Modello anatomico dettagliato del piede umano che illustra l'intervento chirurgico combinato per il piede piatto: si vedono i segni dell'artroeresi nel seno del tarso e le viti per l'artrodesi navicolo-cuneiforme che stabilizzano l'arco mediale, macro lens 100mm, high detail, precise focusing, controlled lighting, sfondo neutro.

Piedi Piatti nei Bambini: E se la Soluzione Fosse un Approccio Combinato?

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che tocca molti genitori e bambini: i piedi piatti flessibili. Sapete, quella condizione in cui l’arco plantare sembra quasi scomparire quando il bambino è in piedi? Spesso è una fase normale della crescita, ma a volte, soprattutto con l’arrivo dell’adolescenza, può diventare un problema vero, causando dolore, affaticamento e limitando anche le attività sportive.

Quando il Piede Piatto Diventa un Problema

Il termine tecnico è “sindrome pronatoria” o pes plano valgus. In pratica, il tallone tende a piegarsi verso l’esterno (valgismo) e l’arco plantare collassa sotto il peso. Come dicevo, nella maggior parte dei bambini piccoli è una condizione comune e spesso asintomatica, che tende a risolversi spontaneamente intorno ai 10 anni. Ma cosa succede se questo non avviene?

Ecco, in una piccola percentuale di casi, l’arco non si sviluppa correttamente nemmeno in età adulta. E qui possono iniziare i guai. Il persistere della deformità può portare a:

  • Dolore al piede, specialmente sotto l’arco o nella zona del tendine d’Achille
  • Affaticamento precoce durante la camminata o lo sport
  • Difficoltà funzionali
  • Un impatto negativo sulla qualità della vita e sulle performance sportive

Inoltre, a lungo andare, possono insorgere complicazioni come l’alluce valgo, deformità delle dita, problemi al tendine tibiale posteriore e persino artrosi delle articolazioni del piede. Un fattore che sembra correlato alla persistenza del piede piatto è l’obesità infantile, che aumenta la tendenza al collasso dell’arco.

Le Soluzioni Tradizionali: Funzionano, Ma…

Nella maggior parte dei casi sintomatici, un buon plantare ortopedico può fare miracoli nel ripristinare la funzione e alleviare il dolore. Ma quando questo non basta, o nei casi più severi in adolescenti (generalmente sopra i 12 anni, quando la crescita ossea è più avanzata), si può considerare l’intervento chirurgico.

Le tecniche tradizionali si concentrano principalmente sull’allineamento del retropiede (la parte posteriore del piede, per intenderci). Procedure come l’artroeresi (l’inserimento di una piccola vite o spaziatore nel seno del tarso, una cavità nel piede, spesso chiamata “calcaneo-stop”) o l’osteotomia di medializzazione del calcagno (un taglio e spostamento dell’osso del tallone) sono molto comuni ed efficaci nel correggere il valgismo. A volte si associa anche un allungamento del tendine d’Achille se è retratto.

Queste tecniche funzionano bene, soprattutto nei bambini più piccoli, e spesso portano anche a una normalizzazione dell’arco plantare. Tuttavia, a volte, anche con un retropiede perfettamente allineato, l’arco mediale può continuare a cedere durante le fasi dinamiche della camminata (la fase di appoggio e di spinta). Questo significa una propulsione meno efficace e un rischio maggiore di sviluppare deformità associate nel tempo. È qui che entra in gioco una nuova prospettiva.

Radiografia laterale sotto carico del piede di un bambino con evidente piede piatto flessibile prima dell'intervento, macro lens 85mm, high detail, precise focusing, illuminazione controllata per evidenziare le strutture ossee e il collasso dell'arco.

L’Idea Combinata: Retropiede + Arco Mediale

E se, oltre a correggere l’allineamento del retropiede, intervenissimo direttamente per sostenere l’arco mediale? È l’ipotesi da cui sono partiti alcuni chirurghi ortopedici: combinare le procedure standard con una ricostruzione dell’arco mediale potrebbe dare risultati funzionali migliori, specialmente negli adolescenti più grandi o nei pazienti obesi.

Esistono diverse tecniche per ricostruire l’arco (trasposizioni tendinee, altre osteotomie, artrodesi), ma quella che vi racconto oggi, basata su uno studio italiano condotto presso l’Istituto Clinico Villa Aprica di Como, si concentra sull’artrodesi in situ dell’articolazione navicolo-cuneiforme (NC). Sembra un nome complicato, ma in sostanza si tratta di creare una fusione stabile tra due piccole ossa chiave dell’arco mediale (l’osso navicolare e il primo cuneiforme).

Lo Studio Italiano: Cosa Hanno Fatto?

I ricercatori hanno analizzato retrospettivamente i dati di 94 bambini e adolescenti (età mediana 13 anni) operati per piede piatto flessibile tra il 2014 e il 2018. Tutti i pazienti avevano sintomi (dolore, limitazioni funzionali) e alterazioni radiografiche specifiche (come l’angolo di Kite, l’angolo di Costa-Bertani e l’angolo di Meary fuori norma), con un punteggio AOFAS (una scala di valutazione funzionale del piede e della caviglia) inferiore a 75, considerato il limite per l’indicazione chirurgica.

L’intervento prevedeva:

  1. Una procedura standard per l’allineamento del retropiede (artroeresi del seno del tarso nella maggior parte dei casi, o osteotomia calcaneare nei soggetti vicini alla fine della crescita con deformità severe).
  2. L’artrodesi navicolo-cuneiforme: attraverso una piccola incisione, si rimuoveva la cartilagine articolare tra le due ossa e si stabilizzava la fusione con due viti, sotto controllo radioscopico.
  3. Eventuali procedure aggiuntive se necessarie (allungamento del tendine d’Achille, correzione di altre deformità, ecc.).

Dopo l’intervento, i pazienti portavano uno stivaletto gessato per circa quattro settimane, con carico concesso progressivamente. Le attività sportive senza carico (nuoto, bici) erano permesse subito dopo la rimozione del gesso, mentre quelle con carico (corsa, salti) dopo circa 75 giorni.

I Risultati: Davvero Promettenti!

E ora, la parte più interessante: come sono andati questi ragazzi? I risultati, valutati a un follow-up minimo di 24 mesi (e per molti fino a 48 mesi), sono stati davvero incoraggianti:

  • Esiti Complessivi: Ottimali nell’82% dei casi, buoni nel 15% e adeguati nel 3%. Praticamente, il 97% dei piedi trattati ha avuto un risultato da buono a ottimo!
  • Correzione della Deformità: Completa nell’89% delle procedure, con angoli radiografici rientrati nella norma.
  • Consolidamento dell’Artrodesi: L’osso si è fuso correttamente entro 3 mesi nell’84% dei casi, ed entro 6 mesi in un altro 12%. Solo in pochissimi casi (4%) non si è avuta una fusione completa, e solo 2 hanno richiesto una revisione chirurgica.
  • Funzionalità (Punteggio AOFAS): Il punteggio medio è passato da 70 (pre-operatorio) a 100 (il massimo!) a 24 mesi. Anche nei pazienti obesi, che partivano da punteggi AOFAS significativamente più bassi, si è registrato un netto miglioramento, raggiungendo punteggi simili agli altri al follow-up finale.
  • Dolore Post-operatorio: Assente nell’88% dei casi. La maggior parte dei pazienti ha controllato il dolore iniziale con semplice paracetamolo.
  • Complicazioni: Minime. Ci sono stati rari casi di intolleranza alla vite del calcaneo-stop (richiedendone la rimozione nel 6% dei casi), infezioni superficiali gestite con antibiotici, e un solo caso di rottura traumatica del tendine d’Achille riparato chirurgicamente. Il fallimento dell’artrodesi che ha richiesto revisione è stato solo dell’1%.

Immagine post-operatoria del piede di un adolescente dopo intervento combinato per piede piatto, che mostra un arco plantare ben definito e il piede in posizione corretta, prime lens 50mm, depth of field, luce naturale laterale.

Perché Questa Tecnica Combinata Sembra Funzionare Bene?

Secondo gli autori dello studio (e devo dire che la logica mi convince), questa tecnica combinata offre diversi vantaggi:

  • Migliore Biomeccanica della Camminata: Stabilizzando l’arco mediale, si contrasta il collasso durante la fase di appoggio, permettendo una spinta più efficace e naturale.
  • Minore Rischio di Recidive: Affrontare l’instabilità della colonna mediale del piede potrebbe ridurre il rischio che la deformità si ripresenti nel tempo, un problema a volte riscontrato con le sole tecniche sul retropiede.
  • Tecnica Mini-invasiva e Stabile: L’artrodesi NC viene eseguita con una piccola incisione e l’uso di viti garantisce stabilità, permettendo un carico precoce rispetto ad altre tecniche (come l’osteotomia di Cotton, che usa innesti ossei).
  • Preservazione della Mobilità: A differenza di altre artrodesi (es. talo-navicolare), questa fusione specifica non sembra compromettere significativamente la mobilità globale della caviglia e del piede. Anzi, spesso la deformità stessa limita già la mobilità, che non viene ulteriormente ridotta.
  • Nessuna Necessità di Rimozione dei Mezzi di Sintesi (Viti): Le viti usate per l’artrodesi NC di solito rimangono in sede senza dare problemi.

Qualche Cautela è d’Obbligo

Come per ogni studio, è giusto sottolineare i limiti. Si tratta di un’analisi retrospettiva di un singolo centro, quindi i risultati vanno confermati da studi più ampi e magari prospettici. Inoltre, il follow-up a 24-48 mesi è considerato a breve-medio termine in ortopedia pediatrica; effetti a lungo termine, come un’eventuale artrosi precoce delle articolazioni vicine, non possono essere esclusi e andranno monitorati negli anni.

Tuttavia, i dati presentati su un numero considerevole di interventi (160 piedi) sono solidi e suggeriscono che questa tecnica combinata sia un’opzione valida ed efficace per adolescenti selezionati con piede piatto flessibile sintomatico.

In Conclusione

Cosa mi porto a casa da questa lettura? Che per quei ragazzi e ragazze adolescenti che soffrono a causa dei piedi piatti e per cui i plantari non bastano più, esiste un’opzione chirurgica che va oltre il “semplice” allineamento del tallone. L’idea di combinare la correzione del retropiede con una stabilizzazione diretta dell’arco mediale, come l’artrodesi navicolo-cuneiforme, sembra dare ottimi risultati a breve-medio termine, sia in termini di correzione della deformità che di recupero funzionale e riduzione del dolore, anche nei pazienti più complessi come gli obesi. È una strada promettente che merita sicuramente attenzione e ulteriori approfondimenti!

Adolescente che cammina scalzo sulla sabbia dopo l'intervento per piede piatto, lasciando un'impronta con un arco ben visibile, telephoto zoom 100mm, fast shutter speed, action tracking, luce del tardo pomeriggio.

Fonte: Springer

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