SLA: Sveliamo i Fenotipi Motori con la Nuova Classificazione OPM
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento complesso ma affascinante: la Sclerosi Laterale Amiotrofica, o SLA. Chi mi conosce sa quanto mi appassionino le neuroscienze e come cerchi sempre di rendere comprensibili anche i temi più ostici. La SLA, purtroppo, è una di quelle malattie che presenta mille volti, una grande eterogeneità che la rende difficile da “incasellare”. Proprio questa varietà, che chiamiamo eterogeneità dei fenotipi motori, è una caratteristica fondamentale della malattia.
Ma cosa significa “fenotipo motorio”? In parole semplici, è il modo specifico in cui la malattia si manifesta a livello di movimento in una persona. E perché è così importante distinguerli? Perché fenotipi diversi sono spesso associati a una progressione e a una sopravvivenza differenti. Capire il fenotipo di un paziente può aiutarci a definire meglio la prognosi, a personalizzare l’assistenza e, non da ultimo, a disegnare studi clinici più efficaci.
Il Problema: Un Po’ di Confusione Sotto il Cielo della SLA
Nonostante l’importanza di classificare questi fenotipi, fino ad oggi mancava un consenso ampio su come farlo. Immaginate un po’ la situazione: tanti esperti, tanti modi diversi di descrivere le manifestazioni della SLA, a volte usando termini simili per cose diverse o viceversa. Un bel groviglio, che non aiuta né nella pratica clinica quotidiana né nella ricerca. Molti neurologi e ricercatori usavano (e usano tuttora) approcci informali, non sistematici, rendendo difficile confrontare i dati o selezionare gruppi omogenei di pazienti per gli studi. Era chiaro che serviva mettere ordine.
La Soluzione: Nasce la Classificazione OPM
Ed ecco che, dopo un intenso lavoro di confronto tra esperti (un processo chiamato “expert consensus process” svoltosi tra maggio 2023 e dicembre 2024, promosso dal consorzio NfL-ALS), è stata proposta una nuova classificazione. L’ho trovata subito brillante nella sua logica! Si basa su tre determinanti anatomici, tre “pilastri” per descrivere il fenotipo motorio. Per questo è stata chiamata “Classificazione OPM”. Vediamo insieme cosa significano queste lettere:
- O (Onset – Esordio): Si riferisce alla regione del corpo dove compaiono i primissimi sintomi motori. Dove tutto ha inizio.
- P (Propagation – Propagazione): Descrive come e quanto velocemente i sintomi motori si diffondono dalla regione d’esordio ad altre parti del corpo, lontane verticalmente.
- M (Motor Neuron Dysfunction – Disfunzione dei Motoneuroni): Indica il grado di coinvolgimento dei motoneuroni superiori (UMN, quelli che stanno nel cervello e danno il comando) e/o inferiori (LMN, quelli che dal midollo spinale vanno ai muscoli).
Questa classificazione a tre determinanti permette di “fotografare” in modo molto più preciso e standardizzato il quadro motorio di un paziente con SLA.
O come Origine: Dove Tutto Inizia
Il primo passo è capire da dove è partita la debolezza, la difficoltà di movimento, la disartria (difficoltà a parlare) o la disfagia (difficoltà a deglutire). Attenzione: non parliamo di fascicolazioni o crampi isolati, ma di una vera e propria compromissione della funzione motoria. L’informazione si basa principalmente sul racconto del paziente. La classificazione OPM distingue diverse regioni d’esordio:
- O1: Esordio nella regione della testa (sintomi bulbari come disartria/disfagia).
- O2d: Esordio nel braccio distale (mano/avambraccio).
- O2p: Esordio nel braccio prossimale (spalla/braccio).
- O3r: Esordio nel tronco con sintomi respiratori (ipoventilazione).
- O3a: Esordio nel tronco assiale (muscoli paravertebrali).
- O4d: Esordio nella gamba distale (piede/polpaccio).
- O4p: Esordio nella gamba prossimale (coscia/anca).
Questa suddivisione è più dettagliata rispetto al passato (dove spesso si parlava genericamente di esordio bulbare o agli arti) e potrebbe rivelarsi preziosa per capire meglio le diverse traiettorie della malattia. Ad esempio, un esordio al braccio prossimale (O2p) potrebbe avere implicazioni diverse da uno distale (O2d).

P come Propagazione: Il Viaggio dei Sintomi
Una volta capito dove la malattia è iniziata, dobbiamo osservare come si muove. La classificazione OPM guarda alla propagazione temporale dei sintomi motori verso un’altra regione del corpo verticalmente distante (ad esempio, dal braccio alla gamba, o dalla testa al tronco). Qui entra in gioco il fattore tempo, in particolare una soglia di 12 mesi dall’esordio dei sintomi:
- PE (Propagazione Precoce – Earlier): I sintomi si diffondono ad un’altra regione verticalmente distante entro 12 mesi dall’esordio. Questo rappresenta il decorso più tipico della SLA.
- PL (Propagazione Tardiva – Later): I sintomi non si propagano ad altre regioni verticalmente distanti entro i primi 12 mesi, rimanendo confinati (o diffondendosi solo orizzontalmente, ad esempio all’altro arto) per almeno un anno. Qui ritroviamo fenotipi storicamente noti come:
- Paralisi Bulbare Progressiva (PBP): Esordio testa (O1) e propagazione tardiva (PL).
- Sindrome Flail-Arm (FAS): Esordio braccio prossimale (O2p) e propagazione tardiva (PL).
- Sindrome Flail-Leg (FLS): Esordio gamba distale (O4d) e propagazione tardiva (PL).
- PN (Propagazione Non classificabile – Not yet classifiable): Non possiamo ancora classificarla perché sono passati meno di 12 mesi dall’esordio e non c’è stata ancora propagazione, oppure il pattern è incerto.
Questa distinzione è cruciale perché sappiamo che i fenotipi a propagazione tardiva (PL) hanno spesso una prognosi significativamente diversa, solitamente migliore, rispetto a quelli a propagazione precoce (PE). Separare l’esordio (O) dalla propagazione (P) come due determinanti distinti è uno dei punti di forza di questa nuova classificazione.
M come Motoneuroni: Il Grado di Coinvolgimento UMN/LMN
Infine, dobbiamo valutare quali motoneuroni sono più colpiti e in che misura. I segni dei motoneuroni superiori (UMN) includono tipicamente spasticità, riflessi vivaci, clono, segno di Babinski. I segni dei motoneuroni inferiori (LMN) comprendono debolezza, atrofia muscolare, fascicolazioni, riduzione dei riflessi. La classificazione OPM distingue:
- M0: Disfunzione bilanciata tra UMN e LMN. Il quadro “classico” della SLA.
- M1d: Disfunzione dominante di UMN.
- M1p: Disfunzione pura di UMN (corrisponde alla storica Sclerosi Laterale Primaria – PLS).
- M2d: Disfunzione dominante di LMN.
- M2p: Disfunzione pura di LMN (corrisponde alla storica Atrofia Muscolare Progressiva – PMA).
- M3: Disfunzione dissociata: LMN dominante/pura nelle braccia e UMN dominante/pura nelle gambe (una variante nota come paraparesi brachiale amiotrofica spastica).
È importante notare che questa valutazione si basa sull’esame neurologico e può cambiare nel tempo! Un paziente può iniziare con un quadro bilanciato (M0) e poi evolvere verso una predominanza LMN (M2d o M2p) man mano che l’atrofia maschera i segni UMN. Per classificare M1p (PLS) e M2p (PMA) con certezza, secondo le linee guida storiche riprese qui, servirebbe un monitoraggio di almeno 48 mesi per escludere la comparsa di segni dell’altro tipo di motoneurone. Tuttavia, la classificazione OPM permette di usare M1p e M2p anche prima, rendendola più inclusiva per pazienti con forme pure ma a progressione più rapida.

Perché Questa Classificazione Cambia le Carte in Tavola?
Qualcuno potrebbe chiedersi: “Ma a cosa serve tutta questa precisione?”. Serve, eccome!
- Nella pratica clinica: Aiuta a definire meglio la diagnosi e soprattutto a fornire una prognosi più individualizzata al paziente e alla sua famiglia, affiancandosi ad altri fattori prognostici noti (come i livelli di neurofilamenti – NfL, la velocità di progressione, ecc.).
- Negli studi clinici: È fondamentale! Permette di selezionare popolazioni di pazienti più omogenee (criteri di inclusione/esclusione) o di stratificare i partecipanti in base al fenotipo. Questo è cruciale perché fenotipi diversi potrebbero rispondere diversamente ai trattamenti sperimentali. Ridurre l’eterogeneità nei trial aumenta le possibilità di capire se un farmaco funziona davvero.
- Nella ricerca: Aiuta a correlare i diversi quadri clinici con possibili meccanismi patofisiologici sottostanti, genotipi specifici o biomarker. Capire come la malattia inizia (focalità) e si diffonde (spreading) è centrale per svelare i segreti della SLA.
Sfide e Orizzonti Futuri
Ovviamente, nessuna classificazione è perfetta e anche la OPM ha i suoi limiti e le sue sfide.
- Limitata al motore: Per ora, si concentra solo sui sintomi motori, lasciando fuori aspetti importanti come quelli cognitivi, comportamentali o metabolici, che andranno integrati in futuro.
- Valutazione soggettiva: La valutazione dell’esordio si basa sul racconto del paziente (che può avere incertezze) e quella del coinvolgimento UMN/LMN sull’esame neurologico (che può avere una certa variabilità tra osservatori diversi, specialmente nel distinguere M0 da M1d/M2d).
- Adozione della terminologia: Ci vorrà tempo perché la comunità scientifica e clinica adotti pienamente i nuovi termini tecnici (O1, PL, M2p…) al posto di quelli storici (PBP, Flail-Arm, PMA…). Per facilitare la transizione, i termini storici sono stati mantenuti come sinonimi.
- Dinamicità: Il fenotipo M, e potenzialmente anche P, può cambiare nel tempo, richiedendo rivalutazioni periodiche.
Nonostante queste sfide, credo fermamente che la classificazione OPM rappresenti un passo avanti significativo. È un sistema logico, strutturato e flessibile, che potrà essere ulteriormente affinato e ampliato in futuro, magari integrando dati di imaging, elettromiografia o biomarker fin dalle fasi presintomatiche.
In Conclusione: Un Passo Avanti Fondamentale
La classificazione OPM non è solo un nuovo modo di etichettare la SLA. È uno strumento pensato per portare maggiore chiarezza e standardizzazione in un campo complesso. Ci offre una “lingua comune” più precisa per descrivere l’eterogeneità della malattia, con l’obiettivo finale di migliorare la comprensione della SLA, l’assistenza ai pazienti e l’efficacia della ricerca di nuove terapie. È un work in progress, certo, ma la direzione intrapresa mi sembra quella giusta per affrontare con più strumenti questo difficile puzzle neurologico.
Fonte: Springer
