Un medico o infermiere indonesiano esamina con cura un giovane paziente papuaso in un contesto clinico pulito ma semplice in un 'puskesmas' di Tanah Papua, Indonesia. Sullo sfondo, elementi che richiamano la cultura locale. Fotografia di ritratto, obiettivo 35mm, luce naturale filtrata da una finestra, profondità di campo media, toni realistici.

Circoncisione in Papua: Un Taglio Netto all’HIV o un Salto nel Vuoto Culturale?

Ciao a tutti! Oggi vi porto in un posto affascinante e complesso: Tanah Papua, in Indonesia. Un luogo che rappresenta solo l’1,5% della popolazione indonesiana ma, tenetevi forte, contribuisce per oltre il 15% ai nuovi casi di HIV del paese. Un dato che fa riflettere, vero? E la cosa ancora più particolare è che, mentre nel resto dell’Indonesia l’HIV si diffonde principalmente in altri modi, qui a Papua la trasmissione è quasi esclusivamente eterosessuale.

Ora, pensate all’Indonesia: un paese a maggioranza musulmana dove la circoncisione maschile è la norma, quasi universale. Ma a Papua? Tutt’altra storia. Qui la circoncisione è poco praticata, se non da migranti o in piccole comunità etniche isolate, e spesso neanche in modo completo. Questa combinazione – alta prevalenza di HIV trasmesso per via eterosessuale e bassa diffusione della circoncisione – ha fatto drizzare le antenne.

La Scintilla: La Circoncisione Medica Volontaria (VMMC)

Nel 2007, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l’UNAIDS hanno lanciato una raccomandazione: offrire la circoncisione medica maschile volontaria (VMMC) come parte di un pacchetto completo di servizi per la prevenzione dell’HIV. Perché? Perché studi solidi (tre trial randomizzati controllati in Africa sub-sahariana, mica poco!) hanno dimostrato che la VMMC riduce il rischio di acquisire l’HIV per via eterosessuale di circa il 60%. Un intervento una tantum con un impatto potenzialmente enorme!

Così, il governo indonesiano ha iniziato a considerare seriamente questa opzione per Tanah Papua. Il problema? Mancava ricerca specifica per guidare l’intervento in questo contesto unico. E c’è un altro scoglio, forse il più grande: i papuasi tendono a essere diffidenti verso programmi governativi calati dall’alto, senza un reale coinvolgimento locale o rispetto per le loro tradizioni culturali, credenze religiose e le sfide ambientali uniche di questa terra. Fino a poco tempo fa, non esistevano programmi VMMC pensati *per* i papuasi *con* i papuasi.

Rimboccarsi le Maniche: Nasce il Modello Indigeno Papuano (PIM)

Ed è qui che entriamo in gioco noi. Consapevoli di queste sfide, abbiamo deciso di adottare un approccio completamente diverso: quello partecipativo comunitario. L’obiettivo? Sviluppare e testare un modello di VMMC, che abbiamo chiamato Papua Indigenous Model (PIM), che fosse accettabile, fattibile e sicuro per la popolazione locale, come parte di una strategia più ampia di prevenzione dell’HIV.

Abbiamo iniziato nell’agosto 2022. Il primo passo è stato parlare, parlare tanto. Abbiamo incontrato funzionari governativi a livello nazionale e provinciale (Ministero della Salute, Ministero dell’Istruzione a Jayapura e Nabire), leader locali, operatori sanitari, insegnanti, studenti, genitori, capi comunità. Volevamo capire, ascoltare, raccogliere suggerimenti.

Abbiamo organizzato 15 focus group (88 adulti, 31 adolescenti) e 17 interviste approfondite per identificare cosa potesse facilitare o ostacolare l’introduzione della VMMC nel contesto papuano. Con tutte queste informazioni preziose, abbiamo poi tenuto ben 32 incontri comunitari (in scuole, chiese, sale comunitarie), coinvolgendo circa 1050 persone! Da questo enorme lavoro di ascolto e confronto è nato il PIM e il piano per introdurlo nei centri sanitari comunitari (i famosi puskesmas) nel distretto di Nabire.

Fotografia di ritratto, un operatore sanitario indonesiano in uniforme chiara discute rispettosamente con un gruppo di anziani indigeni papuasi seduti all'ombra di un albero in un villaggio di Tanah Papua. Luce naturale morbida, obiettivo prime 35mm, profondità di campo per sfocare leggermente lo sfondo del villaggio. Colori naturali caldi.

Perché Nabire? Perché ha un’alta percentuale di popolazione indigena papuana e tassi di HIV tra i più alti di tutta Tanah Papua. Abbiamo selezionato tre puskesmas e li abbiamo messi a nuovo, fornendo attrezzature (autoclavi, lampade chirurgiche, condizionatori) e materiali per garantire standard di sicurezza internazionali, secondo le linee guida OMS.

Formazione e Avvio del Pilot

Poi è venuto il momento della formazione. Otto operatori sanitari (3 medici, 5 infermieri) sono stati formati sulla procedura VMMC sicura (usando il metodo del taglio dorsale), sul counseling, sul test HIV, sullo screening dei pazienti, sulla cura post-operatoria e sul counseling comportamentale. Tutto adattato dal manuale OMS/JHIPIEGO. Anche il personale di supporto è stato formato sulla sterilizzazione e sulla gestione dei dati.

Il 20 ottobre 2022, un incontro finale con 25 stakeholder chiave (capi dei centri sanitari, dell’ospedale distrettuale, delle scuole) ha dato il via libera definitivo. Il reclutamento attivo si è concentrato sui ragazzi tra i 15 e i 19 anni nelle scuole primarie e secondarie, anche se chiunque avesse 15 anni o più poteva partecipare. Assistenti di ricerca “pari” hanno tenuto incontri informativi, spiegando rischi e benefici, distribuendo volantini.

I criteri di idoneità erano chiari: non essere circoncisi, avere almeno 15 anni, non avere segni di infezioni sessualmente trasmissibili (IST) o anomalie che controindicassero l’intervento, e non avere disturbi della coagulazione. Per i minori di 18 anni serviva l’assenso informato del ragazzo e il consenso informato di un genitore/tutore.

Chi si presentava volontario veniva prima informato sui rischi e benefici, poi testato per l’HIV (previo consenso). Chi risultava positivo veniva indirizzato ai servizi di supporto e terapia antiretrovirale (nessuno di loro ha poi accettato la circoncisione). Chi risultava negativo passava al team chirurgico per l’anamnesi e l’esame finale di idoneità.

I Risultati: Accettazione Tiepida, Soddisfazione Alta

Le procedure VMMC sono iniziate il 31 marzo 2023 e terminate il 28 agosto 2023. E qui le cose si sono fatte interessanti. Basandoci su esperienze simili e sulle consultazioni, ci aspettavamo di valutare circa 400 potenziali partecipanti. Sapete quanti se ne sono presentati volontariamente? Solo 104.

Di questi 104:

  • 4 non sono stati arruolati (2 minorenni, 1 senza consenso parentale, 1 ha rinunciato).
  • Dei restanti 100, 3 non erano idonei per motivi medici (iniezioni di steroidi per ingrandire pene/prepuzio), 2 sono risultati HIV positivi (hanno rifiutato la VMMC), e 1 idoneo ha comunque rifiutato.

Alla fine, 94 uomini e ragazzi sono stati circoncisi.

L’accettabilità, misurata come numero di volontari rispetto alle aspettative, è stata quindi decisamente più bassa del previsto. Un primo campanello d’allarme.

Ma chi si è sottoposto all’intervento, come si è trovato? Qui i risultati sono stati molto positivi:

  • Il dolore post-operatorio riportato è stato basso (media 3.4 su una scala, 30 minuti dopo).
  • La sicurezza è stata eccellente: nessun evento avverso grave. Solo due eventi avversi moderati (2.1%), come sanguinamento o gonfiore gestiti prontamente, un tasso paragonabile ai grandi studi africani.
  • Al follow-up, il 98% si è dichiarato soddisfatto o molto soddisfatto.
  • Il 98% ha detto che “Se avessi un figlio, lo farei circoncidere”.
  • Quasi tutti (tranne 3) hanno affermato che, potendo tornare indietro, si sottoporrebbero di nuovo alla circoncisione.

Fotografia di still life medico, primo piano su strumenti chirurgici sterilizzati e materiale per la circoncisione medica volontaria disposti ordinatamente su un telo sterile verde in un 'puskesmas' (centro sanitario comunitario) in Papua. Illuminazione controllata e precisa, obiettivo macro 85mm, alta definizione dei dettagli metallici e dei tessuti.

Chi si è Circonciso e Perché?

Nonostante ci fossimo concentrati sulla fascia 15-19 anni, solo il 55% dei partecipanti rientrava in questa categoria; il restante 45% aveva tra i 20 e i 44 anni (età mediana 19 anni). E anche se puntavamo a coinvolgere principalmente papuasi indigeni, solo il 62% si identificava come tale. Il resto erano immigrati da altre isole indonesiane.

E la motivazione principale? Sorprendentemente, non la prevenzione dell’HIV (scelta solo dal 12%), ma l’igiene (citata dal 76%). Questo si collega forse a un altro dato: solo il 60% sapeva che gli uomini circoncisi hanno meno probabilità di contrarre l’HIV (addirittura il 33% pensava il contrario!). Un gap informativo importante, nonostante i nostri sforzi educativi.

La preoccupazione principale prima dell’intervento? Il dolore (63%), seguito dall’infezione (20%). Pochissimi hanno menzionato motivi culturali o religiosi come preoccupazione *personale*.

Il Peso della Cultura e della Religione

Questo apparente disinteresse per le questioni culturali/religiose da parte dei partecipanti contrasta però con quanto emerso chiaramente durante le consultazioni comunitarie. Lì, la gente esprimeva timori: la circoncisione non fa parte della cultura tradizionale papuana; potrebbe essere vista come un tentativo esterno di “indonesianizzare” la loro cultura; potrebbe far percepire le famiglie come convertite all’Islam, con possibile stigma.

Sono preoccupazioni simili a quelle emerse all’inizio dei programmi VMMC in Africa, dove ci sono voluti anni e sforzi concertati per superarle. A Nabire, abbiamo cercato di enfatizzare gli aspetti di igiene e salute per rassicurare la popolazione, ma è probabile che queste preoccupazioni culturali e religiose abbiano comunque frenato l’adesione, anche se non espresse apertamente da chi ha partecipato.

L’Età Giusta e le Sfide Logistiche

Un altro punto interessante: quando abbiamo chiesto ai partecipanti quale fosse l’età migliore per la circoncisione, l’84% ha indicato 15 anni o meno! Questo suggerisce una forte domanda potenziale per fasce d’età più giovani, che però non erano il focus primario del nostro studio pilota per ragioni legate alle linee guida internazionali (che per i più giovani raccomanderebbero metodi come lo Shang Ring, difficili da implementare lì per costi e logistica della catena di approvvigionamento).

Inoltre, raggiungere i genitori dei ragazzi che frequentano scuole spesso lontane dai villaggi d’origine per ottenere il consenso informato si è rivelata una sfida logistica enorme e costosa.

Fotografia di gruppo, adolescenti maschi papuasi (15-19 anni) seduti in un'aula scolastica semplice o in un luogo di ritrovo comunitario a Nabire, Papua, ascoltano attentamente una presentazione fuori campo sulla salute. Espressioni serie e concentrate. Obiettivo zoom 50mm, luce ambientale interna, leggera profondità di campo.

Guardando al Futuro: VMMC in Papua, Sì o No?

Allora, tirando le somme? Abbiamo dimostrato che la VMMC può essere implementata in modo sicuro nei centri sanitari comunitari papuasi, e chi la sceglie è molto soddisfatto. Tuttavia, l’accettazione iniziale è stata bassa, nonostante un approccio partecipativo molto intenso.

Le sfide per un’eventuale diffusione su larga scala (scale-up) sono enormi:

  • La grande diversità culturale e religiosa.
  • Le enormi distanze e le difficoltà di comunicazione tra comunità a bassa densità.
  • I bassi livelli di conoscenza sull’HIV.
  • La mancanza di infrastrutture e risorse rispetto ad altre regioni indonesiane.
  • L’incidenza dell’HIV, seppur alta per l’Indonesia, è moderata rispetto ad alcune regioni africane dove la VMMC ha avuto successo.
  • La diffidenza storica verso interventi esterni.

Tutti questi fattori rendono l’implementazione della VMMC a Papua più complessa che in qualsiasi altra parte del mondo. Diciamocelo, è improbabile che la VMMC possa essere un intervento costo-efficace qui. Il costo per ogni nuova infezione da HIV evitata sarebbe probabilmente molto alto. Forse la profilassi pre-esposizione (PrEP), specialmente nelle nuove formulazioni a lunga durata d’azione, potrebbe essere un’opzione più efficiente per uomini e donne a Papua, una volta disponibile.

Ma questo significa abbandonare la VMMC? No. Essendo una strategia di prevenzione comprovata, dovrebbe comunque essere resa disponibile per chi la desidera. C’è stato un ampio consenso tra leader religiosi, membri della comunità, stakeholder e operatori sanitari sul fatto che un programma VMMC dovrebbe essere sostenuto. L’opzione di una VMMC sicura e accessibile dovrebbe esistere, almeno in strutture sanitarie selezionate.

Questo richiederà un investimento maggiore di risorse da parte di attori locali, nazionali e internazionali, e dovrà includere informazioni chiare sui benefici (compresa la riduzione del rischio HIV) e sui rischi, integrate nei programmi sanitari e scolastici esistenti. Insomma, la strada è in salita, ma offrire un’opzione in più nella lotta all’HIV a Papua è un obiettivo che vale la pena perseguire, con realismo e tanta collaborazione.

Fonte: Springer

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