Panoramica aerea mozzafiato della foresta 'pine barrens' del Brookhaven National Laboratory a Long Island, obiettivo grandangolare 15mm, con i pini che si estendono fino all'orizzonte sotto un cielo azzurro limpido, lunga esposizione per nuvole soffici, focus nitido, colori vividi del paesaggio autunnale.

Brookhaven National Laboratory: Quando la Scienza Incontra e Protegge la Natura Selvaggia dei Pine Barrens

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante, un po’ insolito forse, alla scoperta di come luoghi dedicati alla scienza più avanzata possano diventare custodi inaspettati di tesori naturali. Parleremo di un posto specifico, il Brookhaven National Laboratory (BNL) del Dipartimento dell’Energia (DOE) degli Stati Uniti, e di un habitat davvero speciale che si trova lì: i Pine Barrens.

Magari vi state chiedendo: cosa c’entrano dei laboratori di fisica nucleare e particellare con la protezione dell’ambiente? Beh, la storia è più interessante di quanto sembri. Molti di questi siti federali, nati magari durante la Guerra Fredda per scopi di ricerca o produzione, occupano aree vastissime. Dopo anni di attività, spesso rimangono rifiuti industriali, radiologici o chimici che necessitano di bonifica. Ma una volta ripulito, che ne facciamo di questo terreno? E soprattutto, cosa ne è stato della natura che esisteva lì prima e durante le attività?

Un’Oasi Inaspettata a Long Island

Ecco dove entra in gioco il BNL. Si trova a Long Island, New York, un’area tra le più densamente popolate degli USA. Pensate, Long Island ospita quasi il 40% dell’intera popolazione dello Stato di New York! In un contesto così urbanizzato, trovare spazi naturali intatti è una vera sfida. Eppure, il BNL, pur essendo un centro di ricerca all’avanguardia (parliamo di fisica delle alte energie, intelligenza artificiale, nuove energie…), occupa un’area considerevole, e non tutta è coperta da edifici e laboratori. Anzi!

Mi sono imbattuto in uno studio recente che ha fatto qualcosa di molto intelligente: ha confrontato il tipo di copertura del suolo all’interno del BNL con quello delle aree circostanti, usando i dati del National Land Cover Database. Hanno guardato cosa c’è nel raggio di 10 km e 30 km dai confini del laboratorio. E sapete cosa hanno scoperto? Che il BNL ha una percentuale di foresta (ben il 63%) molto più alta rispetto alle zone vicine (39% entro 10 km e solo 26% entro 30 km). Non è incredibile? In mezzo a un’area così popolata, un sito DOE conserva più verde dei suoi dintorni.

I Pine Barrens: Un Ecosistema Unico e Minacciato

Ma non si tratta di una foresta qualsiasi. La maggior parte di quest’area boschiva al BNL è costituita dai cosiddetti Pine Barrens. Se non li conoscete, vi dico subito che sono un ecosistema considerato raro a livello globale. Sono foreste dominate dal pino rigido (Pinus rigida) e dalla quercia nana (Quercus ilicifolia), che crescono su terreni sabbiosi e aridi. Sono ecosistemi che dipendono dal fuoco per rigenerarsi e mantenersi sani, un ambiente difficile dove le specie animali e vegetali si sono adattate in modi unici.

Pensate che, a parte le famose Pinelands del New Jersey, questo tipo di habitat è praticamente assente per centinaia di chilometri verso sud. Quelli di Long Island, inclusa la porzione dentro il BNL, fanno parte dei Central Pine Barrens, un’area designata e protetta dallo Stato di New York proprio per il suo valore ecologico e per la protezione delle falde acquifere. Il fatto che il BNL ne ospiti una parte significativa (circa il 5% dell’intera area protetta statale) è importantissimo.

Fotografia macro di aghi di Pino Rigido (Pinus rigida) bagnati di rugiada in una foresta Pine Barrens, obiettivo macro 100mm, luce del mattino soffusa, messa a fuoco estremamente precisa sugli aghi in primo piano, alto dettaglio della texture e delle goccioline d'acqua.

Lo studio ha analizzato più nel dettaglio: non solo c’è più foresta nel BNL, ma la percentuale di foresta che è effettivamente Pine Barrens (classificata come “sempreverde”) è significativamente maggiore all’interno del BNL rispetto ai dintorni. Insomma, il laboratorio non solo ha mantenuto del verde, ma ha preservato proprio l’habitat più caratteristico e prezioso della regione!

Come Hanno Fatto? Il Metodo CRESP

Vi chiederete come si fa a dimostrare una cosa del genere in modo scientifico. Il merito va anche a un consorzio multi-universitario chiamato CRESP (Consortium for Risk Evaluation with Stakeholder Participation). Hanno sviluppato un protocollo in tre passi, applicabile a diversi siti:

  • Identificare l’indicatore ecologico chiave: Nel caso del BNL, i Pine Barrens erano la scelta ovvia, data la loro rarità e importanza regionale.
  • Scegliere un metodo di confronto: Hanno usato il National Land Cover Database (NLCD), una risorsa standardizzata per tutti gli USA che classifica il tipo di copertura del suolo (foresta, città, acqua, ecc.).
  • Definire le aree di confronto: Hanno confrontato la copertura del suolo dentro il BNL con quella in due “anelli” esterni: uno da confine a 10 km e uno da confine a 30 km. Questo permette di vedere come il sito si rapporta sia al vicinato immediato sia alla regione più ampia.

Analizzando i dati con tecniche statistiche (ANOVA, test Chi-quadro), hanno potuto quantificare le differenze. Hanno persino tenuto conto del fatto che Long Island è stretta e lunga, quindi molta dell’area nei 30 km è acqua (Oceano Atlantico e Long Island Sound), escludendola dalle analisi comparative dei tipi di terreno.

Non Solo Alberi: Un Rifugio per la Biodiversità

Ma perché è così importante proteggere questi Pine Barrens? Non si tratta solo di alberi. Questo habitat ospita una biodiversità notevole. Pensate che nel BNL sono state registrate oltre 350 specie di piante, 30 di mammiferi, 131 di uccelli, 13 di anfibi, 12 di rettili e 10 di pesci. Molte di queste sono legate proprio all’ambiente dei Pine Barrens.

Ci sono specie considerate minacciate o vulnerabili a livello statale (vedi tabella nello studio originale), come alcune piante raccolte illegalmente, salamandre che dipendono da pozze temporanee specifiche, uccelli migratori che necessitano di foreste interne intatte per nidificare. C’è persino una specie classificata come minacciata a livello federale, il pipistrello dalle lunghe orecchie (Myotis septentrionalis), che vive nelle aree forestali del BNL. Il laboratorio deve tenerne conto, ad esempio, quando pianifica demolizioni o incendi controllati (che, ricordiamolo, sono necessari per la salute dei Pine Barrens!).

Fotografia naturalistica di un uccello Vireo occhirossi (Vireo olivaceus) appollaiato su un ramo di Quercia nana (Quercus ilicifolia) nella pineta Pine Barrens del BNL, teleobiettivo zoom 300mm, scatto veloce per congelare il movimento, sfondo piacevolmente sfocato (bokeh), luce naturale filtrata dalle foglie.

La cosa fondamentale è che proteggendo l’habitat dei Pine Barrens, si proteggono tutte queste specie. E il BNL non solo ne conserva una porzione maggiore rispetto ai dintorni, ma una parte di essa, la Upton Reserve (circa il 10% del sito), è stata designata come riserva naturale protetta per sempre! Questa riserva è strategicamente posizionata nella parte est del BNL, contigua al resto dei Central Pine Barrens protetti dallo stato, garantendo quella connettività ecologica che è vitale per la sopravvivenza a lungo termine delle popolazioni animali e vegetali.

Un Modello da Replicare?

Questa storia del BNL ci insegna alcune cose importanti. Primo, dimostra che anche siti con missioni industriali o di ricerca complesse possono svolgere un ruolo cruciale nella conservazione della natura. Secondo, ci fornisce un metodo oggettivo (l’analisi della copertura del suolo NLCD) per valutare se questi siti stanno effettivamente proteggendo habitat preziosi rispetto al contesto regionale.

Questo approccio non vale solo per il BNL o per i Pine Barrens. Potrebbe essere usato in qualsiasi parte del mondo, per qualsiasi tipo di habitat climax (la comunità vegetale matura tipica di una regione). Potremmo chiederci: un sito industriale nel deserto sta conservando una percentuale di macchia desertica paragonabile a quella che il BNL conserva di Pine Barrens? È uno strumento potente per la pianificazione territoriale, per la comunicazione con il pubblico (le mappe sono immediate!) e per promuovere la trasparenza.

Viviamo in un mondo dove lo spazio è sempre più conteso. Recuperare aree degradate è fondamentale, ma lo è altrettanto proteggere le aree naturali che ancora esistono, specialmente vicino ai centri abitati. Gli spazi verdi non sono solo belli da vedere o utili per le scampagnate; hanno benefici dimostrati sulla nostra salute fisica e mentale.

Veduta aerea con drone, obiettivo grandangolare 18mm, del Brookhaven National Laboratory che mostra il contrasto tra gli edifici scientifici compatti al centro e la vasta estensione della foresta Pine Barrens circostante che funge da buffer, luce dorata del tardo pomeriggio, focus nitido sull'intera scena, lunga esposizione per nuvole leggermente mosse.

Il caso del BNL è un esempio positivo. Dimostra che il DOE, in questo caso, ha fatto un buon lavoro nel custodire un pezzo importante del patrimonio naturale di Long Island. Hanno una percentuale maggiore di Pine Barrens rispetto alla regione circostante, ne hanno protetto formalmente una parte e questa è connessa ad altre aree protette. È la prova che sviluppo scientifico e tecnologico e conservazione ambientale non devono per forza essere nemici, ma possono coesistere e, in un certo senso, sostenersi a vicenda. Una lezione preziosa, non trovate?

Fonte: Springer

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