Cina a Secco? La Mia Indagine Rivela Come Salvare un Oceano d’Acqua (Senza Svuotare le Fabbriche)!
Amici, parliamoci chiaro: l’acqua sta diventando un lusso, un po’ come trovare parcheggio in centro il sabato pomeriggio. E se pensate che sia un problema solo nostro, vi sbagliate di grosso. Prendiamo la Cina, un gigante che ha una sete da record mondiale. Immaginatevi che il paese è composto da 343 prefetture, che sono un po’ come le nostre province, e ognuna ha le sue gatte da pelare quando si parla di gestione idrica. Recentemente mi sono imbattuto in uno studio che mi ha letteralmente aperto gli occhi, e oggi voglio raccontarvelo a modo mio, perché la questione è seria, ma non per questo dobbiamo annoiarci!
Un Gigante con la Gola Secca: La Situazione Idrica Cinese
La Cina, come dicevo, è il più grande consumatore di acqua al mondo. Pensate che solo per l’industria e l’agricoltura, i prelievi idrici sono a livelli stratosferici da oltre due decenni: parliamo di oltre 103 km³ all’anno per l’industria e ben 343 km³ per l’agricoltura nel 2021! L’irrigazione agricola, da sola, si pappa circa il 60% del totale. E non è finita qui: in quasi tutte le prefetture, l’industria è o il primo o il secondo maggior consumatore d’acqua produttiva. Un quadro che fa riflettere, no?
Il governo cinese non è rimasto a guardare, eh. Ha fissato obiettivi ambiziosi per il risparmio idrico entro il 2030 e punta addirittura alla neutralità carbonica entro il 2060. Belle parole, ma la strada è in salita. Perché? Beh, per prima cosa, la ricerca si è spesso concentrata sui settori energetici, tralasciandone molti altri altrettanto assetati. E poi, diciamocelo, i dati dettagliati a livello di sotto-settore e prefettura sono stati per anni un miraggio, un po’ come l’oasi per il viaggiatore nel deserto.
Il Diavolo sta nei Dettagli: L’Importanza dei Dati a Livello di Prefettura
Qui entra in gioco lo studio che mi ha colpito. I ricercatori hanno fatto un lavoro certosino, analizzando i dati di prelievo idrico per ben 10.608 sotto-settori industriali e 1715 sotto-settori agricoli in tutte le 343 prefetture. Un lavoraccio, ve lo assicuro! E perché è così importante scendere a questo livello di dettaglio? Semplice:
- Le prefetture sono le unità decisionali chiave per le politiche idriche.
- I governi locali gestiscono i fondi per l’efficienza idrica.
- La scala conta! Quello che funziona in una zona potrebbe non funzionare in un’altra.
In pratica, senza dati precisi, è come cercare di colpire un bersaglio bendati. Questo studio, invece, ha creato un vero e proprio “Dataset sull’Uso dell’Acqua della Cina a Livello di Sotto-settore” (DWUCs), una manna dal cielo per capire dove e come intervenire.
E i risultati? Preparatevi, perché sono sbalorditivi. È emerso che solo il 10% dei sotto-settori industriali meno efficienti è responsabile, udite udite, del 46% del consumo idrico totale del settore! Avete capito bene? Una piccola minoranza sprecona che fa danni enormi. Questi “super-consumatori” si trovano spesso in prefetture più piccole e in via di sviluppo, in settori come la produzione di carta, liquori e bevande, o la fornitura di elettricità e acqua calda.
Ma la cosa che mi ha lasciato di stucco è il potenziale di risparmio. Se questi settori meno performanti si allineassero alla media nazionale della loro categoria, si potrebbero risparmiare circa 18,9 km³ di acqua nell’industria e ben 50,3 km³ nell’agricoltura. In totale, parliamo di 69,2 km³! Per darvi un’idea, è una quantità d’acqua superiore alla portata media annua del Fiume Giallo, o equivalente al fabbisogno annuale di un paese come la Russia! Stiamo parlando di quasi 7 miliardi di piscine olimpioniche. Praticamente una per ogni abitante del pianeta. Incredibile, vero?
Chi Deve Stringere la Cinghia? I Settori Sotto la Lente
Lo studio non si è limitato a dire “risparmiate!”, ma ha individuato con precisione chirurgica i settori dove si annidano le maggiori opportunità. E qui viene il bello: non si tratta di mettere a dieta tutti indiscriminatamente.
Nell’agricoltura, una piccola frazione di combinazioni settore-prefettura (circa il 10%) potrebbe contribuire al 70% del risparmio totale. I “campioni” del risparmio potenziale sono:
- Coltivazione del riso (circa il 25% del risparmio agricolo)
- Coltivazione di ortaggi e frutta (altro 25%)
- Coltivazione di fibre e legumi (circa il 20%)
Pensateci: intervenire in modo mirato su queste coltivazioni in specifiche prefetture potrebbe portare a risultati enormi con un impatto economico e produttivo relativamente contenuto. È la classica situazione “win-win”!
Passiamo all’industria. Anche qui, la musica non cambia. Riducendo le inefficienze in circa il 25,7% delle combinazioni settore-prefettura si otterrebbe il 63% del risparmio industriale totale. I settori “incriminati” che potrebbero dare il contributo maggiore (quasi la metà del risparmio industriale) sono:
- Produzione di tessuti (dalle fibre ai materiali intermedi)
- Produzione di materiali e prodotti chimici
- Produzione di abbigliamento (prodotti finiti)
- Produzione e fornitura di elettricità e acqua calda
Ad esempio, nel settore tessile, l’adozione di tecnologie di ricircolo dell’acqua o di raffreddamento ad aria/acqua di mare potrebbe fare miracoli. Nella produzione di energia, passare da sistemi di raffreddamento a ciclo aperto a quelli a ricircolo può ridurre il prelievo d’acqua per kWh da 168 litri a soli 5 litri! C’è un margine di miglioramento pazzesco.
Prefetture Sotto Stress: Non Siamo Tutti Uguali
Lo studio ha anche classificato le prefetture in sei gruppi principali: agricole, a produzione energetica, a manifattura pesante, a manifattura leggera, high-tech e basate sui servizi. Questa classificazione aiuta a capire meglio le dinamiche, perché, come potete immaginare, una prefettura specializzata in agricoltura avrà problemi e potenzialità diverse da una focalizzata sull’high-tech.
È interessante notare che le prefetture high-tech sono quelle che soffrono di più la scarsità d’acqua. Ben 38 su 97 (se non erro nel conteggio delle prefetture totali per questo gruppo specifico dallo studio) sono in condizioni di stress idrico, e 20 addirittura in stress estremo. Queste aree, che rappresentano il 33% della popolazione totale, ospitano circa 200 milioni di persone colpite da grave scarsità d’acqua. Anche le prefetture con manifattura pesante e leggera non se la passano benissimo.
Un dato curioso: ci si aspetterebbe che le prefetture con scarsità d’acqua siano più virtuose. E invece no! Molte di esse, come Qiqihar o Wuhai, mostrano intensità di prelievo idrico (cioè acqua usata per unità di prodotto economico) ben superiori a quelle di prefetture ricche d’acqua. Questo ci dice che le politiche di risparmio devono essere mirate e specifiche, non un “taglia unica” per tutti.
Se le strategie di efficientamento venissero implementate, ben 18 prefetture cinesi potrebbero uscire dalla condizione di scarsità idrica. Parliamo di circa 40 milioni di persone, l’equivalente della popolazione del Sudafrica! E a livello nazionale, il livello medio di scarsità per le prefetture “assetate” scenderebbe dal 96% (stress estremo) al 76% (stress elevato ma non più estremo). Un bel passo avanti!
Tecnologie e Politiche: Le Armi per Vincere la Battaglia
Ok, abbiamo capito dove si annida il problema e dove si può intervenire. Ma come? Lo studio suggerisce un mix di tecnologia e interventi istituzionali. Molte tecnologie per il risparmio idrico esistono già e sono pronte all’uso:
- Nell’industria: ricircolo dell’acqua, raffreddamento ad aria/acqua di mare (come già menzionato).
- In agricoltura: tecniche di irrigazione efficiente (come l’irrigazione a goccia), pacciamatura, integrazione acqua-fertilizzante. Addirittura si parla di “vertical farming”, l’agricoltura verticale!
Certo, alcune di queste tecnologie, come l’irrigazione a goccia, hanno costi iniziali non indifferenti (circa 2200 dollari per ettaro, più la manutenzione). Qui entrano in gioco gli incentivi governativi, perché spesso gli agricoltori da soli non sono disposti ad affrontare queste spese.
Ma la tecnologia da sola non basta. Servono anche politiche intelligenti:
- Legislazione specifica sui diritti d’uso dell’acqua per industria e agricoltura.
- Tasse sull’acqua trasparenti.
- Incentivi commerciali per i settori e le prefetture virtuose.
- Investimenti in infrastrutture e aggiornamento costante degli standard per le aziende leader.
- Monitoraggio online e in tempo reale dei prelievi idrici nei settori chiave, magari con contatori intelligenti.
Insomma, non si tratta di inventare la ruota, ma di applicare con intelligenza e determinazione ciò che già sappiamo e ciò che già esiste.
Uno Sguardo Oltre la Muraglia (e Qualche Limite)
Lo studio fa anche un confronto interessante tra otto megalopoli cinesi e paesi con efficienza idrica di prim’ordine. Città come Pechino e Tianjin sono già abbastanza efficienti, ma altre come Nanchino e Guangzhou, con i miglioramenti proposti, potrebbero superare i livelli di efficienza agricola previsti a livello globale per il 2050! Questo ci fa capire che il margine di miglioramento è reale e tangibile.
Certo, come ogni studio, anche questo ha i suoi limiti. Ad esempio, non considera la scarsità indotta dalla qualità dell’acqua (inquinamento) o i costi e le disruption economiche precise del risparmio idrico. E non ha ancora integrato il potenziale di riutilizzo delle acque reflue industriali in agricoltura, una pratica già diffusa in paesi come Israele. Ma, hey, la ricerca è un percorso, e questo studio ha gettato basi solidissime.
Quello che mi porto a casa da questa lettura è un messaggio di speranza e pragmatismo. La sfida della scarsità idrica in Cina è enorme, ma non insormontabile. Invece di un approccio “taglia unica”, che spesso si rivela costoso e poco efficace, è fondamentale puntare sui “colpevoli” giusti: quei pochi settori e quelle specifiche prefetture dove si concentra la maggior parte dello spreco. È come fare una dieta mirata invece di affamarsi inutilmente!
Questo studio ci insegna che combinare “obiettivi generali di utilizzo dell’acqua” con un “bersagliamento specifico degli utenti idrici” è la chiave. E chissà, magari le lezioni apprese in Cina potrebbero tornare utili anche da altre parti del mondo, Italia inclusa. Perché quando si parla di acqua, siamo tutti sulla stessa barca… e speriamo non faccia acqua da tutte le parti!
Fonte: Springer