Ritratto fotografico intenso e realistico di una donna matura (sui 50-60 anni) con un'espressione determinata e ambigua, che potrebbe rappresentare una figura di potere locale come Vicky Barahona. Ambientazione sobria, forse un ufficio municipale poco illuminato. Obiettivo prime 50mm, stile film noir, leggero contrasto, profondità di campo per isolare il soggetto.

Caudillos Locali in America Latina: Il Potere Che Resiste, il Caso di Vicky Barahona a Santiago

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un fenomeno affascinante e, per certi versi, un po’ inquietante che riguarda la politica in America Latina: la persistenza dei cosiddetti caudillos locali. Magari avete sentito parlare dei grandi leader nazionali, delle rivoluzioni, dei presidenti… ma cosa succede a livello più piccolo, nei comuni, nelle città? Beh, la storia è più complessa di quanto si pensi.

Spesso, quando si parla di democrazia (o della sua assenza) a livello locale in America Latina, si pensa subito ai grandi paesi federali come Argentina, Brasile, Messico. Lì, i governatori degli stati o delle province hanno un potere enorme, a volte quasi assoluto, tanto che si è parlato di “autoritarismo subnazionale”. Sembra quasi che, mentre il paese a livello nazionale diventava democratico, alcune zone rimanessero come “enclavi autoritarie”, feudi personali di qualche potente locale.

Ma che succede nei paesi unitari, quelli più centralizzati come il Cile, la Colombia, il Perù? E cosa succede scendendo ancora più in basso, a livello comunale? Istintivamente, verrebbe da pensare che lì il controllo centrale sia più forte, che ci sia meno spazio per questi “signorotti” locali. E invece no. Anche lì, troviamo figure che, pur non potendo cambiare le regole elettorali o controllare direttamente la giustizia come i loro colleghi nei sistemi federali, riescono a rimanere al potere per anni, decenni, usando metodi… diciamo, non proprio cristallini.

Il Problema delle Teorie “Importate”

Ecco il punto: le teorie nate per spiegare l’autoritarismo subnazionale nei paesi federali fanno fatica a “viaggiare” e ad adattarsi a questi contesti diversi. Perché? Vi elenco qualche motivo:

  • Meno potere istituzionale: Un sindaco in un paese unitario non può riscrivere la costituzione locale o le leggi elettorali come un governatore in Argentina. Le regole sono uguali per tutti e decise a livello nazionale.
  • Focus sull’esercizio del potere, non sull’accesso: Se le regole per essere eletti sono quelle democratiche e non possono essere facilmente manipolate, allora per capire come questi leader resistono dobbiamo guardare a come usano il potere una volta eletti, non solo a come ci arrivano. È la differenza tra “regime” (le regole del gioco) e “amministrazione” (come si gioca effettivamente).
  • Autonomia paradossale: Sembra strano, ma a volte i sindaci hanno più autonomia *de facto* rispetto ai governatori federali. Nei paesi federali, spesso esiste un meccanismo di “intervento federale” che permette al presidente di rimuovere un governatore “scomodo”. Nei paesi unitari, rimuovere un sindaco è molto più complicato e dipende spesso da dinamiche locali (tipo il consiglio comunale).
  • Minore importanza strategica: Un sindaco, per quanto potente localmente, conta meno per la politica nazionale rispetto a un governatore che controlla un’intera provincia o stato, magari decisivo per le elezioni parlamentari. Quindi, i politici nazionali potrebbero semplicemente “ignorare” quello che succede a livello locale, finché non diventa uno scandalo troppo grande.
  • Non sono (sempre) residui del passato: Molti di questi caudillos locali sono emersi *dopo* la transizione democratica nazionale, non sono necessariamente legati ai vecchi regimi autoritari.

Insomma, serve un approccio diverso per capire questi fenomeni nei paesi unitari e a livello locale.

Fotografia realistica di una mappa politica dell'America Latina, con focus su un paese unitario come il Cile. L'immagine dovrebbe evocare un senso di complessità politica locale sotto la superficie, magari con colori tenui e un leggero effetto 'zoom' su una capitale come Santiago. Obiettivo prime 35mm, profondità di campo.

Ma chi sono questi Caudillos Locali? E come agiscono?

Propongo di rispolverare un termine classico della politica latinoamericana: caudillo. Oggi, però, parliamo di “caudillos elettorali”. Vengono eletti con elezioni più o meno regolari, ma una volta al potere… beh, è lì che le cose si complicano.

Definiamoli così: un caudillo locale è un sindaco che rimane in carica per molti mandati (diciamo tre o più) e che usa sistematicamente quelle che chiamo pratiche politiche informali per restare al potere. Cosa sono queste pratiche? Sono tutti quei comportamenti, spesso al limite (o oltre) della legalità e dell’etica democratica, che non riguardano direttamente le regole elettorali, ma l’esercizio quotidiano del potere.

Possiamo immaginarle come un “menu” a disposizione del caudillo, con opzioni più “leggere” e altre decisamente “pesanti”:

  • Pratiche meno gravi (ma insidiose): Clientelismo (scambio di favori/beni per voti), nepotismo (favorire parenti), patronage (distribuire posti di lavoro agli amici), corruzione spicciola, pork-barrel (usare fondi pubblici per progetti che portano voti), compravendita di voti.
  • Pratiche più gravi: Estorsione, controllo o intimidazione dei media locali, legami con attori illegali, controllo della giustizia locale (se possibile), intimidazione e persecuzione degli oppositori politici e sociali.

Per essere considerato un caudillo, secondo la mia visione, un sindaco con lunga permanenza deve usare almeno tre di quelle “meno gravi” (anche ripetute) o anche solo una di quelle “più gravi”.

Il “Manuale” del Caudillo: Come Si Resta al Potere

Ok, abbiamo definito chi sono e cosa fanno. Ma qual è la loro strategia per durare così a lungo, specialmente in contesti urbani dove ci si aspetterebbe più controllo sociale e meno dipendenza dal “capo”? Contrariamente a molte teorie che puntano sulle interazioni tra livello nazionale e locale (tipo il presidente che appoggia o contrasta il potente locale), io credo che la chiave sia guardare soprattutto ai fattori locali e alle strategie del caudillo stesso.

Un caudillo locale, per sopravvivere politicamente, deve perseguire simultaneamente tre obiettivi fondamentali:

1. Cementare la propria base elettorale: Questo è il lavoro più importante. Devono essere presenti sul territorio, “vicini alla gente”, risolvere problemi concreti (o far finta di farlo), usare il clientelismo e il patronage per creare una rete di lealtà. Devono farsi percepire come indispensabili.
2. Controllare l’opposizione politica locale: Un’opposizione forte è una minaccia. Quindi, bisogna neutralizzarla. Come? Cooptandola (comprando qualche leader), dividendola, o intimidendola e perseguitandola (ma senza esagerare troppo per non attirare l’attenzione nazionale).
3. Neutralizzare altri attori sociali e politici: Leader sociali, attivisti, organizzazioni indipendenti, media locali critici, persino politici di altri livelli che potrebbero ficcare il naso… vanno tutti tenuti a bada. Si può fare demobilizzando le proteste, screditando i critici, cooptando i media, cercando alleati a livelli superiori (ma più per protezione che per un vero gioco di potere inter-livello).

Il primo punto è cruciale. Se perdi la base, sei finito. Ma spesso non basta. Devi lavorare anche sugli altri due fronti. E, come vedremo, a volte sono proprio gli errori del caudillo, l’eccessiva sicurezza o l’uso troppo sfacciato di pratiche violente a decretarne la fine. Non tanto un intervento “dall’alto”.

Scatto fotorealistico stile reportage in bianco e nero, che cattura l'atmosfera di un quartiere popolare di Santiago del Cile (come Renca). Si intravede un municipio sullo sfondo, mentre in primo piano c'è una mano che stringe discretamente una banconota o un piccolo pacco di viveri. Obiettivo 50mm, stile film noir, luce contrastata.

Vicky Barahona: Un Caudillo all’Ombra delle Ande (2000-2016)

Per farvi capire meglio di cosa parlo, vi porto un caso emblematico: Vicky Barahona, sindaca di Renca, un comune popolare nella periferia nord-occidentale di Santiago del Cile, dal 2000 al 2016. Un caso interessante perché il Cile è considerato una democrazia solida e Renca è parte della capitale, vicina al centro del potere nazionale. Non proprio il posto dove ti aspetteresti un caudillo vecchio stile. Eppure…

Barahona, del partito di destra UDI (erede del pinochetismo), è rimasta in carica per quattro mandati consecutivi (16 anni!). E non l’ha fatto distribuendo sorrisi e strette di mano. Le testimonianze raccolte sul campo parlano di un vero e proprio “regime del terrore”, una “dittatura in piccolo”.

Vediamo come ha applicato il “manuale del caudillo”:

* La Base Elettorale (Bastone e Carota): Barahona usava un mix di clientelismo spudorato e paura. Da un lato, distribuiva beni di prima necessità, soldi, favori, spesso in modo molto plateale, con pacchi marchiati col suo nome, per far capire bene “chi ringraziare”. Posti di lavoro nel comune venivano usati come merce di scambio per la lealtà politica (pena il mancato rinnovo del contratto). Dall’altro, chi non si allineava veniva minacciato. Anche i commercianti locali: se esponevi il manifesto di un oppositore, rischiavi di perdere la licenza. La logica era: o con me, o contro di me.
* Controllo dell’Opposizione: L’opposizione a Renca era debole e frammentata, ma Barahona non lasciava nulla al caso. Le aggressioni verbali e fisiche, anche dentro il municipio, erano all’ordine del giorno, riportate persino dai media nazionali. Candidati e consiglieri di opposizione venivano pedinati, fotografati, filmati, minacciati (“stai attento alla tua vita”, fu detto a un candidato). Un gruppo di fedelissime, soprannominate le “chicas superpoderosas” (Superpotentine), e presunti “matones” (picchiatori) al soldo del comune si occupavano del lavoro sporco. Ma c’era anche la cooptazione: alcuni consiglieri di opposizione passarono clamorosamente dalla sua parte, ricevendo in cambio favori (si parlava di case nuove…).
* Neutralizzazione di Altri Attori: Barahona controllava ferreamente le organizzazioni sociali, come le juntas de vecinos (consigli di quartiere). Se non riusciva a mettere un suo uomo alla guida, semplicemente non riconosceva l’organizzazione o la ostacolava. Un caso emblematico fu l’attacco alla Casa de la Mujer de Huamachuco, un centro indipendente per donne, la cui leader Aída Moreno fu oggetto di intimidazioni. I media locali erano deboli, ma anche quelli (pochi) critici venivano presi di mira. Si diceva avesse “agganci” importanti, sia nel suo partito a livello nazionale (per garantirsi protezione in cambio di voti), sia addirittura presso la Contraloría (l’organo di controllo delle finanze pubbliche) per insabbiare eventuali scandali, magari usando qualche funzionario come “capro espiatorio”.

Immagine fotorealistica che simboleggia il controllo e la sorveglianza a livello locale. Potrebbe essere una telecamera di sicurezza puntata su una piazza deserta di notte in un contesto urbano simile a Renca, o l'ombra di una figura che osserva da lontano un piccolo gruppo di persone che discutono. Obiettivo zoom 100mm, luce scarsa, atmosfera tesa, effetto duotone blu e grigio.

La Caduta (o la Ritirata Strategica)

Dopo 16 anni, nel 2016, tutti si aspettavano che Barahona si ricandidasse per un quinto mandato. E invece, a sorpresa, all’ultimo momento si tirò indietro, candidando al suo posto il suo amministratore municipale, Luis Japaz. Che però perse clamorosamente le elezioni. Cosa era successo?

Le spiegazioni ufficiali (stanchezza, bisogno di rinnovamento) convinsero pochi. La verità, secondo molti osservatori e protagonisti locali, è che Barahona fiutò l’aria. Non fu costretta a lasciare da pressioni nazionali (anzi, molti politici ammettevano di non essere riusciti a scalfirla). Fu una sua decisione, basata su un calcolo strategico. Perché?

* Erosione del consenso: Dopo 16 anni, la gente iniziava a essere stanca. Il suo stile autoritario pesava, il clientelismo non bastava più. “La gente si è stufata della mercanzia”, mi ha detto un leader sociale. Il suo sostegno elettorale, pur ancora forte, era in calo dal picco del 2008.
* Opposizione rinvigorita: Nelle elezioni del 2012, un candidato di opposizione, Cristian Bowen, aveva ottenuto un ottimo risultato (oltre il 40%), dimostrando che Barahona non era imbattibile. Questo aveva dato coraggio a un’opposizione prima frammentata.
* Critiche crescenti (anche sui social): Negli ultimi anni, erano nati gruppi sui social network (come “Oposición Renca. No más Vicky Barahona”) che denunciavano apertamente i suoi abusi, raggiungendo un pubblico più ampio. Lo scandalo delle presunte irregolarità elettorali del 2012 aveva attirato l’attenzione dei media nazionali.

In pratica, Barahona non riusciva più a garantire tutti e tre gli obiettivi del “manuale”. La sua base si stava erodendo, l’opposizione era più forte e organizzata, e le critiche (anche grazie ai social) erano più difficili da silenziare. Di fronte all’incertezza del risultato, scelse probabilmente di non rischiare una sconfitta personale, tentando (invano) di mantenere il controllo attraverso un suo uomo. Una ritirata strategica, insomma, dettata dalle dinamiche locali e dai suoi stessi errori o limiti, non da un intervento esterno.

Fotografia realistica di un manifesto elettorale di Vicky Barahona, strappato o sbiadito dal tempo, affisso su un muro scrostato in un contesto urbano cileno come Renca. Il volto sul manifesto appare stanco o superato. Obiettivo 50mm, colori desaturati, profondità di campo ridotta per isolare il manifesto.

Cosa ci insegna tutto questo?

La storia di Vicky Barahona e di Renca ci dice che il fenomeno dei caudillos locali è vivo e vegeto anche nei paesi unitari e centralizzati dell’America Latina, persino nelle grandi aree metropolitane. E per capirlo, dobbiamo smetterla di guardare solo ai modelli pensati per i sistemi federali e concentrarci di più su:

* L’esercizio del potere quotidiano e le pratiche politiche informali (dal clientelismo alle minacce).
* Le strategie messe in atto dai leader locali per coltivare la base, controllare l’opposizione e neutralizzare le critiche.
* I fattori locali, che spesso sono più determinanti delle dinamiche nazionali nel decretare la longevità (o la caduta) di questi personaggi.

L’inerzia o il tacito appoggio dei politici nazionali possono certamente aiutare questi caudillos a prosperare, ma alla fine, sembra che la loro sorte dipenda molto da quanto riescono a mantenere il controllo sul proprio territorio e da quanto sono abili (o fortunati) nel gestire il loro “menu” di pratiche informali senza superare una certa soglia di tolleranza.

È un campo di studio affascinante, che ci ricorda come la democrazia sia un processo complesso e territorialmente disuguale. Bisogna scavare sotto la superficie della politica nazionale per capire davvero come funziona il potere a livello locale. E voi, conoscete casi simili nelle vostre città o paesi? Fatemelo sapere!

Fonte: Springer

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