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Cancro al Fegato: Infusione Chemioterapica Continua, una Svolta dall’Arteria Femorale?

Amici, parliamoci chiaro: quando si sente la parola “cancro”, un brivido corre lungo la schiena. E il cancro al fegato, purtroppo, è uno di quei nemici particolarmente ostici. Ma la ricerca non si ferma mai, e oggi voglio parlarvi di uno studio che ha attirato la mia attenzione, una potenziale luce in fondo al tunnel per molti pazienti. Si tratta di un approccio chiamato CIFAC (Continuous Infusion Regional Arterial Chemotherapy via Femoral Artery Catheterization), che tradotto suona un po’ come “chemioterapia regionale continua per infusione tramite cateterizzazione dell’arteria femorale”. Un nome lungo, lo so, ma quello che conta sono i risultati!

Il Tumore al Fegato: Un Nemico Silenzioso e Diffuso

Prima di addentrarci nei dettagli, facciamo un passo indietro. I tumori maligni sono una minaccia seria, e il carcinoma epatico primario (PLC) è tra i più temibili. Pensate che la Cina, ad esempio, conta quasi la metà dei casi globali e dei decessi per questa patologia. Il PLC si presenta principalmente in tre forme: il carcinoma epatocellulare (HCC), che è il più comune (85-90% dei casi), il colangiocarcinoma intraepatico (ICC) e una forma ibrida.
Il problema grosso è che i sintomi iniziali sono spesso vaghi o assenti. Questo significa che molti pazienti scoprono la malattia quando è già in fase avanzata, perdendo la finestra utile per trattamenti curativi come la resezione chirurgica, il trapianto di fegato o l’ablazione con radiofrequenza. È questa la sfida più grande: migliorare la prognosi dei pazienti con PLC.

Le Armi a Disposizione: TACE e l’Emergente CIFAC

Quando la cura radicale non è un’opzione, si passa ai trattamenti palliativi. Tra questi, i più usati sono la chemioembolizzazione transarteriosa (TACE) e, appunto, la CIFAC.
La TACE è una tecnica locale: si inserisce un catetere nell’arteria che nutre il tumore e si iniettano farmaci chemioterapici e agenti embolizzanti. L’obiettivo? Bloccare l’afflusso di sangue al tumore e bombardarlo di chemio. A volte si usano microsfere a rilascio graduale di farmaco per un effetto prolungato.
La CIFAC, invece, è una chemioterapia regionale che porta i farmaci direttamente ai vasi sanguigni del tumore epatico. Questo permette di aumentare la concentrazione del farmaco nel tessuto tumorale riducendo gli effetti collaterali sul resto del corpo. Il principio è furbo: il fegato sano riceve sangue sia dall’arteria epatica (25%) sia dalla vena porta (75%). Il tumore al fegato, al contrario, dipende per il 95-99% dall’arteria epatica! Infilando un catetere lì, si colpisce il tumore in modo mirato.
La CIFAC è particolarmente indicata per pazienti con trombosi della vena porta o per quelli in cui la TACE tradizionale non ha dato buoni risultati. È efficace anche per le metastasi epatiche da cancro del colon-retto, dove può aumentare la concentrazione locale del farmaco di decine di volte rispetto alla chemio endovenosa sistemica.
Un limite della TACE, infatti, è quando il trombo neoplastico ostruisce la vena porta principale o i suoi rami primari: in questi casi, la TACE può portare a insufficienza epatica acuta. La CIFAC, iniettando gli antitumorali direttamente nell’arteria epatica, aumenta la concentrazione locale dei farmaci, potenziando l’efficacia e riducendo la tossicità sistemica. In Giappone è molto usata, con farmaci come epirubicina e cisplatino. Studi recenti, come l’EACH del 2013, hanno confermato i benefici di sopravvivenza della chemioterapia sistemica basata su oxaliplatino, spingendo ulteriormente l’uso della CIFAC nel cancro al fegato avanzato con invasione vascolare.

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I “Detective” del Sangue: GP73 e AFP-L3

Per capire se una terapia funziona, oltre a guardare il paziente, si analizzano dei marcatori nel sangue. Due di questi, correlati alla diagnosi e valutazione del cancro al fegato, sono la proteina Golgi 73 (GP73) e l’alfa-fetoproteina L3 (AFP-L3).
La GP73 è considerata un marcatore sierico ideale per la diagnosi precoce e per valutare le recidive post-operatorie, con sensibilità e specificità superiori alla tradizionale alfa-fetoproteina (AFP). Combinare GP73 e AFP migliora significativamente la diagnosi.
L’AFP-L3 è una frazione dell’AFP. Un suo valore elevato indica una maggiore probabilità di cancro al fegato.
Lo studio di cui vi parlo si è concentrato proprio sull’effetto della CIFAC sui livelli di GP73 e AFP-L3, valutandone anche sicurezza ed efficacia.

Come si è Svolto lo Studio: Un’Analisi Retrospettiva

I ricercatori hanno analizzato retrospettivamente i dati di 108 pazienti con cancro al fegato, trattati tra gennaio 2020 e dicembre 2022. Li hanno divisi in due gruppi da 54: uno trattato con TACE e l’altro con CIFAC.
I criteri di inclusione erano chiari: diagnosi confermata di carcinoma epatocellulare, stadio avanzato non operabile, nessuna altra terapia precedente alla diagnosi iniziale, buone condizioni fisiche generali (ECOG 0-1), assenza di malattie autoimmuni e, ovviamente, consenso informato. Sono stati esclusi pazienti non idonei alla cateterizzazione dell’arteria femorale, con gravi disfunzioni d’organo, infezioni, cachessia o problemi cognitivi. Anche donne incinte o in allattamento erano escluse.
Entrambi i gruppi hanno ricevuto anche inibitori di PD-1/PD-L1 (come atezolizumab e bevacizumab).
Per la TACE, dopo anestesia, si inserisce un catetere (di solito dalla coscia o dal braccio) fino all’arteria epatica, si visualizza il tumore con mezzo di contrasto e si iniettano chemio ed embolizzanti. Cicli ogni 4-6 settimane, per 2-5 volte.
Per la CIFAC, si punge l’arteria femorale sotto l’inguine, si inserisce un catetere fino all’arteria che irrora il tumore e si infondono i farmaci chemioterapici in continuo per 48-72 ore. Dopo la CIFAC, riposo assoluto a letto e arto immobile! Cicli ogni 4-6 settimane, per 2-5 volte.
Sono stati misurati i marcatori tumorali (GP73, AFP, AFP-L3), la funzionalità epatica (ALT, AST, test al verde di indocianina ICG15), le reazioni avverse, la qualità della vita (scala Karnofsky) e il tasso di sopravvivenza a 1 anno, prima del trattamento e dopo 60 e 90 giorni.

I Risultati: CIFAC Batte TACE su Più Fronti!

E qui, amici, arriva il bello! Prima del trattamento, i due gruppi erano simili per marcatori tumorali, funzione epatica e qualità della vita. Ma dopo 60 e 90 giorni…

  • Marcatori Tumorali Giù: Il gruppo CIFAC ha mostrato livelli significativamente più bassi di GP73, AFP e AFP-L3 rispetto al gruppo TACE. Questo è un segnale importantissimo! La CIFAC, portando alte concentrazioni di farmaco direttamente sul tumore, sembra più efficace nell’uccidere le cellule cancerose o inibirne la crescita, riducendo così la produzione di questi marcatori. Può anche indurre l’apoptosi (la “morte programmata”) delle cellule tumorali e inibire la formazione di nuovi vasi sanguigni che nutrono il tumore.
  • Fegato più Sano: I pazienti CIFAC avevano anche livelli più bassi di alanina aminotransferasi (ALT), aspartato transaminasi (AST) – enzimi che indicano danno epatico – e un migliore tasso di ritenzione del verde di indocianina a 15 minuti (ICG15), che misura la riserva funzionale del fegato. La CIFAC, essendo più mirata, danneggia meno le cellule epatiche sane. Uccidendo le cellule tumorali, la funzione epatica può migliorare, e una migliore circolazione sanguigna epatica aiuta le cellule sane a lavorare meglio.
  • Meno Effetti Collaterali: Nausea, vomito, soppressione del midollo osseo (BMS), dolore epatico e febbre sono stati significativamente meno frequenti nel gruppo CIFAC. Questo è un vantaggio enorme per i pazienti! Concentrando il farmaco sul tumore, si riduce l’esposizione del resto del corpo e quindi gli effetti tossici.
  • Qualità della Vita Migliore: I punteggi Karnofsky, che misurano la qualità della vita, erano più alti nel gruppo CIFAC. Meno effetti collaterali significano una vita migliore durante la terapia.
  • Sopravvivenza a 1 Anno Superiore: Il tasso di sopravvivenza a un anno nel gruppo CIFAC è stato del 61,11% (33 pazienti) contro il 42,59% (23 pazienti) del gruppo TACE. Una differenza notevole!

Un paziente anziano sorridente, seduto comodamente in un ambiente domestico accogliente, mentre interagisce con un familiare. La scena trasmette un senso di benessere e recupero. Obiettivo zoom, 50mm, luce naturale soffusa che entra da una finestra, colori caldi e rassicuranti.

Cosa ci Dice Tutto Questo? La Mia Interpretazione

Dal mio punto di vista, questi risultati sono davvero incoraggianti. La CIFAC sembra essere un’arma più precisa ed efficace nel trattamento del cancro al fegato, almeno nelle condizioni studiate. Riuscire a colpire il tumore così direttamente, con alte concentrazioni di farmaco e per un tempo prolungato, fa la differenza.
Pensateci: si riducono i marcatori che segnalano la presenza e l’aggressività del tumore, si protegge meglio la funzionalità di un organo vitale come il fegato, si alleggerisce il fardello degli effetti collaterali che spesso rendono la chemioterapia un’esperienza devastante, e, cosa più importante, si offre una speranza di vita più lunga e di qualità migliore.
Certo, come sottolineano gli stessi autori, questo studio ha analizzato l’efficacia a breve termine. Sarebbe fantastico vedere ricerche future che espandano l’orizzonte temporale, per capire i benefici a lungo termine della CIFAC.
In conclusione, la chemioterapia per infusione continua tramite cateterizzazione dell’arteria femorale si profila come un’opzione terapeutica mirata e promettente. Permette di “bombardare” il tumore al fegato con precisione chirurgica, risparmiando il più possibile i tessuti sani. È un passo avanti che potrebbe alleviare le sofferenze di molti pazienti e guadagnare tempo prezioso nella lotta contro questa terribile malattia. E ogni piccolo passo avanti, in questo campo, è una grande vittoria per tutti noi.

Fonte: Springer

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