Chirurgia e Famiglia: Mission Impossible per i Giovani Medici?
Avete mai pensato a cosa significhi costruire una carriera incredibilmente impegnativa, come quella del chirurgo, e contemporaneamente sognare una famiglia? Ecco, parliamone un po’. Perché vedete, gli anni della specializzazione in chirurgia, quelli in cui si gettano le basi per il futuro professionale, coincidono spesso, guarda caso, con gli anni biologicamente migliori per mettere su famiglia. E qui iniziano i “ma” e i “però”.
Mi sono imbattuta in uno studio recente, condotto negli Stati Uniti su specializzandi in Chirurgia Generale, che ha messo nero su bianco quello che molti di noi, nel settore, sospettavano o vivevano sulla propria pelle. Lo studio voleva capire proprio questo: quali sono gli ostacoli reali che i giovani chirurghi (uomini e donne) incontrano quando pensano alla pianificazione familiare? I risultati, lasciatemelo dire, fanno riflettere.
Il Tempo, Questo Tiranno (Soprattutto in Corsia)
Il primo grande scoglio? Il tempo. Sembra banale, ma quando le tue settimane lavorative superano regolarmente le 80 ore (sì, avete letto bene, ottanta!), trovare il tempo non solo per avere un figlio, ma anche solo per pensarci seriamente, diventa un’impresa titanica. Lo studio ha confermato che chi lavora più di 80 ore settimanali è significativamente più propenso a rimandare la decisione di avere figli (p=0.007). E onestamente, come dargli torto? Parliamo di turni massacranti, notti in bianco, reperibilità continue. In questo vortice, l’idea di aggiungere la responsabilità di un neonato può sembrare semplicemente insostenibile.
Il 93% dei partecipanti ha indicato proprio il tempo come fattore proibitivo. Novantatré per cento! È una percentuale enorme, che la dice lunga sulla pressione a cui questi giovani medici sono sottoposti.
Carriera, Ambizioni e il “Momento Giusto” che non Arriva Mai
Subito dopo il tempo, un altro macigno: gli obiettivi di carriera e di formazione (63%). La specializzazione è un percorso lungo e competitivo. C’è la necessità di studiare, fare ricerca, dimostrare il proprio valore, magari puntare a una fellowship (un’ulteriore specializzazione). In questo contesto, una gravidanza o l’arrivo di un figlio possono essere percepiti – e a volte, purtroppo, lo sono anche dall’esterno – come un rallentamento, un ostacolo alla progressione.
È interessante notare che, secondo lo studio, non è tanto il desiderio di fare una fellowship in sé a frenare (non c’era associazione statisticamente significativa), quanto piuttosto un insieme più ampio di pressioni legate alla carriera: la produttività nella ricerca, le performance accademiche… tutti fattori che richiedono un investimento enorme di energie, mentali e fisiche.
E poi c’è il fattore costi (60%). Mantenere un figlio ha un costo, si sa. Ma per uno specializzando, il cui stipendio non è certo paragonabile a quello di un chirurgo affermato, anche le spese legate alla gravidanza, al parto e magari alla necessità di ricorrere a tecniche di preservazione della fertilità (come la crioconservazione degli ovociti) possono rappresentare una barriera economica significativa. Pensate che la preservazione della fertilità può costare circa il 15% dello stipendio annuale medio di uno specializzando americano!
Donne Chirurgo: Una Sfida nella Sfida
E qui, devo soffermarmi su un punto cruciale emerso dallo studio: le differenze di genere. Se la strada è in salita per tutti, per le donne chirurgo sembra esserlo ancora di più. I dati parlano chiaro: le donne sono significativamente più propense a rimandare la decisione di avere figli rispetto ai colleghi uomini (54.1% vs 31.4%, p=0.002).
Ma perché? Lo studio suggerisce che i fattori “tempo” e “obiettivi di carriera” pesano in modo sproporzionato sulle donne (p=0.021 e p=0.001 rispettivamente). Anche se le ragioni precise non sono state indagate a fondo, possiamo fare delle ipotesi. Forse le aspettative sociali sul ruolo della donna nella cura dei figli sono ancora molto presenti? Forse i partner delle donne medico hanno meno probabilità di ridurre il proprio impegno lavorativo rispetto ai partner degli uomini medico, come suggerito da altri studi? Questo si tradurrebbe in una “penuria di tempo” ancora più acuta per le colleghe.
Non stupisce, quindi, che le donne chirurgo considerino molto più frequentemente degli uomini la possibilità di ricorrere alla preservazione della fertilità (29.8% vs 6.9%, p<0.001). È come se sentissero più forte la pressione del tempo che passa e la necessità di "mettere in pausa" la propria biologia in attesa di un momento più favorevole, che però rischia di arrivare quando è troppo tardi.
C’è poi un aspetto più sottile, ma non meno importante: la cultura dell’ambiente di lavoro. Altri studi hanno rivelato che una percentuale non trascurabile di Direttori di Programma (le figure apicali nella formazione) percepisce la gravidanza di una specializzanda come un potenziale problema per il lavoro (61%) o un peso per i colleghi (33%). Queste percezioni negative, anche se non esplicitate, possono creare un clima in cui le donne si sentono meno supportate o addirittura giudicate se decidono di avere un figlio durante la specializzazione.
Cosa Si Può Fare? Serve un Cambiamento (Urgente)
Di fronte a questo quadro, è chiaro che non basta prendere atto del problema. Servono soluzioni concrete. Lo studio sottolinea la carenza di supporto istituzionale:
- Pochissimi programmi offrono consulenza formale sulla pianificazione familiare o sulla fertilità (12%).
- Ancora meno parlano di preservazione della fertilità (5.1%).
- Le assicurazioni sanitarie fornite dalle istituzioni raramente coprono le cure per la fertilità.
- Molti direttori di programma non sono nemmeno consapevoli delle difficoltà dei loro specializzandi e ritengono che la specializzazione non sia il momento giusto per avere figli.
Cosa fare, allora? Bisogna agire su più fronti:
- Migliorare il supporto pratico: Accesso facilitato ad asili nido convenzionati o interni all’ospedale farebbe una differenza enorme.
- Informare e formare: Gli specializzandi devono conoscere le politiche di congedo parentale (pochissimi le conoscono!) e le risorse disponibili. I direttori di programma devono essere sensibilizzati sulle sfide reali e sui bisogni dei giovani medici.
- Cambiare la cultura: Bisogna sdoganare l’idea che avere figli durante la specializzazione sia un problema. Normalizzare la genitorialità, soprattutto tra i vertici, è fondamentale per creare un ambiente più supportivo, in particolare per le donne.
- Flessibilità e copertura: Politiche di congedo parentale chiare e adeguate, e una maggiore copertura assicurativa per le cure legate alla fertilità, sono passi necessari.
Insomma, la questione è complessa e tocca corde profonde che riguardano il bilanciamento tra vita professionale e vita privata, le differenze di genere e la cultura del mondo medico. Permettere ai giovani chirurghi di realizzare il loro sogno di famiglia senza dover sacrificare la carriera non è solo una questione di benessere individuale, ma anche un investimento sul futuro della professione medica. È ora che le istituzioni ascoltino e agiscano.
Fonte: Springer