Immagine concettuale che mostra due profili di teste umane stilizzate una di fronte all'altra. All'interno di una testa, simboli di basso status socio-economico (poche monete, una fabbrica grigia) e un cervello meno attivo. Nell'altra, simboli di attività fisica (corsa, pesi) e attività cognitive (libri, puzzle) con un cervello più luminoso e vibrante, a significare il superamento delle disparità. Stile duotone, blu e arancione, profondità di campo che mette a fuoco la trasformazione positiva. Obiettivo prime 35mm.

Cervello Attivo, Vita Lunga: Come Hobby e Movimento Battono le Disuguaglianze Sociali (Anche Dopo i 65!)

Amici miei, parliamoci chiaro: l’avanzare dell’età porta con sé un sacco di belle cose, come la saggezza e il tempo libero, ma c’è sempre quella vocina fastidiosa che ci sussurra all’orecchio: “E la memoria? E la lucidità mentale?”. Ecco, oggi voglio portarvi una ventata di ottimismo direttamente da uno studio scientifico che mi ha davvero colpito, pubblicato su Springer Nature. Sembra proprio che tenere il cervello e il corpo in movimento possa fare miracoli, soprattutto per chi, nella vita, magari non ha avuto tutte le fortune dalla sua parte in termini di status socio-economico.

Le Disuguaglianze Sociali e il Cervello: Un Legame Insidioso

Prima di arrivare alle buone notizie, facciamo un piccolo passo indietro. Lo status socio-economico (SES) – un mix di istruzione, prestigio del lavoro, reddito e persino la vicinanza ai servizi sanitari – gioca un ruolo, ahimè, piuttosto importante sulla nostra salute cognitiva, specialmente invecchiando. Lo studio di cui vi parlo, condotto su un campione bello grosso (quasi 8.600 persone sopra i 65 anni!) nella Cina Centrale, ha messo nero su bianco una cosa che un po’ sospettavamo: chi proviene da un contesto socio-economico più basso (low-SES) ha una probabilità maggiore di andare incontro a decadimento cognitivo e mostra, in generale, prestazioni cognitive inferiori. Pensate che, rispetto a chi ha un SES alto, le persone con SES medio avevano quasi il doppio delle probabilità (OR= 1.86) di avere problemi cognitivi, e quelle con SES basso addirittura più del triplo (OR= 3.62)! Non proprio una passeggiata.
Questo perché, come spiegano i ricercatori, le esperienze di vita, fin dalla più tenera età, plasmano il nostro cervello. Un ambiente ricco di stimoli, un’istruzione di qualità, un lavoro gratificante contribuiscono a costruire quella che chiamiamo “riserva cognitiva”, una sorta di scudo protettivo per il nostro cervello. Ma cosa succede se questa “armatura” è un po’ più leggera?

La Rivincita del Movimento e degli Hobby Intelligenti

Ed ecco che entrano in gioco loro: l’attività fisica (PA) e le attività ricreative cognitive (CLA). Per attività fisica intendiamo tutto ciò che ci fa muovere volontariamente per stare bene, dalla passeggiata alla ginnastica. Le attività ricreative cognitive, invece, sono tutti quegli hobby che ci divertono e, allo stesso tempo, tengono allenata la mente: leggere, fare cruciverba, giocare a scacchi, imparare una nuova lingua, suonare uno strumento… insomma, tutto ciò che ci “accende” il cervello.
Lo studio ha dimostrato, e qui viene il bello, che dedicarsi a queste attività è associato in modo significativo a migliori prestazioni cognitive, sia a livello globale che in domini specifici come la memoria e il linguaggio. E la cosa ancora più interessante? L’effetto combinato di PA e CLA è risultato più potente rispetto alle attività prese singolarmente. Una specie di “combo vincente” per il nostro cervello!
Ma la vera chicca, quella che mi ha fatto sorridere, è questa: l’associazione tra queste attività e le prestazioni cognitive è risultata particolarmente forte nelle persone con un basso status socio-economico. È come se, per chi parte con qualche svantaggio, tenersi attivi mentalmente e fisicamente avesse un impatto ancora più grande, quasi un effetto “recupero”. Per darvi un’idea con qualche numero (senza annoiarvi troppo, promesso!): il coefficiente di correlazione (quel valore beta che usano gli scienziati) per l’effetto combinato di PA e CLA sulla cognizione globale era di 0.35 nel gruppo a basso SES, contro lo 0.13 del gruppo a SES medio e lo 0.05 di quello ad alto SES. Una bella differenza, no?

Un gruppo eterogeneo di anziani cinesi, uomini e donne, che partecipano con entusiasmo a diverse attività ricreative all'aperto in un parco comunitario. Alcuni praticano Tai Chi con movimenti fluidi, altri sono seduti a tavoli giocando a Mahjong o a scacchi, mentre un piccolo gruppo legge libri. Fotografia di reportage, obiettivo zoom 24-70mm per catturare sia l'insieme che i dettagli, luce naturale del mattino, profondità di campo che mantiene a fuoco i soggetti principali con uno sfondo leggermente sfocato per dare contesto.

Questo suggerisce che, anche se non possiamo cambiare il nostro passato o, a volte, il nostro presente socio-economico, possiamo comunque fare molto per la nostra salute cerebrale. È un messaggio di grande speranza!

Età e Genere: Altri Fattori in Gioco

Lo studio ha anche analizzato se ci fossero differenze legate all’età e al genere. Ebbene sì! L’associazione positiva tra attività fisica/cognitiva e performance del cervello è risultata più marcata nelle persone con più di 70 anni rispetto a quelle più giovani (tra i 65 e i 70). Forse perché, con l’avanzare ulteriore dell’età, ogni piccolo aiuto conta ancora di più.
Per quanto riguarda il genere, l’effetto sembrava essere leggermente più forte negli uomini, soprattutto in quelli con basso SES. Qui i ricercatori avanzano un’ipotesi interessante: in questa specifica popolazione e coorte di età, il livello di istruzione generale è piuttosto basso, specialmente tra le donne con basso SES. Un livello di istruzione molto basso potrebbe limitare la capacità di trarre il massimo beneficio cognitivo da certe attività. È una sfumatura importante, che ci ricorda come i fattori culturali e sociali si intreccino sempre.

Cosa Ci Portiamo a Casa da Questa Ricerca?

Beh, prima di tutto, un grande incoraggiamento! Non importa da dove veniamo o quanti anni abbiamo sulla carta d’identità: tenere il cervello e il corpo allenati fa una differenza enorme. E se la vita ci ha messo davanti qualche ostacolo in più dal punto di vista socio-economico, sappiate che queste buone abitudini possono essere i vostri migliori alleati per proteggere la vostra mente.
Certo, lo studio ha le sue limitazioni, come tutti gli studi scientifici. Ad esempio, essendo “trasversale” (cioè fotografa la situazione in un dato momento), non può stabilire con certezza un rapporto di causa-effetto. Inoltre, i dati su abitudini e SES erano auto-riferiti, e il campione, seppur ampio, è specifico della Cina Centrale. Ma i risultati sono decisamente promettenti e in linea con altre ricerche.
L’idea è che impegnarsi in attività stimolanti contribuisca ad aumentare la nostra “riserva cognitiva”. Immaginatela come un serbatoio di resilienza cerebrale: più è pieno, meglio il nostro cervello riesce a fronteggiare i “colpi” del tempo o di eventuali patologie.
Quindi, il messaggio è forte e chiaro: non sottovalutate mai il potere di una bella passeggiata, di un libro avvincente, di una partita a carte con gli amici o di quel corso di ballo che avete sempre voluto provare. Sono piccoli investimenti quotidiani con un rendimento altissimo per la vostra salute cognitiva. E questo studio ci dice che, per chi ha meno “scudi” socio-economici, questi investimenti potrebbero essere ancora più preziosi. È un invito a promuovere stili di vita sani e attivi, specialmente nelle fasce di popolazione più vulnerabili, per ridurre il peso del declino cognitivo e costruire società più eque anche dal punto di vista della salute del cervello. Che ne dite, iniziamo oggi?

Dettaglio macro di un cervello stilizzato fatto di ingranaggi luminosi e colorati, con alcuni ingranaggi che rappresentano attività come la lettura (un libro aperto), lo sport (un manubrio) e la socializzazione (figure stilizzate). Obiettivo macro 100mm, illuminazione controllata per far brillare gli ingranaggi, alta definizione per mostrare la complessità, sfondo scuro per far risaltare il soggetto.

Fonte: Springer

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