Visualizzazione microscopica fotorealistica e ad alta definizione di una rete complessa di pareti cellulari vegetali illuminate da sonde CarboTag multicolore. Si vedono dettagli fini delle strutture cellulari in fluorescenza brillante su sfondo scuro. Obiettivo macro 100mm, illuminazione controllata, focus preciso sulle interconnessioni cellulari.

CarboTag: La Spia Segreta che Illumina la Vita Nascosta delle Piante

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi affascina tantissimo nel mondo della biologia vegetale: le pareti cellulari delle piante. Immaginatele non solo come il “muro” esterno delle cellule, ma come una vera e propria rete dinamica, un centro di comando cruciale per la vita della pianta. Queste pareti danno supporto strutturale, mediano la comunicazione tra cellule e funzionano come una piattaforma per segnali chimici e fisici. Sono fondamentali in ogni aspetto del ciclo vitale della pianta.

Il Mistero delle Pareti Cellulari

Nonostante la loro importanza, molti aspetti delle pareti cellulari rimangono un enigma. Studiarle *in vivo*, cioè nelle piante viventi, e capire le loro proprietà funzionali a livello subcellulare è sempre stata una sfida enorme. Le pareti sono strutture complesse, fatte di reti intricate di carboidrati, glicoproteine e recettori. Inoltre, la natura è furba: se qualcosa non funziona a dovere nella parete, ci sono spesso meccanismi di compensazione e ridondanza genetica che rendono difficile capire cosa stia succedendo realmente.

Gli strumenti tradizionali come la microscopia a fluorescenza hanno i loro limiti. Esistono sonde fluorescenti che si legano a componenti specifici, e anticorpi che riconoscono particolari epitopi della parete. Ma questi ultimi richiedono di “fissare” il campione, uccidendo le cellule, e di permeabilizzare la parete, impedendo quindi di osservare i processi dinamici in tempo reale. Ci sono anche biosensori geneticamente codificati, ma richiedono la possibilità di modificare geneticamente la pianta, cosa non sempre fattibile o semplice per tutte le specie. Mancava uno strumento chimico versatile, non tossico e capace di darci informazioni *funzionali* sulle pareti cellulari vive.

Ecco CarboTag: La Nostra Chiave d’Accesso

Ed è qui che entra in gioco la nostra idea: CarboTag. Abbiamo sviluppato un approccio modulare, una sorta di “cassetta degli attrezzi” chimica, per l’imaging funzionale delle pareti cellulari *in vivo*. Il cuore di CarboTag è un piccolo motivo molecolare sintetico, un acido boronico piridinico. Perché proprio questo? Ci siamo ispirati alla chimica che le piante stesse usano! L’acido borico naturale viene usato dalle piante come reticolante per i componenti della parete. Gli acidi boronici possono legarsi ai dioli presenti negli zuccheri, come quelli dei carboidrati della parete cellulare. Il problema è che gli acidi boronici “normali” funzionano meglio a pH neutro o basico, mentre le pareti cellulari delle piante sono tipicamente acide (pH 4-8). La nostra versione modificata, l’acido boronico piridinico, forma legami stabili proprio nell’intervallo di pH acido che ci interessa!

Abbiamo sintetizzato CarboTag in modo che avesse un gruppo “agganciabile” (un alchino), pronto per essere legato, tramite la cosiddetta “chimica click” (una reazione chimica efficiente e pulita), a qualsiasi molecola “cargo” dotata di un gruppo azidico. Questo cargo può essere un colorante fluorescente, un sensore, o potenzialmente anche altro.

Vedere le Pareti Come Mai Prima

La prima cosa che abbiamo fatto è stata legare CarboTag a diversi coloranti fluorescenti solubili in acqua, come AlexaFluor488 (verde), AF430 (ciano), sulfo-Cy3 (arancione) e sulfo-Cy5 (rosso lontano). Il risultato? Sonde che colorano specificamente le pareti cellulari delle radici di Arabidopsis thaliana (la nostra pianta modello) in modo eccellente e rapido, penetrando in profondità nel tessuto in soli 15-30 minuti! Abbiamo verificato che CarboTag si lega solo alla parete e non si inserisce nelle membrane cellulari.

Confrontando CarboTag con le sonde tradizionali come CalcoFluor White (CFW) e Renaissance SR2200, abbiamo visto una differenza abissale. Queste ultime impiegano ore per colorare solo l’epidermide e penetrano poco nel tessuto. Inoltre, dopo esposizioni prolungate (24 ore), mostrano segni di tossicità (cellule gonfie in modo anomalo), cosa che non accade con CarboTag. Anche il Propidium Iodide (PI), un altro colorante usato, penetra poco in condizioni normali e mostra tossicità e internalizzazione nel nucleo. CarboTag, invece, è risultato minimamente tossico alle concentrazioni usate per l’imaging, anche dopo 7 giorni di esposizione. Un altro vantaggio? La sua modularità ci permette di avere coloranti per pareti cellulari in tutto lo spettro visibile, facilitando esperimenti di “multiplexing”, dove si vogliono osservare contemporaneamente la parete e altre strutture cellulari marcate con proteine fluorescenti (come actina o microtubuli). E funziona anche con tecniche di imaging a super-risoluzione come AiryScan!

Immagine macro fotorealistica di cellule vegetali di radice di Arabidopsis thaliana illuminate da CarboTag-AF488, che mostra le pareti cellulari fluorescenti in verde brillante. Obiettivo macro 100mm, alta definizione, illuminazione controllata, focus preciso sulla struttura della parete.

Ma la cosa forse più entusiasmante è che CarboTag non si limita ad Arabidopsis. Abbiamo testato con successo queste sonde su un’ampia varietà di organismi del lignaggio verde: alghe verdi (Penium margaritaceum), felci (Ceratopteris richardii), muschi (Physcomitrium patens) ed epatiche (Marchantia polymorpha). Questo suggerisce che l’epitopo a cui CarboTag si lega è conservato in tutte queste specie, nonostante le notevoli differenze nella composizione delle loro pareti. Curiosamente, non siamo riusciti a colorare batteri (E. coli) o oomiceti (Phytophthora palmivora), suggerendo che il bersaglio non sia la cellulosa (presente negli oomiceti) ma forse la pectina, assente in questi organismi. Sorprendentemente, però, CarboTag funziona benissimo anche sulle alghe brune (Saccharina latissima e Saccharina rigidula), le cui pareti sono ricche di alginati, e colora anche gel di agar. Sembra quindi che CarboTag si leghi a idrogel di carboidrati idratati (pectina, alginati, agar) dove i gruppi diolo sono accessibili.

Oltre la Visione: Misurare le Proprietà Funzionali

Avere bei colori è fantastico, ma volevamo di più. Volevamo usare CarboTag per misurare *proprietà funzionali* della parete cellulare in tempo reale. E ci siamo riusciti! Abbiamo sviluppato tre tipi di reporter funzionali.

1. Misurare la Porosità della Rete

La parete cellulare deve essere resistente ma anche plastica per permettere la crescita. La sua struttura a rete, la sua “porosità”, è fondamentale. Abbiamo legato CarboTag a un “rotore molecolare” chiamato BDP (boro dipirrometene). Questa molecola ruota su se stessa quando viene eccitata dalla luce, ma la sua rotazione è ostacolata dall’ambiente circostante. Misurando il “tempo di vita della fluorescenza” (FLIM) – quanto tempo la molecola resta “accesa” dopo l’eccitazione – possiamo capire quanto sia “denso” o “poroso” l’ambiente intorno alla sonda. In pratica, misuriamo la dimensione delle maglie della rete di pectina.

Abbiamo usato CarboTag-BDP per studiare cosa succede quando inibiamo la sintesi di cellulosa con isoxaben (ISX). Le piante trattate mostrano pareti cellulari più “dense” (tempo di vita FLIM più alto), probabilmente come meccanismo di compensazione. Abbiamo anche analizzato mutanti del gene FERONIA (fer), un recettore chiave per il mantenimento dell’integrità della parete cellulare. Questi mutanti hanno pareti più “porose” (tempo di vita FLIM più basso) e più eterogenee rispetto al normale, spiegando forse perché hanno problemi meccanici. Infine, abbiamo osservato gli stomi (le aperture sulle foglie per gli scambi gassosi): quando si chiudono (indotto dall’ormone ABA), le pareti delle cellule di guardia diventano più porose. Questo dimostra che CarboTag-BDP può rivelare cambiamenti fisici dinamici nella parete.

Mappa FLIM fotorealistica di una radice di Arabidopsis trattata con ISX e marcata con CarboTag-BDP. Colori falsi indicano la vita media della fluorescenza (porosità). Obiettivo macro 60mm, alta definizione, visualizzazione scientifica della densità della parete cellulare.

2. Misurare il pH della Parete

La crescita delle cellule vegetali è legata alla cosiddetta “teoria della crescita acida”: un abbassamento del pH nell’apoplasto (lo spazio della parete cellulare) attiva proteine (espansine) che “allentano” la parete, permettendo alla cellula di espandersi sotto la pressione di turgore. L’ormone auxina, ad esempio, promuove la crescita acidificando l’apoplasto. Anche i patogeni possono manipolare il pH della parete per facilitare l’invasione. Misurare il pH *dentro* la parete in vivo è difficile. I metodi esistenti hanno limitazioni (fotosensibilità, tossicità, misurazioni solo superficiali, necessità di ingegneria genetica, sensibilità a variazioni di concentrazione).

Abbiamo creato un sensore di pH basato su FLIM legando CarboTag al colorante sensibile al pH Oregon Green (OG). CarboTag-OG si localizza nella parete e il suo tempo di vita della fluorescenza cambia in modo prevedibile con il pH (più acido = tempo di vita più basso). Usando questo sensore, abbiamo confermato che la zona di allungamento della radice di Arabidopsis è più acida rispetto all’apice e alla zona di maturazione, come previsto dalla teoria della crescita acida. Abbiamo anche dimostrato che trattando le radici con auxina o fusicoccina (una tossina fungina che attiva le pompe protoniche) si ottiene una rapida acidificazione dell’apoplasto, misurabile come una diminuzione del tempo di vita FLIM. È importante notare che, a causa della complessità chimica della parete, è difficile ottenere una calibrazione *quantitativa* assoluta del pH da questi dati FLIM, ma possiamo misurare in modo affidabile le variazioni *relative* di pH.

3. Rilevare le Specie Reattive dell’Ossigeno (ROS)

Le ROS (come il perossido di idrogeno) sono molecole segnale fondamentali in tantissimi processi, dallo sviluppo alla risposta alle ferite e alla difesa dai patogeni. Nell’apoplasto, le ROS hanno un ruolo antimicrobico e partecipano alla reticolazione di componenti della parete come le glicoproteine estensine. Rilevare le ROS specificamente *nell’apoplasto* è sempre stato problematico.

Abbiamo adattato una sonda ROS esistente (BODIPY 581/591 C11), che cambia colore da rosso a verde quando viene ossidata, legandola a CarboTag. Per migliorare la sua specificità per la parete cellulare e ridurre l’inserimento nelle membrane (essendo la sonda originale un po’ idrofobica), abbiamo aggiunto uno spaziatore idrofilico, creando CarboTag-Ox. Questa sonda si localizza prevalentemente (~70%) nella parete. L’abbiamo testata esponendo le piante a ROS generati esternamente (reazione di Fenton): abbiamo visto la sonda “accendersi” di verde nel tempo, indicando l’ossidazione. Poi, abbiamo simulato un attacco patogeno trattando le piante con flg22, un frammento di proteina batterica che scatena una risposta immunitaria che include un “burst” di ROS. Con CarboTag-Ox, abbiamo potuto visualizzare in tempo reale la produzione di ROS nell’epidermide della radice e la sua diffusione alle cellule corticali interne.

Microscopia fotorealistica di cellule epidermiche di radice di Arabidopsis che mostrano un cambiamento di colore del sensore CarboTag-Ox dopo trattamento con flg22, indicando la produzione di ROS. Obiettivo macro 105mm, alta definizione, focus preciso sulle pareti cellulari, illuminazione controllata.

Un Nuovo Mondo di Possibilità (con qualche avvertenza)

In sintesi, CarboTag ci offre un modo nuovo, potente e versatile per studiare le pareti cellulari delle piante vive. I suoi vantaggi principali sono:

  • Permette l’imaging live e funzionale.
  • È modulare: si possono attaccare diversi tipi di cargo (coloranti, sensori).
  • Penetra rapidamente nei tessuti senza bisogno di agenti stressanti.
  • È poco tossico rispetto alle alternative.
  • Funziona su un’ampia gamma di specie vegetali e algali senza necessità di modifiche genetiche.
  • Permette esperimenti di multiplexing e imaging a lungo termine.

Ovviamente, ci sono anche delle limitazioni. Abbiamo notato che CarboTag fatica a penetrare in tessuti protetti da barriere spesse, come cuticole (su gemme di Marchantia o talli di Ceratopteris) o la striscia di Caspari nella zona di maturazione della radice, o le primordia radicali laterali prima dell’emergenza. L’uso in specie o tessuti non ancora testati potrebbe richiedere ottimizzazione. Inoltre, i sensori basati su FLIM (porosità e pH) sono sensibili all’ambiente chimico locale. Questo rende difficile la calibrazione quantitativa assoluta e può causare artefatti (come quenching della fluorescenza) sulla superficie esterna della radice o in zone danneggiate. Per questo, siamo stati cauti nell’interpretare i dati di pH in termini assoluti, concentrandoci sulle variazioni relative.

Nonostante queste sfide, le potenzialità sono enormi. Immaginiamo già estensioni di questo approccio: sensori CarboTag per il calcio apoplastico, per altri ioni, per lo stato redox. Si potrebbe persino usare CarboTag per veicolare molecole bioattive (come ormoni) specificamente nella parete cellulare, per studiare dove avviene la percezione del segnale.

CarboTag apre davvero la strada alla creazione di mappe dinamiche e quantitative delle proprietà fisico-chimiche delle reti della parete cellulare vegetale con una risoluzione subcellulare, permettendoci di svelare molti dei segreti ancora nascosti in queste affascinanti strutture.

Fonte: Springer

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *