Primo piano fotorealistico di linfociti T CD8+ (alcuni evidenziati come CD27-CD28-) che circolano in un vaso sanguigno vicino a cellule tumorali del polmone stilizzate. Effetto profondità di campo con obiettivo 50mm prime, illuminazione drammatica laterale, colori leggermente desaturati per un tono serio, evocando la battaglia immunitaria e la sua compromissione sistemica.

Cellule T Stanche nel Sangue: Il Segreto Nascosto che Blocca l’Immunoterapia nel Cancro al Polmone?

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa di veramente affascinante che sta emergendo nel campo della lotta contro il cancro, in particolare quello al polmone. Sapete, l’immunoterapia, specialmente quella che usa gli inibitori dei checkpoint immunitari (ICI), ha rappresentato una vera rivoluzione. L’idea di “sguinzagliare” il nostro stesso sistema immunitario contro il tumore è potente. Eppure, c’è un “ma” grande come una casa: funziona alla grande solo per una frazione di pazienti, circa il 20%. E la cosa ancora più strana è che molti di quelli che non rispondono hanno persino alti livelli di PD-L1 nel tumore, il marcatore che *dovrebbe* predire una buona risposta! Questo ci dice che c’è molto di più sotto la superficie, meccanismi di evasione del tumore ben più complessi di quanto pensassimo.

Da tempo sappiamo che la presenza di cellule immunitarie, soprattutto le cellule T CD8+ (i nostri “soldati” specializzati nell’uccidere le cellule malate), all’interno del tumore è un buon segno. Ma cosa succede *al di fuori* del tumore, nel resto del nostro corpo? Il cancro può influenzare il nostro esercito immunitario a livello sistemico, cioè in tutto l’organismo?

I “Soldati” Stanchi: Una Scoperta nel Sangue

Ecco la scoperta intrigante di cui voglio parlarvi, basata su uno studio approfondito su centinaia di pazienti con cancro al polmone (sia non a piccole cellule, NSCLC, che a piccole cellule, SCLC). Analizzando il sangue periferico, i ricercatori hanno notato qualcosa di strano nella composizione delle cellule T CD8+. In particolare, all’interno della sottopopolazione chiamata “memoria effettrice” (Tem), c’era un accumulo progressivo di un tipo specifico di cellule: quelle che hanno perso i marcatori CD27 e CD28 sulla loro superficie. Chiamiamole, per semplicità, cellule DN-Tem (Double Negative – Effector Memory).

Normalmente, le cellule T CD8+ passano attraverso diverse fasi di differenziazione. Le cellule “giovani” e pronte a rispondere (come le DP-Tem, Double Positive, che hanno sia CD27 che CD28) sono fondamentali per montare una risposta efficace. Le cellule DN-Tem, invece, rappresentano uno stadio più avanzato, più “vissuto”. Certo, un aumento di queste cellule si vede anche con l’invecchiamento normale, ma nei pazienti con cancro al polmone questo fenomeno era molto più marcato, anche in persone giovani, e peggiorava con lo stadio del tumore. E attenzione: questo accumulo sembrava indipendente da età, sesso, tipo istologico del tumore e persino dall’espressione di PD-L1!

Cosa Significa Avere Cellule DN-Tem in Eccesso?

Queste cellule DN-Tem sono un po’ un’arma a doppio taglio. Da un lato, sono cariche di molecole citotossiche come perforina e granzima B, pronte a colpire. Dall’altro, però, hanno un grosso difetto: rispondono pochissimo alla stimolazione del loro recettore (TCR), il segnale che normalmente le fa proliferare e attivare in massa. In pratica, sono soldati esperti ma incapaci di moltiplicarsi per creare un esercito più grande quando serve.

E qui arriva il collegamento con l’immunoterapia. Analizzando pazienti prima e dopo la terapia con ICI, si è visto che l’aumento di cellule T CD8+ attive e proliferanti (quelle con il marcatore Ki-67) avveniva principalmente nelle cellule DP-Tem, mentre le DN-Tem restavano quasi inerti. Non solo: i pazienti che partivano con livelli più bassi di DN-Tem nel sangue (preDN-Temlo) mostravano un aumento maggiore di molecole citotossiche dopo la terapia e, soprattutto, avevano risposte cliniche significativamente migliori agli ICI rispetto a chi partiva con livelli alti (preDN-Temhi). Sembra proprio che avere troppe di queste cellule “stanche” e poco reattive nel sangue prima di iniziare la terapia sia un cattivo presagio.

Immagine macro ad alta definizione di cellule T CD8+ umane visualizzate al microscopio elettronico, alcune con marcatori di superficie CD27 e CD28 visibili (colorati artificialmente in verde) e altre prive di essi (colorate in rosso), evidenziando la sottopopolazione DN-Tem. Illuminazione controllata, obiettivo macro 100mm, messa a fuoco precisa sulle membrane cellulari.

Scavando più a Fondo: La Sorpresa del Sequenziamento a Singola Cellula

Per capire meglio cosa stesse succedendo, i ricercatori hanno usato tecniche potentissime come il sequenziamento dell’RNA a singola cellula (scRNA-seq) e del TCR. Questo ha permesso di guardare dentro ogni singola cellula T CD8+ e capire quali geni stesse esprimendo e quale fosse la sua “carta d’identità” immunologica (il suo specifico recettore TCR).

I risultati hanno confermato l’aumento delle cellule DN-Tem nei pazienti. Ma c’è stata una sorpresa. Ci si aspetterebbe che l’accumulo di queste cellule fosse dovuto principalmente all’espansione di pochi cloni specifici (oligoclonale), magari quelli che riconoscono il tumore. In effetti, la clonalità (quanto poche “famiglie” di cellule dominano) era aumentata nei pazienti. Però, la diversità complessiva delle cellule DN-Tem non diminuiva come previsto, anzi! Questo perché aumentava il numero di clonotipi unici, cioè cellule con TCR diversi, soprattutto quelle presenti in pochissime copie (“barely expanded clones”).

Analizzando ancora più in dettaglio, è emerso un sottotipo particolare all’interno delle DN-Tem, caratterizzato dall’espressione di un gene chiamato GZMK (oltre ad altri geni tipici delle cellule effettrici tardive come GZMH). Queste cellule GZMK+DN-Tem erano quasi assenti negli individui sani ma molto abbondanti nei pazienti, e il loro aumento era legato allo stadio del tumore, non all’età. Ed erano proprio queste cellule GZMK+ a contribuire maggiormente all’aumento dei clonotipi unici poco espansi. Questo suggerisce che l’accumulo di DN-Tem non è solo dovuto alla proliferazione di cellule specifiche per il tumore, ma anche a un processo più generalizzato, quasi una “spinta” continua verso questo stato differenziativo avanzato, anche per cellule che non si stanno moltiplicando attivamente.

La Disregolazione Omeostatica: Quando il Sistema Immunitario Perde la Bussola

Ma perché succede tutto questo? Perché anche cellule T CD8+ che magari non sono specifiche per il tumore finiscono per diventare DN-Tem? L’ipotesi è che il cancro induca una sorta di disregolazione omeostatica a livello sistemico. L’omeostasi è l’equilibrio interno del nostro corpo, e per le cellule T include uno stato di “riposo” vigile chiamato quiescenza.

Analizzando i profili genetici delle cellule T CD8+ dei pazienti, è emerso un quadro chiaro:

  • Firme genetiche legate all’infiammazione erano aumentate (cosa abbastanza comune nel cancro).
  • Firme legate all’attivazione delle cellule T erano anch’esse aumentate.
  • Ma, cosa cruciale, le firme legate alla quiescenza erano significativamente ridotte rispetto agli individui sani.

È interessante notare che l’infiammazione non sembrava direttamente correlata all’attivazione o alla perdita di quiescenza. Invece, c’era una forte correlazione inversa tra quiescenza e attivazione: meno quiescenza significava più attivazione spontanea. E questa perdita di quiescenza era strettamente associata all’aumento delle cellule DN-Tem totali e, in particolare, delle GZMK+DN-Tem.

Questo fenomeno non sembra essere una semplice conseguenza dell’infiammazione cronica vista in altre malattie. Analizzando dati da pazienti con infezioni virali (acute e croniche) o malattie autoimmuni, si è visto che la perdita di quiescenza così marcata e correlata all’attivazione e all’accumulo di cellule GZMK+ era più simile a quanto osservato in alcune malattie autoimmuni che non nelle infezioni. Sembra che il cancro al polmone, in modo simile ad alcune condizioni autoimmuni, mandi in tilt la capacità del sistema immunitario di tenere a riposo le sue cellule T CD8+, spingendole verso un’attivazione e una differenziazione continua e non regolata. Questa “spinta” costante è stata confermata anche a livello di proteine di superficie: marcatori come CD95 (associato all’attivazione) erano più alti in *tutte* le sottopopolazioni di cellule T CD8+ dei pazienti, dalle naive alle memoria, indicando un’alterazione diffusa.

Visualizzazione grafica astratta di dati di sequenziamento RNA a singola cellula (scRNA-seq), simile a una mappa UMAP, con cluster di punti colorati che rappresentano diverse popolazioni di cellule T CD8+. Colori vivaci su sfondo scuro per evidenziare la separazione dei cluster. Concetto di bioinformatica e analisi dati complessa.

Implicazioni Cliniche: Un Nuovo Biomarcatore per l’Immunoterapia?

Torniamo alla pratica clinica. Se l’accumulo di DN-Tem è un segno di un sistema immunitario “stanco” e predice una scarsa risposta agli ICI, possiamo usarlo? I ricercatori hanno combinato la misurazione delle DN-Tem con un altro marcatore precedentemente identificato (le DP-Temra, un altro tipo di cellula T CD8+ memoria la cui bassa frequenza era associata a tumori più “immunogenici”). Hanno diviso i pazienti in quattro quadranti basati sui livelli pre-terapia di queste due popolazioni (preDN-Tem e preDP-Temra).

L’ipotesi era che i pazienti nel quadrante “ideale” (Q4: bassi livelli di entrambe, quindi alta immunogenicità del tumore *e* alta reattività delle cellule T sistemiche) avrebbero risposto meglio agli ICI. E i risultati, analizzati su quattro coorti indipendenti per un totale di 224 pazienti con diversi tipi di cancro al polmone e diverse linee di trattamento con ICI (da soli o in combinazione con chemio), hanno confermato questa tendenza!

  • I pazienti nel Q4 (bassi DN-Tem, bassi DP-Temra) mostravano tassi di risposta parziale (PR) e di beneficio clinico duraturo (DCB) significativamente più alti rispetto ai pazienti nel Q1 (bassi DP-Temra ma alti DN-Tem).
  • Questa capacità predittiva sembrava indipendente e potenzialmente superiore a quella del marcatore standard PD-L1.
  • Anche in una coorte di pazienti che ricevevano chemio-radioterapia (CCRT) seguita da consolidamento con ICI (durvalumab), il beneficio aggiunto dell’ICI era evidente solo nei pazienti del Q4, non in quelli del Q1.

Questi dati suggeriscono fortemente che lo stato del compartimento sistemico delle cellule T CD8+, e in particolare l’accumulo di queste cellule DN-Tem poco reattive, gioca un ruolo cruciale nel determinare il successo dell’immunoterapia.

CHAOS: Un Nuovo Modello di Evasione Immunitaria

Sulla base di queste scoperte, i ricercatori propongono un nuovo modello chiamato CHAOS (Cancer-associated homeostatic dysregulation accelerating uncontrolled differentiation of systemic CD8+T cells). L’idea è che il cancro, progredendo, non si limita a creare un microambiente tumorale immunosoppressivo, ma induce una disregolazione omeostatica in tutto il sistema immunitario. Questa perdita di controllo porta a una riduzione della quiescenza delle cellule T CD8+ e a un’attivazione/differenziazione continua e non regolata, che culmina nell’accumulo progressivo di cellule DN-Tem.

Queste cellule DN-Tem, pur essendo potenzialmente citotossiche, hanno una scarsa capacità proliferativa. Quindi, anche se nel sangue ci fossero cellule T specifiche per il tumore, man mano che si trasformano in DN-Tem perdono la capacità di espandersi e sostenere una risposta efficace, specialmente dopo lo stimolo fornito dagli ICI. Il fattore tempo diventa critico: più a lungo il cancro agisce indisturbato, più il sistema immunitario sistemico si “deteriora” verso questo stato refrattario, rendendo l’immunoterapia meno efficace. Questo potrebbe spiegare perché pazienti che *potenzialmente* potrebbero rispondere agli ICI, alla fine non lo fanno.

Illustrazione concettuale del sistema circolatorio umano con globuli rossi e bianchi (linfociti T CD8+ stilizzati) che fluiscono attraverso i vasi sanguigni. Alcuni linfociti appaiono 'stanchi' o alterati (colore sbiadito o forma leggermente diversa), simboleggiando la disregolazione omeostatica sistemica indotta dal cancro (CHAOS). Leggero effetto 'motion blur' per indicare il flusso, profondità di campo ridotta, obiettivo 35mm.

Cosa ci Portiamo a Casa?

Questa ricerca apre scenari davvero interessanti. Ci dice che per capire perché l’immunoterapia funziona o meno, non basta guardare solo dentro al tumore, ma bisogna considerare lo stato di salute dell’intero esercito immunitario circolante. L’accumulo di cellule DN-Tem potrebbe diventare un nuovo biomarcatore per selezionare meglio i pazienti da trattare con ICI o per indirizzare quelli con alti livelli di DN-Tem (i presunti non-responder secondo il modello CHAOS) verso terapie alternative.

Ovviamente, serviranno ulteriori studi per validare il modello CHAOS e capire se è possibile intervenire per “resettare” questa disregolazione omeostatica. Ma è un passo avanti importante nella comprensione delle complesse interazioni tra cancro e sistema immunitario, e potrebbe portare a strategie terapeutiche più efficaci in futuro. Una storia affascinante di detective immunitari che cercano di capire le astuzie del nemico!

Fonte: Springer

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