Cellule Staminali dal Midollo Osseo: Un Raggio di Speranza Contro la Fibrosi nel Fegato Trapiantato!
Ragazzi, parliamoci chiaro: il trapianto di fegato è una procedura salva-vita incredibile per chi lotta contro malattie epatiche allo stadio terminale. Ma, come in ogni grande impresa, ci sono degli ostacoli. Uno dei più insidiosi che possono comparire a lungo termine è la fibrosi epatica. Immaginate il fegato, un organo meravigliosamente complesso, che inizia a sviluppare tessuto cicatriziale al suo interno. Se non si interviene, questa condizione può portare alla cirrosi, alla perdita dell’organo trapiantato e, purtroppo, a una riduzione della sopravvivenza. Ecco perché trovare un modo per prevenire o curare questa fibrosi è fondamentale.
Il Cattivo della Storia: Le Cellule Stellate Epatiche (HSC)
Al centro di questo processo di cicatrizzazione ci sono loro: le cellule stellate epatiche, o HSC (Hepatic Stellate Cells). Normalmente se ne stanno tranquille, in uno stato “quiescente”. Ma quando il fegato subisce uno stress – come un’infiammazione, uno stimolo meccanico o, appunto, il danno da ischemia-riperfusione che può avvenire durante un trapianto (specialmente se l’organo è rimasto “al freddo” per un po’) – queste cellule si “attivano”. Si trasformano in qualcosa di simile a dei miofibroblasti e iniziano a produrre come matte matrice extracellulare, in particolare fibre di collagene di tipo I e III. È un po’ come se iniziassero a costruire muri di cicatrice all’interno del fegato. Non solo, ma inibiscono anche la degradazione di queste fibre. Il risultato? Un accumulo progressivo di tessuto fibroso. Peggio ancora, una volta attivate, queste cellule continuano a stimolarsi a vicenda, autoalimentando il processo anche quando la causa iniziale è scomparsa. Un bel problema, vero?
L’Eroe Inaspettato: Le Cellule Staminali Mesenchimali (BMSCs)
Ma ecco che entra in scena un potenziale eroe: le cellule staminali mesenchimali derivate dal midollo osseo (BMSCs – Bone Marrow Mesenchymal Stem Cells). Già sapevamo che queste cellule hanno effetti protettivi in caso di danno da ischemia-riperfusione al fegato. Hanno una fantastica proprietà chiamata “homing”: sono attratte dai segnali di danno e migrano verso il tessuto epatico danneggiato, dove possono persino differenziarsi in cellule simili agli epatociti, aiutando a riparare il danno. Inoltre, in altri contesti, hanno dimostrato di avere attività anti-fibrotica. Quindi, la domanda è sorta spontanea: potrebbero aiutarci anche contro la fibrosi post-trapianto? E come?
La Nostra Indagine: BMSCs vs Fibrosi nel Ratto
Per capirci qualcosa di più, abbiamo messo in piedi un esperimento su ratti. Abbiamo creato un modello di fibrosi epatica post-trapianto inducendo un danno da ischemia fredda (tenendo il fegato donatore al freddo per 4 ore prima del trapianto, una condizione che sappiamo essere un fattore di rischio per la fibrosi). In alcuni di questi ratti, dopo il trapianto, abbiamo iniettato le nostre BMSCs direttamente nella vena porta. Ebbene, i risultati sono stati davvero incoraggianti!
Nei ratti che avevano ricevuto le BMSCs:
- La struttura del fegato era molto più preservata, con meno disordine e meno cellule infiammatorie.
- Le colorazioni specifiche per la fibrosi (Masson e Sirius Red) mostravano chiaramente una riduzione significativa del tessuto cicatriziale.
- I livelli di marcatori di danno epatico nel sangue (ALT e AST) erano più bassi.
- Anche i livelli di proteine associate alla fibrosi (come COL1A1, ACTA2, TGFB1) erano diminuiti, mentre aumentavano quelli di enzimi che degradano la matrice (come MMP9).
Insomma, le BMSCs sembravano davvero in grado di contrastare la fibrosi indotta dall’ischemia fredda nel nostro modello animale.

Svelare il Meccanismo: La Via JAK1/STAT5
Ok, le BMSCs funzionano, ma *come*? Per scoprirlo, siamo andati a vedere cosa succedeva a livello molecolare dentro le cellule del fegato. Utilizzando tecniche di sequenziamento dell’RNA (RNA-seq), abbiamo confrontato i geni espressi nei fegati normali, in quelli con fibrosi post-trapianto e in quelli trattati con BMSCs. È emerso un pattern interessante: una via di segnalazione intracellulare chiamata JAK/STAT sembrava essere particolarmente coinvolta. Questa via è attivata da diverse citochine (messaggeri molecolari) ed è cruciale in molti processi cellulari, inclusa l’infiammazione e la fibrosi.
Analizzando più a fondo, abbiamo notato che, nei fegati con fibrosi, i livelli della proteina JAK1 e della forma attivata (fosforilata) di STAT5 (p-STAT5) erano significativamente aumentati. Ma nei fegati trattati con BMSCs, questi livelli erano notevolmente ridotti! Al contrario, altre proteine STAT (STAT1 e STAT3) non mostravano cambiamenti significativi legati all’intervento delle BMSCs in questo contesto. Questo ci ha messo sulla pista giusta: forse le BMSCs agiscono proprio modulando la via JAK1/STAT5?
La Prova del Nove: Inibitori e Agonisti
Per confermare la nostra ipotesi, abbiamo fatto altri esperimenti, questa volta usando dei farmaci specifici:
- Abbiamo trattato i ratti trapiantati con un inibitore di JAK1 (Abrocitinib). Risultato? La fibrosi epatica diminuiva, così come i livelli di COL1A1 e ACTA2, e la fosforilazione di STAT5 si riduceva. Praticamente, l’inibitore mimava l’effetto benefico delle BMSCs!
- Poi abbiamo fatto il contrario. Nei ratti trattati con BMSCs, abbiamo aggiunto un agonista di JAK1 (RO8191), cioè una molecola che attiva questa via. Risultato? L’effetto protettivo delle BMSCs veniva annullato! La fibrosi peggiorava, i livelli di COL1A1 e ACTA2 aumentavano, così come la fosforilazione di STAT5.
Questi esperimenti “causa-effetto” ci hanno dato una forte conferma: le BMSCs sembrano davvero esercitare il loro effetto anti-fibrotico inibendo la via di segnalazione JAK1/STAT5.

Un Passo Indietro: Come le BMSCs Influenzano JAK1/STAT5? Il Ruolo dell’IL7
Ma la storia non finisce qui. Come fanno le BMSCs a influenzare la via JAK1/STAT5, specialmente nelle cellule stellate (HSC), che sono le principali responsabili della fibrosi? Tornando ai dati di RNA-seq e ad altri esperimenti, abbiamo notato che anche i livelli di una citochina chiamata Interleuchina 7 (IL7) e del suo recettore (IL7R) erano alterati. Sappiamo che l’IL7 può attivare la via JAK/STAT e che è associata alla fibrosi epatica. Nel fegato, l’IL7 è prodotta principalmente dagli epatociti (le cellule principali del fegato), soprattutto quando sono danneggiati.
Abbiamo quindi verificato cosa succedeva all’IL7. Sia negli esperimenti *in vivo* (nei ratti) che *in vitro* (lavorando con cellule epatiche IAR20 in coltura sottoposte a stress ipossia-riossigenazione), abbiamo visto che il danno aumentava la produzione di IL7 da parte degli epatociti. Ma quando erano presenti le BMSCs (iniettate nei ratti o co-coltivate con le cellule IAR20), la produzione di IL7 diminuiva significativamente!
L’ultimo tassello del puzzle: abbiamo provato a bloccare direttamente l’IL7 o il suo recettore IL7Rα (usando anticorpi specifici) nei nostri modelli *in vivo* e *in vitro*. E cosa abbiamo ottenuto? Una riduzione della fibrosi (o dell’attivazione delle HSC in vitro), una diminuzione dei livelli di COL1A1 e ACTA2, e una ridotta fosforilazione di STAT5. Proprio come con le BMSCs o con l’inibitore di JAK1!
Il Quadro Completo: Un Meccanismo Elegante
Mettendo insieme tutti i pezzi, emerge un quadro affascinante:
- Il danno da ischemia-riperfusione post-trapianto danneggia gli epatociti.
- Gli epatociti danneggiati producono più IL7.
- L’IL7 si lega al suo recettore (IL7R) sulle cellule stellate epatiche (HSC).
- Questo legame attiva la via di segnalazione intracellulare JAK1/STAT5 nelle HSC.
- L’attivazione di JAK1/STAT5 promuove l’attivazione delle HSC, che iniziano a produrre matrice extracellulare in eccesso, portando alla fibrosi.
- Qui intervengono le BMSCs: sembrano proteggere gli epatociti dal danno o comunque ne modulano la risposta, riducendo la loro produzione di IL7.
- Meno IL7 significa meno attivazione della via IL7R/JAK1/STAT5 nelle HSC.
- Di conseguenza, le HSC si attivano meno e la fibrosi epatica viene alleviata.
Abbiamo confermato questo meccanismo anche *in vitro*, co-coltivando le BMSCs con le cellule stellate (linea HSC-T6) dopo averle sottoposte a stress (ipossia-riossigenazione). Le BMSCs riducevano l’attivazione delle HSC-T6 (meno marcatori di fibrosi) e diminuivano i livelli di JAK1 e p-STAT5. Inoltre, riducevano l’apoptosi (morte cellulare programmata) indotta dallo stress nelle HSC-T6, senza però influenzarne la proliferazione.

Cosa Significa Tutto Questo?
Questa ricerca, per la prima volta, dimostra che le BMSCs possono alleviare la fibrosi epatica dopo un trapianto di fegato in un modello animale agendo su uno specifico meccanismo molecolare: la riduzione della secrezione di IL7 da parte degli epatociti danneggiati, che porta a una minore attivazione della via IL7R/JAK1/STAT5 nelle cellule stellate epatiche.
Questo apre scenari molto interessanti. Le BMSCs potrebbero rappresentare un potenziale strumento terapeutico per contrastare una delle complicanze più temute del trapianto di fegato. Certo, siamo ancora a livello di ricerca preclinica su modelli animali, e ci sono ancora aspetti da chiarire (ad esempio, come esattamente le BMSCs “calmano” gli epatociti? Tramite contatto diretto? Rilascio di vescicole extracellulari?). Inoltre, bisognerebbe esplorare più a fondo l’interazione con altre vie di segnale e con le cellule immunitarie.
Tuttavia, aver identificato questo meccanismo specifico (IL7/IL7R/JAK1/STAT5) è un passo avanti importante. Ci fornisce non solo una base sperimentale solida per future applicazioni cliniche delle BMSCs, ma anche potenziali bersagli farmacologici (come JAK1 o IL7/IL7R) per sviluppare nuove terapie anti-fibrotiche specifiche per il contesto post-trapianto.
Insomma, un piccolo passo nel nostro laboratorio, ma potenzialmente un grande passo per migliorare la qualità e la durata della vita dei pazienti trapiantati di fegato. La ricerca continua!
Fonte: Springer
