Il Canto Nascosto delle Balene: Segreti Acustici dall’Artico Intorno alle Svalbard
Avete mai pensato a cosa succede sotto la spessa coltre di ghiaccio dell’Artico durante i lunghi e bui mesi invernali? Io sì, e recentemente mi sono imbattuto in uno studio affascinante che getta una luce – o meglio, un suono – su uno degli abitanti più maestosi e misteriosi di quelle acque gelide: la balena della Groenlandia (Balaena mysticetus). Questi giganti sono gli unici cetacei misticeti (quelli con i fanoni, per intenderci) a passare tutta la loro vita nell’Artico, in stretta simbiosi con il ghiaccio marino. E, a quanto pare, sono dei veri e propri cantanti!
Uno studio recente, intitolato “Singers of the high Arctic”, ha utilizzato il monitoraggio acustico passivo (PAM) per ascoltare questi incredibili animali intorno all’arcipelago delle Svalbard, in Norvegia, tra il 2017 e il 2022. Immaginate delle “orecchie” subacquee, degli idrofoni, posizionati in sei punti strategici, che registrano continuamente i suoni dell’oceano. L’obiettivo? Capire quando e dove le balene della Groenlandia fanno sentire la loro voce, e se questo comportamento è legato alle condizioni ambientali, in particolare alla presenza del ghiaccio marino.
Chi Sono Questi Cantanti Polari?
Prima di tuffarci nei risultati, spendiamo due parole su questi protagonisti. Le balene della Groenlandia sono creature straordinarie, perfettamente adattate al clima rigido dell’Artico. Hanno uno strato di grasso spessissimo per isolarsi dal freddo e immagazzinare energia, non hanno la pinna dorsale (che sarebbe un impiccio tra i ghiacci) e possono usare la loro testa massiccia per rompere lastre di ghiaccio spesse fino a 60 cm per respirare! Sono anche tra i mammiferi più longevi del pianeta.
Il ghiaccio marino non è solo una piattaforma, è il loro rifugio: li protegge dalle tempeste, dai predatori come le orche, e offre zone ricche di cibo stagionalmente. La popolazione studiata, quella di Spitsbergen (nota anche come stock Groenlandia Orientale-Svalbard-Mare di Barents), è purtroppo classificata come in pericolo. Un tempo numerosissima (si stima oltre 50.000 individui adulti nel 1611!), la caccia commerciale l’ha portata sull’orlo dell’estinzione all’inizio del XX secolo. Oggi si pensa che conti almeno qualche centinaio di individui, ma i dati sono ancora scarsi.
Curiosamente, a differenza di altre popolazioni di balene della Groenlandia che migrano seguendo il bordo del ghiaccio, quelle di Spitsbergen sembrano avere schemi meno definiti. Alcune passano l’inverno molto a nord, immerse nel pack. Forse è una strategia legata alla disponibilità di cibo, alle condizioni del ghiaccio o persino una “memoria storica” dovuta alla caccia, che ha favorito gli individui più legati alle zone ghiacciate e inaccessibili.
Mettersi in Ascolto: Il Potere dell’Acustica Passiva
Studiare questi animali non è facile. Le survey visive sono limitate dal ghiaccio, dal buio invernale e dalle condizioni meteo estreme. Il tracciamento satellitare è costoso e complesso. Ecco perché l’acustica passiva è così preziosa: è un metodo non invasivo ed economico per monitorare le balene per lunghi periodi, sfruttando il fatto che sono animali molto… vocali!
Le balene della Groenlandia hanno un repertorio acustico vario:
- Chiamate semplici: Mugolii a bassa frequenza (sotto i 500 Hz), usati probabilmente per comunicare tra individui, presenti tutto l’anno.
- Sequenze di chiamate: Ripetizioni di chiamate simili, più frequenti in inverno.
- Canti: Segnali complessi e a banda larga (fino a 5 kHz), composti da “note” combinate e ripetute anche per ore. Si pensa siano prodotti dai maschi durante la stagione riproduttiva, come display acustico per competere con i rivali e attrarre le femmine. Sono tipicamente stagionali.
Lo studio ha analizzato migliaia di ore di registrazioni, concentrandosi sul periodo autunnale, invernale e primaverile (ottobre-maggio), quando le balene sono più attive vocalmente e i canti sono comuni.
Un Coro Sotto il Ghiaccio: Cosa Hanno Rivelato le Registrazioni
Ebbene sì, le balene della Groenlandia intorno alle Svalbard cantano eccome! Le loro vocalizzazioni sono state rilevate in tutti e sei i siti monitorati e in tutti i periodi di campionamento. Parliamo di oltre 20.600 ore di presenza acustica rilevata (quasi il 44% del tempo di registrazione totale!).
Tuttavia, ci sono state differenze significative tra luoghi e anni:
* Hotspot Acustici: Le registrazioni più intense e costanti sono arrivate dai siti a ovest (Stretto di Fram) e a nord-est delle Svalbard (in particolare un sito chiamato M2). Qui, la presenza acustica era elevatissima (rispettivamente 74% e 63% del tempo), suggerendo che queste aree siano fondamentali per lo svernamento e la riproduzione. La presenza massiccia di canti, soprattutto tra novembre e aprile con picchi a dicembre e gennaio, rafforza l’ipotesi che lo Stretto di Fram occidentale sia un’area di accoppiamento chiave, e suggerisce che l’area intorno a M2 possa essere una seconda zona riproduttiva appena scoperta per questa popolazione!
* Corridoi di Passaggio: Nei siti a nord delle Svalbard (chiamati 13E, 26E e Atwain), la presenza acustica era molto più bassa, sporadica e variabile. Questo fa pensare che queste zone siano utilizzate più come corridoi di movimento tra le regioni preferite a ovest e a est dell’arcipelago, piuttosto che come aree di sosta prolungata. Studi di tracciamento recenti sembrano confermare questi spostamenti est-ovest.
Il Legame Indissolubile con il Ghiaccio
Uno dei risultati più importanti dello studio è la forte correlazione positiva trovata tra l’attività acustica delle balene (sia la presenza generale che, in particolare, i canti) e le alte concentrazioni di ghiaccio marino (SIC). In pratica: più ghiaccio c’è (soprattutto oltre l’80% di copertura), più le balene “parlano” e cantano. Questo non fa che sottolineare la loro natura profondamente legata al ghiaccio (ice-affiliated).
Nei siti come lo Stretto di Fram, dove il ghiaccio è spesso presente e abbondante in inverno, l’attività acustica era alta e costante. Nei siti a nord, con condizioni di ghiaccio più variabili (ghiaccio alla deriva influenzato da correnti e venti), l’attività era più sporadica. Anche nei siti a nord-est (M1 e M2), dove il ghiaccio è relativamente stabile ma con variabilità annuale nell’arrivo e scomparsa, si è vista una corrispondenza: ad esempio, nel sito M2, un ritardo nell’arrivo del ghiaccio in un anno corrispondeva a un inizio posticipato del periodo dei canti.
È affascinante pensare che questi canti complessi, legati alla riproduzione, avvengano proprio quando il ghiaccio è al suo massimo. Forse offre protezione, o forse è semplicemente l’ambiente prediletto in cui si sentono più sicure per dedicarsi a queste attività vitali. Certo, bisogna considerare che potrebbero essere presenti anche quando non vocalizzano, magari per evitare predatori come le orche in zone con meno ghiaccio.
Un Futuro Incerto nell’Artico che Cambia
Questo studio ci regala nuove, preziose informazioni sulla distribuzione e l’uso dell’habitat delle balene della Groenlandia nella regione delle Svalbard. Abbiamo scoperto dove preferiscono passare l’inverno, dove probabilmente si riproducono e come il ghiaccio marino sia cruciale per la loro presenza acustica, specialmente per i canti.
Ma c’è un’ombra che si allunga su queste scoperte: l’Artico sta cambiando a velocità impressionante a causa del riscaldamento globale. Il ghiaccio marino, l’habitat fondamentale per queste balene, si sta riducendo drasticamente. Cosa succederà a questa popolazione già vulnerabile quando il suo rifugio ghiacciato continuerà a sciogliersi?
I risultati di questo studio suonano come un campanello d’allarme. Comprendere a fondo il legame tra queste balene e il loro ambiente ghiacciato è essenziale per sviluppare strategie di conservazione efficaci e cercare di mitigare l’impatto dei cambiamenti climatici e delle attività umane (come il traffico navale o le prospezioni sismiche).
Dobbiamo continuare ad ascoltare i cantanti dell’Artico estremo. I loro canti non sono solo melodie affascinanti provenienti da un mondo remoto, ma anche indicatori preziosi della salute di un ecosistema unico e fragile, e un monito sulla necessità urgente di proteggerlo.
Fonte: Springer