Veduta grandangolare di un paesaggio urbano durante un'ondata di calore estiva opprimente. Aria tremolante per il caldo, persone che cercano ombra, cielo terso e sole accecante. Sensazione di disagio e calore intenso. Obiettivo grandangolare 20mm, messa a fuoco nitida sull'intera scena.

L’estate che scotta: quando il caldo aumenta il rischio di suicidio legato alle sostanze

Ciao a tutti! Sapete una cosa? L’estate, con le sue giornate lunghe e soleggiate, spesso la associamo a momenti felici, vacanze, relax. Ma c’è un lato meno conosciuto, più oscuro, che emerge da una recente ricerca: il legame tra le giornate particolarmente calde e un aumento del rischio di suicidio, in particolare quelli legati all’uso di sostanze. Sembra incredibile, vero? Eppure, uno studio condotto nella British Columbia, in Canada, ha messo in luce proprio questa correlazione preoccupante. E oggi voglio raccontarvi cosa ho scoperto leggendo questo lavoro, perché credo sia fondamentale parlarne.

Viviamo in un’epoca in cui i cambiamenti climatici stanno rendendo le ondate di calore sempre più frequenti e intense. Capire come questo influenzi non solo il nostro corpo, ma anche la nostra mente, diventa cruciale. E questo studio canadese ci offre uno spaccato importante su un aspetto specifico: i suicidi per auto-avvelenamento.

Ma perché il caldo fa questo effetto?

Prima di tuffarci nei dettagli dello studio, fermiamoci un attimo a pensare. Perché mai il caldo dovrebbe influenzare decisioni così estreme? Beh, le ipotesi sono diverse e complesse. Sappiamo che il caldo può peggiorare lo stress cronico e l’ansia. Alcuni studi hanno mostrato un aumento dei ricoveri per disturbi dell’umore, come la depressione, durante i periodi caldi.

A livello biologico, si pensa che le alte temperature possano scombussolare i livelli di alcuni neurotrasmettitori fondamentali per il nostro equilibrio psicologico, come la serotonina, la noradrenalina e la dopamina. Alterazioni in questi delicati equilibri chimici potrebbero esacerbare sintomi preesistenti di malattie mentali, inclusi i pensieri suicidari in chi soffre di depressione.

Ma non è solo chimica. Il caldo può influenzare direttamente il nostro umore, rendendoci più irritabili, aggressivi, frustrati. E non dimentichiamo il sonno: chi dorme bene quando fuori ci sono 35 gradi e non si ha l’aria condizionata? La privazione del sonno è un altro fattore che può pesare enormemente sulla salute mentale.

Infine, ci sono i fattori “circostanziali”. Pensiamo a chi vive in condizioni di precarietà abitativa, magari in case mal isolate e senza aria condizionata. Queste persone sono spesso più esposte al caldo intenso e, contemporaneamente, possono avere tassi più alti di problemi di salute mentale. È un intreccio complesso di fattori biologici, psicologici e sociali.

Cosa hanno scoperto i ricercatori in British Columbia?

Lo studio canadese ha utilizzato un metodo statistico chiamato “case-crossover stratificato nel tempo”. Sembra complicato, ma l’idea di base è confrontare la temperatura nel giorno in cui una persona ha tentato o completato il suicidio (il “giorno caso”) con la temperatura in altri giorni simili dello stesso periodo (i “giorni controllo”, ad esempio, gli stessi giorni della settimana nelle settimane immediatamente precedenti e successive). Questo permette di isolare l’effetto del caldo, tenendo sotto controllo fattori individuali che non cambiano nel breve periodo (come età, sesso, condizioni croniche).

I ricercatori hanno analizzato tre gruppi di dati:

  • Tentativi di suicidio per auto-avvelenamento segnalati al centro antiveleni della BC (DPIC) tra il 2012 e il 2023.
  • Decessi per suicidio tramite auto-avvelenamento registrati nelle statistiche vitali della BC tra il 2004 e il 2023.
  • Decessi per suicidio con metodi violenti (soffocamento, cadute, armi da fuoco) registrati nelle statistiche vitali della BC tra il 2004 e il 2023.

Hanno definito “giorno caldo” un giorno in cui la temperatura media era uguale o superiore al 95° percentile delle temperature registrate nei 28 giorni precedenti in quella specifica area locale (LHA – Local Health Area). Un approccio intelligente, perché tiene conto del fatto che ci si abitua al clima locale e che la percezione del “caldo” cambia durante l’estate e da zona a zona.

Fotografia realistica di una persona seduta vicino a una finestra in una giornata estiva molto calda e luminosa, con un'espressione pensierosa o stressata. Luce intensa che filtra, effetto foschia da calore fuori dalla finestra. Obiettivo 35mm, profondità di campo ridotta per focalizzare sull'individuo.

E i risultati? Sono stati piuttosto netti, almeno per quanto riguarda l’auto-avvelenamento. Nei giorni definiti “caldi”, le probabilità (Odds Ratio – OR) di tentativi di suicidio per auto-avvelenamento aumentavano del 19% (OR 1.19). Ancora più marcato l’aumento per i decessi per suicidio tramite auto-avvelenamento: le probabilità erano quasi una volta e mezza superiori (OR 1.48) nei giorni caldi rispetto ai giorni di controllo.

Il legame inaspettato con gli oppioidi

Scavando più a fondo, è emerso un dato particolarmente interessante e preoccupante. Quando i ricercatori hanno analizzato i tipi di sostanze utilizzate nei tentativi e nei decessi per auto-avvelenamento, hanno trovato un legame particolarmente forte con gli oppioidi.

Nei tentativi di suicidio, l’aumento del rischio nei giorni caldi era significativo per:

  • Oppioidi (OR 1.66 – il più alto!)
  • Combinazioni di oppioidi e analgesici
  • Alcol
  • Analgesici (non oppioidi)

Anche per i decessi per suicidio da auto-avvelenamento, il legame con gli oppioidi era evidente, con un rischio più che raddoppiato (OR tra 1.95 e 2.66 a seconda della definizione di “giorno caldo”). Questo nonostante gli oppioidi rappresentassero solo una piccola parte dei tentativi (1.8%) ma una quota più consistente dei decessi (13.9%).

Perché proprio gli oppioidi? Lo studio non dà una risposta definitiva, ma avanza delle ipotesi. Gli oppioidi possono causare disidratazione riducendo l’assunzione di liquidi. In un giorno caldo, la sudorazione aggrava la disidratazione, e questo può diventare pericoloso, specialmente in caso di overdose con perdita di coscienza. Potrebbe esserci una sovrapposizione tra suicidi intenzionali e overdose accidentali aggravate dal caldo.

Inoltre, non possiamo ignorare il contesto della crisi degli oppioidi che affligge la British Columbia (e non solo). Le persone con disturbo da uso di sostanze hanno un rischio maggiore di suicidio e spesso vivono in condizioni socio-economiche svantaggiate, con minore accesso ad alloggi climatizzati. Sono quindi più esposte al caldo, hanno un rischio di base più elevato e magari un accesso più facile a queste sostanze. È un circolo vizioso complesso.

Immagine macro fotorealistica di alcune pillole sparse su una superficie scura, illuminate da una luce laterale controllata per creare ombre drammatiche. Alta definizione, messa a fuoco precisa sui dettagli delle pillole. Obiettivo macro 100mm.

Non tutti i suicidi sono uguali (di fronte al caldo)

Un altro risultato importante dello studio è che questo legame con il caldo non è stato trovato per i suicidi commessi con metodi violenti (come soffocamento, cadute, armi da fuoco). L’Odds Ratio in questi casi era praticamente nullo.

Questo contrasta con alcuni studi precedenti fatti in altre parti del mondo, che avevano trovato un’associazione più forte proprio con i suicidi violenti. Perché questa differenza? Forse dipende da fattori regionali, come la diversa accessibilità a certi metodi (ad esempio, le armi da fuoco sono meno comuni in Canada che negli USA). O forse dipende da come viene definito e analizzato il “caldo”. Lo studio canadese, usando una definizione relativa di “giorno caldo”, potrebbe aver catturato dinamiche diverse rispetto a studi che usano la temperatura assoluta come predittore lineare.

Differenze tra gruppi e geografie

Lo studio ha anche evidenziato che l’effetto del caldo non è uguale per tutti. L’associazione tra giorni caldi e suicidi da auto-avvelenamento (sia tentati che completati) era più forte negli uomini. Per quanto riguarda l’età, i pattern erano diversi tra tentativi e decessi, senza un andamento chiarissimo.

Anche la geografia conta. L’associazione con i tentativi era più forte nella regione costiera (dove vive la maggior parte della popolazione della BC), mentre quella con i decessi era più marcata nell’altopiano secco (Dry Plateau). Questo suggerisce che il clima locale e forse l’adattamento della popolazione giocano un ruolo.

Cosa ci portiamo a casa?

Questo studio, pur con i suoi limiti (non considera l’umidità, l’inquinamento atmosferico, usa temperature aggregate), ci lancia un messaggio importante: le giornate estive particolarmente calde possono effettivamente aumentare il rischio di suicidio, specialmente quelli che coinvolgono l’auto-avvelenamento e in particolare l’uso di oppioidi.

L’effetto sembra essere rapido, legato alla temperatura del giorno stesso. Questo ha implicazioni per i sistemi di allerta caldo: forse dovrebbero essere più mirati e considerare anche singoli giorni molto caldi, non solo ondate di calore prolungate, soprattutto per proteggere le popolazioni più vulnerabili.

La variabilità geografica e tra sottogruppi (uomini, diverse fasce d’età, persone che usano specifiche sostanze) sottolinea la necessità di approcci di prevenzione personalizzati e contestualizzati. Non esiste una soluzione unica per tutti.

In un mondo che si sta riscaldando, capire e affrontare questi legami nascosti tra clima e salute mentale diventa sempre più urgente. Dobbiamo essere più consapevoli di come il caldo possa influenzare noi stessi e chi ci circonda, specialmente le persone più fragili. E dobbiamo supportare la ricerca che ci aiuta a comprendere meglio questi fenomeni complessi per poter intervenire in modo più efficace.

Fonte: Springer

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