nuovo sul rosso, allora il rosso non può essere ridotto a una proprietà fisica che lei già conosceva. Il rosso dev’essere qualcosa di più, una qualità primitiva!

Ma ecco il problema per il nostro primitivismo fisicalista: se Mary conosceva *tutti* i fatti fisici, e poi impara un fatto *nuovo* (com’è il rosso, la sua qualità Q), allora quel fatto nuovo non può essere un fatto fisico. Ma noi avevamo detto che i fatti sui colori, inclusa la loro natura qualitativa, *sono* fatti fisici (ampiamente fisici, fondati su quelli di base). L’argomento della conoscenza, che sembrava supportare il primitivismo, ora sembra dimostrare che esso è incompatibile con *qualsiasi* forma di fisicalismo. Un bel dilemma!

Come uscirne? Molte risposte all’argomento della conoscenza negano che Mary impari un fatto *genuinamente* nuovo (magari impara una nuova abilità, o conosce un vecchio fatto sotto una nuova presentazione). Ma per il primitivista, questa strada è scomoda. L’idea che Mary impari davvero com’è il rosso è centrale per sostenere che i colori sono qualità irriducibili. Dobbiamo ammettere che impara un fatto nuovo sulla natura qualitativa del rosso.

La Via d’Uscita Empirista: Conoscere i Colori con i Sensi

E se la soluzione fosse più semplice e radicata in una vecchia idea dell’empirismo? E se fosse semplicemente che certi fatti, in particolare quelli sulla natura *qualitativa* delle esperienze sensoriali e delle qualità percepite (come i colori), possono essere conosciuti *solo* attraverso l’esperienza diretta?

Pensateci: come potresti sapere com’è il sapore dell’ananas senza averlo mai assaggiato? Come potresti sapere com’è il rosso, quella specifica qualità, senza averlo mai visto? La Tesi Empirista, applicata ai colori primitivi, suona incredibilmente plausibile: per conoscere la natura qualitativa di un colore, devi averne avuto un’esperienza sensoriale (vederlo, immaginarlo vividamente, ricordarlo…).

Se accettiamo questa tesi, il puzzle si ricompone. Mary, nella stanza, *non poteva* conoscere il fatto Δ (“il rosso ha la qualità Q”, ovvero “ecco com’è il rosso”), non perché Δ fosse un fatto non-fisico, ma perché la conoscenza di Δ richiede un’esperienza che lei non aveva ancora avuto.

Ritratto fotografico di una donna con un'espressione di meraviglia e scoperta mentre osserva un prisma che scompone la luce bianca in un arcobaleno vivido su una parete bianca, scattato con obiettivo 50mm prime, luce naturale morbida proveniente da una finestra, profondità di campo media per includere sia il viso che l'effetto colorato, evocando il momento dell'apprendimento esperienziale della natura del colore.

Questo significa che l’affermazione iniziale “Mary conosceva tutti i fatti fisici” era sottilmente sbagliata. Conosceva tutti i fatti fisici *descrivibili* nel linguaggio della fisica e accessibili senza esperienza diretta del colore, ma c’erano altri fatti, anch’essi fisici (perché fondati metafisicamente su quelli di base), che le erano inaccessibili. Questi sono i fatti sulla natura qualitativa dei colori.

Colori Oggettivi ma Epistemicamente Soggettivi

“Ma aspetta,” potreste dire, “se la conoscenza dei colori è soggettiva, legata all’esperienza, come possono i colori essere proprietà oggettive del mondo là fuori, come vuole il primitivismo?”

Qui dobbiamo distinguere due sensi di “oggettivo” e “soggettivo”.

  • Senso Metafisico: I colori, per il primitivista, sono oggettivi. Esistono negli oggetti, indipendentemente da chi li osserva. Il rosso della mela è lì, che noi la guardiamo o meno.
  • Senso Epistemico: La conoscenza *completa* della natura qualitativa dei colori è soggettiva. Richiede un’esperienza personale, un punto di vista soggettivo.

Non c’è contraddizione! Possiamo benissimo sostenere che i colori sono caratteristiche reali e oggettive del mondo fisico (in senso metafisico), ma che la loro essenza qualitativa può essere afferrata pienamente solo attraverso un’esperienza soggettiva (in senso epistemico). È un po’ come dire che l’Everest esiste oggettivamente, ma capire *veramente* com’è scalarlo richiede l’esperienza soggettiva di farlo.

Quindi, il fatto che Mary impari qualcosa di nuovo non ci costringe a postulare fatti non-fisici. Ci ricorda solo che il mondo fisico potrebbe essere più ricco di quanto pensiamo, e che alcuni suoi aspetti, pur essendo perfettamente fisici (nel senso ampio del grounding), richiedono i nostri sensi per essere pienamente compresi nella loro natura qualitativa.

Conclusione: Un Mondo Fisico Pieno di Qualità

Alla fine di questo viaggio, l’idea di un primitivismo cromatico fisicalista mi sembra non solo coerente, ma anche profondamente affascinante. Ci permette di mantenere l’intuizione che i colori siano qualità reali e speciali del mondo, proprio come ci appaiono, senza dover rinunciare a una visione scientifica del mondo come fondamentalmente fisico.

La chiave sta nell’accettare che “fisico” non significa necessariamente “completamente descrivibile in termini matematici e strutturali” o “conoscibile a priori”. Il mondo fisico può includere proprietà qualitative genuine, fondate sulla fisica di base, la cui natura più profonda ci si svela solo attraverso l’esperienza diretta. Mary impara un fatto nuovo, un fatto fisico che era lì da sempre, ma che aspettava i suoi occhi per essere veramente *visto*. E forse, questo rende il nostro mondo fisico ancora più meraviglioso.

Paesaggio grandangolare, obiettivo 18mm, che cattura un tramonto infuocato su un oceano calmo, con colori intensi dal rosso all'arancione al viola che si riflettono sull'acqua liscia come uno specchio, lunga esposizione per ammorbidire le onde, messa a fuoco nitida dall'orizzonte al primo piano, rappresentando la bellezza qualitativa e oggettiva dei colori nel mondo fisico naturale.

Fonte: Springer

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