Fotografia macro ad alto dettaglio di una zanzara Aedes aegypti posata su pelle umana al tramonto nella foresta pluviale di Sabah, Malesia, illuminazione calda e controllata, obiettivo macro 90mm, messa a fuoco precisa sull'insetto e sulle goccioline di sudore sulla pelle.

Chikungunya a Sabah: Vi Racconto la Sorprendente Scoperta di un Nemico Silenzioso

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi ha davvero colpito leggendo uno studio recente: il virus Chikungunya (CHIKV) e la sua presenza in un posto forse inaspettato, o almeno poco studiato finora: Sabah, nella parte malese del Borneo. Sapete, quando pensiamo a queste malattie trasmesse dalle zanzare, spesso ci vengono in mente luoghi specifici, ma la realtà è che questi virus sono viaggiatori instancabili e a volte si nascondono dove meno ce lo aspettiamo.

Cos’è il Chikungunya e Perché Dovrebbe Interessarci?

Prima di tuffarci nei dettagli dello studio, facciamo un piccolo ripasso. Il Chikungunya è un virus trasmesso dalle punture di zanzare infette, principalmente le famigerate Aedes aegypti e Aedes albopictus (sì, proprio quelle della Dengue e della Zika!). È un tipetto che sa farsi sentire: provoca febbre alta, forti dolori articolari (a volte così intensi da piegare letteralmente in due chi ne soffre, da cui il nome che in lingua Makonde significa “ciò che contorce”), mal di testa, dolori muscolari, eruzioni cutanee e una stanchezza che può durare settimane, se non mesi.

Il problema è che i sintomi sono molto simili a quelli di altre malattie come la Dengue e la Zika, che spesso circolano nelle stesse aree. Questo rende la diagnosi un bel rompicapo per i medici! Immaginatevi la scena: arrivate dal dottore con febbre e dolori, e lui deve capire quale di questi virus vi sta tormentando. Non è affatto semplice.

Un altro aspetto insidioso? Non tutti quelli che vengono infettati si ammalano gravemente. Si stima che una percentuale variabile tra il 3% e il 28% delle persone infette rimanga asintomatica. Non mostrano sintomi, ma il virus c’è e, potenzialmente, potrebbero contribuire alla sua diffusione se punti da altre zanzare. Un nemico silenzioso, appunto.

La Situazione in Malesia e il “Buco Nero” di Sabah

La Malesia non è nuova al Chikungunya. Ci sono stati piccoli focolai negli anni ’60 e nel 1998, un’epidemia più localizzata nel 2006 e una più grande a livello nazionale tra il 2008 e il 2010, causata da un ceppo diverso del virus (il genotipo ECSA, East-Central-South-Africa). Da allora, il virus è rimasto una minaccia latente, con piccole riemergenze, come nel 2017, e un aumento preoccupante di casi segnalato nel 2020 in alcune aree.

Tuttavia, la maggior parte delle informazioni e degli studi si concentrava sulla Malesia Peninsulare (la parte Ovest). Del Borneo Malese, e in particolare di Sabah, si sapeva molto poco. Era come un punto interrogativo sulla mappa della diffusione del virus.

Fotografia macro di una zanzara Aedes albopictus posata su una foglia verde tropicale in controluce, messa a fuoco precisa sui dettagli delle strisce bianche e nere, illuminazione controllata per evidenziare la texture, obiettivo macro 100mm, high detail.

Lo Studio a Sabah: Cosa Abbiamo Cercato (e Trovato)?

Ed è qui che entra in gioco lo studio che mi ha tanto incuriosito. I ricercatori si sono posti una domanda semplice ma fondamentale: qual è la reale diffusione del Chikungunya a Sabah? Per scoprirlo, hanno raccolto campioni di sangue tra il 2017 e il 2020.

Nel periodo 2017-2018, hanno analizzato 130 campioni: 74 da persone con febbre (pazienti febbrili) ricoverate in un ospedale a Kota Marudu e 56 da volontari sani a Kota Kinabalu.
Nel periodo 2019-2020, hanno esaminato altri 188 campioni, questa volta solo da pazienti con febbre provenienti da Kota Kinabalu e Lahad Datu.

Come hanno cercato il virus? Hanno usato tecniche super specifiche:

  • RT-qPCR in tempo reale: Una specie di “caccia al tesoro” molecolare per trovare direttamente il materiale genetico (RNA) del virus nel sangue. Un risultato positivo qui significa infezione attiva in corso.
  • Test sierologici (ELISA): Per cercare gli anticorpi prodotti dal nostro corpo in risposta all’infezione. Hanno cercato due tipi:
    • IgM: Compaiono presto e indicano un’infezione recente.
    • IgG: Compaiono più tardi e possono rimanere per anni, indicando un’infezione passata (o in fase più avanzata).
  • Test di neutralizzazione (FRNT50): Un test di conferma molto affidabile. Verifica se gli anticorpi presenti nel sangue sono davvero capaci di “neutralizzare”, cioè bloccare, il virus Chikungunya in laboratorio. Questo dà la certezza che gli anticorpi trovati con l’ELISA siano specifici per CHIKV.

I Risultati: Sorprese e Conferme

E adesso, tenetevi forte, perché i risultati sono stati piuttosto interessanti!

Periodo 2017-2018:

  • Su 130 persone testate, ben 16 (il 12,3%) avevano un’infezione da Chikungunya recente (positive alla RT-qPCR o alle IgM).
  • La vera sorpresa? Di questi 16 casi recenti, 4 erano individui sani, asintomatici! Il virus circolava silenziosamente anche in chi si sentiva perfettamente bene.
  • Guardando alle infezioni passate (IgG positive), ben 24 persone (il 18,4%) avevano incontrato il virus in passato. Di queste, 15 (l’11,5%) hanno avuto conferma anche dal test di neutralizzazione.

Periodo 2019-2020:

  • Su 188 pazienti con febbre, 7 (il 3,7%) avevano un’infezione recente (RT-qPCR o IgM positive). Una percentuale più bassa rispetto al biennio precedente.
  • Per le infezioni passate, 20 pazienti (il 10,6%) erano positivi agli anticorpi IgG, e 17 di loro (il 9,0%) sono stati confermati dal test di neutralizzazione.

Quindi, riassumendo: il Chikungunya c’era eccome a Sabah, sia nel 2017-2018 (con una prevalenza maggiore) che nel 2019-2020. E, cosa importantissima, questo studio è stato il primo a confermarlo in modo così robusto (usando RT-qPCR e test di neutralizzazione) sia nei pazienti con sintomi che nelle persone sane a Sabah.

Primo piano di una mano guantata che tiene una provetta di siero sanguigno in un laboratorio di ricerca medica, sfondo sfocato con microscopi e attrezzature scientifiche, illuminazione da laboratorio chiara e precisa, obiettivo prime 35mm, profondità di campo.

Un dato curioso emerso è che, sebbene la prevalenza di infezioni recenti fosse più bassa nel 2019-2020, la “forza” degli anticorpi neutralizzanti nelle persone con infezione passata era significativamente *più alta* rispetto al periodo 2017-2018. Chissà perché… forse circolavano ceppi leggermente diversi? O forse le persone erano state esposte più volte? Domande aperte per future ricerche!

Perché Questa Scoperta è Importante?

Questa ricerca non è solo un esercizio accademico. Ha implicazioni molto concrete per la salute pubblica.
Prima di tutto, conferma che il Chikungunya è presente e circola a Sabah, un’area dove finora era stato sottostimato o poco documentato (pensate che nel 2019-2020 il Ministero della Salute malese aveva riportato ufficialmente solo 1 caso a Sabah!).

In secondo luogo, la scoperta di infezioni asintomatiche in individui sani è un campanello d’allarme. Anche se il rischio di trasmissione da una persona asintomatica è considerato basso, non è zero. Queste persone rappresentano un serbatoio nascosto del virus, che può contribuire a mantenere attiva la trasmissione nella comunità senza che nessuno se ne accorga. Sono i “portatori sani” che possono involontariamente alimentare nuovi focolai se punti da zanzare.

Cosa ci insegna tutto questo? Che non bisogna mai abbassare la guardia.

  • I medici che lavorano a Sabah (e probabilmente in altre aree endemiche simili) dovrebbero sempre considerare il Chikungunya quando visitano pazienti con febbre e dolori, anche se i sintomi assomigliano ad altre malattie più comuni come la Dengue.
  • Le autorità sanitarie dovrebbero implementare misure di sorveglianza più efficaci, che includano test specifici per il Chikungunya, e potenziare le strategie di controllo delle zanzare. Informare la popolazione sui rischi e su come proteggersi è altrettanto fondamentale.

Insomma, questo studio ci ricorda che i virus come il Chikungunya sono avversari tenaci e spesso silenziosi. Conoscerli meglio, capire dove si nascondono e come si diffondono, è il primo passo per poterli combattere efficacemente. E la situazione a Sabah dimostra che c’è ancora molto da scoprire e da fare!

Fonte: Springer

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