Biodiesel da Olio Fritto e Pentanolo: La Ricetta Segreta per Motori Diesel Più Puliti ed Efficienti?
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di una cosa che mi appassiona da matti: come possiamo rendere i nostri motori più amici dell’ambiente senza rinunciare alle prestazioni? Sembra una sfida impossibile, vero? Eppure, nel mio piccolo, ho avuto modo di esplorare una strada davvero intrigante che coinvolge qualcosa che tutti produciamo: l’olio da cucina usato! E non solo, ci ho aggiunto un “ingrediente segreto”: il pentanolo. Curiosi di sapere cosa abbiamo scoperto? Mettetevi comodi!
L’Energia: Un Bisogno Globale, Un Problema Ambientale
Partiamo da un fatto: il nostro mondo ha una fame insaziabile di energia. Agricoltura, industria, trasporti, le nostre case… tutto funziona grazie all’energia. Per decenni, abbiamo attinto a piene mani da fonti fossili come petrolio, carbone e gas naturale. Comodo, sì, ma con un prezzo altissimo per il nostro pianeta: inquinamento, danni alla salute e, soprattutto, il fantasma del riscaldamento globale che si fa sempre più concreto. È chiaro come il sole che dobbiamo cambiare rotta, ed è qui che entrano in gioco le energie rinnovabili: sole, vento, acqua e, appunto, le biomasse, da cui possiamo ricavare i biocarburanti.
Il Biodiesel: Una Seconda Vita per l’Olio Fritto
Tra i biocarburanti, il biodiesel è una delle alternative più promettenti al gasolio tradizionale. Si può produrre da oli vegetali (colza, girasole, soia…) o grassi animali. Ma la cosa che mi ha sempre affascinato è la possibilità di usare l’olio di cottura usato (WCO – Waste Cooking Oil). Pensateci: quello che per molti è solo un rifiuto problematico (spesso smaltito male, inquinando acqua e suolo), può diventare una risorsa preziosa! Invece di buttarlo, possiamo trasformarlo in carburante. Come? Attraverso un processo chimico chiamato transesterificazione. Non spaventatevi per il nome! In pratica, si fa reagire l’olio con un alcol (di solito metanolo, perché è più efficiente) in presenza di un catalizzatore (come l’idrossido di potassio, KOH, o di sodio, NaOH). Il risultato? Esteri (il nostro biodiesel!) e glicerolo (che può essere usato per fare saponi, ad esempio). È un modo elegante ed efficace per dare una nuova vita a un rifiuto. Nel nostro studio, abbiamo usato proprio questo metodo per produrre biodiesel da WCO con un’alta resa, circa il 95%!

L’Ingrediente “Magico”: Perché il Pentanolo?
Ok, abbiamo il nostro biodiesel da olio fritto. Ma possiamo fare di meglio? Qui entra in gioco il nostro “ingrediente segreto”: il pentanolo. È un alcol “superiore” (con una catena di carbonio più lunga rispetto a etanolo o metanolo). Perché aggiungerlo al biodiesel? Beh, il pentanolo ha delle carte interessanti da giocare:
- Ha una densità energetica migliore rispetto agli alcoli più corti.
- È meno volatile, quindi più sicuro da maneggiare e stoccare.
- Si miscela bene con i carburanti tradizionali.
- Contiene ossigeno nella sua molecola. E questo è fondamentale!
L’ossigeno extra fornito dal pentanolo aiuta la combustione a essere più completa. Immaginate una fiamma più “pulita”: questo si traduce, in teoria, in meno emissioni inquinanti come monossido di carbonio (CO) e idrocarburi incombusti (HC). Certo, non è tutto oro quello che luccica: il pentanolo può essere un po’ più viscoso e potenzialmente corrosivo per alcuni materiali, ma sono sfide gestibili con le giuste tecnologie. La vera novità del nostro lavoro è stata proprio esplorare sistematicamente come l’aggiunta di pentanolo al biodiesel da WCO influenzi le prestazioni e le emissioni di un moderno motore diesel CRDI (Common Rail Direct Injection).
Mettiamo alla Prova le Miscele: L’Esperimento
Per capire se questa idea funzionasse davvero, abbiamo messo sotto torchio un motore diesel CRDI monocilindrico, di quelli avanzati con rapporto di compressione variabile, collegato a un banco prova e a strumenti di precisione per misurare prestazioni ed emissioni (analizzatore di gas e opacimetro). Abbiamo mantenuto costanti alcuni parametri chiave: fasatura d’iniezione a 23° prima del punto morto superiore e rapporto di compressione di 17.5:1. Poi, abbiamo testato diverse “ricette” di carburante, confrontandole con il gasolio puro (D100):
- B30: 30% biodiesel WCO + 70% gasolio
- B30 + P10: 30% biodiesel WCO + 10% pentanolo + 60% gasolio
- B30 + P20: 30% biodiesel WCO + 20% pentanolo + 50% gasolio
- B40: 40% biodiesel WCO + 60% gasolio
- B40 + P10: 40% biodiesel WCO + 10% pentanolo + 50% gasolio
- B40 + P20: 40% biodiesel WCO + 20% pentanolo + 40% gasolio
Abbiamo variato il carico del motore per vedere come si comportavano queste miscele in diverse condizioni operative (anche se, per ragioni di stabilità, non abbiamo spinto fino al carico massimo).

Risultati Sorprendenti: Prestazioni al Top!
E qui arriva il bello! I risultati sono stati davvero incoraggianti, soprattutto per una miscela in particolare: la B30 + P20. Sembra proprio che questa combinazione abbia trovato un equilibrio fantastico. Guardate un po’:
- Rendimento Termico al Freno (BTE): Questa misura ci dice quanto efficacemente il motore trasforma il calore del carburante in lavoro utile. Beh, la B30 + P20 ha mostrato un BTE del 36.67% a pieno carico (considerato nell’esperimento), un aumento notevole del 9.9% rispetto al gasolio puro (D100) che si fermava al 30.09%. Più efficienza significa meno spreco di carburante!
- Consumo Specifico di Carburante al Freno (BSFC): Questo indica quanto carburante serve per produrre una certa quantità di potenza. Idealmente, vogliamo che sia basso. La B30 + P20 ha fatto centro anche qui, con una riduzione del 10.5% rispetto alle altre miscele, arrivando a 0.28 kg/kWh, molto vicino al gasolio D100 e decisamente meglio delle altre miscele biodiesel/pentanolo.
- Rendimento Volumetrico: Misura quanto bene il cilindro si “riempie” di miscela aria-carburante. Anche qui, la B30 + P20 ha brillato, con un miglioramento del 12.6% rispetto al diesel, raggiungendo l’85.33%. Un motore che “respira” meglio, lavora meglio!
Anche la miscela B40 + P20 ha mostrato miglioramenti rispetto al diesel, ma la B30 + P20 è risultata la vera star in termini di prestazioni generali. L’ossigeno extra del pentanolo e le proprietà del biodiesel sembrano creare una sinergia vincente, migliorando l’atomizzazione del carburante e la combustione.
Non Solo Potenza: Un Respiro Più Pulito per l’Ambiente
Ma le buone notizie non finiscono qui. Anzi, forse la parte più entusiasmante riguarda le emissioni. Sappiamo che i motori diesel, pur essendo efficienti, hanno il tallone d’Achille degli inquinanti, specialmente NOx e particolato (fumo). Come si sono comportate le nostre miscele? Ancora una volta, la B30 + P20 si è distinta:
- Monossido di Carbonio (CO): Un prodotto della combustione incompleta. La B30 + P20 ha mostrato una riduzione drastica del 31.75% rispetto al D100! Anche la B40+P20 ha fatto bene. Merito dell’ossigeno nel pentanolo e nel biodiesel che favorisce una combustione più completa.
- Idrocarburi Incombusti (HC): Carburante non bruciato che esce dallo scarico. La B30 + P20 ha ridotto le emissioni di HC del 20.28% rispetto al D100 a pieno carico.
- Ossidi di Azoto (NOx): Qui la sfida è tosta. Il biodiesel tende ad aumentare gli NOx rispetto al gasolio a causa delle temperature di combustione più alte. Infatti, B30 e B40 puri hanno mostrato NOx più alti del D100. Ma… aggiungendo il pentanolo, la magia si ripete! La B30 + P20 ha registrato un livello di NOx del 14.82% inferiore persino a quello del D100! Questo è un risultato importantissimo, perché bilancia l’efficienza con un controllo migliore di uno degli inquinanti più critici.
- Fumosità (Opacità del Fumo): Meno particolato significa meno fumo nero. Il D100 ha mostrato la fumosità più alta. Tutte le miscele biodiesel hanno fatto meglio, ma la B30 + P20 ha ridotto il fumo in modo significativo, arrivando al 34.8% di opacità a pieno carico, contro il 41.5% del D100.

Dentro il Cuore del Motore: Combustione Migliorata
Per capire meglio *perché* la B30 + P20 funzionasse così bene, abbiamo dato un’occhiata a cosa succedeva dentro il cilindro. Abbiamo misurato la pressione nel cilindro e il tasso di rilascio di calore (Heat Release Rate – HRR). Entrambi sono indicatori di come avviene la combustione. Ebbene, la B30 + P20 ha mostrato un aumento della pressione massima nel cilindro (+3.1% rispetto al D100) e un tasso di rilascio di calore più elevato (+4.8%). In parole povere, la combustione era più intensa e avveniva in modo più efficiente, confermando i dati di performance ed emissioni.
Considerazioni a Lungo Termine
Ovviamente, questi sono risultati di test specifici. Usare queste miscele a lungo termine potrebbe presentare delle sfide. Il biodiesel, specialmente da WCO, può contenere impurità e avere una viscosità diversa che, insieme alle proprietà alcoliche del pentanolo, potrebbe influenzare l’usura del motore, la formazione di depositi o la degradazione del lubrificante. Sono aspetti importanti da monitorare e gestire, magari con additivi specifici, cambi d’olio più frequenti o materiali più resistenti nel motore. Ma le potenzialità dimostrate sono tali da giustificare ulteriori ricerche in questa direzione.
Tirando le Somme: Una Strada Promettente?
Quindi, cosa ci portiamo a casa da questo viaggio nel mondo del biodiesel da olio fritto e pentanolo? I risultati parlano chiaro: la miscela B30 + P20 (30% biodiesel WCO, 20% pentanolo, 50% gasolio) si è dimostrata un’alternativa davvero interessante al gasolio puro nei motori CRDI. Offre:
- Migliori prestazioni: più efficienza (BTE), minor consumo (BSFC).
- Emissioni ridotte: meno CO, HC, NOx e fumo rispetto al gasolio.
- Combustione ottimizzata: pressione e rilascio di calore superiori.
Certo, c’è ancora lavoro da fare per valutarne l’impatto a lungo termine e l’ottimizzazione su larga scala. Ma l’idea di trasformare un rifiuto come l’olio di cottura usato, potenziandolo con un alcol come il pentanolo, per ottenere un carburante più pulito ed efficiente è, secondo me, semplicemente affascinante e ricca di potenziale. È un piccolo passo, forse, ma nella giusta direzione verso una mobilità più sostenibile. E voi, cosa ne pensate? Siete pronti a vedere cosa bolle in pentola (o meglio, nel serbatoio) in futuro?
Fonte: Springer
