Occhi dal Cielo: Come il Cloud e l’AI Stanno Riscoprendo la Centuriazione Romana
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi appassiona tantissimo: come la tecnologia più avanzata, quella che sembra uscita da un film di fantascienza, ci sta aiutando a riscoprire il nostro passato più antico. Immaginate di poter sorvolare l’Italia, o qualsiasi altro luogo ricco di storia, e di riuscire a vedere, come per magia, le tracce lasciate dai nostri antenati secoli e secoli fa. Sembra incredibile, vero? Eppure, è proprio quello che sto cercando di fare combinando immagini aeree, intelligenza artificiale (AI) e la potenza del cloud computing.
La Sfida dell’Archeologia Moderna
Fare l’archeologo è un mestiere affascinante, non c’è dubbio. Si tratta di indagare il passato umano attraverso i resti materiali che le persone hanno creato, modificato o usato. Ma quando si tratta di esplorare paesaggi antichi, magari strutture urbane ormai sepolte sotto coltivazioni, vegetazione o città moderne, le cose si complicano. Le tecniche tradizionali, come gli scavi o le ricognizioni sul campo, sono fondamentali, ma richiedono un sacco di tempo e risorse. Pensate a quanto può essere vasto un territorio!
In più, analizzare automaticamente questi paesaggi da immagini (magari satellitari o aeree) non è una passeggiata. Le tracce archeologiche – pensate a vecchi muri, strade, divisioni agricole – possono assomigliare tantissimo ad altri segni sul terreno, magari recenti o naturali. Spesso i contorni sono sfumati, interrotti, difficili da distinguere. Qui entra in gioco quella che potremmo chiamare Archeologia Smart, un nuovo modo di studiare e interpretare le città antiche grazie alle tecnologie digitali.
La Nostra Arma Segreta: AI e Cloud
Ed è qui che il gioco si fa interessante! Gli sviluppi recenti nell’intelligenza artificiale e nella visione artificiale (Computer Vision) ci aprono porte che fino a poco fa erano impensabili. Possiamo “insegnare” ai computer a riconoscere pattern specifici nelle immagini, anche quelli molto deboli o nascosti. Il problema? Analizzare aree enormi richiede una potenza di calcolo mostruosa e competenze tecniche non da poco.
Ecco perché il cloud computing è una vera manna dal cielo. Ci permette di usare risorse computazionali potenti “a richiesta”, pagando solo per quello che usiamo, e soprattutto di scalare la nostra analisi: se dobbiamo analizzare un’area dieci volte più grande, possiamo semplicemente “chiedere” più potenza al cloud.
Il contributo originale del lavoro che vi racconto oggi è proprio questo: aver creato e parallelizzato una metodologia generale che integra Deep Learning (una branca potente dell’AI) e tecniche di elaborazione delle immagini per scovare resti archeologici su vasta scala. E abbiamo dimostrato che funziona e che è scalabile, cioè pronta per essere usata “sul serio” su problemi grandi.

Come Funziona? La Pipeline Passo-Passo
Ma come facciamo, in pratica, a trovare queste tracce? Abbiamo messo a punto una specie di “catena di montaggio” digitale, una pipeline che elabora le immagini aeree in quattro passaggi principali:
- Raccolta Immagini: Per prima cosa, ovviamente, ci servono le immagini aeree dell’area che vogliamo studiare. Queste possono venire da varie fonti, come servizi di mappe online o droni.
- Segmentazione Semantica (AI all’opera!): Qui usiamo una rete neurale pre-addestrata, un modello di Deep Learning. Il suo compito è “colorare” ogni pixel dell’immagine, dicendoci se quel pixel fa parte di una strada, un sentiero, un edificio, o semplicemente è “sfondo”. Il bello del Deep Learning è che impara da solo a riconoscere le caratteristiche importanti, senza che dobbiamo dirgli noi “cerca una linea dritta” o “ignora quell’ombra”. Ci restituisce una maschera binaria: bianco per le tracce potenziali, nero per il resto.
- Estrazione delle Linee: Ora abbiamo una mappa in bianco e nero delle potenziali tracce. Usiamo un algoritmo chiamato Trasformata di Hough Probabilistica (PHT) per identificare e estrarre i segmenti di linea retta presenti nelle aree bianche della maschera. Immaginate tanti piccoli segmenti verdi disegnati sopra le tracce individuate dall’AI.
- Alla Ricerca del Pattern (Grid Fitting): Questo è il passaggio cruciale per il nostro caso studio specifico: la Centuriazione Romana. Dobbiamo capire se i segmenti che abbiamo trovato si dispongono secondo uno schema regolare, una griglia cartesiana, tipica appunto della Centuriatio. Per fare questo, usiamo un algoritmo genetico (GA). È un metodo di ottimizzazione ispirato all’evoluzione naturale: prova tantissime posizioni e rotazioni di una griglia virtuale sopra i segmenti trovati, cercando quella che “combacia” meglio, cioè quella in cui il maggior numero di segmenti cade all’interno delle “strisce” della griglia.
Il Caso Studio: Sulle Tracce della Centuriazione Romana
Per mettere alla prova la nostra metodologia, ci siamo concentrati su un affascinante sistema romano: la Centuriazione. Era il modo in cui i Romani dividevano il territorio agricolo assegnato ai coloni. Si basava su una griglia di strade parallele e perpendicolari, chiamate decumani e cardines. Queste strade formavano dei quadrati (o a volte rettangoli) con lati basati su un’unità di misura chiamata actus (circa 35 metri). Sorprendentemente, questa antica organizzazione è ancora visibile oggi dall’alto in molte aree d’Italia e non solo, nelle campagne ma anche nella pianta di alcune città!
Abbiamo preso come esempio la zona di Marcianise, in provincia di Caserta, dove le strade principali seguono ancora l’antico schema romano. Riconoscere queste tracce automaticamente è una bella sfida, perché molte divisioni originali sono andate perse, strade spostate, sentieri scomparsi. Il nostro sistema, però, analizzando le immagini aeree con la pipeline descritta, cerca proprio quella griglia regolare nascosta nel paesaggio moderno.

Parallelizzare per Scalare: La Potenza del Cloud
Analizzare un piccolo quadratino di terra è un conto, ma se volessimo mappare un’intera regione? Qui entra in gioco la parallelizzazione e il cloud. L’idea è semplice: dividere il grande problema in tanti piccoli problemi indipendenti. Abbiamo suddiviso la vasta area geografica da analizzare in tante tessere quadrate più piccole. Ogni tessera viene processata in parallelo da “operai” virtuali nel cloud.
Abbiamo usato un approccio chiamato MapReduce (reso famoso da Google e implementato in sistemi come Apache Hadoop). Immaginate tanti “Mapper” che scaricano pezzetti della mappa (le tessere) e tanti “Reducer” che prendono queste tessere, le uniscono per formare aree più grandi, eseguono la segmentazione con l’AI, estraggono le linee e infine cercano la griglia della Centuriazione con l’algoritmo genetico. Tutto questo avviene in parallelo su più macchine virtuali nel cloud.
Abbiamo anche studiato come scomporre ulteriormente ogni compito (download, segmentazione, ecc.) per ottimizzare l’uso delle risorse e far sì che le fasi che richiedono più calcolo (CPU-bound) possano sovrapporsi a quelle che dipendono dalla rete (network-bound), come lo scaricamento delle immagini. È un po’ come organizzare una catena di montaggio super efficiente.
I Risultati: Promettenti ma C’è Strada da Fare
Abbiamo testato il nostro prototipo su aree note per conservare tracce di Centuriazione (come Marcianise, Casapulla, Capodrise) e poi su un’area molto più vasta nel Sud Italia (100 km x 100 km). I risultati sono incoraggianti! Il sistema assegna un “punteggio di fitness” a ogni area analizzata, che rappresenta la probabilità di aver trovato una corrispondenza con la griglia della Centuriazione.
Nelle aree di test conosciute, i punteggi più alti corrispondevano effettivamente alle zone dove gli archeologi sanno esserci resti di Centuriazione, specialmente nei centri abitati che hanno mantenuto l’impianto antico. Sull’area vasta, abbiamo identificato diverse zone “candidate” interessanti, segnate in rosso più scuro sulla mappa dei risultati.
Certo, ci sono dei limiti. Il nostro modello AI è stato addestrato su un dataset generico (il Massachusset dataset) e fa un po’ fatica a riconoscere tracce che non siano strade o sentieri ben definiti, come ad esempio i segni lasciati nelle coltivazioni (crop marks) o vecchi canali di drenaggio, che pure possono indicare la Centuriazione. Questo significa che la nostra “precisione” (quante delle aree segnalate sono davvero Centuriazione) è buona solo quando il punteggio di fitness è molto alto, mentre la “recall” (quante delle aree di Centuriazione reali riusciamo a trovare) è ancora bassa. Dobbiamo migliorare l’addestramento dell’AI con dati più specifici!
Abbiamo anche simulato le prestazioni su un’area grande come l’intera Campania, per vedere come scala il sistema. I risultati mostrano che aggiungere più “operai” (core di processore nel cloud) accelera il lavoro, soprattutto se il numero di core è bilanciato con il numero di “Reducer” che fanno il lavoro pesante. Questo conferma che l’approccio distribuito è la strada giusta per affrontare analisi su larga scala.

Guardando al Futuro
Questo lavoro è solo l’inizio, ovviamente. Abbiamo dimostrato che l’idea di usare AI e cloud per l’archeologia aerea funziona ed è scalabile. Ora dobbiamo renderla più precisa e affidabile. I prossimi passi?
- Creare dataset di addestramento specifici per la Centuriazione e altri tipi di resti archeologici, magari usando strumenti per annotare semi-automaticamente le immagini.
- Integrare altre fonti di dati, come mappe catastali vettoriali o dati LiDAR, per “fondere” le informazioni e migliorare il riconoscimento delle tracce.
- Migliorare la funzione di fitness dell’algoritmo genetico per dare una valutazione quantitativa più robusta della probabilità di presenza della Centuriazione.
- Automatizzare l’analisi di aree geografiche vastissime e validare i risultati con l’aiuto di archeologi esperti.
- Testare la metodologia in regioni ancora poco esplorate, sperando di fare nuove scoperte!
Insomma, la strada è ancora lunga ma le potenzialità sono enormi. Credo davvero che questa sinergia tra archeologia e tecnologia ci riserverà grandi sorprese, permettendoci di leggere il paesaggio come un libro aperto sulla nostra storia. È un’avventura affascinante e sono entusiasta di vedere dove ci porterà!
Fonte: Springer
