Cuore e Mieloma Giovanile: Il Punteggio di Calcificazione Coronarica è Davvero un Oracolo?
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi ha davvero incuriosito e che tocca un tema delicato: il legame tra la salute del cuore e una malattia come il mieloma multiplo (MM), specialmente nei pazienti più giovani che affrontano terapie intense come il trapianto autologo di cellule staminali periferiche (aPBSCT).
Il Mistero del Punteggio CAC
Avete mai sentito parlare del punteggio di calcificazione delle arterie coronarie (CAC score)? In pratica, è un valore che otteniamo da una TAC (Tomografia Computerizzata) e che ci dice quante placche calcificate ci sono nelle arterie che portano sangue al cuore. In cardiologia, questo punteggio è un pezzo da novanta: ci aiuta a capire il rischio cardiovascolare di una persona, anche se non ha sintomi evidenti. Un punteggio alto, in genere, non è una buona notizia.
Si usa spesso il punteggio di Agatston, calcolato su TAC specifiche per il cuore. Ma esiste anche il punteggio di Weston, un po’ più “semplice”, che possiamo calcolare anche dalle TAC total body che si fanno per stadiare il tumore, senza bisogno di un esame dedicato solo al cuore. Comodo, no?
Perché Guardare al Cuore nel Mieloma Multiplo?
Vi chiederete: cosa c’entra il cuore con il mieloma multiplo? Beh, il MM è una malattia che colpisce tipicamente persone più avanti con l’età (l’età media alla diagnosi è sui 70 anni), quindi è facile che abbiano già qualche acciacco cardiovascolare. Ma non solo. Le terapie stesse usate per combattere il mieloma, compreso il trapianto autologo, possono avere un impatto sul cuore, a volte anche pesante.
Quindi, l’idea era: e se potessimo usare il CAC score, ottenuto magari “gratis” dalla TAC di stadiazione, per capire quali pazienti con MM, soprattutto quelli più giovani che affrontano il trapianto, hanno un rischio maggiore e magari una prognosi peggiore? Sarebbe un indicatore utile, un piccolo “oracolo” per prevedere la loro sopravvivenza globale (OS – Overall Survival).
La Nostra Indagine: Cosa Abbiamo Fatto?
Spinti da questa domanda, abbiamo deciso di vederci chiaro. Abbiamo fatto un’analisi retrospettiva, cioè siamo andati a riguardare i dati di pazienti con MM che avevano fatto il trapianto autologo nel nostro centro tra il 2009 e il 2019. Abbiamo incluso 127 pazienti (50 donne, età media circa 58 anni), un gruppo relativamente giovane per questa malattia, proprio perché candidati a una terapia intensiva come il trapianto.
Per ognuno di loro, abbiamo recuperato la TAC total body fatta al momento della diagnosi e un radiologo esperto ha calcolato il CAC score usando il metodo di Weston (che, ricordiamolo, è un buon surrogato del più famoso Agatston). Poi, abbiamo seguito questi pazienti nel tempo per vedere come andava la loro sopravvivenza.

I Risultati? Sorprendenti (e un po’ Controintuitivi)
E qui arriva il bello, o meglio, la sorpresa. Sapete cosa abbiamo scoperto? Che, in questo specifico gruppo di pazienti, il punteggio di calcificazione coronarica… non sembrava fare molta differenza sulla sopravvivenza!
Mi spiego meglio:
- Non c’era una differenza significativa nel CAC score medio tra chi è sopravvissuto e chi purtroppo non ce l’ha fatta (p=0.13).
- L’analisi statistica (regressione logistica) non ha mostrato alcuna correlazione tra il CAC score e la sopravvivenza globale (HR 0.92, p=0.35). In pratica, un CAC score più alto non significava una sopravvivenza più breve.
- Abbiamo diviso i pazienti in due gruppi: quelli senza calcificazioni (CAC score 0, circa il 52% del totale) e quelli con calcificazioni (CAC score 1 o più, circa il 48%). Nel primo gruppo sono deceduti 18 pazienti, nel secondo 9. Anche qui, nessuna differenza statisticamente significativa tra i due gruppi (p=0.20).
- Anche guardando le curve di sopravvivenza (le famose curve di Kaplan-Meier), i due gruppi (con e senza calcificazioni) avevano andamenti molto simili (p=0.34).
Abbiamo anche notato che i pazienti maschi avevano in media un CAC score più alto delle femmine (come spesso accade anche nella popolazione generale), ma neanche analizzando i sessi separatamente è emersa una correlazione tra CAC e sopravvivenza.
Perché Questo Risultato Inatteso?
Ok, lo ammetto, questo risultato ci ha un po’ spiazzato. Il CAC score è un indicatore così importante in cardiologia, e anche in alcuni studi oncologici (ad esempio sul tumore al polmone) sembra avere un suo peso prognostico. Perché nel nostro gruppo di pazienti con mieloma multiplo non è stato così?
Abbiamo provato a darci qualche spiegazione:
- L’età del gruppo: I nostri pazienti erano relativamente giovani (media 58 anni). Forse l’impatto delle calcificazioni coronariche si fa sentire di più a lungo termine, su una prospettiva di vita più lunga, mentre in questi pazienti la prognosi era purtroppo dominata dall’aggressività del mieloma stesso e dalla sua progressione in tempi relativamente brevi (il follow-up mediano era di 49 mesi).
- L’eterogeneità della malattia: Il mieloma multiplo è una malattia molto varia, con comportamenti biologici diversi. Forse questa eterogeneità “maschera” l’effetto di un fattore di rischio cardiovascolare come il CAC.
- Bias di selezione: Stiamo parlando di pazienti selezionati per una terapia aggressiva come il trapianto. Magari, involontariamente, erano pazienti già con un profilo di rischio cardiovascolare complessivamente più basso rispetto alla media dei pazienti con MM.
- Limiti dello studio: Come ogni studio, anche il nostro ha dei limiti. È retrospettivo, condotto in un solo centro, con un numero di pazienti non enorme (anche se sufficiente secondo i calcoli statistici preliminari). Inoltre, abbiamo usato il punteggio di Weston (da TAC non sincronizzata col cuore) invece dell’Agatston, anche se la correlazione tra i due è alta. Non avevamo dati precisi su eventuali eventi cardiovascolari maggiori (infarti, ictus) nei sopravvissuti.

Cosa Portiamo a Casa (e Cosa Serve Ancora)?
Quindi, cosa ci dice questo studio? Ci dice che, almeno in questo specifico contesto – pazienti giovani con mieloma multiplo sottoposti a trapianto autologo e con una sopravvivenza relativamente breve a causa della malattia ematologica – la presenza di calcificazioni coronariche visibili alla TAC non sembra essere un fattore predittivo affidabile per la sopravvivenza globale.
Questo non significa che il rischio cardiovascolare non sia importante in questi pazienti! Anzi, sappiamo bene che sia la malattia sia le terapie (inclusa la chemioterapia di condizionamento al trapianto) possono mettere a dura prova il cuore. La gestione del rischio cardiovascolare e la sorveglianza rimangono fondamentali.
Semplicemente, il CAC score da solo, in questa popolazione, potrebbe non essere l’indicatore giusto per stratificare il rischio di mortalità generale. L’impatto dei fattori di rischio cardiovascolari “classici”, definiti dalla TAC, sembra essere relativamente modesto quando si ha a che fare con una malattia così complessa e aggressiva.
C’è chiaramente bisogno di più ricerca in questo campo affascinante della cardio-oncologia. Servono studi più ampi, magari multicentrici, che seguano i pazienti per più tempo e che forse utilizzino metodi più avanzati per valutare il calcio coronarico (magari con l’aiuto dell’intelligenza artificiale sulle TAC di routine). Dobbiamo capire meglio le complesse interazioni tra malattia oncologica, terapie e salute cardiovascolare.
Per ora, teniamoci questo dato: nel mieloma multiplo giovanile post-trapianto, il cuore conta tantissimo, ma forse il semplice punteggio di calcificazione non è la sfera di cristallo che speravamo per predire la sopravvivenza.
Fonte: Springer
