Cancro Gengivobuccale pT4a: Quando Profondità e Dimensione Fanno Davvero la Differenza
Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel mondo della ricerca oncologica, parlando di un tipo specifico di tumore della bocca: il carcinoma squamocellulare gengivobuccale. So che suona complicato, ma fidatevi, è un argomento che merita la nostra attenzione, soprattutto quando parliamo di stadi avanzati, come il cosiddetto pT4a.
Capire il “Nemico”: Cos’è il Carcinoma Gengivobuccale pT4a?
Il carcinoma squamocellulare (SCC) è il tipo più comune di tumore maligno che possiamo trovare nella cavità orale, rappresentando quasi il 95% di tutti i casi di cancro orale. Pensate che in alcune parti del mondo, come l’Asia sudorientale e Taiwan, dove abitudini come masticare la noce di areca e fumare sono diffuse, questo tipo di tumore è particolarmente frequente e colpisce spesso la mucosa buccale (l’interno della guancia) e le gengive.
Ora, quando un tumore viene classificato come “pT4a”, significa che è già abbastanza avanzato. Tradizionalmente, questa classificazione si basava sull’invasione di strutture vicine, come la pelle del viso o l’osso mascellare/mandibolare. Tuttavia, dal 2017, con l’ottava edizione del manuale di stadiazione dell’AJCC (American Joint Committee on Cancer), le cose si sono un po’ complicate (in senso buono, per la precisione diagnostica!). È stato introdotto un nuovo criterio: anche i tumori con una dimensione superiore ai 40 mm E una profondità di invasione (DOI – Depth of Invasion) maggiore di 10 mm vengono classificati come pT4a.
Quindi, ora abbiamo tre “modi” per essere classificati pT4a:
- Invasione della pelle del viso
- Invasione dell’osso (midollo osseo)
- Grande dimensione (>40 mm) E profonda invasione (>10 mm)
La domanda che sorge spontanea è: ma questi tre sottogruppi hanno lo stesso impatto sulla prognosi del paziente? Hanno lo stesso “peso” in termini di aggressività? È proprio quello che ha cercato di scoprire uno studio recente.
Lo Studio Sotto la Lente: Cosa Abbiamo Cercato?
Immaginate un team di ricercatori che si mette a spulciare i dati di 120 pazienti operati per un carcinoma gengivobuccale pT4a tra il 2010 e il 2021. L’obiettivo era chiarissimo: confrontare la sopravvivenza tra i pazienti che rientravano nel pT4a per invasione ossea, quelli per invasione cutanea e quelli per il criterio “dimensione + profondità”. Volevamo capire se uno di questi fattori fosse un “cattivo” peggiore degli altri.
Dei 120 pazienti analizzati (la stragrande maggioranza uomini, con un’età media di 57 anni):
- Il 55% (66 pazienti) mostrava invasione ossea.
- Il 51,7% (62 pazienti) aveva invasione della pelle.
- Il 36,7% (44 pazienti) rientrava nel criterio “dimensione > 40 mm e DOI > 10 mm”.
È importante notare che spesso queste caratteristiche si sovrapponevano: un paziente poteva avere sia invasione ossea che cutanea, per esempio. Questo ha reso un po’ complesso il confronto diretto tra i tre gruppi puri, ma ci ha permesso di analizzare l’impatto di ciascuna caratteristica.

La Scoperta Chiave: La Profondità Conta, Eccome!
E qui arriva il risultato più succoso dello studio. Tenetevi forte: analizzando la sopravvivenza globale (OS – Overall Survival), è emerso un dato potentissimo. I pazienti con una profondità di invasione (DOI) elevata (> 10 mm, associata a dimensione > 40 mm) avevano una sopravvivenza mediana significativamente peggiore rispetto a quelli con DOI superficiale (≤ 10 mm). Parliamo di 25,1 mesi contro 48,1 mesi! Una differenza notevole, statisticamente significativa (p=0.03).
Cosa significa? Che, almeno in questo gruppo di pazienti con carcinoma gengivobuccale pT4a, il fatto che il tumore si spingesse in profondità nei tessuti sembrava essere un indicatore prognostico più pesante rispetto alla semplice invasione dell’osso o della pelle. Infatti, quando i ricercatori hanno analizzato separatamente i gruppi con invasione ossea o cutanea, non hanno trovato differenze statisticamente significative nella sopravvivenza globale rispetto a chi non aveva quel tipo specifico di invasione.
Questo non vuol dire che l’invasione ossea o cutanea non siano gravi, attenzione! Ma suggerisce che, nel contesto del pT4a gengivobuccale, la combinazione di grande dimensione e profonda invasione potrebbe identificare un gruppo a rischio particolarmente elevato.
Non Solo DOI: Gli Altri Fattori Prognostici Indipendenti
Ovviamente, la prognosi di un tumore non dipende mai da un solo fattore. L’analisi multivariata (una tecnica statistica che cerca di isolare l’impatto di diverse variabili contemporaneamente) ha confermato che la DOI profonda era un fattore prognostico negativo indipendente. Ma non era sola. Altri due elementi sono emersi come predittori indipendenti di una prognosi peggiore:
1. Estensione Extranodale (ENE): Questo termine indica che il tumore non solo ha raggiunto i linfonodi del collo, ma è riuscito anche a “sfondare” la capsula del linfonodo stesso, invadendo i tessuti circostanti. È un segno noto di aggressività e maggior rischio di metastasi. Nello studio, l’ENE aumentava il rischio di esito sfavorevole di circa 2,35 volte.
2. Margini di Resezione Positivi: Significa che, dopo l’intervento chirurgico per rimuovere il tumore, l’analisi al microscopio ha rivelato cellule tumorali proprio sul bordo del tessuto asportato. Questo indica che potrebbero essere rimaste cellule cancerose nel paziente, aumentando il rischio di recidiva locale. Avere margini positivi aumentava il rischio di quasi 3 volte (HR = 2.96).
Quindi, un paziente con pT4a gengivobuccale, DOI profonda, ENE e margini positivi si trovava nella situazione prognostica più difficile.

Perché Questa Ricerca è Importante?
Questo studio, pur con i suoi limiti (è retrospettivo, basato su dati di un singolo centro e con un numero di pazienti non enorme), ci lancia un messaggio importante. Suggerisce che all’interno della categoria pT4a per il carcinoma gengivobuccale, il criterio basato su dimensione > 40 mm e DOI > 10 mm potrebbe essere più “potente” nel predire la prognosi rispetto ai criteri “classici” di invasione ossea o cutanea.
Questo potrebbe avere implicazioni future per la stadiazione di questi tumori. Forse, in future revisioni della classificazione AJCC, si potrebbe considerare di dare un peso diverso a questi fattori, almeno per i tumori localizzati specificamente nell’area gengivobuccale.
Inoltre, rafforza l’importanza di misurare e riportare accuratamente la profondità di invasione nei referti patologici. È un dato cruciale che aiuta l’oncologo a definire meglio il rischio del paziente e a pianificare le terapie adiuvanti (come radioterapia o chemioterapia dopo l’intervento) in modo più mirato. Sappiamo che la DOI è correlata a un maggior rischio di metastasi ai linfonodi e di recidive locali, e questo studio lo conferma anche all’interno del gruppo già avanzato pT4a.
Guardando al Futuro
Certo, come dicevo, ogni studio apre nuove domande. Serviranno ricerche più ampie, magari utilizzando database nazionali come il Taiwan Cancer Registry (TCR), per confermare questi risultati su una popolazione più vasta e per analizzare altri fattori importanti (come le abitudini di vita del paziente o le caratteristiche genetiche del tumore).
Tuttavia, il segnale è chiaro: nel complesso puzzle della prognosi del carcinoma gengivobuccale pT4a, la profondità con cui il tumore si infiltra nei tessuti è un pezzo fondamentale, forse anche più di quanto pensassimo prima. È un’informazione preziosa che ci aiuta a capire meglio la malattia e, speriamo, a combatterla in modo sempre più efficace.
Alla prossima!
Fonte: Springer
