Cellule CAR T: La Doppia Vita Segreta dei Nostri Super Soldati Anti-Linfoma!
Ciao a tutti, appassionati di scienza e curiosi! Oggi voglio parlarvi di una scoperta che mi ha letteralmente elettrizzato, qualcosa che potrebbe ridefinire il modo in cui pensiamo a una delle terapie più promettenti contro certi tipi di cancro: le cellule CAR T. Immaginate dei super soldati, addestrati nel nostro stesso corpo per dare la caccia e distruggere le cellule tumorali. Fantastico, vero? Beh, la realtà è ancora più complessa e affascinante, come abbiamo scoperto studiando pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL).
Un Nemico Insidioso: Il Linfoma a Grandi Cellule B
Prima di tuffarci nel vivo della scoperta, due parole sul DLBCL. È il tipo più comune di linfoma non-Hodgkin negli Stati Uniti, una bestiaccia caratterizzata da cellule B maligne che proliferano a macchia d’olio. Sebbene la chemioimmunoterapia iniziale sia spesso curativa, per i pazienti che non rispondono o che hanno una ricaduta, le opzioni terapeutiche erano piuttosto limitate e gli esiti non proprio rosei. Almeno fino al 2017, quando l’FDA ha approvato le terapie con cellule CAR T autologhe dirette contro l’antigene CD19. Un vero e proprio game-changer!
Ma come funzionano queste CAR T? In pratica, preleviamo i linfociti T del paziente, li “modifichiamo geneticamente” in laboratorio inserendo un recettore chimerico antigenico (CAR) che riconosce specificamente il CD19 presente sulle cellule del linfoma. Poi, queste cellule CAR T potenziate vengono coltivate e reinfuse nel paziente, pronte a scatenare l’inferno contro il tumore. I tassi di risposta completa sono impressionanti, tra il 40 e il 54%, ma ci sono ancora sfide, come la mancata risposta in alcuni pazienti e le tossicità del trattamento. Per migliorare, dobbiamo capire esattamente cosa succede a queste cellule una volta che sono tornate “a casa”, nel corpo del paziente.
La Grande Domanda: Cosa Fanno le CAR T una Volta Infuse?
Studi precedenti, come il pionieristico ZUMA-1 con axicabtagene ciloleucel (un tipo di CAR T con costimolazione CD28), ci avevano mostrato che le cellule CAR T nel sangue periferico si espandono, si contraggono e a volte persistono. Una maggiore espansione sembrava predire tassi di risposta più alti, ma anche una maggiore probabilità di tossicità. Una persistenza più lunga, invece, era associata a remissioni durature nelle leucemie, ma il suo ruolo nel prevenire le ricadute del DLBCL era meno chiaro. Insomma, c’erano ancora tanti “come” e “perché” senza risposta, soprattutto riguardo alla differenziazione di queste cellule in vivo.
Per capirci qualcosa di più, abbiamo deciso di usare un approccio da veri detective della biologia: analisi multi-modale a singola cellula (RNA-seq, CITE-seq e TCR-seq accoppiate) su campioni longitudinali. In parole povere, abbiamo seguito nel tempo, cellula per cellula, il destino delle CAR T in sette pazienti con DLBCL refrattario/recidivante che avevano ottenuto una risposta completa al trattamento con axicabtagene ciloleucel. Abbiamo analizzato il prodotto infusionale (cioè le cellule prima di essere reinfuse) e campioni di sangue periferico in tre momenti chiave: al picco di espansione (Texp, giorni 8-14), e in due momenti successivi di persistenza post-picco (Tper1, giorno 21, e Tper2, giorno 28).

E qui, amici, arriva il bello! Abbiamo scoperto qualcosa di totalmente inaspettato riguardo alle cellule CAR T CD8+ (un sottotipo cruciale di linfociti T).
Una Sorpresa nel Sangue: Due Ondate di Guerrieri!
Analizzando i repertori clonotipici (cioè, quali “famiglie” di cellule T si espandono), abbiamo notato che i cloni di cellule CAR T CD8+ presenti durante il picco di espansione (Texp) erano significativamente diversi da quelli presenti più tardi, durante il periodo di persistenza (Tper1 e Tper2). Era come se ci fossero due eserciti distinti che si davano il cambio! Questa non era una semplice evoluzione dello stesso gruppo di cellule, ma proprio due ondate separate.
Ma non solo i cloni erano diversi, anche i loro fenotipi (cioè, il loro “aspetto” e “comportamento”) cambiavano drasticamente:
- La Prima Ondata (Texp, giorni 8-14): Dominata da cellule CAR T CD8+ con un fenotipo di memoria effettrice “simil-esausta” (exhausted-like effector memory, EM-exh). Queste cellule mostravano marcatori di attivazione e anche di un certo “affaticamento” (come NR4A2, TOX), ma erano chiaramente le protagoniste della fase di massima espansione.
- La Seconda Ondata (Tper, giorni 21-28): Dominata da cellule CAR T CD8+ con un fenotipo effettore terminale (terminal effector, TE). Queste cellule sembravano più “fresche” e pronte per una battaglia di lunga durata.
La cosa ancora più intrigante è che queste due ondate non solo erano distinte clonalmente e fenotipicamente, ma avevano anche un’ontogenesi diversa, cioè originavano da precursori differenti presenti già nel prodotto infusionale. I precursori della prima ondata avevano firme più simili a cellule effettrici, mentre quelli della seconda ondata mostravano caratteristiche più vicine a cellule staminali (stem-like).
In pratica, è come se avessimo due squadre specializzate: una per l’attacco rapido e massiccio (la prima ondata, che probabilmente si occupa della maggior parte della pulizia del tumore ma anche delle tossicità acute), e una per la sorveglianza e la persistenza a lungo termine (la seconda ondata, che garantisce che il nemico non ritorni).
Cosa Succede alle Cellule CAR T CD4+?
E le cellule CAR T CD4+, le “aiutanti”? Beh, loro non mostravano questo drastico cambio di guardia. Mantenevano prevalentemente un fenotipo di memoria per tutto il tempo, anche se vedevamo un aumento della proporzione di cellule Th1 (un tipo di cellula effettrice CD4+) e, cosa interessante, un aumento costante della proporzione di cellule T regolatorie (Treg) CAR+. Queste Treg potrebbero giocare un ruolo nel calmare l’infiammazione e ristabilire l’equilibrio immunitario dopo la tempesta del picco di espansione.

Decifrare i Segnali Molecolari: TNF vs. Interferone di Tipo I
Andando ancora più a fondo, abbiamo analizzato le firme trascrizionali e le reti regolatorie. Le cellule CAR T CD8+ della prima ondata (Texp) sovraregolavano geni legati al ciclo cellulare e all’apoptosi (coerente con un fenotipo di breve durata) e, soprattutto, geni di risposta al TNF (Tumor Necrosis Factor). Il TNF è una citochina pro-infiammatoria che può essere secreta dalle stesse CAR T e che è stata associata a risposte efficaci. Le reti regolatorie chiave in questa fase includevano JUND, RELB e BHLHE40, spesso legati all’infiammazione e, nel caso di BHLHE40, al metabolismo mitocondriale per la residenza tissutale.
Le cellule CAR T CD8+ della seconda ondata (Tper), invece, sovraregolavano geni per la citotossicità e la regolazione immunitaria, ma anche geni di risposta all’interferone di tipo I (IFN-I). Molti di questi geni hanno note funzioni antivirali. Le reti regolatorie dominanti qui erano più oscure, ma includevano KLF13 (apoptosi), BPTF (programma di espressione genica staminale) ed ELF4 (promozione delle cellule T CD8+ di memoria), suggerendo un ruolo nel ritardare l’espansione e favorire la persistenza e il ripristino dell’omeostasi immunitaria. Anche TBX21 (associato al fenotipo effettore) e STAT1 (associato alla risposta all’IFN-I) erano importanti.
Questa dinamica TNF/IFN-I suggerisce un ambiente citochinico in vivo che cambia dinamicamente durante la risposta immunitaria delle CAR T.
Origini Diverse per Destini Diversi
Come accennato, tracciando i cloni a ritroso fino al prodotto infusionale, abbiamo visto che i precursori delle due ondate erano già diversi. Entrambi mostravano un fenotipo effettore nel prodotto infusionale, ma con sfumature importanti:
- I precursori della Prima Ondata (Pre-Texp) erano più differenziati, con maggiore “effettorialità”. Sovraregolavano geni effettori (GZMB, GZMK) e fattori di trascrizione AP-1 (JUN, JUND, FOS).
- I precursori della Seconda Ondata (Pre-Tper) erano meno differenziati, con maggiore “staminalità”. Sovraregolavano marcatori simil-naïve (SELL, IL7R). Curiosamente, esprimevano anche più transgene CAR, il che potrebbe influenzare la loro differenziazione in vivo.
Questo ci dice che l’eterogeneità già presente nel “cocktail” di cellule che infondiamo nel paziente è cruciale nel determinare queste due fasi di differenziazione.

Il Fenotipo “Exhausted-like EM”: Un Profilo Particolare
Potrebbe sorprendere trovare un fenotipo “esausto” nel sangue periferico durante il picco di espansione. Per questo, abbiamo caratterizzato meglio questo cluster “exhausted-like EM”. Queste cellule esprimevano alti livelli di fattori di trascrizione associati all’esaurimento (NR4A2, TOX, IRF4) e recettori inibitori (ENTPD1/CD39, PDCD1/PD-1, TIGIT, LAG3). Tuttavia, mantenevano un’espressione intermedia di geni di memoria (TCF7) ed effettori (TBX21, GZMB). Un profilo distintivo era l’alta espressione di CD39 e la bassa espressione di CD57 e CX3CR1, che abbiamo confermato con la citometria a flusso. Questo mix assomiglia alle cellule Tex circolanti PD1+CD39+ descritte in altri contesti, e confrontando le nostre firme con modelli murini di esaurimento, questo cluster assomigliava più a cellule “precursori esauste” che a cellule “terminalmente esauste”. Quindi, “exhausted-like” sembra proprio l’etichetta giusta: cellule che mostrano segni precoci di esaurimento, ma sono fenotipicamente distinte dalle cellule di memoria effettrici “classiche”.
Cosa Significa Tutto Questo per il Futuro?
Il nostro modello a due stadi ha un’implicazione fondamentale: le cellule CAR T CD8+ responsabili dell’espansione di picco e quelle responsabili della persistenza post-picco sono biologicamente disaccoppiate. Sono popolazioni distinte, con origini e destini diversi. Questo è importantissimo! Significa che l’espansione (per una rapida eliminazione del tumore, ma con rischio di tossicità) e la persistenza (per una sorveglianza a lungo termine, ma con rischio di aplasia delle cellule B) potrebbero essere “sintonizzate” indipendentemente.
Immaginate di poter modulare la composizione del prodotto infusionale per favorire più precursori della prima ondata se serve un attacco massiccio e rapido, o più precursori della seconda ondata se si punta a una remissione duratura con meno effetti collaterali acuti. Certo, ingegnerizzare cellule CAR T CD8+ che siano brave sia ad espandersi che a persistere potrebbe essere una sfida, dato che queste caratteristiche sembrano provenire da popolazioni disaccoppiate.
Ovviamente, il nostro studio ha delle limitazioni. Abbiamo analizzato cellule nel sangue periferico e nel prodotto infusionale, ma cosa succede nei linfonodi o nel sito del tumore? E come interagiscono queste CAR T con altre cellule immunitarie? E questo modello a due stadi si applica anche a chi non risponde alla terapia, o ad altri tipi di CAR T (ad esempio, quelle con costimolazione 4-1BB) o in altre malattie? Tante domande ancora aperte, che rendono questo campo di ricerca così dinamico e stimolante!
In conclusione, abbiamo scoperto che la differenziazione delle cellule CAR T CD8+ nei pazienti con DLBCL è un processo a due stadi, con due ondate clonali distinte che servono scopi clinici complementari. Una comprensione più profonda di questa “doppia vita” delle CAR T ci apre la strada per sviluppare terapie cellulari ancora più efficaci e personalizzate. E io non vedo l’ora di scoprire cosa ci riserverà il futuro!
Fonte: Springer Nature
