Addio Biopsia? La Citometria RM Svela l’Infiammazione Epatica nella MASH
Avete mai sentito parlare di MASH, o steatoepatite associata a disfunzione metabolica? È una forma piuttosto seria di quella che comunemente chiamiamo “fegato grasso” (ora nota come MASLD, malattia epatica steatosica associata a disfunzione metabolica). Il problema è che, per capire davvero cosa sta succedendo lì dentro – quanto grasso c’è, se c’è infiammazione, se le cellule epatiche stanno soffrendo (il cosiddetto “ballooning”) – la strada maestra oggi è ancora la biopsia epatica. Sì, proprio quella: un ago che entra nel fegato per prelevare un pezzettino di tessuto. Non proprio una passeggiata, vero? Oltre ad essere invasiva, è costosa e può dare risultati variabili a seconda di dove si “pesca”.
Ecco perché da tempo si cercano alternative non invasive. Abbiamo fatto passi da gigante: la risonanza magnetica (RM) ci aiuta già a misurare il grasso (con la tecnica PDFF, Proton Density Fat Fraction) e la fibrosi, cioè le cicatrici nel fegato (con l’elastografia RM, o MRE). Ma l’infiammazione? Quella resta un osso duro. Certo, si è provato con la mappatura T1 in RM, ma i risultati sono influenzati da troppi fattori (grasso, fibrosi, ferro…) per essere specifici per l’infiammazione. E distinguere una semplice steatosi (fegato grasso) da una MASH conclamata è fondamentale, soprattutto ora che abbiamo farmaci specifici approvati, come il resmetirom (Rezdiffra), proprio per la MASH con fibrosi significativa.
Una Finestra sulle Cellule: Ecco la Citometria RM
Ma se potessimo “vedere” le cellule del fegato senza aprirlo? Qui entra in gioco una tecnica affascinante che stiamo esplorando: la Citometria RM. Si basa su una forma avanzata di risonanza magnetica chiamata dMRI (diffusion MRI), che studia come le molecole d’acqua si muovono nei tessuti. Immaginate l’acqua come una spia: il suo movimento è limitato dalle strutture che incontra, come le membrane cellulari. Analizzando questo movimento a diverse “scale temporali”, possiamo ottenere informazioni preziose sulla microstruttura del tessuto, quasi come fare una conta cellulare… ma con la risonanza magnetica!
L’idea di base è questa: nella MASH, il fegato non è solo grasso, ma è anche infiltrato da cellule immunitarie (linfociti T, neutrofili…) che arrivano per “combattere” l’infiammazione. Queste cellule sono tipicamente più piccole (sotto i 15 micrometri) rispetto alle cellule principali del fegato, gli epatociti (15-30 micrometri). Questa infiltrazione fa due cose:
- Aumenta la densità cellulare locale (più cellule nello stesso spazio).
- Diminuisce la dimensione media delle cellule.
La Citometria RM punta proprio a misurare questi due parametri: una stima della dimensione cellulare media (escludendo l’impatto del grasso) e della densità cellulare. Finora, questa tecnica era usata quasi solo per studiare i tumori. Noi abbiamo pensato: perché non applicarla al fegato per “vedere” l’infiammazione della MASH?
Dai Modelli alla Realtà: Le Prove sul Campo
Come abbiamo fatto a capire se funziona? Beh, abbiamo fatto i compiti.
Prima, abbiamo creato delle simulazioni al computer basate su immagini istologiche reali di tessuto epatico normale, steatosico e stromale (che rappresenta l’infiammazione e la fibrosi). I risultati? Le simulazioni hanno confermato che le aree stromali mostrano effettivamente cellule mediamente più piccole e una densità maggiore rispetto al tessuto normale o solo grasso, e che la Citometria RM può rilevare queste differenze, a patto che il segnale RM sia abbastanza “pulito” (buon rapporto segnale-rumore, SNR).
Poi siamo passati ai campioni di fegato umano reali, ottenuti da tessuto rimosso e fissato. Abbiamo analizzato campioni normali, con steatosi e con MASH, sia con l’istologia tradizionale (colorazioni specifiche come la β-catenina per vedere le membrane cellulari) sia con la nostra Citometria RM (su uno scanner RM da laboratorio). E ancora una volta, i risultati combaciavano: le aree stromali (ricche di infiammazione/fibrosi) avevano cellule mediamente più piccole e più “impacchettate” rispetto alle aree normali o grasse. C’era una correlazione, anche se non perfetta (per varie ragioni tecniche legate sia all’RM che all’istologia), tra le misure ottenute con le due tecniche.
La Prova del Nove: Lo Studio Pilota sull’Uomo
Il passo successivo, e cruciale, è stato testare la Citometria RM in vivo, su persone reali, usando uno scanner RM clinico standard da 3 Tesla (quelli che si trovano negli ospedali). Abbiamo coinvolto un piccolo gruppo di volontari: cinque persone sane e cinque pazienti con diagnosi di MASH confermata da biopsia. L’esame è durato meno di 12 minuti, un tempo assolutamente fattibile nella pratica clinica.
I risultati sono stati incoraggianti. Nei pazienti con MASH, abbiamo osservato in media:
- Dimensioni cellulari leggermente inferiori rispetto ai soggetti sani.
- Densità cellulari superiori rispetto ai soggetti sani.
- Una maggiore variabilità in entrambe le misure, suggerendo un ambiente cellulare più eterogeneo nel fegato malato.
Per quantificare meglio questa differenza, abbiamo definito un nuovo indice, che abbiamo chiamato SDCF (Small Dense Cell Fraction): in pratica, la percentuale di tessuto epatico in cui le cellule sono contemporaneamente piccole (sotto i 10 µm) e dense (sopra una certa soglia). Ebbene, questa frazione SDCF è risultata significativamente più alta nei pazienti con MASH rispetto ai soggetti sani. Cosa ancora più interessante, l’SDCF non sembrava correlato alla quantità di grasso nel fegato dei pazienti MASH. Questo suggerisce che la Citometria RM stia davvero misurando qualcosa di diverso dal semplice accumulo di grasso, e potrebbe essere legata proprio all’infiammazione.
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