Ritratto di uno studente di odontoiatria concentrato, che esamina da vicino una cartella clinica parodontale con grafici e radiografie in un moderno studio dentistico. Obiettivo prime 35mm, profondità di campo accentuata per isolare lo studente, illuminazione controllata che evidenzia i dettagli della cartella.

Nuova Classificazione Parodontale 2017: Gli Studenti di Odontoiatria Sono Pronti?

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa di fondamentale nel mio campo, l’odontoiatria, e in particolare della parodontologia. Sapete, quella branca che si occupa delle gengive e di tutto ciò che sta attorno ai denti (e agli impianti!). Nel 2017 c’è stata una vera e propria rivoluzione: è stata introdotta una nuova classificazione mondiale per le malattie e le condizioni parodontali e peri-implantari. Un passo da gigante, frutto della collaborazione tra l’American Academy of Periodontology (AAP) e l’European Federation of Periodontology (EFP).

Ma una cosa è introdurre una novità, un’altra è capire se chi sta studiando per diventare dentista – i nostri futuri colleghi – l’abbia recepita, capita e accettata. È un po’ come lanciare un nuovo sistema operativo: figo, sì, ma la gente lo sa usare? Lo trova utile? Ecco, ci siamo posti proprio queste domande.

Perché una Nuova Classificazione? Breve Salto nel Passato

Prima del 2017, usavamo principalmente la classificazione del 1999. Non era male, per carità, ci ha accompagnato per anni, ma aveva i suoi limiti. C’erano sovrapposizioni tra categorie, non era chiarissima su certi aspetti e, soprattutto, non affrontava in modo adeguato un problema sempre più diffuso: le malattie attorno agli impianti (peri-implantari).

La nuova classificazione del 2017 ha cercato di colmare queste lacune. Ha introdotto un sistema più preciso, basato sulle ultime evidenze scientifiche, con un approccio multidimensionale che considera stadio (gravità ed estensione) e grado (rischio di progressione). Una delle novità più discusse? L’eliminazione dei termini “parodontite aggressiva” e “parodontite cronica”. La commissione ha ritenuto che non ci fossero prove sufficienti per considerarle due malattie distinte. Questo ha significato rimescolare un po’ le carte e creare una categoria più ampia di parodontite. L’obiettivo? Coprire circa il 95% delle diagnosi parodontali in modo più accurato e personalizzato. Bello, no? Ma anche una bella sfida per l’implementazione, sia nella clinica che nell’insegnamento.

L’Indagine all’Università di Sharjah: Cosa Volevamo Sapere?

Proprio per capire come questa nuova classificazione stesse “atterrando” tra gli studenti, abbiamo condotto un’indagine all’Università di Sharjah (UOS), negli Emirati Arabi Uniti. Abbiamo coinvolto gli studenti degli anni clinici (dal terzo al quinto anno) e i tirocinanti (interns), quelli che già mettono le mani in pasta. In totale, abbiamo inviato un questionario online a 372 studenti e abbiamo ottenuto ben 329 risposte (un tasso di risposta dell’83.92%, niente male!).

Il questionario era strutturato per valutare tre cose principali:

  • Conoscenza (Knowledge): Quanto ne sanno davvero sulla nuova classificazione? Sanno applicarla a casi specifici?
  • Consapevolezza (Awareness): Sanno che esiste? La usano nella pratica clinica quotidiana? Ne conoscono i vantaggi?
  • Percezione (Perception): Cosa ne pensano? La trovano utile, facile da usare, migliore della vecchia?

Abbiamo escluso dall’analisi finale 27 studenti che hanno dichiarato di non conoscere affatto la nuova classificazione, concentrandoci sui 302 che ne erano a conoscenza.

Macro fotografia di una sonda parodontale che misura delicatamente la profondità di una tasca gengivale su un modello dentale. Obiettivo macro 100mm, alta definizione, messa a fuoco precisa sulla punta della sonda e sulla gengiva, illuminazione da studio controllata per evidenziare i dettagli millimetrici.

I Risultati: Consapevoli Sì, Ma con Margini di Miglioramento

Allora, cosa abbiamo scoperto? Beh, prima di tutto, una cosa salta all’occhio: la consapevolezza sulla nuova classificazione del 2017 è alta tra gli studenti dell’UOS (91.7%). E non solo la conoscono, ma la maggior parte (88.7%) dichiara di utilizzarla nella propria pratica clinica o formativa. Ottimo!

Molti riconoscono anche i vantaggi introdotti, come la definizione di “salute clinica” (76.2%), la capacità di catturare meglio la gravità e l’estensione della parodontite (80.1%) e di fornire definizioni più chiare di salute gengivale e gengivite (64.2%). Sembra che i messaggi chiave siano passati.

E la Conoscenza Pratica? Qui le Cose si Fanno Interessanti

Quando siamo andati a testare la conoscenza specifica con domande su casi clinici, i risultati sono stati un po’ più variegati. Ad esempio, quasi il 75% ha identificato correttamente una Parodontite Iniziale di Stadio I. Bene! Anche sulla diagnosi del grado di progressione (Grado A: progressione lenta), la maggioranza (74.5%) ha risposto correttamente.

Tuttavia, su domande leggermente più complesse (es. diagnosi con perdita di attacco >5mm e perdita di 6 denti), la percentuale di risposte corrette scendeva intorno al 55.6%. Complessivamente, il tasso medio di risposte corrette alle domande sulla conoscenza diagnostica è stato del 68.2%. Non male, ma decisamente inferiore rispetto alla consapevolezza generale.

Un dato molto interessante è l’andamento della conoscenza attraverso gli anni di studio. Come ci si potrebbe aspettare, il punteggio medio di conoscenza era più basso tra gli studenti del terzo anno (BDS 3) e aumentava progressivamente, raggiungendo il picco tra i tirocinanti (interns). Questo suggerisce che l’esposizione clinica e l’esperienza pratica giocano un ruolo cruciale. All’UOS, la formazione parodontale inizia presto, ma diventa più intensa e pratica negli ultimi anni e durante il tirocinio. Curiosamente, gli studenti del quinto anno hanno mostrato punteggi leggermente inferiori a quelli del quarto, forse a causa di interruzioni legate alla pandemia COVID-19 e a una minore enfasi su specifici esami di competenza parodontale in quell’anno.

La Percezione Generale: Promossa, Ma con Riserva

E cosa ne pensano gli studenti? La percezione generale è positiva. La maggioranza la ritiene:

  • Più chiara della vecchia classificazione del 1999 (54.6% d’accordo).
  • Facile da usare (user-friendly) nella gestione dei pazienti (64%). Questo dato è particolarmente interessante se confrontato con studi precedenti su specializzandi e professionisti, dove l’accordo era molto più basso. Probabilmente, l’introduzione precoce nel curriculum dell’UOS aiuta a familiarizzare meglio.
  • Applicabile nella clinica quotidiana (55.3%).
  • Soddisfacente nel complesso (62.6%).

Gruppo diversificato di studenti di odontoiatria in un'aula moderna, attenti durante una lezione sulla classificazione parodontale proiettata su uno schermo. Obiettivo prime 35mm, profondità di campo media per mostrare sia gli studenti in primo piano che l'aula, luce naturale dalle finestre.

Però, c’è un “ma”. Nonostante l’apprezzamento generale, quasi il 70% degli studenti (69.5%) ha espresso la necessità di un programma formativo più approfondito sulla nuova classificazione, sulla diagnosi e sulla pianificazione del trattamento in parodontologia. Questo è un segnale forte: “Sì, ci piace, la usiamo, ma sentiamo di aver bisogno di saperne di più per padroneggiarla davvero”.

Cosa Ci Portiamo a Casa?

Questa indagine ci dice alcune cose importanti. Primo, l’Università di Sharjah sembra fare un buon lavoro nell’introdurre e far utilizzare la nuova classificazione, grazie anche a un programma di calibrazione dei docenti che assicura un insegnamento coerente. La consapevolezza è alta e l’uso è diffuso.

Secondo, la conoscenza pratica, sebbene in crescita con l’esperienza, mostra ancora margini di miglioramento, specialmente su aspetti più complessi della diagnosi basata su stadio e grado.

Terzo, gli studenti percepiscono positivamente la nuova classificazione, ma sentono chiaramente il bisogno di ulteriore formazione specifica. Questo non è sorprendente, data la complessità e le differenze rispetto al sistema precedente.

Limiti e Prospettive Future

Ogni studio ha i suoi limiti. Il nostro è stato condotto in una sola università negli Emirati Arabi Uniti, quindi i risultati potrebbero non essere generalizzabili a livello globale, date le differenze nei curricula. Inoltre, non abbiamo incluso domande specifiche sulla pianificazione del trattamento basata sulla nuova classificazione, un aspetto clinico cruciale.

Cosa fare ora? Sicuramente, i risultati suggeriscono che rafforzare i programmi educativi sulla classificazione del 2017 è fondamentale. Workshop, sessioni di calibrazione continue per docenti e tutor, esercizi su casi clinici potrebbero aiutare a colmare il divario tra consapevolezza e padronanza pratica.

Sarebbe poi utilissimo condurre studi multicentrici, coinvolgendo diverse scuole di odontoiatria in vari paesi, per avere un quadro più ampio e sviluppare magari un curriculum più uniforme a livello globale.

Un docente di parodontologia discute un caso clinico complesso con un piccolo gruppo di studenti tirocinanti attorno a un monitor che mostra radiografie e dati parodontali. Ambiente clinico universitario, obiettivo zoom 24-70mm per catturare l'interazione, profondità di campo che sfoca leggermente lo sfondo per concentrarsi sul gruppo.

In conclusione, la nuova classificazione parodontale del 2017 è una realtà con cui i futuri dentisti devono confrontarsi. La nostra indagine mostra che gli studenti dell’UOS sono sulla buona strada, consapevoli e utilizzatori, ma c’è ancora lavoro da fare per garantire una comprensione profonda e una applicazione clinica impeccabile. La formazione continua e mirata sarà la chiave per trasformare questa importante innovazione scientifica in un beneficio concreto per la salute dei pazienti.

Fonte: Springer

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