Primo piano di una cabossa di cacao matura appesa all'albero in un sistema agroforestale colombiano, con foglie verdi sfocate sullo sfondo. Macro lens, 85mm, high detail, precise focusing, luce naturale morbida.

Cacao e Saperi Nascosti: Viaggio nella Mente dei Contadini Colombiani per un’Agroforestazione Viva

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante, nel cuore della Colombia, tra le piantagioni di cacao. Ma non parleremo solo di cioccolato (anche se ammetto che l’argomento è goloso!), bensì di qualcosa di molto più profondo: la conoscenza. In particolare, quella legata all’agroforestazione, un modo di coltivare che mette insieme alberi, colture e/o bestiame, creando ecosistemi più ricchi, resilienti e amici del clima. Sembra fantastico, vero? Eppure, farla decollare non è così semplice. Uno degli scogli più grandi è proprio l’accesso alla conoscenza giusta.

Per anni, l’agricoltura industriale ci ha abituati a un modello “taglia unica”: grandi campi uguali, tanti prodotti chimici, e via. Ma questo sistema sta mostrando la corda: suoli impoveriti, emissioni alle stelle, biodiversità in picchiata e, ironia della sorte, non garantisce nemmeno cibo sicuro per tutti. L’agroforestazione, invece, è come un sarto che cuce un vestito su misura: ogni sistema è diverso, adattato al luogo, alle persone, al clima. E proprio per questo, richiede un sapere più complesso, più sfumato.

Il Problema dei Sistemi di Conoscenza “Dall’Alto”

Il punto è che spesso i sistemi “ufficiali” per diffondere la conoscenza in agricoltura – quelli fatti da ricercatori, tecnici, istituzioni – tendono a essere un po’ rigidi. Funzionano ancora troppo con una logica “top-down”: l’esperto studia in laboratorio o in campi sperimentali, crea un “pacchetto tecnologico” e poi lo passa all’agricoltore tramite un tecnico, aspettandosi che venga applicato così com’è. Questo approccio, che potremmo definire oggettivista o ingegneristico, vede la conoscenza come un oggetto da trasferire, da chi sa a chi (presumibilmente) non sa.

Ma l’agroforestazione è dinamica, complessa, locale. Quello che funziona a meraviglia in una valle, potrebbe essere un disastro in quella accanto. Il clima cambia, i mercati pure, le esigenze delle famiglie anche. Insomma, non basta un manuale d’istruzioni uguale per tutti. C’è un’enorme ricchezza nel sapere locale, quello che gli agricoltori costruiscono giorno dopo giorno, anno dopo anno, con l’esperienza diretta, provando, sbagliando, adattandosi. Un sapere situato, pratico, che nasce dall’interazione con il proprio ambiente e la propria comunità. Ignorarlo significa perdere un pezzo fondamentale del puzzle.

Entriamo nella Testa dei Contadini: I Modelli Mentali

Ed è qui che entra in gioco il nostro studio in Colombia, focalizzato sui coltivatori di cacao in due zone diverse: Belén de los Andaquíes (Caquetá), più umida e remota, e La Paz (Cesar), più secca e meglio collegata. Ci siamo chiesti: come funzionano davvero i sistemi di conoscenza formali lì? E, soprattutto, come capiscono e gestiscono l’agroforestazione i contadini stessi?

Per capirlo, abbiamo intervistato un sacco di gente: ricercatori, tecnici, rappresentanti di associazioni. E poi abbiamo fatto una cosa super interessante: abbiamo lavorato con 18 agricoltori (8 a Belén, 10 a La Paz) per creare delle “mappe mentali”. Immaginatele come dei diagrammi che mostrano come una persona collega cause ed effetti, quali fattori considera importanti, come pensa che funzioni il suo sistema agricolo. Queste mappe rivelano la struttura del pensiero di un individuo: è lineare e semplice, o complessa e interconnessa? Vede più cause esterne o più risultati sotto il suo controllo?

Piantagione di cacao in agroforestazione in Colombia, alberi da ombra alti, piante di cacao più basse con cabosse mature. Luce filtrata dal sole. Macro lens, 100mm, high detail, precise focusing, controlled lighting.

Cosa Abbiamo Scoperto: Sistemi Formali e Menti Individuali

I risultati sono stati illuminanti. Primo: i sistemi formali di conoscenza in Colombia, pur riconoscendo a parole l’importanza del sapere locale, restano in gran parte ancorati all’approccio “top-down”. La ricerca si concentra su test scientifici (nuovi cloni di cacao, combinazioni di piante), la validazione è lunga e basata su criteri scientifici, e la diffusione avviene spesso tramite visite tecniche individuali che trasferiscono “soluzioni”. C’è poca enfasi sull’apprendimento sociale o sulla co-produzione di conoscenza insieme agli agricoltori.

Secondo: i modelli mentali dei singoli agricoltori riflettono questa impostazione. Le loro mappe mostrano spesso un pensiero causa-effetto abbastanza lineare, una certa dipendenza dai consigli esterni (progetti, tecnici) e una forte influenza di fattori esterni percepiti come poco controllabili (tipo il clima). Interessante notare le differenze tra le due zone, legate proprio al contesto:

  • A La Paz, con stagioni secche lunghe, i contadini sono più preoccupati dalla mancanza d’acqua, dall’irrigazione, dagli innesti su piante vecchie. Hanno più accesso a supporto tecnico specifico per il cacao.
  • A Belén, più umida, le priorità sono il controllo delle erbacce e dei parassiti (favoriti dall’umidità), la fertilizzazione, l’essiccazione del cacao (che fanno in azienda). Hanno meno supporto specifico ma più associazionismo vario.

In entrambi i casi, però, le mappe individuali tendono ad essere “gerarchiche”: tante cause esterne (input, fattori climatici, supporto da progetti) e relativamente pochi risultati percepiti (output, benefici). Questo suggerisce una visione del sistema in cui molto dipende da fuori e c’è meno percezione di poter influenzare attivamente tutti gli aspetti.

Ritratto di un contadino colombiano di mezza età in una piantagione di cacao, sorridente ma pensieroso, luce naturale. Prime lens, 35mm portrait, depth of field.

La Magia dell’Insieme: Le Mappe Sociali

Ma ecco la parte forse più affascinante. Abbiamo provato a “fondere” insieme le mappe mentali individuali di ciascuna municipalità, creando delle “mappe cognitive sociali” (SCM). È un esercizio teorico, certo, ma simula cosa potrebbe emergere se la conoscenza di tutti venisse messa in comune, se ci fosse un vero apprendimento sociale.

Ebbene, le mappe sociali sono risultate molto più ricche e complesse di quelle individuali! Il rapporto tra connessioni e variabili aumenta, emergono più variabili “ordinarie” (quelle che rappresentano pratiche di gestione su cui si può agire) e, soprattutto a La Paz, aumenta il numero di “ricevitori” (risultati, benefici) rispetto ai “trasmettitori” (cause esterne). Variabili che prima erano viste come input esterni (tipo il supporto dei progetti) diventano fattori di gestione interni.

Cosa significa? Che mettendo insieme le prospettive diverse, emerge una comprensione più completa e sfaccettata del sistema agroforestale. Si passa da una visione un po’ passiva e dipendente a una più attiva e “democratica”, dove gli agricoltori si percepiscono più capaci di gestire e adattare il loro sistema. Questo suggerisce un potenziale enorme per l’apprendimento sociale: scambiarsi esperienze, discutere problemi e soluzioni tra pari, può rafforzare l’indipendenza e la capacità di adattamento dei contadini molto più che ricevere istruzioni preconfezionate.

Paesaggio agricolo colombiano che mostra la differenza tra una zona più umida (Belén - foresta pluviale tropicale) e una più secca (La Paz - foresta secca tropicale), con coltivazioni visibili. Wide-angle lens, 15mm, sharp focus.

L’Importanza Cruciale del Contesto

Questo studio ribadisce con forza una cosa: il contesto è tutto. Le differenze tra Belén e La Paz non sono aneddoti, ma elementi chiave che plasmano le pratiche, le priorità e i bisogni di conoscenza. Il clima (stagionalità delle piogge), l’accesso ai mercati, la presenza di istituzioni specifiche, la storia agricola locale… tutto contribuisce a definire cosa funziona e cosa no.

Promuovere l’agroforestazione richiede quindi un approccio flessibile, capace di adattarsi alle specificità locali. E chi meglio degli agricoltori stessi conosce queste specificità? Il loro sapere esperienziale, costruito sul campo, è una risorsa preziosissima che i sistemi formali non possono ignorare. Bisogna trovare modi per integrare queste diverse forme di conoscenza: non solo validare il sapere locale con metodi scientifici (rischiando di snaturarlo o escluderlo), ma creare processi di fertilizzazione incrociata e co-produzione, dove scienziati, tecnici e agricoltori lavorano insieme, su un piano di parità, fin dall’inizio.

Verso Sistemi di Conoscenza più Aperti e Inclusivi

Allora, qual è la strada da percorrere? Dobbiamo superare la visione della conoscenza come semplice trasferimento di tecnologia e abbracciare una prospettiva più emergente e basata sulla pratica. Questo significa:

  • Valorizzare e integrare attivamente il sapere locale ed esperienziale degli agricoltori, riconoscendolo come fondamentale per adattare le pratiche al contesto.
  • Bilanciare l’apprendimento tecnico (ancora utile, ovviamente) con percorsi di apprendimento esperienziale (imparare facendo e osservando direttamente) e sociale (imparare gli uni dagli altri).
  • Promuovere la co-produzione di conoscenza: definire insieme le priorità di ricerca, condurre esperimenti partecipativi (come la selezione partecipata delle varietà), validare insieme i risultati.
  • Usare strumenti come le mappe cognitive non solo per ricerca, ma come base per il dialogo e la pianificazione partecipata, facendo emergere bisogni, obiettivi e valori diversi.
  • Investire in piattaforme di scambio tra agricoltori (scuole di campo, visite reciproche, gruppi di discussione) per attivare quel potenziale di apprendimento collettivo che abbiamo visto nelle mappe sociali.

Certo, non è facile. Richiede un cambio di mentalità, la volontà di mettere in discussione gerarchie e poteri consolidati, e investimenti mirati. Ma i benefici potenziali sono enormi: non solo sistemi agroforestali più efficaci e sostenibili, ma anche comunità agricole più autonome, resilienti e capaci di innovare.

Gruppo di contadini colombiani (uomini e donne) che discutono animatamente attorno a un tavolo all'aperto vicino a una piantagione, scambiandosi idee. Zoom lens, 50mm, luce naturale, cattura dell'interazione.

In conclusione, questo viaggio nella mente dei contadini di cacao colombiani ci insegna una lezione preziosa: per costruire un futuro agricolo davvero sostenibile, dobbiamo smettere di pensare di avere tutte le risposte “dall’alto”. Dobbiamo metterci in ascolto, valorizzare la pluralità dei saperi, e costruire la conoscenza insieme a chi, ogni giorno, vive e lavora la terra. Solo così l’agroforestazione potrà esprimere tutto il suo potenziale, non solo per l’ambiente, ma per le persone.

Fonte: Springer

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