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Liberia: Aborto Sicuro e Cure Post-Aborto, le Strutture Sono Pronte? Un’Indagine Rivela la Realtà

Amici e amiche, oggi voglio portarvi con me in un viaggio un po’ complesso, ma tremendamente importante, che tocca le corde della salute femminile e dei diritti umani. Mi sono imbattuto in uno studio recente, datato 2021, che getta una luce, a tratti cruda, sulla capacità delle strutture sanitarie pubbliche in Liberia di offrire servizi di aborto sicuro e cure post-aborto. E, ve lo dico subito, la situazione merita tutta la nostra attenzione.

Il Contesto Liberiano: Una Legge Restrittiva e le Sue Conseguenze

Per capire bene di cosa stiamo parlando, dobbiamo fare un passo indietro. In Liberia, l’aborto è fortemente limitato dalla legge, il Codice Penale del 1978 per la precisione. Ci sono delle eccezioni, certo: se la vita della donna è in pericolo, per preservarne la salute fisica o mentale, in caso di gravidanza derivante da stupro, incesto o altre forme di violenza sessuale, oppure se ci sono gravi malformazioni fetali. Nonostante queste restrizioni, gli aborti indotti sono una realtà diffusa. Pensate che uno studio ha stimato circa 38.400 aborti indotti nel 2021, il che si traduce in un tasso di 30.7 aborti ogni 1.000 donne in età riproduttiva. Il problema grosso? La maggior parte di questi avviene con metodi e procedure non sicuri.

E qui casca l’asino, come si suol dire. Gli aborti non sicuri sono una delle principali cause di malattia e morte materna. Molte donne, purtroppo, sviluppano complicazioni talmente gravi da richiedere un trattamento urgente in ospedale. Immaginatevi: infezioni, sepsi, emorragie… un incubo. Lo studio che ha fatto emergere questi dati ha anche rivelato che ben il 67% delle donne che cercano cure post-aborto si rivolge a strutture sanitarie pubbliche. Questo ci fa capire quanto sia cruciale che queste strutture siano attrezzate e pronte.

Il governo liberiano, va detto, si è impegnato ad affrontare il problema della mortalità materna legata all’aborto, puntando a fornire cure post-aborto (PAC, dall’inglese Post-Abortion Care) complete e di qualità. Ci sono stati anche dei passi avanti a livello politico, come le Linee Guida Nazionali per l’Assistenza Completa all’Aborto del 2019, che dovrebbero aiutare il personale sanitario a offrire questi servizi. Addirittura, nel 2022, si parlava di una revisione della Legge sulla Salute Pubblica che avrebbe potuto ampliare l’accesso all’aborto sicuro. Un passo che sarebbe stato epocale!

L’Indagine: Cosa Abbiamo Scoperto?

Ma torniamo al nostro studio, quello che ha valutato la capacità effettiva delle strutture. Si tratta di un’indagine basata sulle cosiddette “funzioni segnale” (signal functions), un metodo già usato in altri Paesi per capire se le strutture hanno tutto ciò che serve: personale formato, attrezzature, farmaci, forniture. L’indagine ha coinvolto 48 strutture sanitarie pubbliche in Liberia, tra cliniche, centri sanitari e ospedali, tra settembre e novembre 2021.

L’obiettivo era chiaro: capire fino a che punto queste strutture fossero in grado di fornire servizi di aborto sicuro (SAC, Safe Abortion Care) e cure post-aborto (PAC), sia a livello base che completo. Per farlo, hanno intervistato personale sanitario esperto in materia, utilizzando un questionario strutturato.

I Risultati Nudi e Crudi: Cure Post-Aborto (PAC) – Luci e Ombre

Allora, cosa è emerso? Partiamo dalle cure post-aborto (PAC).

  • Il 65% delle 48 strutture è stato classificato come in grado di fornire cure post-aborto di base. Queste includono interventi come la rimozione dei prodotti del concepimento ritenuti (con farmaci o chirurgicamente), antibiotici, fluidi per via endovenosa, metodi contraccettivi a breve termine e la capacità di indirizzare le pazienti ad altre strutture se necessario (referral).
  • Scendendo nel dettaglio, il 73% degli ospedali e il 76% dei centri sanitari soddisfacevano i requisiti per il PAC di base, contro solo il 44% delle cliniche. Una differenza notevole, anche se statisticamente non considerata “significativa” in questo campione.
  • La buona notizia è che quasi tutte le strutture (96%) potevano gestire la rimozione dei prodotti del concepimento e il 94% aveva a disposizione almeno un metodo contraccettivo a breve termine. Tutte fornivano fluidi IV e ossitocici.
  • La nota dolente per il PAC di base? La capacità di referral: solo il 71% delle strutture totali aveva sistemi adeguati per trasferire le pazienti, e questa percentuale scendeva drasticamente alla metà per le cliniche. E questo è un problema serio, perché spesso sono proprio le cliniche di primo livello ad avere bisogno di inviare pazienti a strutture più attrezzate.

Interno di una clinica rurale in Liberia, pulita ma con attrezzature essenziali. Una luce fioca entra da una finestra, illuminando un lettino medico vuoto. Lente prime da 24mm, per un'ampia visuale della stanza, colori naturali, atmosfera tranquilla ma che suggerisce la mancanza di risorse avanzate.
Passiamo ora alle cure post-aborto complete (comprehensive PAC). Qui la situazione si fa più critica. Per essere “completa”, una struttura, oltre a tutto il PAC di base, deve poter offrire contraccettivi a lunga durata, trasfusioni di sangue e procedure chirurgiche complesse come la laparotomia.

  • Solo il 28% degli ospedali e dei centri sanitari (le cliniche sono escluse da questa analisi perché non ci si aspetta che forniscano questi servizi) è risultato in grado di offrire PAC completo.
  • La differenza tra ospedali (47% capaci) e centri sanitari (solo il 12%) è statisticamente significativa.
  • Mentre la maggior parte (91%) poteva fornire contraccettivi a lunga durata, le cose peggioravano per le trasfusioni di sangue (tutti gli ospedali, ma solo il 12% dei centri sanitari, nonostante dovrebbero farlo entrambi) e per le procedure chirurgiche avanzate (53% degli ospedali e 29% dei centri sanitari).

Questi dati ci dicono che, sebbene ci sia una capacità discreta per le cure post-aborto di base, quando si tratta di interventi più complessi e salvavita, le lacune sono evidenti, soprattutto nei centri sanitari.

E l’Aborto Sicuro (SAC)? Un Quadro Ancora Più Critico

Se pensavate che la situazione fosse complessa per il PAC, aspettate di sentire quella del SAC (Safe Abortion Care), ovvero l’interruzione di gravidanza legale e sicura.

  • Solo il 27% delle strutture totali è stato classificato come in grado di fornire SAC di base. Anche qui, ospedali (27%) e centri sanitari (35%) erano messi leggermente meglio delle cliniche (19%), ma le differenze non erano statisticamente rilevanti.
  • L’ostacolo maggiore? La capacità di effettuare interruzioni di gravidanza legali nel primo trimestre: solo il 29% delle strutture aveva dichiarato di averlo fatto negli ultimi sei mesi.

Per quanto riguarda il SAC completo (che include anche l’interruzione nel secondo trimestre, oltre a trasfusioni e chirurgia), i numeri crollano ulteriormente:

  • Appena il 16% degli ospedali e dei centri sanitari analizzati era in grado di fornirlo.
  • Meno di un terzo degli ospedali (27%) e un solo centro sanitario nel campione soddisfacevano tutti i criteri.
  • Solo il 22% delle strutture aveva effettuato un’interruzione di gravidanza legale, medica o chirurgica, nel secondo trimestre negli ultimi sei mesi.

Questi numeri sono bassi, molto bassi. E riflettono, ovviamente, il quadro legale restrittivo della Liberia.

Perché Queste Lacune? Le Ragioni Dietro i Numeri

Lo studio ha anche cercato di capire perché certi servizi non venivano offerti. Le ragioni sono varie e complesse:

  • Per i servizi PAC non erogati, le barriere principali erano la mancanza di forniture o attrezzature necessarie (50% delle strutture che non li fornivano) e il fatto che fossero contro la politica dell’ospedale (50%). Curiosamente, il 75% ha anche dichiarato di non aver avuto casi che richiedessero tali procedure.
  • Per il SAC, circa la metà delle strutture che non lo fornivano ha dichiarato di non aver avuto casi, sia nel primo che nel secondo trimestre. Molte hanno anche riferito che i servizi SAC non erano disponibili al loro livello di struttura o erano contro la politica dell’ospedale.
  • Un dato preoccupante: circa un quarto delle strutture che non avevano fornito SAC negli ultimi sei mesi ha citato come motivo le obiezioni etiche o morali del personale sanitario.
  • La mancanza di forniture o attrezzature è stata la ragione principale per la non erogazione di trasfusioni di sangue (67%), mentre per le procedure chirurgiche per gestire le complicazioni da aborto, la ragione più citata è stata la mancanza di casi (58%).

La “mancanza di casi” per il PAC merita una riflessione. Lo studio stesso suggerisce che i casi di PAC a volte vengono registrati in modo diverso o deliberatamente nascosti. Tuttavia, è anche vero che alcune strutture, specialmente quelle urbane o molto remote e di livello inferiore, hanno riportato pochissimi casi all’anno.

Guardando al Futuro: Sfide e Proposte per un Cambiamento Reale

Cosa ci dice tutto questo? Che c’è un bel po’ di lavoro da fare in Liberia. Anche se la capacità di fornire PAC di base sembra migliore rispetto ad altri Paesi africani citati nello studio (come Burkina Faso, Etiopia, Nigeria), ci sono ancora margini di miglioramento enormi, specialmente per le cliniche, che sono il primo punto di contatto per la maggioranza delle pazienti. E la debole capacità di referral è un campanello d’allarme.

La capacità limitata di fornire PAC completo e, soprattutto, SAC (sia base che completo) è un problema serio. Lo studio sottolinea come la piena implementazione delle Linee Guida Nazionali per l’Assistenza Completa all’Aborto del 2019 potrebbe rafforzare questi servizi, assicurando risorse adeguate e formazione del personale.
Un gruppo di operatori sanitari liberiani partecipa a una sessione di formazione in un'aula luminosa. Attenzione e coinvolgimento sui loro volti. Lente zoom 24-70mm per catturare sia il gruppo che i dettagli dell'interazione, illuminazione naturale, colori vividi per trasmettere un senso di progresso.
Tra le proposte chiave emerse, mi sembrano fondamentali:

  • Investire nella formazione continua del personale sanitario, specialmente quello di medio livello (infermieri, ostetriche), per garantire servizi sicuri e di qualità. Questo aiuterebbe anche a chiarire eventuali confusioni sulle politiche ospedaliere e ministeriali.
  • Introdurre sessioni di “Chiarificazione dei Valori e Trasformazione degli Atteggiamenti” (VCAT). Questo tipo di formazione è cruciale per affrontare le norme socio-culturali e le convinzioni religiose che possono ostacolare l’erogazione dei servizi, promuovendo un atteggiamento rispettoso da parte degli operatori.
  • Rafforzare i meccanismi di referral, soprattutto quando gli operatori sollevano obiezione di coscienza per il SAC.
  • Migliorare i sistemi di approvvigionamento per farmaci, materiali e attrezzature necessari per il PAC.
  • Potenziare le strutture di primo livello (cliniche), dato che gestiscono la maggior parte dei casi di PAC.

E poi c’è la questione legale. Se la proposta di Legge sulla Salute Pubblica dovesse passare, liberalizzando l’aborto, ci sarebbe un aumento della domanda di SAC. Ma, come evidenzia lo studio, le barriere legate alla mancanza di attrezzature e alle obiezioni morali del personale rimarrebbero. Quindi, qualsiasi cambiamento legislativo deve andare di pari passo con linee guida chiare sulle responsabilità del personale, miglioramenti nella catena di approvvigionamento e una formazione VCAT completa.

Certo, lo studio ha i suoi limiti: un campione relativamente piccolo e concentrato geograficamente, la mancanza di alcuni indicatori chiave come la disponibilità di personale formato per numero e orario. Questo significa che i risultati potrebbero non essere generalizzabili a tutta la Liberia e potrebbero persino sovrastimare la capacità, dato che il campione era più concentrato in una regione più sviluppata.

Nonostante ciò, questa analisi è la prima del suo genere in Liberia e fornisce dati cruciali. Ci dice, senza mezzi termini, che c’è una discrepanza tra l’impegno politico e la realtà sul campo. Migliorare la disponibilità e l’accessibilità dei servizi PAC e SAC è fondamentale per la salute materna. E questo, amici miei, richiede un impegno concreto per rafforzare i sistemi sanitari a tutti i livelli. La strada è ancora lunga, ma studi come questo ci indicano la direzione.

Fonte: Springer

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