Illustrazione fotorealistica di cellule staminali derivate dal sangue mestruale (MenSCs) che rilasciano la proteina ECM1, la quale interagisce con il recettore LRP1α su una cellula stellata epatica, mostrando la riduzione della fibrosi epatica. Scena al microscopio, alta definizione, obiettivo macro 90mm, illuminazione laterale per evidenziare le texture cellulari.

Cellule Staminali dal Ciclo Mestruale: Una Nuova Speranza Contro la Fibrosi Epatica Grazie alla Proteina ECM1!

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di una scoperta che mi ha davvero entusiasmato e che potrebbe aprire scenari rivoluzionari nel trattamento di una patologia epatica piuttosto ostica: la fibrosi epatica. Immaginate il fegato, un organo incredibile che lavora senza sosta per noi. A volte, a causa di varie malattie (epatite virale, abuso di alcol, malattie autoimmuni, fegato grasso), questo instancabile lavoratore si danneggia e, nel tentativo di ripararsi, produce tessuto cicatriziale in eccesso. Ecco, questa è la fibrosi. Se non si interviene, può portare a conseguenze molto serie, come la cirrosi.

Da tempo, noi ricercatori siamo affascinati dalle potenzialità delle cellule staminali mesenchimali (MSC), vere e proprie “tuttofare” del nostro corpo, capaci di modulare le risposte infiammatorie e promuovere la rigenerazione. Tra queste, un tipo particolare ha attirato la nostra attenzione: le cellule staminali derivate dal sangue mestruale (MenSCs). Sì, avete capito bene! Una fonte accessibile, non invasiva e con cellule che mostrano una grande capacità proliferativa e immunomodulatoria. Già in passato avevamo visto che queste MenSCs potevano dare una mano contro la fibrosi epatica, ma il “come” esatto rimaneva un po’ un mistero.

Ma cos’è esattamente questa ECM1 e come l’abbiamo scovata?

Il segreto, come spesso accade nella biologia, sta nelle molecole che le cellule rilasciano per comunicare tra loro, i cosiddetti fattori paracrini. Analizzando il “brodo di coltura” in cui crescevano le nostre MenSCs, abbiamo utilizzato una tecnica sofisticatissima chiamata spettrometria di massa per identificare le proteine secrete. E lì, tra tante, una ha catturato il nostro interesse: la Proteina 1 della Matrice Extracellulare (ECM1). Questa proteina non è una sconosciuta: si sa che è coinvolta in vari processi, inclusa la fibrosi in diversi organi e il metabolismo tumorale. Alcuni studi avevano già suggerito che ECM1 potesse avere un ruolo protettivo nel fegato, ad esempio impedendo l’attivazione delle cellule stellate epatiche (HSC), le principali artefici della produzione di tessuto cicatriziale.

La domanda successiva era ovvia: e se provassimo a usare la proteina ECM1 da sola? Abbiamo quindi preso della ECM1 ricombinante (cioè prodotta in laboratorio, che chiameremo rec-ECM1) e l’abbiamo testata. In vitro, cioè direttamente sulle cellule stellate epatiche (il modello cellulare si chiama LX-2) attivate per mimare la fibrosi, la rec-ECM1 sembrava funzionare! Riusciva a ridurre i marcatori di attivazione di queste cellule. “Fantastico!”, abbiamo pensato. Ma, ahimè, quando siamo passati ai modelli animali (topolini con fibrosi epatica indotta da tetracloruro di carbonio, un classico modello sperimentale), la rec-ECM1 non ha sortito gli effetti sperati. Nonostante la somministrazione, il danno epatico e l’accumulo di collagene non diminuivano significativamente. Probabilmente, una volta iniettata, la proteina da sola non riusciva a raggiungere il fegato in concentrazioni adeguate o veniva degradata troppo in fretta.

L’asso nella manica: le MenSCs come veicolo d’eccezione

Qui entra in gioco la genialità delle MenSCs. E se invece di dare la proteina “nuda e cruda”, usassimo le MenSCs come piccole fabbriche e veicoli per produrre e consegnare ECM1 direttamente dove serve? Per testare questa idea, abbiamo ingegnerizzato geneticamente le MenSCs: alcune per produrre molta più ECM1 del normale (ove-ECM1-MenSCs), altre per produrne di meno (sh-ECM1-MenSCs, dove “sh” sta per short hairpin RNA, una tecnica per silenziare i geni).

I risultati sono stati sorprendenti! Quando abbiamo messo le cellule LX-2 (le nostre cellule stellate attivate) a contatto con le MenSCs che super-producevano ECM1, l’attivazione delle LX-2 si è ridotta drasticamente. Al contrario, con le MenSCs che producevano poca ECM1, l’effetto protettivo era minore. Questo ci ha confermato che ECM1 secreta dalle MenSCs era davvero importante.

Ma la vera prova del nove è arrivata dagli esperimenti in vivo sui topolini con fibrosi. L’iniezione delle ove-ECM1-MenSCs ha portato a un netto miglioramento: riduzione del danno epatico (misurato dai livelli di enzimi come ALT e AST nel siero), minor accumulo di collagene e una ridotta attivazione delle cellule stellate epatiche. Al contrario, i topolini trattati con le MenSCs “silenziate” per ECM1 mostravano una fibrosi più severa rispetto a quelli trattati con MenSCs normali, anche se comunque un leggero beneficio rispetto al gruppo di controllo con fibrosi non trattato si osservava, suggerendo che le MenSCs hanno anche altri meccanismi d’azione. Era chiaro: potenziare la produzione di ECM1 nelle MenSCs le rendeva dei veri e propri “super-eroi” anti-fibrosi!

Immagine macro fotorealistica di cellule staminali mesenchimali (MenSCs), evidenziate con una tenue fluorescenza verde per indicare la modificazione genetica (ove-ECM1), che interagiscono con tessuto epatico fibrotico di un topo, mostrando la riduzione delle aree cicatriziali. Illuminazione da laboratorio controllata, alta definizione, obiettivo macro 100mm, precisa messa a fuoco sulle cellule e sul tessuto circostante.

Il “dialogo” molecolare: ECM1 e LRP1α, un’intesa perfetta

A questo punto, volevamo capire più a fondo il meccanismo. Come fa ECM1 a “parlare” con le cellule stellate epatiche? Per scoprirlo, abbiamo cercato le proteine con cui ECM1 interagisce direttamente. Utilizzando tecniche come la co-immunoprecipitazione e la Proximity Ligation Assay (PLA), abbiamo identificato un partner chiave sulla superficie delle cellule stellate: una proteina recettore chiamata LRP1α (Low-density lipoprotein receptor-related protein 1α). Pensate un po’, ECM1 si lega specificamente alla porzione extracellulare di LRP1, chiamata LRP1α, e non alla sua parte transmembrana/intracellulare (LRP1β). Abbiamo persino individuato le regioni precise delle due proteine che si “agganciano” come pezzi di un puzzle: la regione N-terminale di ECM1 e una specifica sequenza ripetuta (la numero 4) di LRP1α.

L’importanza di questa interazione è stata confermata “spegnendo” il gene LRP1 nelle cellule LX-2. In assenza di LRP1α, l’effetto benefico delle MenSCs (e della loro ECM1) sull’attivazione delle cellule stellate svaniva quasi completamente! Lo stesso è accaduto nei topolini in cui avevamo ridotto l’espressione di LRP1 nel fegato: il trattamento con MenSCs non riusciva più a contrastare efficacemente la fibrosi. Questo ci ha detto in modo inequivocabile che l’interazione ECM1-LRP1α è un tassello fondamentale del meccanismo anti-fibrotico delle MenSCs.

Dentro la cellula: come l’interazione ECM1-LRP1α orchestra la guarigione

Ma cosa succede una volta che ECM1 si lega a LRP1α? Questa interazione scatena una serie di eventi a cascata all’interno della cellula stellata. Abbiamo scoperto che l’asse ECM1-LRP1α riesce a modulare due importanti vie di segnalazione intracellulare:

  • Inibisce la via AKT/mTOR: questa via, quando iperattiva, è nota per promuovere la crescita cellulare e la produzione di matrice, quindi la sua inibizione è positiva nel contesto della fibrosi.
  • Attiva la via di FoxO1: FoxO1 è un fattore di trascrizione che, al contrario, ha spesso effetti protettivi e anti-fibrotici.

Quindi, ECM1, legandosi a LRP1α, tira le fila giuste per “calmare” le cellule stellate epatiche.

Non solo, abbiamo anche osservato che questo meccanismo influenza il metabolismo cellulare, in particolare quello delle pirimidine e delle purine, mattoncini fondamentali per la sintesi degli acidi nucleici. Nei fegati dei topi trattati con le ove-ECM1-MenSCs, abbiamo notato un aumento di metaboliti come l’uridina monofosfato, suggerendo che ECM1, attraverso LRP1α, possa promuovere un metabolismo che contrasta la fibrosi. Ad esempio, l’espressione di un enzima chiave nel metabolismo dell’uridina, UCK, aumentava nei topi trattati con MenSCs potenziate per ECM1.

Visualizzazione 3D fotorealistica a livello molecolare dell'interazione tra la proteina ECM1 (struttura complessa con colori distintivi per i domini N-terminale) e il recettore LRP1α (con evidenza della sequenza ripetuta 4) sulla membrana di una cellula stellata epatica. Sullo sfondo, rappresentazioni stilizzate ma scientificamente accurate delle vie di segnalazione mTOR (in rosso, a indicare inibizione) e FoxO1 (in verde, a indicare attivazione). Dettaglio elevato, illuminazione drammatica per evidenziare l'interazione chiave, obiettivo macro 60mm, profondità di campo.

Non solo ECM1-LRP1α: le MenSCs hanno più frecce al loro arco

Un aspetto interessante è che, anche silenziando ECM1 nelle MenSCs, un minimo effetto anti-fibrotico residuo permaneva. Questo ci ha fatto pensare che le MenSCs avessero altri assi nella manica, indipendenti dall’interazione ECM1-LRP1α con le cellule bersaglio. Analizzando il profilo di espressione genica delle MenSCs stesse (con più o meno ECM1), abbiamo notato che la modifica di ECM1 cambiava anche la produzione intrinseca di altre molecole segnale, le citochine, da parte delle MenSCs. Ad esempio, nelle MenSCs con poco ECM1, diminuiva l’espressione di citochine anti-fibrotiche come WNT2B e BMP4, mentre aumentavano citochine pro-fibrotiche o con ruoli complessi. Questo suggerisce che ECM1 non solo agisce sulle cellule stellate, ma regola anche il comportamento delle MenSCs stesse, influenzando il loro “arsenale” terapeutico complessivo.

Insomma, quello che emerge è un quadro affascinante e complesso. Le MenSCs, attraverso la secrezione di ECM1, riescono a “dialogare” con le cellule stellate epatiche inducendole a ridurre la produzione di tessuto cicatriziale. Questo dialogo avviene principalmente attraverso il legame di ECM1 con il recettore LRP1α, che a sua volta modula le vie di mTOR e FoxO1 e il metabolismo nucleotidico. Inoltre, ECM1 sembra orchestrare anche la produzione di altre molecole benefiche da parte delle MenSCs stesse.

Questa scoperta apre scenari incredibilmente promettenti per lo sviluppo di nuove terapie cellulari, magari utilizzando MenSCs “potenziate” per la produzione di ECM1, per combattere la fibrosi epatica. C’è ancora tanta strada da fare, ma ogni passo avanti ci avvicina a soluzioni più efficaci per i pazienti. E pensare che tutto questo potenziale terapeutico possa derivare da una fonte così naturale e accessibile è davvero una prospettiva entusiasmante! Spero di avervi trasmesso un po’ della passione che mettiamo in questo lavoro!

Fonte: Springer

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