Calcestruzzo Precompresso: La Sfida della Corrosione e la Nostra Arma Segreta con Fibre e Sabbia M
Amici dell’ingegneria e curiosi della scienza dei materiali, mettetevi comodi! Oggi voglio parlarvi di una sfida che ci tiene sulle spine da tempo: come rendere le nostre amate strutture in calcestruzzo precompresso più resistenti al passare del tempo e, soprattutto, a quel nemico subdolo chiamato corrosione. Sapete, quelle imponenti travi che vedete in ponti e grandi opere? Ecco, al loro interno c’è dell’acciaio ad alta resistenza che viene “teso” per dare maggiore robustezza. Ma se questo acciaio si corrode, sono guai seri.
La corrosione dell’acciaio di precompressione non è uno scherzo. Può ridurre drasticamente l’efficienza e la vita utile delle strutture. E il problema è che l’acciaio precompresso, essendo già sotto stress, è ancora più vulnerabile alla corrosione rispetto all’acciaio normale. Immaginatevelo come un elastico tesissimo: basta una piccola intaccatura e… ZAC! Per questo, capire a fondo come si comporta il calcestruzzo precompresso in ambienti aggressivi è fondamentale.
La nostra missione: svelare i segreti della resistenza
Nel nostro laboratorio, ci siamo chiesti: come possiamo dare una marcia in più a queste strutture? E così è partita la nostra avventura, focalizzandoci sull’effetto della corrosione sul comportamento a flessione di travi in calcestruzzo autocompattante (SCC). Ma non un SCC qualsiasi! Abbiamo usato miscele di classe M40 e M60, impiegando la sabbia M (Manufactured Sand, un’alternativa più sostenibile alla sabbia di fiume) come aggregato fine. E la ciliegina sulla torta? L’aggiunta di fibre di polipropilene (PPF).
Perché proprio queste scelte? Beh, il calcestruzzo autocompattante è fantastico: è più fluido, si mette in opera più facilmente e crea un’interfaccia migliore con l’armatura, potenzialmente offrendo una maggiore protezione contro la corrosione. La sabbia M sta diventando cruciale vista la scarsità di sabbia naturale. E le fibre di polipropilene? Sono come dei piccoli guerrieri che, dispersi nel calcestruzzo, possono aiutare a controllare le fessurazioni e migliorare la durabilità.
L’esperimento: travi sotto torchio!
Abbiamo preparato diverse provette di travi. Alcune “tradizionali” (si fa per dire, visto che erano già in SCC con sabbia M), altre arricchite con le nostre fibre di polipropilene. Poi, abbiamo sottoposto una parte di queste travi a un processo di corrosione accelerata. In pratica, le abbiamo messe in un ambiente “cattivo” per simulare in poco tempo quello che succederebbe in decenni di esposizione reale. Le altre travi, quelle non corrose, ci sono servite da confronto, come dei campioni di riferimento.
Una volta corrose (o meno), tutte le travi sono state sottoposte al test di flessione a quattro punti. Immaginate di appoggiare una trave su due supporti e poi applicare una forza in due punti al centro: questo ci permette di vedere come si piega, quando inizia a fessurarsi e qual è il suo carico massimo prima di cedere. Abbiamo misurato tutto: carico di fessurazione, carico ultimo, deformazione, capacità di assorbire energia e rigidezza.
I risultati: le fibre fanno la differenza!
E qui viene il bello! I risultati sono stati davvero illuminanti. La prima cosa che abbiamo notato è che le travi con le fibre di polipropilene hanno mostrato livelli di corrosione inferiori rispetto a quelle senza fibre, a parità di tempo e corrente applicata nel processo di corrosione accelerata. È come se le fibre avessero creato una sorta di scudo, rendendo più difficile per gli agenti aggressivi raggiungere l’acciaio. Nello specifico, nelle travi in SCC M40, la corrosione è scesa dal 3.8% al 2.9% grazie alle fibre. E nelle M60, dall’0.8% allo 0.5%. Non male, eh?
Un’altra osservazione interessante: il calcestruzzo di classe superiore, l’M60 SCC, si è comportato meglio dell’M40 SCC in termini di resistenza alla corrosione. Questo ha senso: un calcestruzzo più denso e compatto offre una barriera più efficace.
Ovviamente, la corrosione ha il suo impatto negativo. Come previsto, ha ridotto il carico di fessurazione, il carico ultimo, la duttilità (cioè la capacità di deformarsi prima di rompersi) e la capacità di assorbire energia delle travi. Per esempio, nelle travi M40 senza fibre, con un livello di corrosione del 3.8%, la resistenza ultima è calata del 9.21%. Ma qui entrano di nuovo in gioco le nostre amiche fibre: nelle travi M40 corrose con fibre (corrosione al 2.9%), la riduzione della resistenza ultima è stata solo del 6.25% rispetto al campione non corroso. Un bel recupero!
Cosa succede quando le travi si piegano?
Abbiamo analizzato attentamente come si sono comportate le travi sotto carico. La corrosione, come detto, riduce il carico che una trave può sopportare prima di iniziare a creparsi (carico di fessurazione) e il carico massimo che può reggere (carico ultimo). Anche la capacità della trave di piegarsi prima di rompersi (deformazione ultima) e la sua “tenacia” (capacità di assorbimento di energia) ne risentono.
- Carico di fessurazione: Le fibre hanno aiutato! Nelle travi M40 corrose con fibre, il carico di fessurazione era addirittura superiore a quello delle travi di riferimento non corrose. Questo è probabilmente dovuto all’effetto “ponte” delle fibre, che trattengono le micro-fessure.
- Carico ultimo e deformazione: La corrosione li riduce. Ma le fibre hanno limitato questa riduzione. Ad esempio, per le travi M40, la corrosione del 3.8% ha ridotto carico ultimo e deformazione del 9.21% e 7.14% rispettivamente. Con le fibre (corrosione 2.9%), il carico ultimo si è ridotto solo del 2.9% e la deformazione è addirittura aumentata leggermente!
- Assorbimento di energia (EAC): Questa è una misura di quanto “dura” è una trave. La corrosione lo fa crollare. Nelle travi M40, una corrosione del 3.8% ha ridotto l’EAC del 27.95%. Ma con le fibre (corrosione 2.9%), la riduzione è stata solo del 9.67%. Un miglioramento notevole!
- Rigidezza: La corrosione tende a “rammollire” le travi. Abbiamo osservato una riduzione della rigidezza elastica, ma l’effetto è stato meno marcato rispetto ad altri parametri. Le fibre hanno aiutato a mantenere una rigidezza leggermente superiore.
Modalità di rottura: questione di duttilità
Tutte le travi, alla fine, hanno ceduto per schiacciamento del calcestruzzo, come ci aspettavamo. Però, c’è una differenza importante: le travi corrose senza fibre hanno mostrato una rottura più fragile, più improvvisa. Quelle con le fibre, invece, hanno mantenuto un comportamento leggermente più duttile, meno improvviso, anche se corrose. Questo è un aspetto cruciale per la sicurezza: una struttura che “avvisa” prima di cedere è sempre preferibile.
Abbiamo anche osservato i pattern di fessurazione. Nelle travi M60 si sono viste meno crepe rispetto alle M40, probabilmente perché un calcestruzzo a più alta resistenza tende ad essere un po’ più fragile. Le fibre, anche qui, hanno giocato un ruolo positivo, aumentando il carico di fessurazione e riducendo l’ampiezza delle crepe.
Conclusioni: un futuro più resistente è possibile!
Allora, cosa ci portiamo a casa da questa lunga (ma spero affascinante) chiacchierata? Beh, diverse cose importanti:
- L’aggiunta di fibre di polipropilene (PPF) al calcestruzzo autocompattante migliora significativamente la sua resistenza alla corrosione. È come dare un’armatura extra, a livello microscopico, alle nostre travi precompresse.
- Un calcestruzzo di qualità superiore (come l’M60) offre di per sé una maggiore protezione contro la corrosione rispetto a uno di qualità inferiore (M40).
- La corrosione è un brutto cliente: riduce il carico di fessurazione, il carico ultimo, la deformazione ultima, la capacità di assorbimento di energia e la rigidezza delle travi.
- Le fibre di polipropilene non solo riducono il livello di corrosione, ma migliorano anche le prestazioni flessionali delle travi già corrose, rendendo la rottura meno fragile.
- L’uso di sabbia M si conferma una valida alternativa per produrre calcestruzzi performanti.
In sostanza, la nostra ricerca suggerisce che combinare un buon calcestruzzo autocompattante, magari di classe M60, con l’aggiunta di una percentuale ottimale di fibre di polipropilene (nel nostro caso lo 0.15% in volume) e l’uso di sabbia M, può essere una strategia vincente per costruire strutture in calcestruzzo precompresso più durature e sicure, capaci di resistere meglio all’attacco della corrosione. E questo, per noi ingegneri e per la società, è un risultato che ci fa ben sperare per il futuro delle nostre infrastrutture!
Fonte: Springer