Un'immagine concettuale che rappresenta la trasformazione digitale nel cinema emiratino: una pellicola cinematografica tradizionale che si dissolve in pixel digitali, con sullo sfondo lo skyline moderno di Dubai o Abu Dhabi al tramonto. Wide-angle, 15mm, long exposure, smooth clouds, sharp focus.

Cinema Emiratino al Bivio: L’Impatto Rivoluzionario dello Streaming e le Sfide per i Nostri Registi

Ehilà, appassionati di cinema e curiosi delle nuove frontiere digitali! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante, quello nel cuore pulsante del cinema emiratino e di come l’avvento di colossi dello streaming come Netflix e Shahid stia riscrivendo le regole del gioco. Preparate i popcorn, perché la storia è di quelle che tengono incollati allo schermo!

Un Boom Digitale Senza Precedenti

Partiamo da un dato che fa girare la testa: negli Emirati Arabi Uniti, a gennaio 2024, la penetrazione di Internet ha toccato il 99%! E non è tutto: ci sono 10,73 milioni di utenti social, che superano addirittura il 112% della popolazione totale. Capite bene che, con una connessione così diffusa, l’accesso a film e serie TV su piattaforme digitali è diventato pane quotidiano. Pensate a Netflix, con le sue produzioni originali che fanno il giro del mondo come Al Rawabi School for Girls, o a Shahid, il pioniere arabo dello streaming on-demand, che ci offre un catalogo vastissimo di contenuti in lingua araba, pensati apposta per i nostri gusti.

Queste piattaforme non hanno solo trasformato il settore televisivo, ma stanno presentando un mix intrigante di sfide e opportunità per il nostro cinema, un’industria ancora giovane e in piena fase di sviluppo. E qui, ammettiamolo, c’è ancora tanto da scoprire e da studiare sull’impatto specifico di questi servizi sul cinema degli EAU.

Il Cinema Emiratino: Una Storia Giovane ma Vivace

Rispetto ad altre regioni, la storia del cinema nel Golfo (Arabia Saudita, EAU, Qatar, Bahrain, Oman, Kuwait) è relativamente breve. I primi cinema sono spuntati tra gli anni ’60 e ’70, proiettando principalmente film egiziani e indiani. Il primo lungometraggio emiratino, pensate un po’, è del 1988! È solo dagli anni 2000 che il governo degli EAU ha iniziato a puntare seriamente sullo sviluppo del settore cinematografico, come parte di una strategia di diversificazione economica. Un passo fondamentale è stato il lancio del Dubai International Film Festival (DIFF) nel 2004, che ha acceso i riflettori internazionali sul nostro cinema e ha attratto turisti e celebrità. Purtroppo, il festival è stato sospeso nel 2018 per questioni di finanziamento e da allora non si è più tenuto, lasciando un vuoto non da poco.

Nonostante ciò, sono nate iniziative importanti come Image Nation ad Abu Dhabi e FUNN a Sharjah. Fino al 2020, sono stati prodotti oltre 60 lungometraggi negli EAU, un traguardo raggiunto in gran parte grazie al supporto dei festival. Certo, non possiamo ignorare la questione della censura e dell’autocensura, anche se recentemente lo Stato ha annunciato che i nuovi film stranieri usciranno nelle sale senza censura statale. È un equilibrio delicato tra la promozione di media liberali e la necessità di garantire stabilità politica e culturale.

Gli EAU si sono costruiti una reputazione come hub per le produzioni internazionali – vi dicono niente Mission Impossible, Star Wars: Il Risveglio della Forza o Fast and Furious 7 girati qui? Ma la domanda che ci poniamo tutti è: cosa ne sarà del cinema locale? Continueremo a dipendere da sussidi statali e festival, o lo streaming potrà davvero cambiare le carte in tavola?

Un set cinematografico intimo negli Emirati Arabi Uniti, con una piccola troupe che lavora attorno a una telecamera professionale. Si intravedono elementi architettonici moderni e lussuosi sullo sfondo, ma l'attenzione è sulla dedizione dei filmmaker. Prime lens, 35mm, depth of field, duotone seppia e blu scuro.

Qui entra in gioco una visione interessante: quella che rifiuta di vedere la tecnologia solo come un paradiso utopico o un inferno distopico. La tecnologia è uno dei tanti fattori che influenzano le industrie dei media, insieme alle condizioni economiche e normative. E quello che succede in un’industria mediatica può influenzare le altre. Pensate a come Netflix e Shahid hanno influenzato la produzione cinematografica emiratina: questo impatto si riflette sul prodotto finale e su come noi spettatori lo accogliamo.

Streaming: Amico o Nemico? Le Voci dei Registi

Per capirci qualcosa di più, ho “virtualmente” chiacchierato con dieci professionisti del settore emiratino. E le loro parole dipingono un quadro complesso e sfaccettato.

Un tema ricorrente è l’importanza che i festival cinematografici, come il DIFF, hanno avuto tra il 2004 e il 2017. Un regista con decenni di esperienza, che chiameremo P7 per anonimato, ricorda con nostalgia la vivacità di quella scena: i festival non erano solo vetrine, ma incubatori di talento, luoghi di scambio. La loro scomparsa, lamenta, ha lasciato un vuoto, erodendo l’infrastruttura che sosteneva il cinema d’autore. “Questi festival aiutavano ad aggiungere una certa qualità [ai film prodotti]… il pubblico guardava i film, critici e giornalisti partecipavano”, mi ha confidato. Se la situazione non cambia, P7 prevede un forte rallentamento. Con finanziamenti, supporto e una piattaforma, la storia sarebbe diversa.

Un altro regista, P2, rincara la dose: “l’assenza di festival ha significato l’assenza di piattaforme cinematografiche e di opportunità per giovani registi e sceneggiatori”. E P7 spera in un rinnovato sostegno dalle istituzioni culturali per far crescere l’industria e coltivare i talenti.

Le Sfide sul Piatto: Costi, Mercato e Identità

Una delle spine nel fianco, come sottolineato da P1, è che “gli EAU non sono il mercato più grande, anzi sono uno dei mercati più piccoli”. Nonostante P1 sia riuscito a produrre quasi otto film e tre serie, evidenzia le barriere significative: alti costi di produzione, risorse e infrastrutture limitate. Questo fa sì che il cinema dipenda ancora molto da iniziative individuali. “Non abbiamo un’industria; abbiamo film [prodotti individualmente]”, afferma. Un’eco arriva da P10, che lamenta la quasi totale assenza di investitori emiratini e la mancanza di uno sforzo nazionale coordinato per sviluppare il settore a tutti i livelli: dalla formazione (“Dove possiamo studiare arti performative? Dove si studia regia negli EAU?”) al finanziamento, ai festival, alla distribuzione.

P9 è ancora più diretto: “Un festival cinematografico non ha nulla a che fare con l’industria cinematografica; è solo una promozione della città”. E P4 distingue tra film commerciali fatti per “fare soldi facili” e progetti di valore artistico e culturale.

Insomma, emerge chiaramente la difficoltà di mantenere alti valori di produzione e autenticità culturale di fronte alle pressioni commerciali dei film globali. I costi di produzione qui sono significativamente più alti che altrove, costringendo spesso i registi a girare all’estero. E il mercato limitato restringe il potenziale di guadagno. C’è un forte bisogno di film che riflettano la cultura e le storie emiratine, perché il cinema è espressione culturale e identità nazionale. Pensate alla Corea del Sud, che ha investito strategicamente per proteggere e promuovere il proprio cinema!

Primo piano di una cinepresa digitale moderna su un treppiede, con lenti intercambiabili visibili. Sullo sfondo, uno schermo di computer mostra un software di editing video con una timeline complessa. Macro lens, 100mm, high detail, precise focusing, controlled lighting.

Noi, negli EAU, siamo entrati nell’industria cinematografica nell’era del “post-cinema”, quella del digitale, che è meno dipendente dai massicci finanziamenti governativi tradizionali. Ma di fronte a un supporto statale insufficiente o in calo, cosa possono fare piattaforme come Netflix e Shahid?

Non Solo Ombre: Le Opportunità dello Streaming

I registi locali temono che la spinta verso un appeal più ampio possa diluire la specificità culturale del cinema emiratino. D’altra parte, lo streaming ha democratizzato l’accesso ai nostri film, offrendo canali di distribuzione senza precedenti. P7 riconosce che la distribuzione ha avuto un impatto, ma non enorme quanto quello dei festival sulla qualità e quantità dei film. Però, ammette, “l’emergere di nuove piattaforme digitali ha reso più facile per tutti creare e distribuire film commercialmente”.

P8 vede i servizi di streaming come creatori di un mercato parallelo, una nuova fonte di entrate che potrebbe compensare le perdite dovute alla mancanza di incassi cinematografici. Il problema? L’interesse calante per i film emiratini e l’attuale focus sul mercato saudita, il più grande della regione. “Netflix ha meno interesse per i film emiratini, ed è sempre più orientato ai film sauditi”, mi spiega. La sfida più grande, per P8, è la debolezza del mercato: per fare un film che attiri il pubblico, devi spendere, ma il rischio è alto perché il mercato è limitato.

P5 osserva come lo streaming abbia ridotto le visite al cinema: “Oggi, con le piattaforme, la prima cosa che ha contribuito alla diffusione dei film in generale… Possiamo ridurre un po’ la domanda per i cinema”. E poi c’è la convenienza: un abbonamento per tutta la famiglia contro il costo di un singolo biglietto.

P3, pur riconoscendo che le piattaforme hanno aiutato i suoi film a raggiungere un pubblico globale, sottolinea un aspetto negativo: “Le piattaforme considerano sempre i film emiratini di valore inferiore in termini di prezzo” rispetto a quelli di altri paesi del Golfo. Questo influisce sui prezzi di vendita e sulla percezione del nostro cinema.

P6, invece, vede come lo streaming abbia favorito una produzione più diversificata e creativa, dando agli spettatori il potere di scegliere cosa, quando e come guardare. “La diversità è richiesta da queste piattaforme, c’è competizione, se non trovo qualcosa sulla piattaforma, cancellerò il mio abbonamento”. Questo spinge i creatori a esplorare narrazioni più variegate. E i formati cambiano: “La gente vuole un prodotto veloce, guardarlo rapidamente e senza pubblicità… Oggi le piattaforme mostrano serie di sette, dieci episodi”.

P4 condivide la sua esperienza con Netflix: benefica per l’esposizione del film, ma ora gli standard sono cambiati. “Ora gli standard sono cambiati, ovviamente, e sono diventati più difficili a causa della cattiva qualità dei film locali. Ora [i servizi di streaming] non accettano nessun film finché non viene mostrato al cinema, e queste sono condizioni impossibili… perché, ad esempio, Netflix oggi ti dice che prende il tuo film a condizione che abbia venduto [al botteghino] e che tu abbia venduto 100.000 biglietti o generato 100.000 dirham di entrate… non possiamo ottenerlo perché i nostri film non vengono visti.”

Il Grido d’Allarme: Serve Più Sostegno!

Quindi, da un lato lo streaming offre nuove vie di distribuzione globale, dall’altro crea sfide per la fidelizzazione del pubblico e la sostenibilità economica. Netflix e Shahid potrebbero essere una nuova linfa, ma il loro focus attuale sul mercato saudita ne sottolinea la natura orientata al profitto. La politica neoliberale degli EAU per il cinema, legata alla prosperità economica, rischia di mettere in ombra il valore culturale intrinseco dei film locali. C’è un appello generale per un maggiore sostegno statale e riforme politiche: incentivi finanziari, istituzioni governative dedicate (come nella vicina Arabia Saudita che sta investendo massicciamente nel suo settore dell’intrattenimento) e fondi cinematografici specializzati.

Una sala cinematografica vuota ma elegante, con poltrone rosse e uno schermo spento. L'immagine evoca la nostalgia per l'esperienza cinematografica tradizionale e la sfida posta dalle nuove modalità di fruizione. Wide-angle, 10mm, long exposure times, sharp focus.

Fin dall’inizio, il cinema emiratino ha cercato di sfidare stereotipi e false rappresentazioni. Ma le piattaforme di streaming, pur democratizzando l’accesso, potrebbero incentivare i registi a privilegiare l’appeal di massa rispetto all’integrità artistica, diluendo la qualità e la profondità del nostro cinema.

Cosa Ci Riserva il Futuro?

Le interviste con i registi emiratini dipingono un settore a un bivio critico. Lo streaming offre opportunità di esposizione senza precedenti, ma pone sfide significative. Bisogna adattarsi ai cambiamenti nel comportamento dei consumatori, superare le sfide tecniche e creative per produrre contenuti di alta qualità fedeli alle narrazioni culturali emiratine, e tutto questo necessita di un sostegno istituzionale costante.

Il futuro dei film emiratini sulle piattaforme di streaming dipenderà dalla capacità dell’industria di navigare queste sfide, sviluppando talenti e infrastrutture locali. Come hanno sottolineato diversi intervistati, gli EAU hanno bisogno di un’organizzazione che aiuti a gestire la produzione cinematografica secondo standard internazionali e a negoziare prezzi equi per i film emiratini sulle piattaforme globali. Solo così potremo sperare non solo di sopravvivere, ma di prosperare nell’era digitale, arricchendo il panorama cinematografico globale con le nostre storie uniche.

E voi, cosa ne pensate? Lo streaming è una minaccia o un’opportunità per il nostro cinema? Fatemelo sapere nei commenti!

Fonte: Springer

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