Collaborare con l’IA: Prestazioni Migliori, Ma a Che Prezzo per la Nostra Motivazione?
Ammettiamolo, l’Intelligenza Artificiale Generativa (GenAI) sta cambiando le carte in tavola nel mondo del lavoro. Non si tratta più solo di automatizzare compiti noiosi, ma di potenziare le nostre capacità, collaborando con noi su attività complesse e creative. Sembra fantastico, no? Avere un “collega” AI che ci aiuta a scrivere email, fare brainstorming, redigere report… chi non lo vorrebbe?
Anch’io, come molti, ero affascinato dalle potenzialità. Le prime ricerche, infatti, sembravano confermare un quadro idilliaco: collaborare con strumenti come ChatGPT migliora la produttività e la qualità del nostro lavoro nell’immediato. Pensate a programmatori che completano task più velocemente, a consulenti che scrivono risposte più empatiche, a professionisti che producono testi migliori con meno fatica. I risultati degli studi iniziali erano incoraggianti e mostravano come l’IA potesse davvero darci una marcia in più.
Il Boost Iniziale: L’IA ci Rende Subito Più Performanti
Nei nostri studi, abbiamo messo alla prova questa collaborazione in diversi scenari professionali simulati online, coinvolgendo migliaia di persone. Abbiamo chiesto loro di svolgere compiti come scrivere post promozionali per Facebook, redigere valutazioni delle performance, comporre email di benvenuto per nuovi colleghi o generare idee creative. Ebbene sì, i risultati iniziali hanno confermato quanto già sospettavamo: chi collaborava con ChatGPT otteneva risultati immediati migliori.
- I post su Facebook erano giudicati più coinvolgenti.
- Le valutazioni delle performance erano più lunghe, analitiche e con un tono più “prosociale” (cioè più incoraggiante e costruttivo).
- Le email di benvenuto erano più lunghe, calorose e orientate all’affiliazione.
Insomma, su compiti specifici e circoscritti, l’aiuto dell’IA sembrava davvero fare la differenza in termini di qualità e produttività. Un assistente instancabile che ci aiuta a produrre di più e meglio. Ma, come spesso accade, c’è un “ma”.
La Sorpresa: Il Vantaggio Svanisce nel Tempo (e la Motivazione Cala)
Il vero nodo della questione, quello che ci ha spinto a indagare più a fondo, è: cosa succede dopo? Questo “superpotere” conferito dall’IA si trasferisce anche ai compiti che svolgiamo successivamente da soli? E, soprattutto, come influisce questa collaborazione sul nostro stato d’animo, sulla nostra motivazione intrinseca, sul nostro senso di controllo?
Qui le cose si fanno più complesse e, devo dire, un po’ preoccupanti. Abbiamo scoperto che l’effetto positivo sulle prestazioni non persiste. Quando le persone, dopo aver collaborato con l’IA nel primo compito, dovevano affrontare un secondo compito da sole, non mostravano performance significativamente migliori rispetto a chi aveva lavorato sempre in autonomia. Anzi, in un caso (Studio 4), chi aveva lavorato sempre da solo ha prodotto testi leggermente più lunghi nel secondo compito. Sembra quasi che l’abitudine all’aiuto dell’IA non ci renda più bravi “di nostro” nel lungo periodo, almeno non in questi contesti sperimentali.
Il Costo Psicologico Nascosto: Meno Passione, Più Noia
Ma la scoperta forse più rilevante riguarda l’impatto psicologico. Qui emerge chiaramente il lato oscuro della medaglia, quello che potremmo definire l'”effetto privazione” della collaborazione con l’IA.
Abbiamo misurato tre aspetti chiave basandoci sulla Teoria dell’Autodeterminazione (SDT), che ci dice che per essere motivati e soddisfatti abbiamo bisogno di sentirci autonomi, competenti e in relazione con gli altri:
- Motivazione Intrinseca: È la spinta interiore a fare qualcosa perché ci piace, ci interessa, ci dà soddisfazione, indipendentemente da premi esterni. Pensate al piacere di risolvere un problema complesso o alla soddisfazione di creare qualcosa di originale. Ebbene, abbiamo osservato in modo consistente che passare dalla collaborazione con l’IA al lavoro solitario riduce significativamente la motivazione intrinseca. Il secondo compito, svolto senza l’assistente AI, risultava meno interessante, meno divertente, meno coinvolgente. È come se l’IA, occupandosi delle parti magari più stimolanti o creative, ci “svuotasse” il compito della sua linfa vitale motivazionale.
- Senso di Controllo: È la percezione di essere noi gli artefici delle nostre azioni, di avere autonomia decisionale. Qui i risultati sono affascinanti e un po’ controintuitivi. Durante la collaborazione con l’IA (Task 1), le persone riportavano un senso di controllo leggermente inferiore rispetto a chi lavorava da solo. Tuttavia, passando al lavoro solitario (Task 2), chi prima aveva collaborato con l’IA sperimentava un aumento significativo del senso di controllo, quasi un “riprendersi le redini”. Al contrario, chi lavorava sempre da solo mostrava una tendenza alla diminuzione del senso di controllo tra il primo e il secondo compito. Sembra che l’assenza dell’IA, pur riducendo la motivazione, restituisca un senso di padronanza personale.
- Noia: La sensazione di disinteresse e difficoltà a concentrarsi. Anche qui, i dati sono chiari. Passare dalla collaborazione con l’IA al lavoro solitario aumentava significativamente la sensazione di noia. Il compito successivo appariva più monotono e meno stimolante rispetto a quando c’era l’IA a “vivacizzare” le cose. Anche chi lavorava sempre da solo riportava un leggero aumento della noia (probabilmente dovuto alla ripetitività dei compiti), ma l’incremento era decisamente più marcato per chi sperimentava la transizione.
Lo Studio 4, con un disegno sperimentale più complesso che includeva anche condizioni come collaborare sempre con l’IA (Collab-Collab) o passare dal lavoro solitario alla collaborazione (Solo-Collab), ha confermato e arricchito questi risultati. Ha mostrato, ad esempio, che passare dal lavoro solitario alla collaborazione con l’IA fa crollare drasticamente il senso di controllo e riduce la motivazione intrinseca, più di quanto non faccia lavorare sempre da soli. Collaborare costantemente con l’IA, invece, mantiene stabile il senso di controllo (ma a un livello inferiore rispetto al lavoro solitario iniziale) e non previene il calo di motivazione o l’aumento della noia tra un compito e l’altro.
Cosa Significa Tutto Questo per Noi e per il Futuro del Lavoro?
Questi risultati dipingono un quadro complesso. L’IA generativa è senza dubbio uno strumento potente che può migliorare le nostre prestazioni immediate. Tuttavia, non possiamo ignorare i potenziali costi psicologici a lungo termine. La domanda che poneva l’articolo di Business Insider citato all’inizio (“E se l’IA si prendesse tutte le parti divertenti?”) sembra trovare una prima, preoccupante risposta nei nostri dati.
Se l’uso dell’IA ci porta a sentirci meno coinvolti, meno padroni del nostro lavoro e più annoiati, rischiamo di minare quella motivazione intrinseca che è fondamentale per il benessere, la creatività e l’impegno sostenuto nel tempo. Non possiamo pensare di compensare questa perdita solo con incentivi esterni.
Le implicazioni sono molteplici:
- Per chi progetta sistemi AI: È cruciale disegnare strumenti che non si limitino a “fare il lavoro”, ma che potenzino l’agenzia umana. Devono permettere personalizzazione, feedback, controllo da parte dell’utente, facendolo sentire parte attiva del processo, non un semplice esecutore di suggerimenti AI.
- Per chi progetta i lavori (Job Design): Bisogna ripensare l’allocazione dei compiti. Forse l’IA dovrebbe occuparsi delle parti più routinarie, lasciando agli umani quelle che richiedono più creatività, giudizio critico, problem solving complesso e interazione emotiva – proprio quelle che alimentano la motivazione intrinseca. Si tratta di trovare un equilibrio nella “danza con l’IA”.
- Per noi lavoratori: Diventa importante sviluppare una consapevolezza su come e quando usare l’IA. Dobbiamo essere noi a “guidare la danza”, scegliendo attivamente quali compiti delegare e quali tenere per noi, per preservare quel senso di scopo, controllo e soddisfazione che rende il lavoro significativo.
In conclusione, la collaborazione uomo-IA è una medaglia a due facce. Ci offre un potenziale enorme per aumentare l’efficienza e la qualità del nostro lavoro, ma dobbiamo stare attenti a non sacrificare sull’altare della produttività immediata la nostra motivazione intrinseca e il nostro benessere psicologico a lungo termine. Trovare il giusto equilibrio sarà una delle sfide cruciali per il futuro del lavoro nell’era dell’intelligenza artificiale.
I nostri studi, ovviamente, hanno dei limiti: sono stati condotti online, con compiti specifici e solo due task consecutivi. Il mondo reale è più complesso. Ma i segnali che emergono sono forti e meritano attenzione.
Fonte: Springer