Fotografia macro con obiettivo da 100mm, alta definizione e illuminazione controllata, di un catetere endovenoso periferico neonatale (lungo o corto) inserito delicatamente nella vena di un braccio modello neonatale, simboleggiando l'accesso vascolare in terapia intensiva neonatale.

Cateteri Neonatali: Corto è Meglio o Lungo Vince? Facciamo Chiarezza!

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento super delicato ma fondamentale che riguarda i nostri pazienti più piccoli e fragili: i neonati in terapia intensiva. Nello specifico, ci tufferemo nel mondo degli accessi vascolari, quelle piccole “stradine” che ci permettono di somministrare terapie salvavita. Il titolo dello studio che prendiamo come riferimento è “Short versus long peripheral intravenous catheters in neonates: a retrospective cohort study”, e ci aiuterà a capire meglio quale tipo di catetere periferico sia più adatto per loro.

Accesso Vascolare: Un Pilastro Delicato in Neonatologia

Partiamo dalle basi: ottenere e mantenere un accesso venoso affidabile in un neonato è una vera sfida. Immaginate delle vene sottilissime, quasi invisibili, in un corpicino che si muove. Aggiungete la necessità di terapie che a volte durano a lungo e il rischio di complicazioni come infiltrazioni, stravasi (quando il liquido va fuori vena), flebiti (infiammazioni della vena) e infezioni. Insomma, non è una passeggiata!

Per fare chiarezza, useremo la terminologia più aggiornata e standardizzata a livello internazionale, così siamo sicuri di capirci bene. Parleremo principalmente di due tipi di dispositivi:

  • Cateteri Periferici Corti Neonatali (n-SPC): Sono i più comuni, facili da inserire e relativamente economici. Il loro grande limite? Spesso durano poco e non sono ideali per terapie prolungate o per farmaci un po’ “aggressivi” (vescicanti).
  • Cateteri Periferici Lunghi Neonatali (n-LPC): Noti anche come “midline” in alcune pubblicazioni, sono stati introdotti per “colmare il vuoto” tra i cateteri corti e quelli centrali. Sono progettati per durare di più (fino a 14 giorni, in teoria!) e offrire maggiore stabilità.

Il problema con gli n-SPC è che hanno un alto tasso di fallimento precoce. Studi indicano che fino al 70% smette di funzionare prima della fine della terapia a causa di spostamenti, occlusioni o complicazioni locali. Questo significa dover ripetere la procedura, causando più dolore al piccolo, aumentando il rischio di infezioni e altri problemi. Ecco perché l’interesse verso gli n-LPC è cresciuto.

Cosa Dicono gli Studi sugli n-LPC?

Gli n-LPC, grazie alla loro maggiore lunghezza che permette di raggiungere vene più profonde e al diametro ridotto che minimizza l’irritazione meccanica, sembrano promettenti, specialmente per i neonati molto prematuri o con basso peso alla nascita, che hanno poche opzioni venose. Alcuni studi, anche se spesso su piccola scala, hanno mostrato un profilo di sicurezza simile o addirittura migliore rispetto agli n-SPC, con meno complicazioni come flebiti e stravasi.

Tuttavia, non è tutto oro quello che luccica. Ci sono preoccupazioni riguardo al rischio di trombosi (formazione di coaguli) e al fatto che non siano adatti per somministrare soluzioni molto concentrate (ipertoniche), limitandone l’uso. Inoltre, la tecnica di inserimento è diversa e richiede una formazione specifica.

Lo Studio Retrospectivo: Cosa Abbiamo Scoperto?

Proprio per la scarsità di dati robusti che confrontino direttamente i due tipi di cateteri nei neonati, è stato condotto questo studio retrospettivo in una grande Terapia Intensiva Neonatale (TIN) a Doha, in Qatar, tra il 2019 e il 2022. Hanno analizzato un numero enorme di inserimenti: ben 34.464 cateteri (32.885 n-SPC e 1.579 n-LPC). L’obiettivo era confrontare le performance, soprattutto il tempo di permanenza e le complicazioni.

I risultati? Eccoli in sintesi:

Tempo di Permanenza e Stabilità: Punto agli n-LPC!

La differenza più eclatante è stata nel tempo di permanenza: gli n-LPC sono rimasti in sede funzionanti molto più a lungo degli n-SPC (in media 48 ore e mezza contro 34 ore, una differenza statisticamente molto significativa, p < 0.001). Questo è un vantaggio enorme, perché significa meno procedure dolorose per il neonato e una terapia più continua. Inoltre, le rimozioni accidentali sono state drasticamente inferiori con gli n-LPC (solo lo 0.3% contro il 2.6% degli n-SPC, p < 0.001). Questo conferma che gli n-LPC offrono un accesso più stabile, cosa cruciale quando ogni tentativo di incannulazione è prezioso. Foto macro con obiettivo da 60mm ad alta definizione e illuminazione controllata che mostra un confronto tra cateteri endovenosi periferici neonatali corti e lunghi, posizionati vicino a un modello di manina di neonato per evidenziare la scala e la delicatezza.

Complicazioni: Un Quadro più Complesso

Qui le cose si complicano un po’. Se da un lato gli n-LPC sono più stabili, dall’altro hanno mostrato tassi più alti di alcune complicazioni:

  • Flebite: Molto più comune negli n-LPC (16.1%) rispetto agli n-SPC (6.6%, p < 0.001). Questo potrebbe essere legato al tempo di permanenza più lungo o forse al diametro del catetere rispetto alla vena.
  • Infiltrazione/Stravaso Periferico (PIVIE): Anche qui, tassi più alti negli n-LPC (40.0%) rispetto agli n-SPC (29.9%, p < 0.001). Questo è stato addirittura il motivo principale per la rimozione degli n-LPC.
  • Gravità del PIVIE: Ancora più preoccupante, i casi di PIVIE grave (con un punteggio di gravità ≥ 30%) sono stati significativamente più frequenti con gli n-LPC (8.5% contro 2.8% negli n-SPC, p < 0.001).

Le occlusioni, invece, avevano tassi simili tra i due gruppi.

Questione di Diametro: 1 Fr vs 2 Fr

Lo studio ha anche analizzato i dati specifici per due diversi tipi di n-LPC utilizzati: i Premicath® da 1 French (Fr) e i Leaderflex® da 2 Fr (il French è un’unità di misura del diametro). È emerso che:

  • I cateteri da 1 Fr avevano un tempo di permanenza significativamente più lungo rispetto a quelli da 2 Fr (circa 50 ore contro 45 ore, p < 0.001).
  • La flebite era più frequente nei cateteri da 2 Fr (19.9%) rispetto a quelli da 1 Fr (14.4%).
  • Anche se il PIVIE era alto in entrambi, l’analisi suggerisce che i cateteri da 2 Fr erano associati a eventi di PIVIE più gravi.

Questo fa pensare che il diametro del catetere giochi un ruolo cruciale. Un catetere più sottile (1 Fr, diametro esterno 0.33 mm) rispetto a uno più spesso (2 Fr, diametro esterno 0.67 mm) occupa meno spazio nella piccola vena del neonato (miglior rapporto catetere/vena), riducendo potenzialmente l’irritazione meccanica e il rischio di complicanze come flebite e trombosi. Forse, in alcuni casi, la scelta di un catetere da 2 Fr non era ottimale per il diametro della vena del piccolo paziente.

Immagine macro con obiettivo da 80mm, alto dettaglio e illuminazione controllata, che simula una lieve flebite (rossore) vicino al sito di inserimento di un catetere IV su un arto modello neonatale, evidenziando la sfida clinica.

E la Colla Cianoacrilica?

Nello studio è stato anche valutato l’uso di una colla medica (ottil-butil-cianoacrilato) per fissare meglio il catetere. I risultati sono stati interessanti:

  • Per gli n-SPC, la colla ha aumentato significativamente il tempo di permanenza (in media di 18 minuti).
  • Per gli n-LPC da 1 Fr, non c’è stata una differenza significativa.
  • Per gli n-LPC da 2 Fr, l’uso della colla è stato associato a una potenziale riduzione del tempo di permanenza (anche se il dato non era statisticamente fortissimo). Forse il diametro maggiore del catetere, combinato con la rigidità della colla, aumentava lo stress sulla parete venosa? È un’ipotesi.

Tiriamo le Somme: Cosa Portiamo a Casa?

Questo studio, pur con i limiti di un’analisi retrospettiva e monocentrica, ci dà informazioni preziose. Gli n-LPC, specialmente quelli più sottili (1 Fr), sembrano offrire un’opzione più stabile ed efficace per l’accesso vascolare periferico a lungo termine nei neonati, garantendo una maggiore durata e riducendo le rimozioni accidentali.

Tuttavia, questo vantaggio va bilanciato con un rischio aumentato di flebite e, soprattutto, di PIVIE grave. La scelta del catetere giusto non è quindi banale e richiede un’attenta valutazione caso per caso, considerando:

  • La durata prevista della terapia.
  • Le caratteristiche del farmaco da infondere.
  • Le condizioni del paziente (peso, età gestazionale, stato delle vene).
  • Il diametro del catetere rispetto alla vena (qui l’ecografia pre-inserimento potrebbe aiutare molto!).

È fondamentale implementare strategie per ridurre il rischio di queste complicazioni, come un monitoraggio attentissimo del sito di inserzione (magari con nuove tecnologie di rilevamento PIVIE in tempo reale, anche se per ora testate solo su n-SPC) e una gestione ottimale dell’infusione.

Fotografia con obiettivo primario da 35mm, profondità di campo e luce soffusa, che ritrae un professionista sanitario mentre esamina attentamente un sito IV neonatale su un arto modello, suggerendo l'importanza del monitoraggio attento.

In conclusione, la scelta tra catetere corto e lungo nei neonati è un equilibrio delicato. Gli n-LPC, in particolare i modelli più sottili, rappresentano un passo avanti importante per garantire terapie più stabili, ma richiedono una vigilanza ancora maggiore per prevenire e gestire le complicanze. La ricerca futura, magari con studi prospettici e multicentrici che includano anche i dati sulle infezioni, ci aiuterà a definire ancora meglio il loro ruolo e a ottimizzare le strategie per la cura dei nostri pazienti più piccoli.

Fonte: Springer

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *