Un bivio concettuale: da un lato una cartella clinica con un'etichetta di classificazione paziente ben visibile, dall'altro una flebo quasi vuota a simboleggiare la scarsità di risorse. Illuminazione drammatica che evidenzia il dilemma. Prime lens, 24mm, film noir style, depth of field.

Quando le Etichette e le Risorse Scarse Ingannano il Giudizio Medico

Ciao a tutti! Vi siete mai chiesti come si decide chi riceve un trattamento medico quando le risorse sono poche e magari ci sono delle “etichette” appiccicate ai pazienti? Beh, oggi voglio parlarvi proprio di questo, di come i sistemi di classificazione dei pazienti e la disponibilità di risorse possano, insieme, tirare dei brutti scherzi al nostro giudizio sull’efficacia delle cure. Una faccenda complessa, ma affascinante, che tocca corde molto sensibili, soprattutto pensando a periodi critici come la pandemia di COVID-19.

Le Classificazioni: Amiche o Nemiche?

Partiamo dai fondamentali. Nella pratica clinica, classificare i pazienti è una prassi comune. Pensate ai sistemi di triage in pronto soccorso, come il Manchester Triage System, che smista i pazienti per urgenza, o ai Diagnosis Related Groups (DRG), usati per raggruppare i pazienti con diagnosi simili e ridurre i costi amministrativi. Questi sistemi, noti come Patient Classification Systems (PCS), dovrebbero aiutarci a usare le risorse in modo efficiente, indirizzandole verso chi ne ha più bisogno o chi ha maggiori possibilità di successo terapeutico. Ad esempio, si usano per definire i programmi di vaccinazione o i protocolli di screening per malattie come il cancro al seno. La Commissione Europea raccomanda screening per donne tra i 45 e i 75 anni, ma poi ogni Paese adatta in base alle proprie risorse; in Spagna, per dire, la fascia è 50-69 anni.

Il problema è che questi PCS possono basarsi su dati non sempre corretti, aggiornati o sufficienti. A volte, l’esperienza del medico può scavalcare un errore del sistema. Ma cosa succede se le risorse scarseggiano? Si tende a fidarsi di più delle raccomandazioni del PCS, anche se sbagliate, con conseguenze dirette sui pazienti. E non dimentichiamoci che i professionisti sanitari possono trattare i pazienti in modo diverso anche senza protocolli predefiniti, spesso a causa di decisioni inconsce e distorte. Ci sono prove che specifici gruppi di pazienti (per disabilità, genere, etnia, età) vengano sistematicamente discriminati. A volte basta la cifra iniziale dell’età (tipo 70 contro 69) per influenzare le decisioni.

Durante la pandemia di COVID-19, questa allocazione “ingiusta” è diventata palese. Si è discusso molto su come allocare risorse sanitarie scarse, spesso favorendo gruppi demografici specifici (giovani, sani, senza patologie preesistenti) con la scusa che per loro le risorse sarebbero state più “efficaci”. Negli USA, si è passati da linee guida centrate sul paziente a quelle centrate sulla comunità, limitando l’accesso a risorse critiche per i pazienti con disabilità. In Spagna, i pazienti delle case di riposo sono stati privati di trattamenti. In Sudafrica, l’accesso ai vaccini è stato prioritizzato discriminando gli anziani. Molte di queste classificazioni, diciamocelo, non erano giustificate da un’analisi clinica e hanno causato danni evidenti, tanto da finire in tribunale.

Scarsità e Illusioni Causali: Un Mix Esplosivo

La scarsità, come dimostrano diverse ricerche, influenza pesantemente i nostri giudizi e le nostre decisioni, anche in ambito sanitario. Un recente studio di Vinas e colleghi ha scoperto che la scarsità (in quel caso, un budget limitato per curare i pazienti) portava i partecipanti a ridurre l’uso di una finta pseudomedicina. Le pseudomedicine sono trattamenti presentati come efficaci ma privi di prove scientifiche, tipo l’omeopatia. Chi aveva risorse abbondanti tendeva a somministrare la “medicina” a più pazienti possibili e, vedendo le remissioni spontanee della malattia, si convinceva che la pseudomedicina funzionasse (la cosiddetta “illusione causale”). Chi aveva poche risorse, invece, usandola meno, era più esposto a casi di guarigione senza trattamento, riducendo questa illusione. Quindi, in quel caso specifico, la scarsità aveva un effetto benefico.

Ma la scarsità non è sempre un toccasana per i nostri giudizi. Anzi, può diventare deleteria se combinata con l’assunto che certi pazienti beneficino di più di un trattamento. Ed è qui che si inserisce la ricerca che vi racconto oggi. L’idea era di capire come la combinazione di scarsità e un PCS errato potesse alterare le decisioni mediche.

Un medico pensieroso, con indosso un camice bianco, osserva un tablet che mostra una complessa schermata di classificazione pazienti. Luce soffusa da una finestra laterale, ambiente ospedaliero moderno ma non affollato. Prime lens, 35mm, depth of field, duotone blu e grigio.

Abbiamo condotto due esperimenti in cui i partecipanti, nel ruolo di medici, interagivano con un PCS che classificava erroneamente dei pazienti fittizi come più o meno sensibili a un trattamento. In realtà, tutti i pazienti erano ugualmente sensibili. I partecipanti potevano somministrare il trattamento e, tramite il feedback (guarigione o meno), imparare che il PCS sbagliava. Questo è stato testato sia con risorse abbondanti che scarse. Nell’Esperimento 1 il trattamento era efficace, nel 2 era inefficace (una pseudomedicina).

Esperimento 1: Il Trattamento Efficace

Nell’Esperimento 1, i partecipanti dovevano curare più pazienti possibile gestendo un budget. C’erano due categorie di pazienti: “altamente sensibili” (marcati con “+”) e “poco sensibili” (marcati con “-“) al farmaco. In realtà, il farmaco era efficace allo stesso modo per entrambi (70% di guarigioni con farmaco, 20% senza). Un gruppo aveva un budget “ricco”, l’altro “scarso”.

Cosa abbiamo scoperto?

  • I partecipanti con budget scarso somministravano meno farmaco ai pazienti “poco sensibili” rispetto a quelli con budget abbondante. Per i pazienti “altamente sensibili”, invece, non c’era differenza significativa tra i due gruppi di budget: anche con poche risorse, a questi pazienti il farmaco veniva dato.
  • Di conseguenza, i giudizi sull’efficacia del farmaco erano più bassi per i pazienti “poco sensibili” nel gruppo con budget scarso. Per i pazienti “altamente sensibili”, i giudizi erano simili tra i due gruppi di budget e, in generale, ben al di sopra dell’efficacia reale del farmaco.
  • È interessante notare che, anche nel gruppo con budget abbondante, che distribuiva il farmaco in modo più equo, i partecipanti giudicavano comunque il trattamento più efficace per i pazienti “altamente sensibili”. Sembra che l’informazione iniziale del PCS (la classificazione errata) pesasse più dell’esperienza diretta!

In pratica, chi aveva poche risorse si comportava come se il budget fosse abbondante solo per i pazienti etichettati come “altamente sensibili”, riducendo le cure per gli altri. Questo ha portato a ricevere dati incompleti durante la fase di apprendimento e, quindi, a giudizi di efficacia più bassi per il farmaco efficace quando somministrato ai “poco sensibili”. Questo è cruciale: nella vita reale, se un PCS è sbagliato, soprattutto in condizioni di scarsità, si rischia un’allocazione ingiusta delle risorse e giudizi distorti sull’efficacia, che influenzeranno le decisioni future.

Esperimento 2: La Pseudomedicina

E se il trattamento fosse una bufala? Nell’Esperimento 2, abbiamo usato lo stesso schema, ma il trattamento era una pseudomedicina: il 70% dei pazienti guariva sia che ricevesse il trattamento sia che non lo ricevesse. L’efficacia reale era zero. Le categorie erano “sensibili” e “non sensibili”. Qui, l’obiettivo era vedere se si sviluppava un’illusione di causalità, cioè credere che un trattamento inefficace funzioni.

Una mano guantata che esita sopra due fiale di medicinali etichettate diversamente, su un carrello medico in un corridoio d'ospedale scarsamente illuminato. Una fiala sembra quasi vuota. Macro lens, 80mm, high detail, controlled lighting focalizzata sulle fiale e sulla mano.

I risultati?

  • Anche qui, il budget e la classificazione dei pazienti hanno influenzato la somministrazione. I partecipanti con budget scarso davano meno pseudomedicina ai “non sensibili” rispetto a quelli con budget abbondante. Per i “sensibili”, la quantità di pseudomedicina somministrata era simile indipendentemente dal budget.
  • I giudizi di efficacia seguivano un pattern simile. Per i pazienti “non sensibili”, chi aveva budget scarso dava giudizi di efficacia più bassi. Per i “sensibili”, i giudizi erano simili tra i gruppi di budget, ma significativamente più alti dell’efficacia reale (zero!).
  • Crucialmente, i partecipanti sviluppavano un’illusione di efficacia significativamente più alta per i pazienti classificati come “sensibili”, e questa differenza era particolarmente marcata in chi affrontava la scarsità. Hanno scelto di somministrare il farmaco (inutile) preferenzialmente a quei pazienti da cui si aspettavano un maggior beneficio.

Quindi, di fronte a una pseudomedicina, non solo si sono ripetuti gli errori dell’Esperimento 1, ma se ne è aggiunto un altro: giudicare efficace un trattamento che non lo era. Questo è un problema serio, perché credere nelle pseudomedicine porta a costi economici, perdita di tempo e, soprattutto, a rischi per la salute se sostituiscono trattamenti validi.

Cosa Ci Portiamo a Casa?

Questi studi, seppur condotti in laboratorio (con utenti Internet e studenti di psicologia, non medici veri e propri, il che è una limitazione da considerare), ci dicono cose importanti. Tendiamo a fidarci delle classificazioni, anche quando l’esperienza diretta ci suggerirebbe il contrario. La scarsità di risorse non fa che peggiorare la situazione, spingendoci a un’allocazione rigida basata su queste etichette, che può essere profondamente ingiusta.

Il risultato? Giudizi sull’efficacia dei trattamenti che possono essere sbagliati in due modi:

  1. Assumere erroneamente che pazienti diversi rispondano diversamente ai trattamenti.
  2. Attribuire efficacia a un trattamento completamente inutile.

Pensate alle emergenze, dove scarsità di risorse, tempo e informazioni sui pazienti diventano fattori di rischio per decisioni sbagliate. È fondamentale essere consapevoli di questi bias per cercare di mitigarli. La ricerca futura potrebbe esplorare questi effetti su professionisti sanitari reali o in scenari più complessi, magari con PCS corretti, per capire meglio tutte le dinamiche in gioco.

Un grafico astratto che mostra barre di efficacia percepite e reali per un trattamento. Le barre percepite sono molto più alte di quelle reali, creando un effetto visivo di illusione. Sfondo scuro, colori vivaci per le barre. Still life, 60mm macro lens, precise focusing.

Insomma, la prossima volta che sentite parlare di classificazioni di pazienti o di risorse limitate in sanità, ricordatevi che dietro decisioni apparentemente logiche possono nascondersi delle trappole cognitive non da poco. Esserne consapevoli è il primo passo per decisioni più eque ed efficaci.

Fonte: Springer

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