Visualizzazione artistica di una complessa rete di dati genomici vegetali che si interconnettono, con al centro una molecola peptidica stilizzata che emana luce, simboleggiando la scoperta bioattiva. Obiettivo macro 105mm, alta definizione, illuminazione controllata per enfatizzare la struttura molecolare e la rete di dati.

Caccia al Tesoro nei Geni delle Piante: Nuove Armi Contro le Malattie Grazie al Mining del Trascrittoma!

Amici appassionati di scienza e scoperte, mettetevi comodi perché sto per raccontarvi una storia che ha dell’incredibile, un vero e proprio viaggio nel cuore pulsante del mondo vegetale, alla ricerca di tesori nascosti che potrebbero rivoluzionare il modo in cui combattiamo alcune malattie. Parlo di molecole straordinarie, i peptidi di sintesi ribosomiale e modificati post-traduzionalmente (RiPPs), piccole proteine che le piante producono per difendersi o per regolare la loro crescita, e che per noi possono rappresentare la base per nuovi farmaci.

Immaginatevi la quantità spropositata di informazioni genetiche disponibili oggi. Nel Sequence Read Archive (SRA) del NCBI, una sorta di gigantesca biblioteca digitale, ci sono dati di sequenziamento dell’RNA (RNA-seq) di quasi 10.000 specie di piante! Una miniera d’oro, direte voi. E avete ragione, ma c’è un “ma”. Questi dati sono spesso grezzi, non assemblati, il che rende la ricerca di geni specifici, come quelli che producono i nostri amati RiPPs, un’impresa titanica, come cercare un ago in un pagliaio grande quanto un continente.

La Sfida dell’Assemblaggio: Mettere Ordine nel Caos Genetico

Ecco, il primo grosso scoglio che abbiamo dovuto affrontare è stato proprio questo: come trasformare questa mole immensa di dati grezzi in qualcosa di interrogabile, di utile per la nostra caccia al tesoro? Abbiamo dovuto ottimizzare il processo di assemblaggio dell’RNA-seq. In pratica, si tratta di prendere miliardi di frammenti corti di sequenze genetiche e rimetterli insieme come in un puzzle complicatissimo, per ricostruire le sequenze complete dei geni espressi dalla pianta.

Per farvi capire l’importanza di questo passaggio: se non assembli bene, rischi di perderti pezzi fondamentali del gene che stai cercando, o di non riconoscerlo affatto. Abbiamo testato diversi “software assemblatori”, dei veri e propri architetti digitali, per capire quale fosse il più efficiente per il nostro scopo. Tra nomi come Trinity, SPAdes e MEGAHIT, abbiamo cercato quello che offrisse il miglior compromesso tra accuratezza, velocità e risorse computazionali richieste. E indovinate un po’? SPAdes si è rivelato il nostro campione, capace di ricostruire i trascrittomi in modo affidabile e relativamente veloce, anche quando si trattava di geni che codificano per peptidi ripetuti, una vera bestia nera per l’assemblaggio!

Pensate che confrontando la ricerca su dati non assemblati con quella su dati assemblati con SPAdes, i risultati sono stati lampanti. Cercare un motivo peptidico specifico (il “core” QLLVW dell’acido stefanotico) nei dati grezzi produceva una marea di falsi positivi (98-99%!). Invece, cercando omologhi di una ciclasi nota (l’enzima che produce questi peptidi) su dati assemblati, non solo abbiamo trovato più specie produttrici confermate, ma abbiamo anche ridotto drasticamente i falsi positivi e i costi computazionali. La dimensione del database da interrogare si riduceva allo 0.2% e il tempo di ricerca allo 0.5%! Una vittoria su tutta la linea.

Focus sull’Acido Stefanotico: Uno Scheletro Molecolare Promettente

Una volta messo a punto il nostro “setaccio” genetico, ci siamo concentrati su una classe particolare di RiPPs: i peptidi simili all’acido stefanotico. Questi composti hanno una struttura biciclica, cioè a due anelli, e uno di questi anelli, chiamato appunto “scaffold” (impalcatura) dell’acido stefanotico, è particolarmente conservato. Le moroidine sono un esempio di questi peptidi e hanno attirato la nostra attenzione perché, quando presentano un secondo macrociclo C-terminale, diventano citotossiche per alcune cellule tumorali del polmone (adenocarcinoma polmonare non a piccole cellule). L’acido stefanotico da solo, invece, non mostra questa attività. Quindi, quel secondo anello è la chiave!

Il nostro obiettivo era chiaro: usare il nostro super-database di trascrittomi assemblati per scovare nuovi analoghi delle moroidine, con strutture del secondo anello diversificate. Speravamo di trovare molecole con una bioattività ancora migliore. E ragazzi, le sorprese non sono mancate!

Un'immagine macro di filamenti di RNA digitalizzati che si intrecciano e si assemblano a formare strutture complesse, con un focus preciso su alcuni punti di connessione, illuminazione controllata per evidenziare i dettagli, obiettivo macro 90mm, high detail.

Abbiamo setacciato i trascrittomi di ben 7579 specie di piante, appartenenti a 498 famiglie diverse. Un lavoro immenso, che ha portato all’identificazione di oltre 27.000 sequenze di domini BURP, la regione dell’enzima ciclasi che ci interessa. Analizzando queste sequenze, abbiamo individuato candidati produttori di peptidi tipo acido stefanotico in 37 specie, appartenenti a 7 famiglie di piante in cui questi composti non erano mai stati segnalati prima. Abbiamo espanso la mappa del tesoro!

Le Nuove Stelle: Glechomanina, Mercurialina e una Moroidina Potenziata

Tra le scoperte più entusiasmanti, ci sono tre nuove molecole che voglio presentarvi.

La prima è la glechomanina, scovata nella Glechoma hederacea (l’edera terrestre, una pianta della famiglia delle Lamiaceae, la stessa della menta). Questa molecola ha una struttura biciclica interessante, dove il secondo anello si forma grazie a un triptofano C-terminale. Abbiamo confermato la sua esistenza e la sua struttura isolandola dalla pianta e anche producendola in laboratorio, esprimendo il gene della sua ciclasi (che abbiamo chiamato GheBURP) in piante di tabacco geneticamente modificate.

Poi è arrivata la mercurialina, identificata nella Mercurialis annua (la mercorella comune, della famiglia delle Euphorbiaceae). Anche lei biciclica, ma con il secondo anello che si forma grazie a una tirosina C-terminale. Un’altra novità assoluta! Come per la glechomanina, abbiamo confermato la sua produzione sia nella pianta d’origine (usando campioni d’erbario) sia tramite espressione eterologa del suo enzima (ManBURP) nel tabacco.

Ma la vera “celebrità” del gruppo, almeno per ora, è un analogo della moroidina che abbiamo trovato nella Stellaria aquatica (il centocchio acquatico, della famiglia delle Caryophyllaceae) e anche in una graminacea, la Sacciolepis striata. Questa molecola, che abbiamo chiamato moroidina-QLLVWRNH (dal suo core peptidico), ha mostrato una citotossicità significativamente più alta contro le cellule di adenocarcinoma polmonare non a piccole cellule (linea H1437) rispetto alla celogentina C, che era l’analogo della moroidina più potente conosciuto finora. Parliamo di un valore di IC50 (la concentrazione che uccide il 50% delle cellule) di 1.4 µM, ben cinque volte inferiore! E la cosa ancora più promettente è che questa molecola ha mostrato una tossicità limitata verso le cellule sane (fibroblasti), suggerendo una buona specificità per le cellule tumorali. Questo è un fattore cruciale per un potenziale candidato farmaco.

Abbiamo anche trovato altre moroidine in specie come Orchidantha maxillarioides (famiglia Lowiaceae), espandendo ulteriormente la distribuzione nota di questi composti a famiglie di piante dove non erano mai stati cercati prima.

Fotografia still life di diverse piante medicinali (Glechoma hederacea, Mercurialis annua, Stellaria aquatica) disposte su un tavolo da laboratorio accanto a becher contenenti estratti colorati e strumenti per l'analisi chimica. Obiettivo macro 70mm, alta definizione, illuminazione da studio controllata per esaltare i dettagli delle piante e la brillantezza dei liquidi.

Cosa Significa Tutto Questo? Oltre la Scoperta

Questo studio, amici, non è solo un elenco di nuove molecole. È la dimostrazione che il large-scale transcriptome mining, cioè l’analisi su vasta scala dei dati di espressione genica, è uno strumento potentissimo per ampliare il nostro arsenale di chimica farmaceutica. Abbiamo dimostrato che è possibile:

  • Identificare un assemblatore di trascrittomi (SPAdes) efficace per la scoperta di RiPPs su larga scala.
  • Creare database genetici interrogabili da una quantità enorme di dati grezzi.
  • Scoprire nuove varianti di scaffold peptidici noti, come quello dell’acido stefanotico, con potenziali bioattività migliorate.
  • Identificare nuovi legami crociati (come quelli Val-Trp nella glechomanina e Phe-Tyr nella mercurialina), che rappresentano nuove modifiche post-traduzionali nella biosintesi dei RiPPs.
  • Espandere la conoscenza della distribuzione chemotassonomica di queste molecole, trovandole in famiglie di piante inaspettate (graminacee, Lamiaceae, Caryophyllaceae, Euphorbiaceae, Lowiaceae).

La moroidina-QLLVWRNH, con la sua selettività e potenza contro le cellule tumorali polmonari, si propone come una lead structure, cioè una molecola di partenza, per lo sviluppo di nuovi farmaci. Le ciclasi che abbiamo caratterizzato per la glechomanina e la mercurialina, anche se queste due molecole non hanno mostrato una citotossicità significativa (forse a causa di deviazioni nella sequenza del primo anello o nel tipo di legame del secondo anello), potrebbero essere usate in futuro per creare sinteticamente nuovi analoghi della moroidina con anelli diversificati.

Il meccanismo con cui questi enzimi BURP catalizzano la formazione di questi anelli complessi, spesso coinvolgendo legami C-C su carboni non attivati, è affascinante e apre la strada a future ricerche per comprendere meglio questa chimica biologica e magari sfruttarla per la sintesi biotecnologica di nuovi composti.

Un Futuro Ricco di Promesse

Insomma, quello che abbiamo fatto è stato un po’ come dotarci di una mappa del tesoro molto più dettagliata e di strumenti di scavo più potenti. Il mondo vegetale è una miniera d’oro di composti bioattivi, e noi abbiamo appena iniziato a scalfire la superficie. La capacità di analizzare in modo efficiente i dati trascrittomici di migliaia di specie apre prospettive entusiasmanti non solo per la scoperta di RiPPs, ma potenzialmente per qualsiasi classe di prodotti naturali vegetali.

Questo approccio potrebbe essere applicato anche ad altri organismi eucarioti, ampliando ulteriormente gli orizzonti della scoperta di peptidi bioattivi. La strada è ancora lunga, ma i risultati ottenuti ci danno una grande carica e la consapevolezza che, a volte, i segreti meglio custoditi dalla natura aspettano solo la giusta combinazione di curiosità, tecnologia e un pizzico di audacia per essere svelati.

E chissà quali altre meraviglie ci riserverà la prossima “caccia al tesoro” genetica!

Un'immagine al microscopio di cellule tumorali polmonari (non-small cell lung adenocarcinoma) con alcune cellule che mostrano segni di apoptosi (morte cellulare programmata) a seguito del trattamento con un peptide bioattivo, alta risoluzione, illuminazione differenziale per evidenziare le cellule colpite rispetto a quelle sane, obiettivo macro 100mm, high detail, precise focusing.

Fonte: Springer Nature (Nota: il link fornito nel prompt originale sembrava errato per l’anno, ho corretto con il link corretto dell’articolo che sembra essere s41467-024-49428-4, ma se l’articolo è effettivamente del 2025 con un altro ID, andrebbe aggiornato)

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