Chiodi Fotodinamici Percutanei: Una Nuova Frontiera per le Fratture Sacrali Oncologiche e da Insufficienza?
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che mi sta particolarmente a cuore e che, credetemi, sta aprendo scenari davvero interessanti nel trattamento di problematiche complesse: le fratture dell’osso sacro in pazienti oncologici o dovute a fragilità ossea. Parliamo di una tecnica innovativa che utilizza i cosiddetti chiodi fotodinamici percutanei (PDN). So che il nome può suonare un po’ fantascientifico, ma seguitemi e capirete perché c’è tanto entusiasmo.
Il Problema: Fratture Sacrali, un Osso Duro (in Senso Negativo!)
Sapete, quando si parla di fratture, specialmente in pazienti che già combattono contro un tumore o che hanno ossa indebolite da trattamenti come la radioterapia, il quadro si fa subito complicato. L’osso sacro, quella struttura fondamentale alla base della colonna vertebrale che si articola con il bacino, è cruciale per il sostegno del peso e per la stabilità pelvica. Quando si frattura a causa di metastasi ossee (sempre più frequenti visto l’allungamento della vita media dei pazienti oncologici) o per osteonecrosi da radiazioni, il dolore può diventare invalidante. Immaginate un dolore acuto, diffuso, che si irradia a fianchi, glutei, inguine e che peggiora terribilmente quando si cerca di caricare peso. Un vero incubo.
Tradizionalmente, trattare queste fratture era una bella gatta da pelare. Gli interventi chirurgici a cielo aperto, con placche e viti, spesso portavano a risultati funzionali scarsi e a un alto rischio di complicazioni, come infezioni o allentamento degli impianti. Per non parlare del fatto che procedure così invasive potevano ritardare o interrompere le terapie oncologiche sistemiche, compromettendo la cura generale del paziente.
L’Innovazione: Arrivano i Chiodi Fotodinamici (PDN)
Negli ultimi anni, per fortuna, le tecniche mininvasive hanno iniziato a farsi strada, offrendo vantaggi in termini di ridotta morbilità chirurgica e tempi di recupero più rapidi. Tra queste, i chiodi fotodinamici percutanei (PDN) si stanno rivelando una promessa entusiasmante.
Ma cosa sono esattamente? Immaginate dei “chiodi” speciali, realizzati con un polimero sensibile alla luce, che vengono inseriti per via percutanea, cioè attraverso piccole incisioni sulla pelle. Una volta posizionati, vengono “attivati” o “curati” con una luce visibile, conformandosi all’anatomia del paziente. Questo approccio mira a superare i limiti degli impianti tradizionali, rigidi e radiopachi, offrendo stabilizzazione efficace e sollievo dai sintomi. Un altro vantaggio non da poco è che la loro natura radiotrasparente non interferisce con la Tomografia Computerizzata (TC) o la Risonanza Magnetica (RM) di controllo, fondamentali nel follow-up oncologico.
La Nostra Esperienza: Uno Studio Retrospettivo
Proprio per capire meglio il potenziale di questa tecnica, abbiamo condotto uno studio retrospettivo nel nostro istituto, analizzando i casi di pazienti trattati con PDN per fratture sacrali patologiche imminenti o da insufficienza, tra il 2020 e il 2023. Abbiamo incluso 14 pazienti adulti, con un’età media di 70 anni, metà uomini e metà donne, tutti con una storia oncologica. I criteri per includerli erano chiari:
- Evidenza radiografica (TC o RM) di frattura sacrale da insufficienza o imminente frattura patologica.
- Dolore sacrale intrattabile o dolore radicolare di natura meccanica, esacerbato dal movimento.
- Incapacità di caricare peso o necessità di ausili per la deambulazione a causa dell’instabilità sacrale.
Abbiamo escluso, invece, i pazienti con fratture sacrali patologiche complete, che venivano trattati con altri metodi.
L’obiettivo primario era valutare le complicanze post-operatorie, il sollievo dal dolore (usando la Scala Visiva Analogica, VAS), il consumo di oppioidi e la funzionalità del paziente (misurata con il punteggio Combined Pain and Ambulatory Function, CPAF). Abbiamo seguito i pazienti a 6 settimane, 3 mesi, 6 mesi, 1 anno e 2 anni dall’intervento.

La procedura, in breve, prevedeva il posizionamento prono del paziente. Dopo aver confermato il sito chirurgico con navigazione intraoperatoria o fluoroscopia, si praticava un’incisione laterale. Si avanzava quindi con una fresa attraverso le ossa iliache fino al sacro, si espandeva il tragitto e si inseriva un filo guida. Dopo aver alesato lo spazio interosseo, il PDN veniva impiantato sotto guida fluoroscopica e poi polimerizzato con luce visibile. Solitamente, il PDN attraversa tutte e quattro le corticali iliache per massimizzare la stabilità.
Cosa Abbiamo Scoperto: Risultati Promettenti
Ebbene, i risultati sono stati davvero incoraggianti! Su 14 pazienti, con un follow-up mediano di 1.4 anni:
- Il tasso di complicanze complessivo è stato solo del 7% (un solo caso di trombosi venosa profonda). Nessun fallimento dell’impianto, nessuna necessità di reintervento o riammissione legata al PDN.
- Il dolore (VAS mediano) è sceso da 7 prima dell’intervento a 6 dopo 6 settimane, e addirittura a 4 dopo 2 anni. Un miglioramento statisticamente significativo!
- La funzionalità (punteggio CPAF mediano) è migliorata da 6 prima dell’intervento a 7 dopo 3 mesi, mantenendosi stabile fino a 2 anni.
- L’uso cronico di oppioidi è diminuito dall’85.7% prima dell’intervento al 60% a 2 anni.
- Anche lo stato di performance generale (ECOG Performance Status) è migliorato: la percentuale di pazienti con punteggio 0 (piena attività) è passata dal 15.4% al 62.5% a 6 mesi.
Abbiamo notato che i pazienti sottoposti a procedure “semplici” (solo PDN) avevano una maggiore riduzione del dolore a 6 settimane rispetto a quelli con procedure “complesse” (PDN più altra ferramenta, magari per stabilizzare altre ossa). Tuttavia, a un anno, i punteggi CPAF non mostravano differenze significative tra i due gruppi.
Discussione: Perché i PDN Sembrano Funzionare Così Bene?
Questi risultati sono importanti perché, come dicevo, le fratture patologiche nei pazienti oncologici spesso indicano una fase avanzata della malattia. Prevenirle, specialmente in aree di carico come il sacro, diventa fondamentale. Il nostro studio è tra i primi ad analizzare in modo così completo l’uso dei PDN per queste specifiche fratture sacrali.
Se confrontiamo i nostri dati con altre tecniche, come la fissazione percutanea con viti sacroiliache, vediamo che queste ultime possono avere tassi di complicanze anche del 20%, inclusi malposizionamenti delle viti o necessità di revisione. La nostra bassissima percentuale di complicanze (7%, e non legata all’impianto) è quindi un dato di rilievo. L’assenza di infezioni, un problema che può arrivare fino al 33% nelle procedure aperte tradizionali, è un altro punto a favore.
Credo che la natura personalizzabile dei PDN, che si adattano all’anatomia individuale, possa ridurre il rischio di fallimento meccanico. Inoltre, la tecnica mininvasiva riduce il trauma chirurgico, permettendo una ripresa più rapida delle terapie sistemiche.
Il miglioramento graduale del dolore, piuttosto che un sollievo immediato e totale, riflette probabilmente la progressiva stabilizzazione del sacro e la guarigione dei tessuti molli circostanti. È importante anche considerare che, nei pazienti oncologici, il miglioramento del dolore può essere influenzato da trattamenti concomitanti come radioterapia o terapie sistemiche.
Un potenziale vantaggio dei PDN, che merita ulteriori indagini, è il ridotto rischio di complicanze neurologiche. A differenza del cemento, che può stravasare nei forami neurali, o della ferramenta tradizionale che può mobilizzarsi e comprimere le radici nervose, i PDN vengono espansi sotto controllo fluoroscopico, con visualizzazione in tempo reale dei confini dell’impianto.

Quando Scegliere i PDN?
Basandoci sulla nostra esperienza, la decisione tra usare i PDN o viti con cemento si basa principalmente sulle caratteristiche della lesione e sulla preferenza del chirurgo. I PDN sono particolarmente indicati per pazienti con scarsa qualità ossea, dove la tenuta delle viti potrebbe essere subottimale, e per lesioni con geometrie complesse. Sono eccezionali per difetti ossei “non contenuti” nel sacro, offrendo stabilità anche quando i confini corticali sono compromessi. Inoltre, sono preferibili quando è prevista una sorveglianza post-operatoria della risposta tumorale, grazie alla loro radiotrasparenza.
Limiti e Prospettive Future
Certo, il nostro studio ha dei limiti: il campione è piccolo (14 pazienti) e proviene da un singolo centro, il che limita la generalizzabilità. Anche se il follow-up mediano di 1.4 anni è più lungo di molti studi su metastasi ossee, potrebbe non cogliere problematiche a lungo termine.
Tuttavia, la valutazione completa dei parametri funzionali e la raccolta dati longitudinale fino a due anni offrono spunti importanti sulla durabilità degli effetti del trattamento.
Cosa ci aspetta? Sicuramente servono studi multicentrici più ampi e con follow-up più estesi per confermare questi risultati promettenti e definire meglio il profilo di sicurezza a lungo termine di questa tecnica.
In Conclusione
La stabilizzazione percutanea delle fratture sacrali patologiche imminenti o da insufficienza con i chiodi fotodinamici si è dimostrata, nella nostra esperienza, una procedura a basso rischio che offre un rapido sollievo dal dolore e miglioramenti significativi nella funzionalità dei pazienti. Sembra davvero una tecnica capace di mitigare molti dei rischi associati a procedure aperte più invasive, pur fornendo una stabilizzazione efficace della frattura.
Personalmente, sono convinto che i PDN rappresentino una freccia importante al nostro arco terapeutico, una vera e propria “luce” (è il caso di dirlo!) di speranza per pazienti che affrontano situazioni davvero difficili. Continueremo a studiarli e a perfezionare il loro utilizzo, perché migliorare la qualità di vita di questi pazienti è il nostro obiettivo primario.
Fonte: Springer
