Ciclo Mestruale e Sfide in Alta Quota: Le Atlete Possono Stare Tranquille?
Ciao a tutti gli appassionati di sport e scienza! Oggi voglio parlarvi di un argomento che sta finalmente ricevendo l’attenzione che merita: come il corpo femminile, e in particolare il ciclo mestruale, reagisce alle sfide sportive, specialmente in condizioni un po’ estreme come l’alta quota. Negli ultimi anni, per fortuna, vediamo sempre più donne eccellere in ogni disciplina sportiva, conquistando vette non solo metaforiche ma anche reali, in montagna. Ma la ricerca scientifica, diciamocelo, è rimasta un po’ indietro, concentrandosi spesso più sugli uomini. È ora di cambiare marcia!
Il Mistero del Ciclo Mestruale e la Performance
Il ciclo mestruale, con le sue fluttuazioni ormonali, è una parte fondamentale della fisiologia femminile durante gli anni fertili. Abbiamo la fase follicolare (dall’inizio delle mestruazioni fino all’ovulazione, con ormoni bassi all’inizio e poi un picco di estrogeni) e la fase luteale (dopo l’ovulazione, con estrogeni e progesterone che salgono fino a un picco per poi scendere prima del ciclo successivo). La domanda che molti si pongono è: questi cambiamenti ormonali influenzano la performance sportiva, il metabolismo, la termoregolazione o persino il rischio di infortuni? E cosa succede se aggiungiamo lo stress dell’altitudine, dove l’aria è più rarefatta (ipossia ipobarica)?
L’ipossia è già di per sé una bella sfida per il corpo. L’ossigeno scarseggia, il che limita la nostra capacità aerobica – quella che ci serve per resistere a lungo. Cuore e polmoni devono lavorare di più. Si pensava che forse gli ormoni femminili potessero giocare un ruolo: gli estrogeni, magari, migliorando il flusso sanguigno grazie a un effetto vasodilatatore? E il progesterone, noto per stimolare la respirazione, potrebbe dare una mano in quota? Le ipotesi c’erano, ma le risposte concrete scarseggiavano, soprattutto per l’ipossia *ipobarica* (quella vera dell’altitudine, diversa da quella simulata a livello del mare cambiando la miscela d’aria).
La Nostra Indagine: Atlete Sotto Osservazione a 4000 Metri
Ecco che entriamo in gioco noi. Abbiamo voluto vederci chiaro e abbiamo coinvolto 20 atlete allenate (cicliste e runner, tra i 18 e i 49 anni, tutte con un ciclo regolare e senza contraccettivi ormonali). L’obiettivo? Capire se e come il ciclo mestruale influenzi le risposte cardiorespiratorie (cuore e polmoni) e il controllo dell’equilibrio durante un’esposizione acuta (cioè breve, non acclimatata) a una quota simulata di 4000 metri.
Come abbiamo fatto? Abbiamo portato le nostre atlete nel Servizio di Ipobaria e Fisiologia Biomedica dell’Università di Barcellona e le abbiamo testate due volte, una durante la fase follicolare iniziale (F, primi 5 giorni del ciclo) e una durante la fase medio-luteale (L, 7-9 giorni dopo l’ovulazione, quando progesterone ed estrogeni sono alti). Abbiamo usato una camera ipobarica, che abbassa la pressione simulando l’altitudine.
All’interno della camera (e anche a livello del mare come confronto), abbiamo misurato:
- La funzione polmonare a riposo (spirometria).
- Il controllo dell’equilibrio su una pedana speciale, sia a occhi aperti che chiusi.
- Le risposte durante un esercizio submassimale su cyclette a due diverse intensità (40% e 70% del loro consumo massimo di ossigeno teorico), misurando frequenza cardiaca, saturazione di ossigeno, volume respiratorio, frequenza respiratoria, ventilazione e percezione dello sforzo (scala di Borg).
- Pressione sanguigna e recupero della frequenza cardiaca dopo lo sforzo.
Abbiamo anche chiesto alle partecipanti di compilare questionari sulla qualità della vita legata al ciclo e sull’impatto dei sintomi su allenamento e gare.
I Risultati: Sorprese (Forse) e Conferme
Ebbene, cosa abbiamo scoperto? La notizia principale è che, nel complesso, il ciclo mestruale sembra avere un impatto minimo sulle prestazioni cardiorespiratorie e sul controllo dell’equilibrio in queste condizioni di ipossia acuta a 4000 metri, almeno nelle atlete allenate.
Certo, qualche piccola differenza l’abbiamo notata:
- Il volume d’aria mosso ad ogni respiro (Volume Tidale, VT) durante l’esercizio ad alta intensità era leggermente inferiore nella fase luteale (L) rispetto alla follicolare (F).
- La saturazione di ossigeno nel sangue (SaO2) durante l’esercizio in ipossia era leggermente migliore nella fase luteale (L) rispetto alla follicolare (F), indipendentemente dall’intensità.
- Nel test di equilibrio a occhi aperti, la velocità laterale dello spostamento del centro di pressione era leggermente maggiore nella fase luteale (L), suggerendo una potenziale minima instabilità in più.
Tuttavia, parametri fondamentali come la funzione polmonare a riposo (spirometria, a parte le differenze attese dovute alla minor densità dell’aria in quota), la frequenza cardiaca, la ventilazione polmonare complessiva (({dot{text{V}}text{E}})), la pressione sanguigna e il recupero cardiaco non hanno mostrato differenze significative tra le due fasi del ciclo durante l’esposizione all’ipossia.
Quindi, l’ipotesi che la fase luteale, con i suoi alti livelli ormonali, potesse migliorare significativamente la capacità aerobica in quota non è stata confermata dai nostri dati oggettivi. Le differenze che abbiamo trovato, seppur statisticamente significative in alcuni casi (come SaO2 e VT ad alta intensità), non sembrano essere abbastanza marcate da tradursi in un reale cambiamento della performance globale.
Ma Come si Sentono Davvero le Atlete? Il Lato Soggettivo
Qui la storia cambia un po’. Se i test fisiologici dicono una cosa, la percezione delle atlete ne dice un’altra. Dai questionari è emerso chiaramente che i sintomi legati al ciclo mestruale hanno un impatto negativo sulla percezione della performance e sulle abitudini di allenamento per la stragrande maggioranza delle partecipanti (quasi il 90%!).
Quali fasi danno più “fastidio”?
- La fase mestruale (i giorni del flusso) è risultata quella con l’impatto negativo maggiore sulla performance generale (per l’88% delle intervistate), con sintomi prevalentemente fisici come dolore addominale, diarrea e affaticamento.
- La fase premestruale segue a ruota (impatto negativo per il 35%), caratterizzata più da sintomi come sbalzi d’umore, irritabilità, voglia di cibo specifico (cravings) e acne.
- La fase luteale è stata indicata come problematica solo da una piccola percentuale (circa 12%).
La conseguenza? Ben l’80% delle nostre atlete ha dichiarato di modificare i propri allenamenti (intensità o durata) durante i giorni delle mestruazioni a causa dei sintomi. E il 40% ha addirittura interrotto l’allenamento in questa fase. La qualità fisica percepita come più colpita durante le mestruazioni è stata la resistenza.
Cosa Portiamo a Casa da Questo Studio?
Insomma, cosa ci dice tutto questo? Primo, che nelle atlete allenate esposte per breve tempo a 4000 metri, le fluttuazioni ormonali del ciclo mestruale non sembrano compromettere in modo significativo le funzioni cardiorespiratorie o l’equilibrio misurati oggettivamente. Le piccole differenze osservate (come la SaO2 leggermente migliore o il VT leggermente ridotto in fase luteale) non bastano a stravolgere la performance. Questa è una buona notizia per le atlete che affrontano gare o attività in quota!
Secondo, però, non possiamo ignorare l’impatto soggettivo dei sintomi. Dolori, stanchezza, sbalzi d’umore sono reali e influenzano come le atlete si sentono e come gestiscono i loro allenamenti. Questo sottolinea l’importanza di una comunicazione aperta tra atlete e allenatori e la necessità di personalizzare i carichi di lavoro, tenendo conto non solo dei dati oggettivi ma anche del benessere percepito, specialmente in condizioni stressanti come l’allenamento in ipossia.
Terzo, la nostra ricerca aggiunge un tassello importante alla comprensione della fisiologia femminile nello sport, ma c’è ancora tanta strada da fare. Servono studi più ampi, magari che confrontino donne allenate e sedentarie, e che indaghino gli effetti dell’acclimatamento prolungato all’altitudine.
In conclusione, sembra che il ciclo mestruale, di per sé, non sia un ostacolo insormontabile per le performance in quota acuta. Ma ascoltare il proprio corpo e adattare l’allenamento ai sintomi percepiti rimane fondamentale per ogni atleta. Continuiamo a studiare e a parlare di questi temi, sfatando tabù e supportando al meglio le nostre campionesse!
Fonte: Springer